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Autore: DrkRaven    25/04/2022    3 recensioni
ITAFUSHI | (dal testo) Todo fu il primo a spezzare il silenzio. "Beh, questa sì che è una notizia! Condividere il corpo con una Maledizione millenaria, sanguinaria e sadica, non deve renderti molto popolare tra le ragazze. Sarà per questo che non hai più avuto un appuntamento dopo le medie." | Questo racconto partecipa al contest "La distanza tra me e te" - Prompt: Prossimità forzata | ⚠ BOY X BOY ⚠ | Parole: 2.816
⚠Questa storia è frutto della mia fantasia⚠
⚠Qualunque riferimento a trama, personaggi o eventi narrati in altre fan fiction di altri autori è assolutamente e del tutto casuale, ma vi prego di segnalarmelo se doveste riscontrare tale similitudine⚠
⚠E' assolutamente vietato copiare e riprodurre quanto riportato in questa storia⚠
Genere: Introspettivo, Sovrannaturale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Fushiguro Megumi, Inumaki Toge, Itadori Yuji, Ryōmen Sukuna, Todo Aoi
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Capite? Mi fa troppo incazzare! – Itadori sottolineò le sue parole con un gesto stizzito delle mani.

- Lo so che non mi dovrei lamentare – continuò – in fondo è grazie a lui se sono vivo. Ma ogni tanto avrei bisogno di stare un po’ da solo con me stesso. Rivoglio la mia privacy! –

Itadori Yuji era stoico, determinato, coraggioso. Non si lamentava spesso della sua situazione, anzi, non si era mai lamentato prima.

A dire il vero aveva accolto con grande entusiasmo il nuovo status quo; imparare a gestire l’energia malefica gli aveva dato il potere di salvare quante più persone possibile. Affrontava a testa alta le sfide di ogni giorno, sforzandosi di ignorare il destino cupo e grottesco che gli era stato assegnato: quel conto alla rovescia, da venti a zero, che avrebbe decretato la sua morte.
La medaglia aveva una sola faccia, per Itadori, e cercava di non girarla.

Ma anche se affrontava la sorte con grande forza d’animo, aveva pur sempre sedici anni.

- Sapete qual è la parte peggiore? – domandò, per poi proseguire senza attendere risposta – I vuoti di memoria. All’inizio non mi succedeva, ma ultimamente mi capita di accorgermene, di notare che c’è qualcosa che non quadra. Sono flash, attimi; durano un minuto, non di più. Sto guardando un film, sbatto le ciglia, e mi accorgo che non ho capito; e devo tornare indietro. Ieri sono andato in bagno per fare la pipì, e poi ero lì, e non mi scappava, come se l’avessi già fatta.  –

Intrecciò le mani dietro la schiena e si tirò su ben dritto, facendo scrocchiare il collo prima a destra e poi a sinistra.

- Forse sto diventando pazzo. Forse non sono così bravo a gestire la situazione come pensavo. Forse è per quello che sensei Gojo non mi perde mai di vista. – constatò poi con una punta di amarezza.

Fece scrocchiare anche le dita della mano destra, e quelle della sinistra, per poi rimettersi in posizione di attacco.

- Tu parli troppo, besto friendo! – lo apostrofò Todo Aoi, che non aveva smesso un attimo di spostare il peso da un piede all’altro, tenendosi pronto all’azione.

- Hai ragione, amico. Ma se non ne parlo con voi, divento pazzo veramente. E sapere che lui sta ascoltando tutto e si starà facendo delle grasse risate, mi fa ancora più incazzare. –

- Salmone. – confermò Inumaki Toge, intervenendo nella conversazione per la prima volta.

Un colpo particolarmente potente seguito da uno schianto attirò l‘attenzione verso il cielo sopra le loro teste, dove si stava svolgendo la battaglia.
Fushiguro se la stava cavando egregiamente anche da solo; dopo lo “Stop” di Inumaki, aveva composto un attacco simultaneo con Nue e sembrava non avere bisogno di aiuto.
Quasi provavano pena per quella Maledizione di secondo livello, capitata per sua sfortuna nel posto sbagliato, il parco Yoyogi a Shibuya, nel momento sbagliato.

Gli allievi dell’Accademia delle Arti Occulte di Tokyo avevano voluto festeggiare il successo dell’ultima missione del senpai della scuola gemellata di Kyoto, accompagnandolo allo spettacolo della “Piccola Takada”, la sua idol preferita, nonché futura, e ancora ignara, moglie. La strada attraverso il parco era la via più breve per rientrare a scuola.

Itadori era stato il primo a sentire le grida; si erano precipitati verso l’area giochi in mezzo agli alberi, dove una Maledizione con ali e tentacoli stava mettendo in fuga un gruppo di teppistelli che si erano radunati a bersi qualche birra, celati alle autorità dalle tenebre e dagli alberi intricati della foresta.

Fushiguro Megumi si era lanciato all’attacco, ed era stato proprio Todo a bloccare Itadori, e a non consentirgli di raggiungere l’amico per dargli man forte.

Ovviamente aveva avuto ragione; Fushiguro aveva esorcizzato la maledizione in pochi minuti. La soddisfazione sul volto di Todo, che lo aveva raccomandato per una promozione come stregone di primo livello, era pari soltanto all’insoddisfazione su quello di Itadori, che avrebbe voluto menare un po’ le mani per scaricare la sua frustrazione.

- Ma perché te la prendi tanto? Perché proprio adesso? Sono mesi che convivi con Sukuna. – Todo riprese il discorso che avevano interrotto per congratularsi con Megumi.

- Beh… - Itadori camminava a testa bassa, le mani in tasca, scalciando di tanto in tanto un sasso che trovava sul suo cammino – Perché domani è il 14 febbraio… -

- Tonno e maionese. – puntualizzò Inumaki. Era ben conscio di quanto la frustrazione di chi non aveva nessuno con cui passare San Valentino, potesse generare maledizioni davvero fastidiose in quel giorno dell’anno.

- Non ti facevo così romantico, amico! – Todo fece risuonare la sua risata tra gli alberi del parco.

- Avrei un appuntamento, ok? – sbottò Itadori, arrossendo in volto e continuando a fissarsi la punta delle scarpe.

A quella rivelazione inaspettata, i suoi amici si fermarono scambiandosi sguardi confusi.

Todo fu il primo a spezzare il silenzio.

- Beh, questa sì che è una notizia! Condividere il corpo con una Maledizione millenaria, sanguinaria e sadica, non deve renderti molto popolare tra le ragazze. Sarà per questo che non hai più avuto un appuntamento dopo le medie. – e riprese a camminare verso l’uscita del parco.

- E tu che ne sai? Ti ricordo che non eravamo insieme alle medie! – replicò Itadori con poca convinzione. Stava cominciando a dubitare della sua memoria, vista la sicurezza con cui Todo citava sempre episodi del loro passato insieme.

Il colosso fece un gesto noncurante con la mano e proseguì ad elargire consigli al suo kohai.

- Spero che la ragazza in questione ne valga la pena, amico mio! –

- Ma non posso andare all’appuntamento, con Sukuna che “regge il moccolo”. Sarebbe troppo imbarazzante! -

- Uova di salmone. – confermò Inumaki, mentre Fushiguro scuoteva la testa con un gesto rassegnato.

- Cioè, immaginatevi se capitasse qualcosa, se ci baciassimo o altro. Che poi, conoscendo Sukuna, mi tirerebbe di sicuro qualche scherzo dei suoi. –

- Sì, hai ragione, c’è quel rischio. – confermò Todo, sinceramente dispiaciuto per il suo migliore amico.

- Potresti provare ad ubriacarti col sakè. Magari lui non lo regge! – suggerì ancora il gigante di Kyoto.

- Potresti annullare l’appuntamento. – ribatté Megumi, serio.

Itadori si fermò un istante, fissando l’amico con uno sguardo di sfida.

- L’ho sempre detto che sei noioso nelle questioni sentimentali. – puntualizzò Todo rivolto a Megumi, per poi riprendere a parlare con Itadori che camminava al suo fianco.

- Beh, comunque non puoi farci niente, no? Quindi prova a goderti la serata e cerca di non fare nulla che possa eccitare Sukuna. –

- Tipo? – chiese Itadori, speranzoso che l’amico avesse davvero qualche buon consiglio da dargli.

- Non staccarle un braccio, non azzannarla… cose così. – rispose ridendo, per proseguire poi più serio.

- Ricordati di prenderle dei fiori. Le donne amano questo genere di cose. E organizza una cenetta romantica. Se le piace il sushi, c’è un ristorante dove vado sempre quando… -

La parole di Todo si persero nella notte, sfumate nel cielo gelido di Tokyo insieme alle speranze di Itadori di poter finalmente avere un appuntamento per San Valentino, come tutti i suoi coetanei.


⊚⊶♅⊷⊚


- Esci dalla mia testa, maledetto mostro! –

- Taci moccioso! Non osare rivolgerti a me in quel modo! – tuonò Sukuna dall’alto del suo trono.

- Questo è il mio dominio. – aggiunse poi con più calma – Sei tu l’intruso, qui. –

Itadori si lanciò su per la montagna di teschi di animali, le corna appuntite che lo graffiavano mentre si aggrappava ad ogni appiglio per raggiungere la vetta, senza curarsi delle ferite che si aprivano nelle sue mani.

Una risata profonda riecheggiò nell’aria, amplificata in tutte le direzioni dalle pareti ricurve di quella enorme caverna scura; un lieve bagliore rossastro ammantava ogni cosa di una luce sinistra e minacciosa.

Arrivò in cima ansimando, e si sostenne per un istante con le mani sulle cosce, cercando di riprendere fiato.

Sukuna lo fissava, mollemente adagiato sul suo trono, una gamba che dondolava annoiata a cavallo di un grosso teschio grigiastro. Un sorriso di scherno deformava il suo volto, i segni neri stirati accanto alla bocca distesa in un ghigno malefico. Solo gli occhi non ridevano, e lo fissavano attenti e penetranti, come se fosse un insetto da schiacciare.

Itadori restava sempre disgustato nel vedere il suo viso, i suoi stessi lineamenti, così corrotti e deturpati dai tatuaggi e soprattutto dall’espressione di supponenza che il Re delle Maledizioni gli riservava.

- Dimmi, moccioso, cosa vuoi? – ringhiò, scostandosi dallo schienale del trono e sporgendosi verso Yuji.

- Rivoglio la mia vita! Rivoglio la mia adolescenza! Non ne posso più di te, sei un parassita! – vomitò fuori di getto il ragazzo.

Sukuna fece un lieve gesto della mano, come a scacciare una mosca fastidiosa, e Itadori fu scagliato in un istante a centinaia di metri di distanza. Sbattè contro le pareti disgustosamente molli e appiccicose, e scivolò lentamente a terra, ricoperto da un fluido viscido e maleodorante.

In preda ad una rabbia cieca, riprese a correre verso la montagna di teschi al centro del dominio, e si arrampicò di nuovo rendendo le sue mani un ammasso di carne sanguinolenta e dolorante.

- Sei ostinato. – constatò Sukuna, quando il ragazzo fu di nuovo ai piedi del suo trono.

- Tu non saresti qui se non lo fossi. – rispose ansimante, sfidandolo ancora una volta.

- Te lo concedo, moccioso. Sono tornato grazie a te. Se non avessi ingoiato il primo dito sarei ancora nel limbo a tessere i miei piani malefici, invece di metterli in pratica come mi stai consentendo di fare. –

- Io non ti consento di fare niente! Riesco ancora a controllarti! – ribatté Itadori, sfoggiando una sicurezza che non aveva.

Era conscio che i momenti di blackout erano causati da Sukuna che prendeva il comando del suo corpo; quantomeno, lo era in quel momento, nel suo dominio, dove ancora ricordava il patto che avevano stretto al loro primo incontro, ma che inspiegabilmente dimenticava nel momento in cui tornava cosciente.
Sukuna aveva rigenerato il cuore di Itadori, che altrimenti sarebbe morto, e lui gli avrebbe lasciato usare il suo corpo per un minuto, con la promessa di non uccidere o ferire nessuno.

Ma poteva sempre mandare a monte il suo appuntamento in mille altri modi, e Itadori non era disposto a correre il rischio.

- Ok, senti. Ti chiedo solo una sera. Poche ore in cui devi sparire, devi letteralmente ritirarti da qualche parte di questo immenso dominio, e non fare niente, non guardare, non ascoltare. – provò a chiedere il ragazzo.

- Me lo devi! – aggiunse poi con arroganza.

Sukuna lo guardava ancora come se fosse una cacca che doveva stare ben attento a non pestare.

- Ti prego. – cedette infine Itadori. Si inginocchiò e piegò la testa in avanti, sino a toccare il pavimento con la fronte.

- Mi piace che mi preghi, moccioso. – rispose Sukuna, con un tono di voce pacato.

- Ma mi piace ancora di più mandarti a monte l’appuntamento! – sentenziò infine, il suo ghigno più malevolo dipinto sul volto, gli occhi rossi e luminosi che già pregustavano gli infiniti modi in cui avrebbe potuto rovinare la serata al moccioso.

Itadori strinse i pugni per la rabbia. Calde lacrime sgorgavano dai suoi occhi quando si alzò da terra come una furia e si fiondò verso il trono.


⊚⊶♅⊷⊚


Sdraiato sul letto della sua stanza nel dormitorio dell’Accademia, con le mani intrecciate dietro la testa, Itadori fissava fuori dalla finestra il cielo violaceo che scuriva lentamente. Non aveva ancora deciso se rischiare e procedere col programma che aveva pensato per la serata, o annullare tutto.

Continuava a prendere una decisione, e poi dopo un istante cambiare idea, da quando quella mattina si era risvegliato di botto, sudato e in preda all’ansia; il suo assalto al trono non era evidentemente andato a buon fine.

Sukuna era sempre lì, vigile, presente, invadente e dilagante nel suo corpo come una pestilenza.

Lo sentiva dal prurito che gli davano quelle fessure accanto ai suoi occhi, l’unico segno evidente della sua possessione anche quando era lui ad avere il controllo. Restavano chiuse, quelle palpebre, ma prudevano, pizzicavano a volte, come se spingessero per aprirsi. Riusciva ancora a controllarle, a tenerle serrate, anche se non sapeva per quanto ancora avrebbe resistito.

E sentiva Sukuna che bisbigliava, incessantemente, continuamente; un brusio nella sua testa, a cui dopo un po’ aveva fatto l’abitudine, ma che gli indicava chiaramente che il suo oscuro passeggero era sempre presente.

Riusciva a gestire la situazione nelle missioni e nella vita di tutti i giorni all’Accademia: ma solo per una volta, per una stupida festa come San Valentino, rimpiangeva di non essere un adolescente come gli altri. E sapere che sarebbe morto sicuramente entro poco tempo, rendeva quel rimpianto ancora più amaro.

Pesanti colpi alla porta riscossero Yuji dalla sua inutile autocommiserazione.

Todo e Inumaki rotolarono nella stanza senza attendere un invito: erano una coppia alquanto singolare, il gigante ed il minuto angelo dai capelli di platino. E avevano una sorpresa per lui.

- Abbiamo la soluzione! – tuonò Todo – Inumaki è un genio! –

- Fiocchi di tonno essiccato. – rispose modesto.

- No, davvero! Può funzionare! – il tono roboante di entusiasmo faceva tremare i vetri della grande finestra.

Il viso di Megumi, contrariato per quel frastuono che lo aveva raggiunto nella stanza accanto, face capolino dalla porta che avevano lasciato socchiusa.

I tre lo fissarono, dimenticandosi per un istante il motivo per cui si erano fiondati in camera di Itadori.

Megumi indossava un paio di jeans dello stesso blu notte dei suoi occhi, una t-shirt nera ed una giacca di pelle anch’essa nera. Nessuno lo aveva mai visto senza la divisa scolastica, o la tuta.

- Beh? – chiese con una punta di imbarazzo per quei tre paia di occhi puntati su di lui (cinque, volendo considerare anche Sukuna).

Todo tornò a guardare Itadori, rendendosi conto in quell’istante che anche lui indossava i jeans e una felpa verde col cappuccio.

Ma, in fondo, erano lì per quello. Era il 14 febbraio, evidentemente anche Fushiguro aveva un appuntamento. E la loro presenza in quella stanza avrebbe consentito a Itadori di recarsi al suo.

- Ok, besto friendo! Siediti sul letto. – ordinò Todo all’amico.

Megumi entrò e si richiuse la porta alle spalle.

Inumaki si accucciò di fronte a Itadori, fissando i suoi incredibili occhi ametista in quelli castani dell’amico; con un gesto rapido abbassò la zip scoprendo in un attimo la bocca, il sigillo della sua famiglia ben visibile su entrambe le guance.

- Sukuna: dormi!

Le Parole Maledette vibrarono nell’aria come un miraggio, così rapide da non essere quasi percepite dai presenti.

Itadori fissava attonito l’amico davanti a lui che nel frattempo richiudeva la zip: il volto di Inumaki risultava evidentemente provato da quelle parole, la fronte sudata, e si aggrappò al letto in preda ad una vertigine.

Todo intervenne prendendolo per le spalle e facendolo sdraiare sul letto di Yuji, che ancora non aveva ben compreso cosa fosse successo.

Ma si rese conto in un attimo che il ronzio, il consueto brusio con cui Sukuna lo tormentava, era sparito.

Con i polpastrelli toccò gli zigomi, e si stupì di trovarli lisci.

La realizzazione, la piena consapevolezza di quanto accaduto, si abbatté su di lui con la violenza di uno tsunami.

Sukuna era sparito!

Megumi, ancora appoggiato alla porta, lo fissava ora con gli occhi sgranati.

- Non sappiamo quanto durerà. – Todo ruppe il silenzio, dopo essersi accertato che Inumaki stesse bene.

- Qualche ora di sicuro, direi fino a mezzanotte per non rischiare. Non potevamo spiegartelo e chiederti il permesso, c’era il rischio che Sukuna si opponesse. – spiegò ancora il gigante.

- Non lo sento più. È sparito davvero! – confermò Itadori, ancora incredulo.

- Bene! Ed ora, amico mio, vai a goderti il tuo appuntamento! Non si fanno aspettare le signore! – concluse, teatrale, quel romantico ammasso di muscoli.

Itadori volse uno sguardo confuso verso la porta, dove Fushiguro sorrideva sfacciato, appoggiato allo stipite a braccia conserte.

- Beh, non è proprio… - balbettò Itadori rivolto di nuovo verso Todo.

Come un uragano, Megumi si fiondò nella stanza, prese Yuji per le spalle e lo sospinse verso la porta.

- Ci vediamo a mezzanotte! – dichiarò, mentre trascinava l’amico fuori dalla stanza e richiudeva velocemente l’uscio dietro di loro.

Il viso di Todo non mostrò segni di comprensione ancora per un lungo istante, lo sguardo che andava alternativamente dal legno della porta appena chiusa, al poster di Jennifer Lawrence appeso alla parete.

Itadori era ormai lontano quando un urlo sinistro e agghiacciante come un utero maledetto squarciò la notte sopra all’Accademia delle Arti Occulte di Tokyo.

La moto sfrecciava veloce nella notte; stretto alla vita di Megumi, la testa appoggiata sulla sua schiena e un sorriso luminoso sulle labbra, si godeva i suoi sedici anni con il vento tra i capelli e il cuore che martellava furioso nel petto. Anche se solo per poche ore, Itadori era finalmente libero dal coinquilino importuno con cui condivideva il corpo, e assolutamente intenzionato a godersi ogni minuto del suo appuntamento.


⊚⊶♅⊷⊚


Ti ringrazio di cuore per aver letto la mia storia. Spero che ti sia piaciuta e che vorrai lasciarmi le tue impressioni.

   
 
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