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Autore: robyzn7d    25/04/2022    2 recensioni
“Quante assurdità in questa storia.”
Nami, seduta sul letto, ancora quello dell’infermeria, aveva ascoltato tutto il racconto informativo di quella mattina narrato da Robin, sulle vicende bizzarre della misteriosa bambina apparsa per caso nelle loro vite.
“Come al solito a quel testone di Rufy non interessa indagare” strinse i pugni “io voglio sapere tutto, invece.”
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STORIA REVISIONATA
Datele una seconda possibilità, chissà che non ve ne pentirete!
Genere: Avventura, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mugiwara, Nami, Roronoa Zoro, Z | Coppie: Nami/Zoro
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo XXX
Seducenti contraddizioni 
 
 
 
 
 
 
 
 

In quella stanza aleggiava una costante atmosfera di calore, eppure non poteva la temperatura essere aumentata d’improvviso dal momento che era iniziato l’inverno e fuori era notte fonda. Nami lo ricordava bene il brivido del freddo colpirla fino alle ossa e riempirle i polmoni, tanto da trovare quella situazione alquanto bizzarra. 
Si alzò di scatto, ritrovandosi a mezzo busto sul letto, attonita, fissando la porta davanti a sé che si intravedeva in penombra. Si trovava sul suo letto e con la mano destra teneva il lembo del lenzuolo stretto sul petto. Sentiva di avere i capelli in disordine, soprattutto i ciuffi di davanti, appiccicati al viso, e una strana vibrazione venire dritta dal suo cuore che batteva veloce, sprigionando in lei una energica sensazione adrenalinica. Sentiva di avere come i postumi di una sbornia che non aveva preso e di stare sotto antidolorifici che non le erano stati prescritti. 
Continuava a stringere quel lenzuolo mentre il respiro le si fermava in gola ad ogni ricordo. Chiudeva gli occhi e riviveva tutto, e, anche quando gli riapriva, il cuore continuava a scatenarle la stessa vibrazione; allora gli richiudeva velocemente e quell’emozione continua, che non accennava proprio a fermarsi, si palesava ancora.
Cercava di forzarsi a respirare piano ma era abbastanza conscia del fatto che tutto era troppo complesso per poterlo calmare con una appropriata respirazione. 

Non poteva proprio, calmarsi. Non poteva in nessun modo smettere di viaggiare a cento chilometri orari in picchiata, come se stesse per schiantarsi al suolo ma senza che questo accadesse mai. Così come non poteva muoversi da quella strana lentezza che limitava i suoi movimenti e la rendeva immobile, sul posto. 
Quante contraddizioni quella sera… 
Voleva ridere, voleva piangere, voleva librarsi in aria. 

La mole di emozioni di quella infinita giornata l’aveva sfinita. Ma nonostante tutti quei ricordi che aveva assimilato senza averli mai vissuti, nonostante quelle rivelazioni quando dolorose quando bellissime, e nonostante la paura delle stesse, Nami aveva capito che era stato proprio l’amore, quel giorno, a darle energia. Perché l’amore è un’energia, la stessa che lei ha preso per sé, che ha rubato, che ha fatto sua per riuscire a sopravvivere. 
Ancora profondamente sopraffatta dalle immagini che le apparivano davanti agli occhi come flashback surreali che si accendevano e spegnevano come lampi, si sforzava di respirare regolarmente. Ispirava ed espirava. 
Ed eccola quella energia manifestarsi ancora davanti ai suoi occhi, quando si distraeva.

 
Nonostante tutti quei ricordi non ancora suoi, non ancora accaduti, ne aveva appena creato uno tutto reale, tutto suo, e…lo aveva vissuto per davvero. 
Era accaduto. 
Non esisteva solo nella sua testa. 
O forse sì? 
Scosse la testa dolorante, scombussolata da ciò che vedeva, da ciò che aveva memorizzato con attenta minuzia. Non riusciva ancora a realizzarlo. Non riusciva a gestirlo. L’adrenalina che non aveva esaurito era capace di invaderle le vene e arrivarle tramite esse fino in tutto il corpo…ma allo stesso tempo pure la pace del cuore, la calma della mente e la leggerezza dello spirito. 

 
Eccole di nuovo quelle mani sul suo corpo. 
La pelle bollente trafitta da lame ghiacciate tanto da creare quelle contraddizioni surreali che non si possono capire nemmeno con assoluta lucidità.
 
Si sentiva libera. 
E non che prima non lo fosse, ma era una sensazione di libertà diversa. 
Adesso era come libera di amare, e di provare quell’amore mentre lo viveva, senza sensi di colpa, senza continue paure dell’ignoto. Perché quell’ignoto, ora, lo conosceva. 
E poi, eccolo lì, quello sguardo unico che le entrava dentro.
Caldo e freddo allo stesso tempo; in un’altra significativa contraddizione. 

Lui l’amava in maniera particolare,
…non comune, forse?
Nami non riusciva a capacitarsene. Ma perché l’amava così? In quel modo, come poteva chiamarlo, sacrificante? O quasi doloroso…
Non che lui ne avesse mai fatto parola, ma dopo quell’oggi, non era nemmeno più necessario. 
Era proprio per questo che lui si era sempre tenuto alla larga da una simile dimostrazione di “affetto”, dunque?

C’era così tanto in quel cuore. Ma quel dolore, quel dolore che era uscito fuori e l’aveva trafitta, ed era stato sconvolgente. In quel frangente aveva sentito la necessità di volerlo attenuare. Per questo che il suo occhio vigile la monitorava così spesso? Zoro aveva delle paure? 
Forse sì, forse c’era una parte fragile insita in qualche meandro della sua anima che lei aveva avuto modo di vedere per un solo attimo.
La paura della perdita…ovvero, la paura di perdere lei? Perché? Quando era successo esattamente? Quando era diventata così importante dentro quell’anima? 

 
La sua mente stava raccogliendo i cocci di ciò che era stato infranto. Ma non erano davvero cocci quelli, più che altro sprazzi, sprazzi di qualcosa di surreale. 
Surreale ma felice. 
 
Era davvero riuscita a farsi spazio dentro quell’uomo difficile, oppure era davvero così brava da averlo manipolato?
 

 
Sussultò quando sentì un tocco caldo - e dal sapore di preoccupazione - sulla schiena. 
 
 
 
 
 
 
 
Controllare il suo costante tremore era appena diventata una sfida assai difficile. Era preparata al fatto che il compagno lo avrebbe capito subito che qualcosa la turbava, ma allo stesso tempo non le importava, non poteva più evitare questo confronto a lungo rimandato o non sarebbe più riuscita ad andare avanti, e a non rompersi in tanti – troppi - altri pezzi. 
Avrebbe superato tutto, alla fine, di quei ricordi che ancora non le appartenevano. Un pezzo ogni giorno, forse. Ma ora doveva sentirlo, doveva avere la stessa consapevolezza e sicurezza della Nami del futuro per potercela fare: lo pretendeva e non aveva nessuna intenzione di aspettare più. 
Aperta con decisione la porta della camera che condivideva con la mora della ciurma, in un gesto forte e sicuro, si trovò immediatamente faccia a faccia con il protagonista di quei pensieri che, seduto sul suo letto, allenava la muscolatura alzando quello di fianco di Robin, con tanto di materasso annesso, con un solo braccio e con assoluta tranquillità. 
400…401…402…
Nonostante quella strana sospensione della realtà e l’immersione di sé stessa in un futuro lontano, la rossa rimase comunque sconvolta da quel suo fare solito, come se per un attimo avesse scordato che lui non aveva potuto sentire niente di quei ricordi e dunque era normale che la sua mente fosse libera da quei pensieri difficili, dalle verità dolorose, e da quei sentimenti espressi.
“Umh? Dove ti eri cacciata?”, lo sentì esternare con un tono leggermente nervoso, mentre allo stesso tempo, indifferente, continuava ad alzare il letto. 
404…405…406…
“Ma che cavolo stai facendo?”
Esplose inevitabilmente allora lei, in riferimento al letto che veniva alzato continuamente verso l’alto come fosse un giocattolo sopra quel braccio che faceva la minima fatica. 
“Ti faccio notare che sono l’unico che é stato confinato in una stanza!” 
Permaloso come sempre, lo spadaccino non accennava a smettere di allenarsi, voglioso di sentirsi padrone delle sue scelte e della sua condizione fisica. “…tu piuttosto, non dovresti riposare?” 
Con il solito ghigno indispettito la indicò con il dito della mano libera, a sua volta preoccupato per la condizione fisica di lei, ma, non appena captò una strana concitazione in Nami, che a sua volta lo guardava in modo sconcertante, ripose rapido il letto sul pavimento liberando un tonfo che contornava quella strana confusione.
“Umh?”
“Tu!” lo indicò immediatamente lei, avvicinandosi pericolosamente sull’altro letto, quello sul quale alloggiava e di cui si era ormai impossessato. 
“Che ti prende adesso? Vuoi un secondo round?” chiese lui tra lo spaventato e il divertito, mentre per un attimo aveva pensato al prima, quando l’aveva provocata sulla questione del matrimonio e si era portato a casa una notevole vittoria verbale, per poi sgranare, alla stessa velocità di pensiero, l’occhio e iniziare a sudare freddo all’avvicinarsi misterioso e preoccupante di lei, con quello sguardo da temere, di quelli che Zoro normalmente cercava sempre di evitare. 
“Tu!” continuava a dire, guardandolo negli occhi con il respiro affannato e le pupille che si muovevano a destra e sinistra riflesse nel suo, perplesso. 
Improvvisamente così vicini, uno di fronte all’altra in uno strano ed enigmatico confronto. C’era di tutto negli occhi di Nami, tutto un mondo di emozioni che lo stesso Zoro dovette veramente ricredersi di quei momenti in cui si era davvero convinto di averla capita sul serio. Dopo aver strizzato l’occhio, confuso, pensando che stesse sicuramente inscenando un inutile melodramma dei suoi, lo spadaccino fu costretto a ricredersi, accorgendosi di qualcosa che non poteva sapere ma che poteva sentire, abbassando così il tono duro della sua voce. 
“Che é successo?” 
Con un gesto naturale, lasciò cadere le sue mani sulle spalle di Nami, in un istinto unico che gli suggeriva la presenza di qualcosa simile a un dolore. 
Lei continuava a guardarlo senza distogliere mai lo sguardo, il battito irregolare, un leggero ansimo quasi gelato, gli occhi che si muovevano nervosi, quasi pronti al pianto, al volersi lasciare andare, ma che allo stesso tempo veniva trattenuto con una forza di volontà incredibile, contornato da una pelle d’oca che le aveva catturato tutto il corpo. 
“Mi dici che diavolo é successo?” 
“Tu…” aveva urlato un’altra volta lei con la voce mozzata e una impazienza quasi tangibile, “non puoi…come é possibile che tu…”
Aveva nuovamente strizzato l’occhio, a metà tra l’essere confuso ed esasperato dai vaneggiamenti della compagna che, quando si faceva mangiare da un dubbio, ne diventava immediatamente vittima. 
“Che avrei fatto stavolta?” 
Zoro decise di darsi direttamente alla resa, convinto che non avrebbe potuto portare a casa due vittorie consecutive con Nami nello stesso giorno. Ma iniziando a preoccuparsi più del dovuto, notando che lei non rispondeva ma continuava a guardarlo sempre più a fondo, come se stesse cercando l’entrata segreta per la sua anima.
“Nel futuro…io…e poi tu…”
Un rumore sordo la interruppe immediatamente.
“Ci risiamo.” 
Fu normale per il ragazzo impiantare sul viso uno sguardo di ammonimento, accompagnato da uno sbuffo scocciato. 
“Ancora con queste informazioni dal futuro!” 
La sua era sicuramente una puntualizzazione del tutto contraria sulla faccenda, e, lasciando la presa su Nami, incrociando poi le stesse braccia al petto, si lasciò cadere appena sulla spalliera del letto dietro di lui, appoggiandosi con la schiena e lasciando quello spiraglio necessario di distanza tra loro.
“Sei una stupida!”, aveva sbuffato nuovamente ancora evidentemente un po’ seccato. “Devi smetterla di ascoltare ricordi che non ti appartengono! Non siamo noi. Non ancora.” 
“Ne deduco che non vuoi sapere quello che so, dunque?”
Nami non aveva mai avuto l’intenzione di dire a Zoro la verità, ma quelle sue parole, quel suo essere sempre così moralmente impeccabile, la mandavano in bestia. 
“No!” aveva risposto convinto come sempre delle sue decisioni. “E smettila anche tu di ascoltare certe cose inutili!” 
Stringendo i denti, e tenendo per sé una marea di insulti e dolori che avrebbe voluto sbattergli in faccia, si trattenne. Lo amava talmente tanto da nascondergli una simile sofferenza. Ciò nonostante era così arrabbiata per quella sua supponenza, mai che si mostrasse tollerante e indulgente, che la appoggiasse, che la calmasse senza bisogno di una motivazione. 
Ma come era possibile che fosse lui l’amore? Quell’amore?
Non sapeva nemmeno più da quanto si poneva questa domanda. Eppure, in quel racconto di Rin, quella sera sul ponte, era stato così dannatamente premuroso con la lei del futuro. 
Eccoli, ancora, quei ricordi che non le appartenevano, che lei non aveva mai veramente vissuto se non per via indiretta alle parole di qualcun altro. 
Scosse la testa a destra e sinistra stringendo appena le labbra. Non aveva vissuto quel Zoro. Lei non lo conosceva quello del futuro, seppur in ogni azione raccontata era sicuramente è certamente lui, era lui così come lo era adesso. Sembrava così tanto il lui che conosceva ma allo stesso tempo era anche così lontano. Come poteva spiegarsi questo?
Lei non avrebbe dovuto ascoltare niente, forse era vero, ma ne aveva bisogno, aveva bisogno di quel Zoro che l’amava in quel modo, di quel Zoro che avrebbe continuato a superare i limiti della follia consentita anche nell’amore, e, che, evidentemente, ancora non c’era…? 
Questa cosa la torturava, le macellava i pensieri, la riduceva in quello stato pietoso, sempre alla ricerca di una certezza più assoluta di quella precedente. 
Perché voleva tanto vivere quel sentimento? Le era piaciuto così tanto ascoltarlo attraverso la voce di sua figlia che adesso non riusciva a farne a meno? 
O forse era una scusa, per spiegare quello che aveva sempre provato ma mai voluto ammettere? 
Ciò che sapeva con sicurezza, che le era rimasto impresso dalla sua storia del futuro, era quella Nami, quella Nami che dalla forza di quell’amore - di quella follia - era capace di superare ogni avversità. Anche quelle dannatamente difficili. E prendere decisioni coraggiose che andavano oltre la sua indole razionale e logica. E questo, ad un certo punto, le era piaciuto. 
In tutto quel marasma di pensieri non si era resa conto che il suo sguardo si era perso nei meandri di qualcosa di lontano, a rifugiarsi in ciò che non le apparteneva, sentendosi improvvisamente osservata, e anche in profondità. 
 
“Lo so che succederà qualcosa.” 
Nami sussultò d’improvviso, ritornando mentalmente nel presente di quella stanza a fissare Zoro negli occhi, del tutto sconvolta dalle sue stesse azioni e riflessioni. 
“…tu…che cosa sai?”
“Niente… ma hai lo stesso sguardo che una volta ho scorto in Rin. E quella volta mi accennò di un avvenimento spiacevole…”
“…e?”
“…non so altro.” 
“E nonostante questo tu stai così tranquillo?”
“Non posso disperarmi per qualcosa che non é successo. Quando sarà il momento saprò che fare.” 
E in un attimo le parole della figlia le tornarono rimbombanti alla mente come un colpo di cannone: “ti giuro che lui prova così tanto amore…”
Ebbe un altro sussulto che però riuscì a celare per tempo. 
“E se invece al momento non lo sapessi, cosa fare intendo…”
Si scambiarono un’altra occhiata, più inquieta, ma sempre intensa; fin quando lui non esordì con qualcosa che la stupì per davvero.
“Dirmi questa cosa ti farà sentire meglio?”
Sgranò gli occhi, Nami, con il cuore che batteva sempre più forte dentro al petto, diventata una scatola incontenibile di emozioni. “C-c-cosa?”
Lo vide sbuffare ancora, ma continuare a guardarla dritta negli occhi con limpida fermezza, nonostante il probabile disagio di quell’affermazione.
“Se rivelarmi questa cosa ti aiuterà a stare meglio, allora fallo, prima che cambi idea.”
Ma Nami era ancora ferma alla prima frase. Non le importava che lui si vergognasse di quella proposta gentile. Non le importava del suo tono comunque scorbutico nel proporla, non le importava delle sue precedenti affermazioni: lui avrebbe tralasciato i suoi buoni propositi per lei, per farla stare bene avrebbe, sempre in un certo modo - il suo modo unico di fare ed esporsi - condiviso volontariamente il suo dolore. Questa era la proposta sotto quel significato. E questo lui avrebbe fatto sicuramente se lei lo avesse voluto.
Evidentemente, il dolore che aveva scorto negli occhi di Nami lo aveva indotto a fare qualcosa per trovarle sollievo, senza però ammetterlo mai. 
Ancora sconvolta, la rossa improvvisamente scosse il capo in segno di negazione. Era così reale adesso, tutto il racconto di Rin; era possibile, era davvero Zoro quello. Lui era fatto così, si sarebbe caricato anche quel peso pur di toglierlo a lei. 
“Umh?” 
Confuso, e totalmente ignaro di quei buoni pensieri indirizzati a lui, continuava a guardarla, pur sentendosi lo stesso un tantino imbarazzato senza avere la minima idea di quale fosse il tormento di lei. Almeno, fin tanto che non la vide accennare un sorriso. 
“…si tratta di me…” continuava a scuotere la testa, molto più leggera di prima, “…é una cosa che riguarda soltanto me.” 
Si riprese, Nami, sfoggiando un sorriso intero, e mettendolo in mostra con tutta la sua maestria.
“Quindi la terrò per me.” 
Come da copione, lo vide subito stizzirsi, mentre allargava la pupilla del suo unico occhio funzionante, quasi arrabbiato dal suo farlo sempre impazzire in qualche sadico modo. Prima lo aveva messo nella condizione di dover sapere per forza gli avvenimenti del futuro, poi lo aveva lasciato vergognarsi per averle offerto un pizzico del suo aiuto e adesso aveva il coraggio di dirgli che era solo un informazione che apparteneva a lei? 
“Smettila di prendermi in giro!” 
Ma Nami continuava a sorridere, nonostante quei suoi occhi non mentissero per davvero, tenendolo imprigionato in uno strano dolore, misto a una coltra nebbia di speranza e gioia, che avevano messo radici dentro di lei allo stesso modo. 
“Piantala Nami!”, era furioso. Lo aveva fatto esporre alla preoccupazione mettendolo solamente dritto nel sacco come sempre. “Ti approfitti continuamente di ogni mano che ti si tende!” 
Ma lei evitò di guardarlo, sapeva perfettamente il fatto suo, e volerlo proteggere da quel dolore futuro lo vedeva come una sua personale promessa con sé stessa, seppur, viste le troppe contraddizioni di quella giornata, mantenere quel sorriso non era lo stesso così facile, ma nemmeno difficile, poiché quel gesto di Zoro, in fin dei conti, l’aveva rasserenata, seppur ancora non rispondesse del tutto al suo dubbio e non le garantisse la sicurezza assoluta che stava cercando in lui. 
“Smettila di dirmi bugie.” 
Mentre Nami continuava a perdersi in lei e in quei ricordi, la voce di Zoro, compreso il suo nervosismo, continuava ad arrivarle alle orecchie da lontano, come un eco che sentiva ma alla quale non stava dando nessuna importanza. Anche se aveva captato il cambio di tono di lui, evoluto in una voce diventata più calma. Aveva sbollito gli spiriti probabilmente, cedendo a quella sofferenza che lui non poteva sapere ma che poteva leggerle addosso. 
In quel momento Nami decise di non voltarsi, se l’avesse guardata non avrebbe saputo trattenersi più. Ma poi lui…
“Sembrava che volessi che io sapessi…” 
La mano di Zoro era finita sul suo braccio facendola stranamente sospirare. Come se quel contatto fosse addirittura nuovo. Quella stretta non era forte, ma calda, e poteva trasmettere una certa dose di preoccupazione dato il suo cambiamento nel tono e nel modo di esporsi. 
Nami d’improvviso si chiese cosa stesse facendo, dal momento che era andata da lui per un motivo specifico, per un chiarimento, ed ora invece si stava nascondendo per proteggerlo dalla verità. 
Si sentiva proprio una sciocca. Sapeva che lui la stava osservando, studiandone i cambiamenti che in lei erano da sempre così repentini, come sprazzi di qualcosa impossibile da catturare. 
C’era il silenzio della stanza, con un lontanissimo borbottio di voci dalla cucina e le onde del mare che sbattevano sullo scafo. 
E poi, all’improvviso, le braccia di Zoro che l’avvolgevano, che la stringevano forte…anzi no, in realtà era quello che stava immaginando, era quello che si stupiva di voler provare, di voler avere, di voler sentire. Ma Zoro era lì, immobile, senza aver più mosso un muscolo. Il suo profumo forte a solleticarle il naso, quella mano ancora ferma sulla sua pelle in un punto diventato caldo e ora insensibile. 
Scosse ancora la testa leggermente. 
“Tu…”
Nami decise di affrontarlo quel sentimento, di guardarlo dritto negli occhi, di capire come fosse possibile che la sua vita sarebbe stata con lui, con quell’uomo burbero di cui si fidava ciecamente ma che sapeva non essere avvezzo alla normalità, forse anche di un sentimento come quello. Che era poi ciò che più si chiedeva da sempre, da quando questa storia del futuro aveva preso inizio. 
Voltandosi e imbattendosi in lui, si era gettata nell’oscurità e nell’obblio di quell’occhio. Con il corpo contratto, gli occhi coperti dalla frangia e i denti che le mordevano le labbra screpolate, la sua mano era involontariamente finita sulla guancia di lui, facendogli stringere i denti fino ad innervosirlo, vedendolo girare l’occhio da tutt’altra parte, imbarazzato da un gesto come quello che non comprendeva. 
Lui che l’avrebbe seguita anche a Coco. Lui che avrebbe amato e cresciuto sua figlia con una tale apprensione e sacrificio. Lui che avrebbe sempre fatto il possibile per portare addosso i suoi fardelli. 
Lo aveva sentito borbottare infastidito per quella strana carezza che lo metteva a disagio, ma lo aveva spudoratamente ignorato. 
“Tu…” aveva invece ripetuto con un tono più pacato, quasi dolce. 
Nami non aveva ricevuto molti abbracci caldi e accoglienti dopo la morte della madre. E anzi, gran parte della sua vita si era basata per lo di più su mostri, barbarie e sacrifici. E poi erano arrivati loro, i suoi amici, la sua salvezza, compreso quell’uomo che aveva davanti agli occhi, lo stesso che con quella indicibile ferita mortale sul petto, era comunque riuscito a farsi forza e spingere al pieno di ogni suo limite fisico per proteggerla. Era stato cruciale quel suo sforzo nella sua ritrovata libertà. E come l’aveva guardata quel giorno, serio, con lo sguardo e il pollice rivolti al pavimento, in un gesto leale e intimo che solo lei poteva ricordare. Era una cosa sua. Solo sua. E in quel momento forse si rendeva conto di quanto fosse importante quel ricordo, quello che veramente aveva vissuto, e di quanto volesse che lo fosse. 
Senza rendersi conto si era fatta più vicina, senza distogliere lo sguardo e senza mai staccare la mano dal suo viso. 
Lo vide sempre più confuso, ancora imbarazzato per quella carezza, ancora arrabbiato per le sue bugie, ancora stranito per la sua affermazione. 
“E adesso che ti passa per la testa?”
Ancora più vicina, Nami aveva iniziato ad ispirare il profumo della pelle del compagno come fosse diventato un infuso irresistibile. Lo vedeva così bene adesso…
“Rin é solo una scusa che usi, non é vero?” gli disse a bassa voce avvicinandosi all’orecchio destro, avvertendo il freddo metallo del suo orecchino contro il naso. “É solo una scusa per tenermi a distanza…”, rivelò senza pudore, sporgendo le labbra, per poi solleticargli appena l’orecchio.
“Chi é che davvero sta mentendo qui?…”
Non le rispose, inspirando a fondo il suo odore a sua volta. La pelle di Nami aveva un profumo capace di inebriargli i sensi. Come riusciva, ancora, a rimanere impassibile? 
La mano libera di lei andò ad affondare fra i suoi capelli verdi, che da un po’ erano più lunghi, chiudendo gli occhi e concedendosi un momento di lui fintanto che ancora non l’aveva fermata. 
“Nami…” la riprese, mentre cercava di ottenere la sua attenzione, ma, soprattutto, cercava di quietare se stesso da quella situazione sfuggita di mano per l’ennesima volta, sia pure con tono di voce ponderato.
“Siamo già passati per questa strada…” le fece notare, scostando appena la mano di lei ancora poggiata sulla sua guancia. 
“No, non é la stessa strada di prima” sospirò la rossa, per niente rassegnata all’idea che aveva ben chiara nella mente e all’obiettivo che si era prefissata di portare a termine. 
“Ne abbiamo già parlato…” 
Veloce come un razzo, il verde era sfuggito immediato alla presa della compagna, lasciandola interdetta ancora una volta. 
Lei di tutta risposta gonfiò un poco le guance, scocciata di trovare davanti a sé sempre quel muro impenetrabile. 
Nami, che aveva camminato da sola per troppo tempo, in una corazza protettiva che loro, ma soprattutto che lui, aveva sgretolato un grosso pezzo alla volta, eliminando parte di quella maschera di durezza nata sulle sue spalle da ogni colpo subito, infertole dai suoi aguzzini e da quel piccolo mondo che all’epoca le sembrava grande, si ritrovava ora a riconoscere quanto per tutto questo tempo non avesse fatto altro che trovare scuse per soffocare il suo sentimento. 
Abituata a sopprimere ogni lacrima, aveva precluso dentro di sé da tempo l’idea dell’amore, seppur fosse in realtà una contraddizione, dal momento che tutte le sue azioni e sacrifici si erano fondati da sempre su quell’idea, su quel sentimento. Lottare per qualcuno quanto lottare per sé stessi. 
Era un vero peccato che Zoro in quel momento non potesse leggere nel suo cuore, altrimenti non ci avrebbe pensato due volte a lasciarsi andare a lei. 
E poi…
 
“Ci hai pensato che per uno come lui non dev’essere facile accettare di avere delle debolezze?” 
“Io sarei una debolezza?” 
“No, non tu, ma l’idea di perdere il controllo su qualcosa di così irrazionale per lui. Ci hai pensato che non si aspettasse di provare qualcosa di così, deduco, intenso che non fosse in un combattimento? Lui, così poderoso, dotato di un notevole autocontrollo, magari si sente spiazzato…da sé stesso…” 
 
Ricordando le parole dell’amico nasuto, di quella folle mattina anch’essa ricca di avvenimenti ed emozioni complesse, che sembrava così lontana adesso, ebbe un piccolo momento di lucidità che catturò l’attenzione del verde, il quale posò nuovamente la pupilla su di lei, senza però muovere nessun muscolo del corpo. 
Ricordava quanto l’avessero inizialmente offesa quelle parole e anche terribilmente agitata, per la paura di essere un peso, un macigno per Zoro, bloccandole il respiro in gola. Ma Usop aveva avuto senz’altro ragione. 
 
Nami ricambiò lo sguardo di lui, perdendosi in quell’occhio invasivo, protettivo…ma anche, pieno di desiderio. Per lei? Non lo poteva negare ormai. Forse lo leggeva davvero solo adesso, dal momento che si era concentrata totalmente su di lui. 
Lei aveva imparato a manipolare uno come Zoro fin da subito, e lui, nonostante le proteste, lo aveva sempre permesso, ma entrare dentro di lui, quello era un altro bel paio di maniche. Eppure Zoro era tutto lì, così come si presentava, seppur l’apparenza oscura che emanava ombreggiava il suo cuore buono; però lui era comunque tutto lì, alla luce del sole. Cosa cercava di nascondere con così tanta fatica? 
Era chiaro che si volessero bene fin da sempre. Ma Nami voleva, pretendeva, aveva bisogno di sapere con assoluta certezza la mole di quell’amore…la proporzione, il volume…anche se, adesso lo sapeva, fin dove sarebbe potuto arrivare.
 
“Se la risparmi, puoi prendere la mia vita e il tuo onore non ne subirà nessun affronto.”
 
Un altro sussulto partito direttamente dallo stomaco. Ma no, no, non doveva farsi influenzare così tanto da ogni singola frase, azione, ricordo, ricordo non vissuto. Eppure, lui le aveva fatte e dette quelle cose. Lui si era sempre messo in gioco per lei, fin dalla prima volta che lo aveva incontrato, in cui le aveva salvato la vita. 
Ma perché non aveva raccontato a sua figlia di quanto quell’incontro fosse stato significativo, essenziale, salvifico per lei? Necessario anche, miracoloso soprattutto, e, anche se all’epoca non avrebbe potuto saperlo…, pieno di amore. 
 
“La mamma é sempre stata l’unica per il mio papà.” 
 
Ancora. 
L‘unica. E se si trattava di Zoro, non poteva essere che veritiero. L’unicità gli apparteneva. L’unicità, la lealtà, il giuramento: quelle parole erano lui. 
 
“É solo che è un uomo estremamente rispettoso, non farebbe mai qualcosa che possa ferirti.” 
 
Ancora la voce di Usop a farle visita nella testa. Certo che il cecchino ne sapeva osservare certamente tanti di dettagli. D’altronde, Usop era diventato bravo a leggerla, forse più di chiunque sapeva capire quando lei mentiva o era sincera. Quindi era possibile che anche Zoro non fosse poi così un segreto per lui, e che quindi le sue parole fossero realmente fondate sulla verità.
 
 
Con una piccola avanzata alla volta, Nami prese posto sulle gambe incrociate del verde, rimasto sempre nella stessa rigida posizione, avanzando nel territorio come fosse ogni attimo sempre una conquista in più di terreno.  
“Nami…” 
Pronunciava il suo nome con una strana accentuazione nelle corde vocali, quella volta. Era stoico come sempre, ma c’era una debolezza insita in quella pronuncia che poteva aprire una porta. Forse per la paura della perdita di quei giorni, forse per quei contatti fisici che non riuscivano più a trattenere, forse per l’ardore che bruciava negli occhi di lei, che ora era più chiaro, non c’era solo fuoco, ma anche sicurezza. Nami aveva capito i suoi sentimenti e forse aveva iniziato ad approvarli per davvero. E questo iniziava a vedersi. 
“Avevo detto do…”
Ancora un’avanzata, ed era perfettamente incastrata in lui, con i loro nasi uno accanto all’altro, e i rispettivi cuori fermati all’improvviso. Le intenzioni di Nami erano chiarissime, e, Zoro fu costretto a sgranare impercettibilmente l’occhio, anche il suo sentimento. Non poteva crederci di poterci leggere qualcosa del genere verso di lui. 
Con le labbra rosee su quella guancia immobile e fredda, in una, per la prima volta, carezza, Nami non era più spaventata della sua vulnerabilità.
 
“Colpa tua, comunque. Hai fatto tu il macello” gli disse poi, tirandogli i capelli all’indietro per guardarlo bene negli occhi, fissandolo nel suo sguardo dà ancora minore distanza.
 “Come?” 
Sgranò ancora una volta la pupilla quello, naturalmente indispettito, lasciandosi però toccare in quel modo senza più opporsi, succube di lei, ma sempre pronto per una presa di posizione. 
“Vuoi sposarmi solo per il tuo stupido senso di responsabilità!” 
“Stai dicendo una sciocchezza!” la accusò immediatamente, infastidito, come a volersi giustificare. Non trovandosi affatto d’accordo con nessuna di quelle parole, nemmeno sull’infangare una qualsiasi azione se nata per senso di responsabilità.
“Non te ne farò una colpa…é qualcosa che é da te…perciò, puoi dirmelo se è così!” 
“Ti ho detto che stai dicendo sciocchezze…” ripeté, senza però smettere quel contatto, mentre la sentiva avanzare sempre più vicina a lui con la bocca, mantenendo calmo il respiro.
“Allora dimostralo…non sono così indifesa, Zoro…”
Lui l’aveva guardata con un ghigno leggero ma quasi divertito all’angolo della bocca.
“Questo é certo!”
“E allora…”
“Allora?”
 
 
Stupida Nami, che si ostinava a voler credere che solo concretizzando fisicamente la loro unione, avrebbero significato qualcosa. Ma lui quante volte le aveva spiegato che la questione Rin l’aveva resa emotivamente instabile, oscurandole spesso la verità che aveva sotto il naso, nonostante i loro silenzi? E lui non avrebbe mai approfittato di una tale debolezza. E quante volte le aveva detto che Rin non c'entrava niente in quel…
Si sentiva invaso, come se fosse in guerra e stesse perdendo terreno. L’odore di Nami lo aveva accerchiato, il suo calore imprigionato, le sue forme incatenato al confine. 
Aveva cercato di fare resistenza. Come già era successo tante altre volte, ma iniziava ad attutire il colpo. 
Era già iniziata da un po’, quella difficoltà di tenere a freno gli istinti, specie oramai che aveva potuto constatare quanto fosse accesa e spietata la sua metà in quel gioco. Che cosa sarebbe successo nel futuro da farle avere questo bisogno impellente? 
 
 
“Ah, vuoi dire che non ti senti esplodere quanto ti sfiora o ti tocca? Vuoi davvero dire che non senti niente quando la guardi?”
Le parole del cuoco gli rimbombarono nella testa, sorprendendolo dell’averci anche solo dato il minimo peso, facendolo irrigidire e ringhiare come un cane ferito da ricevere consigli da “uno come quello”.
 
 
“Oh, andiamo!” 
Sentì la voce di Nami sbottare all’improvviso, convinta che il verde stesse reagendo alle sue attenzioni, estraendo la testa dal suo collo e guardandolo in volto. “Ma perché fai così il difficile!” allontanando rapida la mano appena arrivata ai suoi pantaloni, e facendola risalire sul suo petto. “Non sai come si fa?” ebbe la faccia tosta di aggiungere, in un sorrisetto malandrino dipinto sul volto.
Lo sentì immediatamente prendere fuoco sotto alle sue mani. Zoro le arpionò velocemente i fianchi, sentendosi colpito nell’orgoglio, e nella sua virilità, capovolgendola e distendendola istintivamente sul letto.
“Dove diavolo sono, eh?” le disse allora, una volta sopra di lei, stentando a mantenere una parvenza di serietà. 
“Dove sono cosa?”
La voce di Nami era quasi inesistente, talmente si sentiva ormai poco lucida e accaldata, convinta di avere appena ottenuto una vittoria, conoscendo perfettamente i tasti giusti da pigiare per farlo scattare: con Zoro era sempre stato sufficiente pungerlo nell’orgoglio. E questo si, questo spesso era il suo difetto da uomo normale, che apriva un punto debole in quella enorme corazza inscalfibile. 
“Le tua corna e il forcone!” sbottò lui, iniziando improvvisamente a sorridere sadico. 
Con il viso rosso dalla rabbia la rossa iniziò a colpirlo più forte che poté sulle spalle, maledicendolo. 
“Saranno a casa tua, all’inferno, idiota!!!”
Bloccandole inevitabilmente il corpo, la guardò negli occhi, quasi sentendosi un attimo più rilassato. E osservandola, l’aveva visto, il suo desiderio impellente impossibile da spegnere. 
Nami non era fragile solo perché si esponeva di più di lui - ma poi, era davvero così? - non era fragile perché mentiva per nascondere sentimenti troppo forti, Nami non era mai stata fragile. 
Lo era stato lui, forse. 
Lui lo aveva sempre saputo, che se fossero andati fino in fondo in questa storia, lei lo avrebbe visto, lei lo avrebbe SENTITO quel suo cuore amarla. Zoro non voleva darle questo peso, il peso di essere la sua più intima fragilità. Ma era uno specchio che si rendeva conto di non poter più evitare. 
Nami affrontò a testa alta quello sguardo, conficcandoci i suoi occhi così tanto che perse la facoltà di spiccicare parola, anche se non quella di reagire a lui. Lo sospinse un pò più lontano, ma lui fu abbastanza lesto da tenerla giù. Ci volle poco per finire col ritrovarsi stesi sul letto, fra l’offesa di lei e i versetti divertiti di lui per averla provocata.
Di lì a poco, tuttavia, tornò il silenzio, interrotto solo da profondi e sentiti sospiri inquieti e ansiosi…
 
Quel patto invisibile stava per essere infranto.
Lo sapevano entrambi.  
 
Nami avrebbe sentito quanto lui fosse in realtà coinvolto da lei. E Zoro avrebbe visto il disintegrarsi definitivo di quella sua maschera piena di bugie.
 
Quell’accordo invisibile, quel desiderio schivato, quell’amore taciuto…
 
 
Zoro sapeva che se si fosse fatto travolgere avrebbe perso la padronanza di sé, reagito istintivamente e mandato all'inferno ogni cosa.
“Devi restare lucido” ripeteva a sé stesso, nonostante l’idea di aver già preso una decisione iniziasse ad alleggerirlo. 
Nami aveva allungato le braccia al suo collo, tirandolo verso lei con decisione, ma non perdendo una piacevole delicatezza in quel tocco, avvicinando i visi ricongiunti finalmente in un morbido incontro di labbra. 
Zoro, che all'inizio si era irrigidito e aveva provato l'impulso di allontanarla, ora era quasi sull'orlo del precipizio e godeva dell’essersi fatto trasportare. 
“Sono ancora padrone di me” continuava a ripetersi, mentre aveva risposto volentieri a quel contatto che era diventato subito intenso, come se quel bacio, quella unione, fosse solo un qualcosa che si concedevano in momenti importanti: dal sentirsi in pericolo in vita, all’essere arrabbiati, o, come in quel caso, ansiosi di ciò che sarebbe successo nel futuro. 
“Hai visto? Ti sei abituato in fretta a questo, dopotutto…”
Era chiaro che si riferisse alla libertà di quei baci, diventati sempre più normalità. E Nami continuava a riempirlo di carezze e attenzioni, e ogni gesto era una conquista, un farlo avvicinare ancora di più a lei fino a schiacciarlo addosso al suo corpo, in modo da impedirgli qualunque via di fuga.  
Incerto su come reagire, il verde aveva continuato ad arpionarle la pelle, tenendola più immobile possibile sotto di sé, agendo cautamente, per darsi il tempo di decidere cosa fare.
Nami d’altro canto era già solo che stupita dal fatto che lui non si fosse ancora liberato, come invece si aspettava facesse da un momento all’altro. Così, staccando i loro visi per riprendere a respirare aria che non fosse quel respiro, la rossa occhieggiò su di lui. I loro sguardi si incrociarono ancora una volta in quella strana e surreale giornata. 
Lei lo osservava con occhi curiosi, diventati immediatamente accesi nel momento stesso in cui lui aveva appena mosso le mani su di lei, strusciandole sulla stoffa del vestito, e ritornando però subito al loro posto, come se avessero avuto paura di toccarla. Fu così che la rossa decise di dimezzare i tempi, facendo scivolare le sue braccia in giù, sfiorandosi inevitabilmente con la pelle nuda del torace di Zoro, e con le sue mani, andando a stringere il bordo del suo vestito, pronta a tirarlo via. 
“Aspetta” 
Gli uscì, non certo di starle facendo fare la cosa giusta. 
“Lascia fare…” con gli occhi che brillavano di una luce coinvolgente, Nami lo convinse ad allentare la presa che aveva su di lei così da poter innalzare il vestito e levarlo definitivamente. 
Qualcosa dentro la testa di Zoro cominciò a pulsare in modo prorompente, come fosse stato appena colpito da una marea di chiodi tutti insieme. Ma accettando l’idea di non rimandare ad oltranza quell’inderogabile desiderio, scioccamente, la lasciò fare. 
A quella vista, un gemito strozzato lo aveva colto alla sprovvista: la sua incantevole compagna non indossava biancheria!, e mentre cercava di non guardarla, concentrandosi sullo sguardo, vedendola sorridente mentre ammiccava appena, ebbe la conferma che il sangue era di colpo defluito al linguine, tanto da fargli male. 
“Strega…” le aveva suggerito con un tono che cercava di essere saldo e lucido, ma che aveva perso il senso di severità. 
Le loro labbra si schiusero veloci in un altro bacio, fondendo i respiri in uno, in un ritmo incostante che aveva coinvolto anche il battito cardiaco, specialmente quando la mano di Zoro, risalita su Nami per posarsi sul suo collo, le aveva involontariamente sfiorato un seno scoperto. 
Impallidì di colpo quando lo sentì. 
Nonostante il loro breve attimo di silenzio in cui erano rimasti immobili, Zoro aveva già deciso che voleva assaggiare il sapore di quella pelle, affondare in quel collo pulsante, in un ritmo che adesso era accelerato in modo interessante, e respirarla veramente, senza più accontentarsi di cercare il suo odore nel cuscino, o dall’agrumeto di mandarini all’esterno. 
Quella brama si stava tramutando ancora, soprattutto adesso che aveva avuto un incontro ravvicinato con la sua forma più morbida. Il suo seno nudo, con il suo respiro diventato improvvisamente caldo legato a quel solo sfioramento, era appena diventato così allettante, come quando in uno scontro fisico si trovava davanti un ostacolo nuovo che avrebbe dovuto superare con il solo uso della spada aumentando il suo padroneggiarla. 
Sorridendo ancora per l’effetto inaspettato che la sua mano aveva avuto su di lei, si era fiondato in quel collo palpitante, mentre la mano dello sfioramento involontario era finita invischiata in quella folta capigliatura arancione in una presa morbida, immergendola per un tempo sufficiente da farla rilassare e superare l’imbarazzo, per poi spingerla contro di sé e continuare ad annusarla. 
Una parte di lui era ancora frastornata dalle sensazioni che si erano impadronite dei suoi sensi, e dalla sorpresa di quanto fossero soffici le sue forme, seppur ci fosse già entrato in contatto altre volte in modo diverso. Ma sentire l’eccitazione di Nami, ogni qualvolta, e in qualsiasi modo, la toccava, era diventato sicuramente il suo gioco preferito, il suo momento di gloria, con la stessa parsimonia di quando in battaglia era consapevole di avere un certo potere. Per quanto ogni tocco di Nami su di lui fosse un incendio, era molto più preparato a controllarsi, e quindi riusciva a spegnerlo in tempo in qualche modo, anche se con con sempre più difficoltà, mentre lei, lei era un rogo ingestibile, lei stessa non aveva nessun allenamento o resistenza per poter innalzare la stessa barricata di lui, e questo pensiero iniziava a farlo scalpitare come un matto sadico. Il tutto avveniva certamente all’interno della sua testa. Anche se, con quelle labbra chiuse in un ghigno maniaco, Nami, guardandolo con un occhio aperto, iniziava a spaventarsi. 
“C-che é quello sguardo orr-…”
Non terminò la frase quando si sentì sfiorata un’altra volta dalla vita al petto, dal petto ai fianchi, in un tocco che voleva essere veloce ma che si tratteneva volontariamente su ogni centimetro della sua pelle nuda. 
Nami si sentiva col fiato corto vibrare da per tutto, in una serie di emozioni che la portavano a sgranare gli occhi per lo stupore e a richiuderli svelta per vivere quelle tante strane sensazioni che non aveva mai vissuto. E, nella dolce confusione che l’aveva assalita, cercava di aprire piano un occhio per scrutare quello screanzato che si stava divertendo un mondo a prendere il controllo su di lei. 
Zoro la sentì deglutire più volte. La vedeva combattuta sul volerlo maledire, ma anche incapace di protestare, poiché le scatenava troppe sensazioni alle quali non voleva rinunciare, lasciandogli per un attimo il potere, e perdendo lei quel controllo a cui teneva tanto. 
Ma anche la paura scalpitava in loro, la sentivano forte: non erano del tutto coscienti e sicuri di quello che sarebbe accaduto da lì a poco. Anzi. Di quello che stava già accadendo. 
Dopo quelle carezze e sfioramenti, il respiro reciproco si confuse divenendo finalmente un tutt’uno, e le labbra si schiusero ancora in un tenero abbraccio, come a suggellare una prima vittoria, un primo e bizzarro step che andava necessariamente superato. 
 
Come in una strana risposta a quel gioco, lei incurvò la schiena, sollevando il capo all'indietro e concedendogli una certa libertà in cui Zoro ci si fiondò senza pensarci più. Il suo seno era così delicato, bianco, soffice, ma soprattutto... grande. In quel momento gli sembrava ancora più grande di quanto normalmente gli permettesse la vista. 
Poteva farcela. Sentiva di essere arrivato al capolinea della sua resistenza. Era tutto talmente surreale da sembrare falso, un incubo - un sogno, in verità - in cui era finito all’improvviso e da cui non poteva - voleva - svegliarsi. Tutto talmente straboccante di emozioni che ora capiva perché normalmente faceva di tutto per starne lontano.  
Sentiva che era sbagliato farsi sopraffare da quel desiderio, soprattutto dopo tutti i suoi incessanti sforzi per averlo sempre evitato, e le sue importanti ambizioni che dovevano rimanere immacolate da simili distrazioni. Lo sapeva che si stava gettando all’inferno, che stava affrontando quello che per lui era il vero male che lo spaventava. Forse ammettere già di per sé di questo suo desiderio verso Nami era già il primo passo per la sua rovina. Ma, come un cretino, mentre assaggiava quella pelle morbida, iniziò a chiedersi se invece non fosse che aveva paura di cadere in lei per poi perderla. 
Nami non era capace di fare promesse. Nami non era affidabile. 
Zoro, riemergendo da quella prima ispezione con la bocca, alzò il capo in simultanea con lei, ricambiando uno sguardo già provato da quell'insolito, imbarazzante e piacevole contatto, stringendosi, nel frattempo, piano a lei. 
Sapeva di non poterle chiedere di fargli una simile promessa, perché lei ne avrebbe sicuramente approfittato di una sua ammessa vulnerabilità…perciò zittì all’istante quella sua voglia, quella voce, esprimendosi in tutt’altro modo. 
“Ti trascinerò all’inferno con me…” 
Nami aveva strisciato nuovamente le braccia sul torace di Zoro, attraversandolo e dirigendosi verso il basso, e, stavolta, con esito positivo, arrivata all’attaccatura dei suoi pantaloni, pigiò ancora una volta su quel bottone, portando la battaglia sul risultato tanto sperato, continuando però a guardarlo dritta negli occhi, come si guarda a testa alta un avversario degno. 
“Se riuscirai a prendermi…” 
sghignazzò felice, guardandolo in quel modo tutto suo che poteva far infuriare o sorprendere, talmente tanto il suo tono era provocatorio e tanto erano del colore del fuoco quelle striature dei suoi occhi, e quella energia che sprigionavano. “e poi, non lo faresti mai…”
 
D’improvviso ne fu certo che Nami non lo stava solo facendo cadere nel vuoto. In un attimo aveva ripensato alle sue rare ma intense premure nei suoi confronti, in un modo in cui non l’aveva mai vista fare con nessun altro, e, a come lo aveva protetto, a modo suo naturalmente, dalle grinfie degli altri, in diverse occasioni, assicurandosi che lui stesse bene o che riposasse dopo uno scontro. O ripensava a tutte quelle incomprensibili reazioni che lei aveva continuamente e alla paura nei suoi occhi quando lui fronteggiava una battaglia mortale. Tutto piuttosto raro, tutto piuttosto nascosto, tutto piuttosto instabile con lei, ma era anche tutto vero. Zoro sapeva che Nami era una maestra nel mentire, nell’inscenare storie drammatiche, esperta nell’arte dell’imbroglio, ma non era mai stata capace di arrivare a tanto, ovvero di fingere dal niente un sentimento. Lui in questo l’aveva sempre smascherata fin da subito, perché quel cuore puro lo aveva sempre sentito pulsare di umanità e sofferenza celate.
E l’amava per questo. 
Mai nessuna donna lo aveva messo in tali situazioni difficili da fargli vivere un dolore, come quella momentanea situazione di dubbio nei suoi confronti che aveva vissuto. Quella volta lei gli aveva spezzato il cuore, seppur in un modo particolare, seppur per pochi istanti, e quei momenti in cui pensava che lei gli avesse traditi - lo avesse tradito - gli ricordava con una strana e dolorosa presa al cuore. Che sarebbe solo la superficie di ciò che proverebbe ora se Nami lo abbandonasse ancora e per davvero. 
Sapeva di non poter avere certe sicurezze con lei, ma lui sapeva anche che quel terribile scenario non si sarebbe mai più ripresentato. Lui la conosceva. E lo sapeva, lo sapeva bene che Nami non era capace di fingere un sentimento. Non potrebbe nemmeno fingere quello sguardo che ha su di lui. Non saprebbe  fingere quel tipo di interesse. Non ha mai saputo fingere di non volergli bene per davvero, seppur si sia sempre impegnata così tanto per nasconderlo. 
E non era solo il desiderio che aveva verso lei ad aver precluso, lui aveva sempre evitato di alimentare il dolore di quella ferita che quell’amore gli provocava. Perché non era proprio così facile da accettare da uno come lui una simile mole d’amore per una donna. Ma lei non era una donna e basta, era Nami. La donna che gli aveva fatto provare dei sentimenti difficili. La donna che lo aveva fatto ridere. La donna che lo aveva fatto cedere.
Le donne più importanti della sua vita lo rendevano fragile e forte allo stesso tempo. E come aveva fatto con Kuina, non arrendendosi, prendendo coraggio ed estraendo una spada vera pur sapendo di poter rischiare la vita, anche con Nami avrebbe preso finalmente in mano la situazione, e quella notte non si sarebbe tirato indietro. 
 
 
Per aprire quel bottone Nami si era avvicinata del tutto verso di lui, unendosi ancora in un bacio inevitabile, mentre ormai aveva tirato l’indumento abbastanza giù, sulle gambe di lui. Da come era diventato il loro contatto, dall’energia del verde nell’imprimersi dentro la sua bocca, lei era sicura di averlo fatto impazzire in quell’attimo voluto di tentennamento.
Zoro aveva improvvisamente accelerato i suoi movimenti e i suoi tempi, forse, iniziando a cedere del tutto, ormai consapevole di averle permesso di privarlo della lucidità, sconvolto dalle sue forme, attratto dal suo profumo, condannato ad essere mai sazio di quel gioco. 
 
“Ti sei mai visto così?”
Si ripeteva nella testa, ormai conscio della sua eccitazione che prendeva forma. 
“Guarda come reagisci. Riprendi il controllo, stupido. Riprendi il controllo.”
 
Ma anziché ri conquistare il fronte, mentre ancora si scambiavano un bacio che di statico non aveva niente, il pensiero di voler provare quello che stava per provare, gli diede una notevole sicurezza e voglia di contrattaccare, quasi annebbiato da sé stesso. Con le braccia percorse nuovamente tutto il corpo di Nami, arrivando ai fianchi, ma, per la prima volta, superandoli, percorrendo con entrambi i pollici gli spazi sulle cosce, tastandole con delicatezza e immergendosi sempre più verso l’interno. Sentì Nami sobbalzare, gesto che mise fine al loro incontro a fior di labbra. 
“Ehi…” esclamò, quando i suoi due pollici erano in dirittura alla sua zona più intima. “Cosa fai” 
Lui si lasciò sfuggire un sospiro incerto.
Nami però non disse nient’altro, come se in realtà avesse parlato solo per istinto, ma lo sapeva benissimo in realtà cosa stesse per succedere. Lui allora aveva messo immediatamente fine a quel percorso, non perdendo però la presa, rimanendo immobile su quella pelle liscia.  
Non sapeva se prenderlo come un invito a fermarsi o se doveva continuare. In ogni caso non smetteva di guardarla e lei faceva lo stesso con lui, respirando in modo irregolare. Lei comunque non si era tirata indietro, e lui neppure.
Si fissarono entrambi stupiti per un attimo che parve veramente lungo, ma che trovò la sua fine quando Zoro si rese conto dell’improvviso nervosismo di Nami. 
Il suo respiro ansioso gli arrivava dritto in faccia, sospiri prima veloci e irregolari, e poi spezzati, quasi soffocati dall’incertezza, o dall’ansia, o dalla sola e naturale paura dell’ignoto. Sentiva il petto di lei alzarsi e abbassarsi sotto il suo torace, in un movimento che lo tormentava ed eccitava allo stesso tempo. 
Se non fosse stato così coinvolto nel suo intento, forse non si sarebbe nemmeno reso conto di quel nervosismo impercettibile.
Aveva bisogno però della soddisfazione che aveva provato prima, quando il suo tocco l’aveva fatta gemere e rabbrividire per lui, mentre ora, la presunta paura di Nami di scoprire cosa fosse possibile provare andando fino in fondo lo sconcertava, lui le paure le affrontava a testa alta. 
L’aveva sentita tendersi e irrigidirsi immediatamente. Per un attimo credette di non essere in grado di tradurre quei gesti. Anche quando ad irrigidirsi era lui, lei non si fermava e continuava sempre a provocarlo. E lui doveva fare lo stesso? Ma lei era Nami, rientrava nella sua natura farlo. Lui era Zoro, anche volendo non poteva proprio riuscirci. L’impossibilità di pensare di poterla ferire fisicamente era molto più ingombrante di tutto il resto. 
In quel momento si rese conto che nonostante tutta quella sicurezza che lei aveva dimostrato - come era già capitato - e nonostante fosse una sicurezza sincera, anche lei aveva i suoi limiti di sopportazione, e forse stava iniziando a risentire di aver provato così in fretta quelle determinate vibrazioni. Le vide sul viso una smorfia diversa dal solito, tra il piacere e l’angoscia. 
“Non dovevi fermarti…”
Si tormentava però il labbro inferiore, mentre lo diceva…
Era un momento per lui altamente difficile da analizzare con così tanta velocità di pensiero e azione, nonostante fosse abituato ormai a prendere decisioni complicate in battaglia. 
Ritraendo i pollici dalla sua pelle, e bloccandole, delicato ma veloce, la mascella del viso, quando la sentì contrariata e pronta per una sfuriata, la guardò per il tempo di un respiro, per poi tuffarsi ancora sulla sua bocca, prendendola svelto, tastandola con la lingua, mordendola, sentendola fin dentro di lui.
“Ci abitueremo, hai detto…” le disse quasi sottovoce staccandosi ancora e guardandola riaprire gli occhi languidi ma diventati più limpidi di un minuto prima. 
 
Nami non sarebbe riuscita sicuramente a descrivere con chiarezza quello che stava vivendo. Avrebbe dovuto accettarlo ormai che lui, quell’uomo, era capace di farla sentire così vulnerabile. Ma come era possibile che bastasse un tocco di quella sua mano? 
Poteva immaginare chiunque dei suoi compagni al posto di Zoro, ed era sicura che non avrebbe provato mai quel tipo di imbarazzo, che non era tanto vergogna generale quanto era più imbarazzo per quello che mostrava di provare verso di lui, per il suo tocco, per il modo che aveva di guardarla, per il suo respiro su di lei. 
Ma come poteva spiegarlo? 
L’unica cosa che aveva in mente era il voler rimanere a tutti i costi in quella stanza, nella presa delle sue mani e rispondere subito al desiderio di entrambi. Allo stesso tempo, anche l’idea di fuggire dalla situazione, correre via senza guardarsi indietro era allettante, pur di non sentirsi così nuda e scoperta sotto quello sguardo intimo. 
Cosa avrebbe dovuto fare allora? 
Sapeva bene che se avesse scelto la fuga, poi avrebbe vissuto un malessere incessante. Ma se avesse scelto la via del coraggio, di affrontare quella sfida, lui l’avrebbe sentita per davvero e non sarebbe più potuta tornare indietro. 
E forse, lui già iniziava a capirlo. 
 
Zoro aveva capito tutto infatti. 
Non poteva avere tutti i dettagli alla mano, ma conosceva abbastanza Nami da sentire che avrebbe potuto scegliere la via della codardia, d’altronde non sarebbe stata né la prima e né l’ultima volta. 
“Nami" sussurrò il suo nome vicino alla sua bocca, “hai intenzione di tirarti indietro?”
La vena del collo gli pulsava per quel briciolo di ansia che iniziava a provare, la sua eccitazione non si era spenta, cercava solo di controllarsi in quella strana attesa e paura che lei volesse davvero mettere la parola fine.
E si chiedeva Zoro, ma proprio lui che non voleva nemmeno iniziare, ora provava questo? 
Ma lei... 
La stessa che ora lo stava guardando in quel modo così…
“Allora, vuoi tirarti indietro?” 
Non riusciva a stare zitto; il suo corpo nudo che continuava a sfiorarsi con quello di Nami gli rendeva ribollente il sangue e lo aveva reso impaziente. 
Lei. Lei era…
D’improvviso, aveva sentito i fianchi stretti tra le gambe di lei, che, ora più aperte, stavano premendo su di lui in modo da farlo conformare più facilmente al suo corpo. 
Aveva trattenuto uno strano sospiro Zoro, cercando di non mostrare il dolore piacevole che stava sentendo in quel momento. Sempre mentre continuavano a fissarsi in quel tacito e inudibile consenso. 
Nami lo sentì afferrarla per i fianchi, in maniera molto più decisa stavolta, avvertendo immediatamente la sua eccitazione sfregare sul suo ventre. 
Il suo conseguente sospiro arrivò a lui molto chiaro nelle orecchie, istigandolo a continuare in quella direzione. 
“Zoro” 
Strinse immediatamente le mani attorno a quel collo robusto e pulsante. Quando aveva ansia per qualcosa, lui poteva sempre proteggerla. Anche se, quella volta, era lui stesso il motivo della sua ansia. 
“Zoro…”
 
Sentirla pronunciare il suo nome in quel modo…
E con lui non lo faceva mai. Quel tono delicato lo usava per imbrogliare il malcapitato di turno. E non era mai stato lui. Ma quella volta, quel tono era sincero. Ed era solo per lui. 
Così sicura e vulnerabile, fragile e forte, coraggiosa e codarda. E sarebbe stata sua e non lo sarebbe stata mai. Era pronto per lei e non lo era. 
Era questa la sfida con Nami. La vera sfida che lo teneva attivo quando guardava oltre il suo obiettivo. 
 
“nessuna resa…”
Gli disse lei, appoggiando le labbra sul quel collo grosso e bollente, in un mormorio sommesso, meravigliata ancora di essere arrivata a quel punto con uno come Zoro. Solo se fosse stata una stupida sarebbe fuggita da lì.
La bestia e il salvatore. Il diavolo e l’angelo. Lo scorbutico e il gentile. Era questo che più la divertita, che la eccitava, che la emozionava tanto da farle affrontare quelle piccole battaglie. Una vera sfida che con ogni altro uomo sarebbe stata così noiosa.
 
La guardava negli occhi mentre armeggiava il sotto, nelle loro parti più private, con una delicatezza che faceva tutto il possibile per avere, sforzandosi di non lasciarsi governare solo dall’istinto e fare affidamento su tutto il suo autocontrollo, mentre voleva essere comunque sé stesso ma anche il meno ruvido possibile nel suo tocco. 
 
“Devi promettermi”
Così aveva esordito Nami, mentre continuava a lasciargli baci sul volto, sul collo, sull’orecchio, sulla spalla, non solo ricevendo calore diventato irrinunciabile ma anche trasmettendoglielo, perché aveva bisogno di un modo per sopravvivere e non affondare in quella strana e surreale attesa,
“che se mai tu non dovessi provare questo per me…”
“Ma ti sembra il momento?”
Lo aveva facilmente agitato, e naturalmente, nel momento più sbagliato per lui. 
“sta’ zitto e ascolta!” 
lo strinse ancora più forte dietro al collo, appoggiando bene il volto sulla spalla come se quel solco fosse stato scavato da lei in persona per poterci imprimere la sua forma
“Se dovessi non provare più tutto questo…non voglio che rimarrai con me solo per senso di responsabilità…”
"... Che... cosa...?"
rispose quasi congestionato da una simile stupidaggine.
"Questa tua dannata sfiducia non la sopporto piu!”
“Promettilo! É importante!” 
“Ma… adesso?”
“Adesso!”
Lui per un attimo sembrò non voler accennare nessuna risposta, trovando la cosa alquanto inutile e stupida. E Per un attimo Nami ebbe l’impressione di sentirlo ammorbidire la presa, per poi invece, abbastanza d’improvviso da sconvolgerla, diventare più salda e sicura come non lo era stata mai.  
Stringendosi ancora di più a lui, Nami sapeva che Zoro aveva deciso. Aveva deciso su ogni cosa. Non disse assolutamente nulla per un poco, rimanendo stretta a quel collo, sotto quel respiro, accanto a quel cuore pulsante in un frangente di tempo impossibile da quantificare. 
Era al sicuro. 
E lo era anche quando lo sentì entrare in lei con una decisione nuova, una consapevolezza più profonda. 
 
“Hai la mia parola…”
 
Le rispose sicuro, prima di venire entrambi travolti da conseguenti ansimi condivisi. 
 
 
 
 
 
 
 

Zoro aveva aperto l’occhio di scatto, trovandosi davanti la schiena nuda della compagna con i capelli appiccicati alla pelle candida. Aprì la bocca per parlare, pronto a intervenire col suo solito tono burbero, ma la richiuse con la stessa velocità, fissando quelle spalle ancora per un attimo, forse cercando di captarne una qualche vibrazione o segnale, con fare interdetto. 
Non riusciva a definirne la causa, ma era consapevole di essere esploso, di aver ceduto, di non aver mantenuto i suoi buoni e, quelli che per lui erano giusti propositi. Per una volta, una sola dannatissima volta, si era lasciato vincere da quella pulsione repressa e antica che aveva sempre cercato di oscurare. Non aveva più potuto farlo. Era stato troppo avventato? Aveva sbagliato a dare ascolto a Nami? Al suo desiderio? O erano tutte scuse e aveva solo ascoltato sé stesso? 

Ma ormai non poteva più indugiare su ciò che era appena successo in quella stanza, tra loro, nella loro armonia. Ma poi tra loro c’era davvero, armonia? O forse ci sarebbe stata adesso? 
In fin dei conti non poteva negare che tutto ciò che era accaduto in quella nottata lo aveva stupito, oltretutto, doveva riconoscere che era stato così bello e intenso da non potersene pentire affatto. 
Era questo che si provava a stare con una donna? O lo sentiva solo con Nami? Era lei che adesso gli aveva regalato una strana e inusuale pace che ora prendeva posto nella sua mente? Era lei che gli aveva appena regolato il respiro, facendolo sentire rilassato e a suo agio? Nessuna meditazione era mai arrivata a questo risultato. 

Si sentiva un po’ più libero di prima.
Più libero e più felice. 

 
D’altro canto, doveva ammettere che seppur dubitava dei sentimenti della donna che quella notte aveva condiviso con lui un tale sentimento - poiché un giorno sembrava provare lo stesso e il giorno dopo diventava più fredda, un giorno si preoccupava per lui, quello dopo lo ignorava - ora poteva sentirsi cambiato: molto più sicuro, perché quello che gli era arrivato, quello che Nami gli aveva dato, era prezioso e sincero. 
Insomma, Nami era sempre stata altalenante ai suoi occhi, ma se lo amasse o no, era qualcosa a cui adesso poteva rispondere. Ciò non era però sufficiente a dargli sicurezza della reazione che quell’atto poteva aver avuto su di lei, sentendo un po’ di paura per averle invece provocato l’effetto contrario. Così, aveva allungato istintivamente la mano, carezzandole appena la schiena. 

E la sentì subito, sussultare al suo tocco. 
Non riuscì ad evitare di sorridere. 
 
“Cosa c'è, ti sei innervosita?"

Il suo tono era serio e pacato, quasi come fosse improvvisamente diventato preoccupato ma allo stesso tempo anche un po’ distante per non starle troppo addosso, e in questo era bravo. 
Nami non riusciva a voltarsi, leggermente in imbarazzo in quel momento, o le avrebbe visto addosso qualcosa che nemmeno lei riusciva ad immaginarsi di vedere: quella strana felicità di averlo amato. 
Sarebbe riuscita a capire cosa avesse provato Zoro?  

Eppure lo aveva sentito. Lo aveva sentito così forte quel suo sentimento. Era esploso come neve fresca intrappolata per troppo tempo nel macigno della grandine. Era vero che sapeva dimostrarle meglio coi gesti le cose, la sua essenza e il suo amore potevano essere compresi solamente quando lui stava in silenzio. Almeno, quasi in silenzio…
 
“Sto bene. Mi serve solo un attimo per…”
 

Nami avrebbe voluto avvolgersi il lenzuolo addosso e scappare, correre via da quella stanza e rifugiarsi per un solo attimo, uno solo, in un posto dove poteva stare sola, per realizzarlo, per rallentare il battito, per chiudere gli occhi ancora una volta e…
 
“Non farlo…” 
 

Un altro respiro rimasto fermo in gola. 
Una altro brivido attraversarla per tutta la colonna vertebrale sotto la pelle scoperta, a cui quella voce aveva fatto venire la pelle d’oca. 
Che cosa non avrebbe dovuto fare? 
Stava per rispondere e ribattere quando in realtà lo sapeva eccome: stava cercando una scusa per fuggire. E lui lo sapeva. 
Ma lei non voleva fuggire. O forse sì?

Sgranò appena gli occhi, sorpresa di sé stessa, rendendosi conto forse per la prima volta di quanto stesse facendo la codarda. La codarda dalla sua stessa felicità. 
Fu un attimo. 
Si voltò verso di lui, alzando involontariamente un cipiglio, sconvolta da quanto la conoscesse e sapesse capire ogni suo “dolore”. 
Eccoli lì, quegli occhi gli uni dentro gli altri. 

Fu impossibile non rivivere tutte le immagini di qualche ora prima, una che si accavallava sull’altra nei pensieri comuni, in un intenso ricordo vissuto insieme nel presente. 
Non c’era bisogno di parlare. Di farsi domande. Di scambiarsi pareri. Era successo, era successo e basta. E non era difficile leggerne anche adesso, in quegli occhi, i potenti rimasugli di quell’amore per la prima volta consumato. E in quel modo acceso, come lava incandescente che faceva bollire i loro corpi al minimo contatto.  

 
Senza parlare, Nami si era nuovamente stesa al fianco di Zoro, continuando a tirare il lenzuolo su di sé, come se coprire il corpo equivalesse a coprire il suo sentimento.
Ma era tutto inutile, ormai.
Un po’ titubante nel non sapere esattamente cosa fare in quella situazione, e un po’ imbarazzata per aver scoperto i sentimenti a quel modo, si era poi voltata ancora a guardarlo, in silenzio, scoprendolo ancora a fissarla, già messo di fianco e con la mano a tenersi la testa mentre rimaneva quasi scoperto dal lenzuolo che lei continuava a tirare.

Presa dal panico, istintivamente aveva allungato il braccio in modo rapido e grezzo, colpendolo dritto sulla faccia, e lasciandogli una bella impronta di cinque dita proprio sopra. 
“Nami! Ma che diavolo ti prende?” aveva urlato lui, grattandosi il viso per il prurito immediato, sentendola poi ridere nervosamente con le gote rossicce. 
“E tu smettila di essere così serio!” 
“Ma sei proprio una strega!”, continuava a grattarsi, con i denti aguzzi, mentre si lasciava nuovamente supino sul letto, con la schiena sul materasso. “Stai rovinando un bel momento” aveva esternato, brontolando come al solito. 

Nami non poteva crederci che quel burbero lamentoso e spesso distaccato uomo avesse detto una frase del genere. Così, con sulla faccia un’espressione stupita, iniziò a sentirsi più tranquilla. 
“Hai detto davvero che é stato un bel momento?”
Zoro si rese conto delle sue parole, e di quel suo complimento implicito, balbettando perciò la sua rapida ritirata.
“Ho capito, ritorno a dormire!”
“No, no. Mi ha sorpreso, ecco tutto…”

Nami, che se fosse stata più lucida lo avrebbe sicuramente massacrato approfittando di quel suo commento, aveva deciso invece di prendersi la sua meritata fetta di piacere personale, sporgendosi su quel corpo miracoloso. Qualcosa, d’altronde doveva farla per distrarsi.
“Ma che stai facendo?” 
Aveva schizzato l’occhio fuori dall’orbita, quando la sua “dolce” metà lo aveva colpito con il gomito nella ferita all’addome. 

“Ops, scusa”, aveva replicato lei, cercando una posizione comoda, ma non capendo esattamente come mettersi. 
“La pianti o no di muoverti?” continuava quello, mentre la rossa era la peggior contorsionista del secolo, mentre cercava di adagiarsi sopra di lui. “Mi spieghi che stai facendo? Ahio!” 
“Ci sono…ci sono” 
Continuando invece a colpirlo ripetutamente sulla ferita, mentre cercava di sentirsi a suo agio, ma con poco successo. Eppure, ricordava che conformarsi a quel corpo non era stato poi così difficile qualche ora prima. E adesso quale poteva essere il problema?

Non voleva solo stendersi e chiudere gli occhi nel silenzio, o sarebbe impazzita, sopraffatta per tutta la notte da quelle immagini. Lei voleva sentire che tutto andava bene. Voleva sentire Zoro più vicino. Voleva un cavolo di abbraccio!
É Zoro! È solo Zoro! 
Si chiedeva cosa la stesse rendendo così agitata. Il peggio – il meglio, in realtà – era passato d’altronde. 
È solo Zoro, dannazione! 
Bé, Zoro nudo. 

 
All’ennesima gomitata sul torace, il verde, che comunque portava ancora addosso le cicatrici dell’ultima battaglia, decise di darvi un taglio capovolgendo in fretta la situazione, e Nami, mettendosi su un fianco e tenendola dentro il suo abbraccio casuale. 
“La pianti?” 
Zoro non lo sapeva davvero, ma era finito in una bella trappola. Nami voleva solo che prendersi un abbraccio. E aveva appena ottenuto quello che voleva. 
Facendo la linguaccia che lui non avrebbe potuto vedere, rispose con la sua voce da vittima indifesa. “Ma certo…adesso starò buona.”  

E Nami non poteva sapere che con la testa accanto alla sua, Zoro aveva alzato un occhio al soffitto, e allo stesso tempo aveva sorriso, trovandosi, in fin dei conti, veramente d’accordo con quella posizione. 
Per una volta soltanto, per un giorno soltanto.  
 
Il silenzio era tornato ad accoglierli. 
I respiri reciproci nuovamente insieme. 

Nami gioiva interiormente di essere finita nuovamente in quella presa, seppur non l’avrebbe mai ammesso, accettando il fattore della “casualità”.
E Zoro, poteva ringraziare lei se aveva trovato una scusa per avanzare un po’ di quell’affetto che aveva necessità di elargire, seppur non poteva negare di trovarsi irrimediabilmente goffo.  
 

 
 

“Sai…non mi aspettavo che sarebbe stato così, cosi intenso... trovi anche tu?”
Era più rilassata adesso. Sapere che lui era lì, e l’avvolgeva, sentendolo più sereno e non enigmatico come altre volte, era  una rassicurazione. Anche se, doveva ammettere di sentirsi stranita dal fatto che ricevere quell’abbraccio fosse una sua necessità. Ma solo perché quello era Zoro. Lei aveva fiuto per le cose rare, e doveva prendersele. 

Lui, d’altro canto, era contento di sentirla respirare finalmente in modo regolare, pensando di essere quindi stato lui a quietarla, adagiandosi meglio su di lei. Non poteva proprio negare quanto gli piacesse quel contatto di pelle contro pelle, respiro contro respiro. Ed era così contento di poter evitare lo sguardo di Nami, o avrebbe visto quanto dannatamente si sentiva bene con lei accanto in quel modo. E quanto fosse stupito di quanto gli fosse piaciuto.
“Piacevole…”
“Certo che tu non ti allarghi mai, eh?”

“…”
 

 
“Se lo volessi, lo rifaresti senza più opporti trovando altre stupide scuse?”
“…”
“Zoro…?”
“…”
“…”
“Non erano scuse!”
“Rispondi!”

“Si."
“…”
“E tu mi vorrai ancora, Nami?”
“…”
“Nami?”
“…”
“…”
“…”
“Certo.”

 
 

“Zoro?”
“Umh”
“Questo è uno di quei momenti in cui noi, noi ci siamo amati…”
“Prova a rilassarti invece di parlare in continuazione.” 
“Ma tu rispondimi!”
Nami lo sentì sbuffare sulla sua pelle del collo, provocandole un leggero solletico. 

 
“Credo sia così.
Ora respira il momento in silenzio.” 
“Oh, ma come sei poetico…”
“Nami!!!”
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice:__________________________
Un sentito saluto a tutto il mondo di EFP che segue Rin con affetto. È passato un po’ di tempo, vero? 
Naturalmente in riferimento ai miei tempi di aggiornamento solitamente piuttosto brevi. 
Che dire, potrei parlarvi del tempo che vola, degli impegni inderogabili, delle 24ore giornaliere insufficienti per fare tutto, ma la verità è che non si tratta solo di questo. Purtroppo,  ammetto che in questo mese e mezzo (o forse di più?), ho avuto alti e bassi in fattore scrittura FF, sia per il basso coinvolgimento sul sito, che ahimè, non è colpa di nessuno, che per il bisogno di avere nuove scene ZoNami originali di cui l’autore ormai ci priva da anni. Non che queste siano vere motivazioni, forse assomigliano più a delle scuse, ma in ogni caso la situazione è anche stata questa. Insomma, discutere con voi anche di cose come: “secondo me Zoro potrebbe davvero fare cosi” o “ Nami non direbbe mai questo”, mi renderebbe super carica… leggere di diversi punti di vista sarebbe una sfida. Un feedback potrebbe essere anche questo, qualcosa di divertente senza essere necessariamente un giudizio. Anzi, mi piacerebbe da matti. Sarebbe un modo come un altro per scambiare visioni su questo rapporto che può essere letto in più modi. E, sicuramente, per me, sarebbe fonte inesauribile di ispirazione per continuare a scrivere. Anche perché, questo voi non lo sapete, ma sono praticamente instancabile sull’argomento. 
 
Ma, arrivo subito a questo ultimo capitolo caricato. CHE DIRE, non so perché ma è stato una bella manganellata in testa. Non potete sapere quanto io abbia cancellato, riscritto ri cancellato; un giorno appuntavo qualcosa e poi non mi andava più. Insomma, non sto dicendo niente di speciale, ma questo era il capitolo che più mi spaventava!, e ancora adesso in realtà, e lo giuro, non so se sia riuscita a rispecchiare l’idea iniziale, che ora quasi non ricordo nemmeno più. 
Il divertimento di Rin rientrava tutto in questo piccolo gioco, ovvero, sapere di avere una figlia così presto senza mai aver condiviso niente al livello fisico. Insomma, mi aveva stuzzicata parecchio questo preludio. E dalla difficile scoperta, l’ansia per il “momento cruciale” (chiamiamola anche da prestazione) ha preso il sopravvento fin da subito nei due poverini, arrivando così a questa fatidica notte… perciò non poteva essere facile, non poteva essere, diciamo, troppo piccante, o troppo LEVEL EXPERT. 
Insomma, non ricordo esattamente cosa avevo immaginato all’inizio – questa scena è stata una delle prime che ho visto nella mente -  ma la reazione di Nami nella mia mente è sempre stata questa: scoperto del forte amore di Zoro del futuro per lei, ne rimaneva così folgorata da chiedersi come fosse possibile, e conoscendo la sua indole nel voler avere subito risposte chiare, andava da Zoro del presente, totalmente sconvolta da quella verità, da volerlo “provare” subito (ahaha, l’amore, schiocchini…). 
 
Faccio un piccolo appunto sui capitoli passati ambientati nel futuro. 
Naturalmente, nel racconto che Rin fa a Robin, escono fuori solo gli avvertimenti in cui Rin era presente o spiava. Perciò, nonostante per trama abbia aggiunto alcuni momenti privati tra Zoro e Nami, quelli sono rimasti privati. Perciò…
Nel capitolo precedente, nel futuro, se ricordate, Zoro chiarisce definitivamente a Nami che non è mai stata lei a manipolarlo, è stato lui a farla entrare, dubbio che la rossa, nonostante senta il sentimento di Zoro, si porterà sempre dietro fino a quel momento. Perché il pensare insomma, di aver fatto cedere uno come lui, per lei, rimane uno strano traguardo, troppo sconvolgente, non tanto che le volesse bene, ma che potesse provare fino a tanto, insomma. 
 
Che dire, è tutto verde e arancio, è vero, ma spero che non vi annoi troppo. Ho continuamente la sensazione che manchi qualcosa, qualcosa di importante (No!, non le scene spinte, ci avevo pensato di non fermarmi in quel punto ma continuare, ma poi ho pensato che quel tipo di scene non ci stavano bene in questa FF, per il tipo di racconto, ecco…eheheh).  
Vi abbraccio. 
 
 
Ps: adesso mancano davvero uno o due capitoli alla fine. Il prossimo potrebbe essere l’ultimo, ma siccome mi conosco abbastanza da accogliere l’idea preventiva che il capitolo potrebbe diventare chilometrico tanto da doverlo suddividere, aggiungo la possibilità di un altro. 
 
   
 
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