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Autore: GReina    26/04/2022    2 recensioni
[Haikyuu!!] [shoumika]
Suguru e Mika sono una coppia ormai da moltissimi anni. Entrambi soddisfatti e realizzati nel mondo del lavoro come in quello di coppia, hanno ormai solo una cosa che manca da fare. Daishou lo sa, e per questo compra un anello. Peccato (forse) che nulla andrà come aveva previsto.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Mika Yamaka, Suguru Daishou
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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n.a.
Salve! Stavo passeggiando per le strade di Torino quando ho visto questa bancarella (cliccare QUI per la foto). Mika è la prima persona che mi è venuta in mente!! Tutto il resto è nato da lì.
Buona lettura!!!

Pallavolo, borse e anelli

Suguru aveva fatto – secondo il suo fin duro parere – solo una cosa veramente buona nella sua vita: riconquistare Mika.
Al primo passo indietro di lei, i due erano subito ritornati insieme. In fondo Daishou non aveva mai smesso di amarla né aveva mai provato a far credere il contrario, dunque nessuna sorpresa che fosse ancora lì, steso ai suoi piedi. La ragazza si era detta consapevole del proprio errore ed aveva insistito per addossarsi la sua buona dose di responsabilità, ma Suguru la venerava e così – giorno dopo giorno – continuò a fare sempre un pochino di più.
Adesso non condividevano solo l’affetto che provavano l’uno per l’altra, ma anche una passione. Daishou si era commosso la prima volta che Mika gli aveva chiesto di spiegarle qualcosa sulla pallavolo e ancora di più quando – a seguito di un commento della ragazza – aveva capito che il suo interesse era davvero autentico e non solo campato in aria per farlo contento.
Al di là di quello, i due avevano lavorato molto sulla loro relazione. Yamaka aveva fatto un passo verso di lui, ma il suo punto restava: la loro storia non avrebbe potuto né dovuto basarsi solo sulla pallavolo.
Iniziarono a cercare la loro “cosa speciale”. Erano consapevoli entrambi di non dover avere per forza gli stessi interessi per essere una coppia, ma averne almeno uno da far crescere insieme era sembrato ad entrambi qualcosa di carino da fare con l’altro. Provarono con il cinema, il bowling, la cucina, i videogame e persino l’uncinetto! Nulla di tutto quello funzionò, ma prima ancora che se ne accorgessero la “loro cosa” era diventata quella ricerca. La scusa era buona, e con quella avevano avuto occasione di provare i più svariati svaghi di coppia. Suguru non avrebbe mai immaginato di potersi divertire tanto a ricamare, eppure con lei farlo gli era apparso intrigante come il giorno in cui avevano provato la battaglia laser.
Mika era la donna della sua vita, e sebbene lei insistesse nel dire che non era perfetta, per Daishou non c’erano dubbi.
Presto Yamaka venne immatricolata all’università di infermieristica, ma anche così – tra lezioni, esami e tirocinio – lui poteva star certo di trovarla tra gli spalti ad ogni partita, importante o insignificante che fosse.
Ancora, Suguru venne scritturato da una squadra della Divisione 2 della V-League e lei acconsentì a seguirlo. Yamaka ottenne un lavoro, la squadra di Daishou più amichevoli da giocare. Il tempo a disposizione da passare insieme iniziò a ridursi, eppure la loro coppia riuscì a non soffrirne.
A quello scenario, Suguru si ritrovò a sorridere. Stavano insieme da più di sette anni, a quel punto, eppure il loro amore era limpido e fresco come fossero ancora ai primi mesi, con la differenza che la loro vita accanto all’altro era ormai qualcosa di quotidiano e naturale. Avevano lavorato tanto per arrivare fino a lì; adesso non rimaneva che una cosa da fare.
«Hai avuto un’idea stupenda, Dai.» un giorno Suguru aveva preso Mika per mano e con un sorriso sulle labbra le aveva detto di vestirsi elegante perché l’avrebbe portata fuori per cena. Lei si era subito detta entusiasta prendendo molto seriamente il dresscode. Quando finalmente era uscita da camera loro pronta per la serata gli occhi del pallavolista non avevano potuto far altro che illuminarsi pieni d’amore e di estasi. Adesso, diretti entrambi al loro tavolo accompagnati dal cameriere, Daishou non riusciva a decidersi se essere contento degli sguardi ammirati tutt’attorno o geloso per le attenzioni che la sua compagna non poteva fare altro che attirare. Il suo lungo vestito verde foresta faceva sfigurare tutti quelli delle altre donne, mentre la scollatura a «V» che aveva sulla schiena seccava le fauci degli uomini.
Non aveva importanza. Per Suguru c’era solo lei; in testa il pensiero di quanto quella donna fosse forte e bella; il pensiero che sebbene tutti potessero guardare, solo lei potesse decidere a chi dare seguito, e al momento Suguru Daishou era l’unico in lista.
Raggiunto il proprio tavolo, il ragazzo si mosse in fretta e scostò la sedia affinché Mika vi ci si sedette. Lei ridacchiò coprendosi le labbra con una mano.
«Sei un galantuomo, Dai.»
«Solo per te.» si sporse in avanti e le lasciò un bacio veloce sulle labbra. Mika rise ancora.
«Qualunque cosa ti faccia dormire bene la notte.» quello era un tratto di lui che Yamaka aveva migliorato, ma che fosse più accomodante e gentile con il prossimo era un segreto non troppo celato che Suguru fingeva di tenere per sé.
Si sedette di fronte a lei e lì – gomito sul tavolo e mento su palmo – prese ad ammirarla con occhi sognanti.
«Smettila!» lo rimproverò. «Mi farai impazzire con quegli occhi da cucciolo innamorato.»
«Solo tu riesci a vedere i miei occhi come occhi da cucciolo! Credevo di aver capito che fossero più da rettile.» gli insulti si erano sprecati al liceo per via del nome della sua scuola. Adesso tutto quello che potevano fare era riderci su.
«Anche i rettili da cuccioli sono carini! E poi io amo i serpenti, lo sai.» Daishou osservò il pendente ed il bracciare argentati e decorati a squame che la donna indossava, poi rise.
«Davvero? Non me n’ero accorto.» Mika lo spintonò con un piede al di sotto del tavolo.
«Stupido!» lo prese in giro. Poi arrivò il cameriere con i menù.
Suguru colse quell’occasione per prendere un ampio respiro. Lui e Yamaka stavano insieme da moltissimi anni e da quasi la metà di quelli convivevano. Forse non uscivano per appuntamenti come quello tanto spesso quanto avrebbero voluto, ma il loro rapporto non ne era stato intaccato, anzi forse ne era uscito più forte perché consapevole del fatto che l’uno per l’altra ci sarebbero sempre stati. Riuscivano ancora ad essere spontanei, a ridere e scherzare perennemente con argomenti nuovi e stimolanti. Si spronavano a vicenda, erano felici per il successo dell’altro come fosse il proprio.
Rimaneva solo una cosa da fare. Suguru si tastò la tasca ed il suo cuore mancò un battito alla sporgenza cubica data dalla scatola dell’anello. Mika era bellissima, il ristorante elegante e di lusso. Si sarebbe proposto proprio lì, creando un ricordo indelebile nelle loro menti, uno di quelli da raccontare ai figli aggiungendo dettagli smielati e romanzando quanto più possibile.
Prese ancora un ampio respiro.
Il dolce. Avrebbe atteso fino al dolce, poi si sarebbe messo in ginocchio e guardandola dal basso in alto avrebbe atteso la risposta.
Il dolce.
Ordinarono pochi minuti dopo che si erano seduti. Lui un piatto di carne, lei uno di quelli talmente ricchi di sapori da diventare immangiabile, proprio come piaceva a Mika. Accompagnarono il tutto con del buon vino (scelto dalla signora), e in men che non si dica arrivarono alla scelta del dolce.
«Una monoporzione di millefoglie, per me.» Suguru ordinò in fretta la prima fetta di dolce che gli era capitata sotto gli occhi e con palpitante attesa osservò Yamaka che sceglieva. Mai era stato tanto smanioso che si sbrigasse, ma un solo gesto della sua mano gli fece dimenticare tutto il resto. Sbuffò una risata. Lei sollevò lo sguardo su di lui e incurvando le labbra in un sorriso chiese:
«Cosa?» Daishou imitò il movimento che aveva fatto lei poco prima, quando si era accarezzata il naso.
«Lo fai quando non riesci a prendere una decisione. Ma scommetto che prenderai i profiteroles, come sempre.» Mika mise il broncio, ma chiuse ugualmente il menù con l’angolo della bocca rivolto in alto e mormorò al cameriere:
«Come ha detto lui.»
Era perfetta. Loro erano perfetti. La vita di Daishou non avrebbe potuto essere più perfetta, ma forse un anello al dito di lei l’avrebbe ricreduto.
Attese, e attese. Attese ancora. Infine, ecco il cameriere con i loro piatti. Suguru aspettò ancora un attimo affinché fossero lasciati soli, poi cercando di calmare il proprio cuore si schiarì la gola e – attirando l’attenzione della sua compagna – aprì la bocca per iniziare la più sdolcinata premessa che era riuscito a prepararsi.
Ma…
«Serpente bastardo!» il pallavolista saltò sul posto, poi sospirò con rassegnazione.
«Kuroo Tetsuro. Che spiacere rivederti.» il suo vecchio rivale rise di gusto. Era vestito di tutto punto con giacca e cravatta a renderlo irritabilmente attraente.
«Lo stesso per me, davvero.» poi si rivolse a Mika. «Non sei ancora tornata sana di mente?» Kuroo non aveva fatto altro che insultare la ragazza per i suoi gusti in fatto di uomini da quando si erano messi insieme, ma la loro era sin dall’inizio stata una rivalità fittizia.
«Sembrerebbe di no.» rise Yamaka. «Lo stesso Kozume, immagino.» gli occhi dei presenti si spostarono su Kenma, che ben meno elegante di Kuroo ma altrettanto affascinante con la sua nuova stazza ed i capelli raccolti disordinatamente in una crocca scrollò le spalle.
«Hai visto bene Kuroo? Riprova.» Suguru poté osservare l’ego crescere nel suo rivale, e la cosa non gli piacque. Poi Kenma continuò: «A volte può essere davvero un bambino, però. Questo te lo concedo. Quindi tu stuzzica pure il tuo amichetto, Tetsu. Io ti aspetto qui.» e gli bastò incrociare le braccia affinché il corvino facesse marcia in dietro con una vena di paura nello sguardo.
«Scusa, gattino. Ora ci faccio portare al nostro tavolo.» a Daishou venne da ridere. Kozume gli piaceva.
Il dramma sembrava essersi concluso lì: Kenma e il suo fastidioso fidanzato sarebbero spariti presto e lui e Mika tornati al nocciolo della serata.
Doveva solo aspettare. Solo un altro po’!
«Il vostro tavolo è questo, signori.» li informò il cameriere non appena arrivò con i nuovi menù. Stava indicando il tavolo accanto al loro.
«Non può essere vero.» fu il lamento di Kuroo e Suguru mormorato all’unisono.
 
Dunque, era andato tutto a puttane. Una settimana di organizzazione, salti mortali per trovare una sera libera per entrambi e suppliche infinite per ottenere un tavolo libero nonostante ben una settimana prima della data il ristorante fosse tutto al completo, totalmente buttati al vento.
Kuroo Tetsuro era stato una spina nel culo al liceo e mille volte di più lo era stato quella sera apparentemente perfetta sulla carta ma rovinosa nella pratica.
Alla fine, Mika e Kenma avevano passato il restante tempo a chiacchierare tra loro mentre Daishou altro non poteva fare che ringraziare il Cielo che perlomeno loro fossero già al dolce.
L’occasione era sfumata, ma Yamaka era perfetta e perfetta meritava che fosse la proposta di matrimonio che Suguru le avrebbe dedicato. Il problema stava nel capire quando replicare un appuntamento di tutto rispetto come lo era stato quello.
Una giornata passata allo stadio, una al cinema, una ancora sul divano di casa con bibita e pop-corn. Nessuna di quelle era e mai sarebbe stata all’altezza; men che mai lo sarebbe stata quella passata al mercato.
«Non ci servono tutte queste pesche!» tentò di convincerla al banco del fruttivendolo.
«Ma l’hai sentito! Più spendi più risparmi!» era adorabile quando tentava fallendo di risparmiare sulla spesa quando in effetti era lui a pensare ad essa per la stessa ragione.
«Va bene solo se sei pronta a rinunciare a un po’ di fragole.» le mostrò quelle che avevano già messo nel cestino degli acquisti. Lei storse la bocca e posò le pesche facendo ridere Suguru. Poi passarono oltre.
Si fermarono ad ammirare alcuni oggetti in cuoio fatti a mano, a provare ridicoli occhiali da sole, a leggere le playlist di ogni CD in vendita allo stand di musica per poi non comprarne nessuno. Certamente quello non sarebbe stato il giorno in cui Daishou si sarebbe proposto, ma era perfetto, come ogni cosa comprendesse loro due insieme.
Poi arrivò il colpo di grazia:
«Dai, guarda!!» l’eccitazione era cristallina nella voce della ragazza, la sua felicità del tutto autentica. Suguru la seguì con lo sguardo fino a uno stand di borse. Per come era corsa verso di esse il pallavolista non poté che pensare di comprarle tutto ciò che voleva, ma non fu necessario che tirasse fuori il portafogli, perché Mika aveva già quello suo in mano.
«Prendo questa!» Daishou non aveva avuto neanche modo di vedere cosa stesse comprando, dunque si avvicinò e quello che vide gli fece spalancare gli occhi.
Era la borsa più strana e bella che avesse mai visto. Una palla Mikasa di pallavolo era stata svuotata e ricucita come borsa; aveva una zip in cima e una tracolla fissata ai lati in modo rudimentale. Era orribile quanto meravigliosa e le parole sfuggirono a Suguru prima ancora che potesse anche solo pensare di bloccarle. Fissando Yamaka che trasferiva tutti i propri oggetti da una borsa all’altra per poi indossare la nuova con un sorriso genuino in volto, disse:
«Oddio, sposami.» la ragazza lo fissò bloccando per un momento ogni movimento. Il cervello di Daishou era ancora troppo confuso, tanto da riuscire a ridestarsi solo dopo la risposta di Mika.
«Sì.» Suguru deglutì.
«Cosa?»
«D’accordo.» il ragazzo non capiva, così l’atra specificò meglio: «D’accordo! Sì!! Ti sposo!!» il suo sorriso non era mai stato tanto luminoso, le sue guance erano rosee ed i suoi occhi umidi e felici.
«M-Mi sposi?» lei gli saltò addosso.
«Ti sposo, Dai!!» fece per baciarlo, ma Suguru si spostò, allontanandola di qualche centimetro.
«No, no, aspetta!» disse trattenendola per le braccia. «Aspetta, non è così che doveva andare, non è così che dovevo chiedertelo!?» Mika inclinò la testa di lato in un’implicita domanda, ma senza che la curiosità riuscisse ad affievolire il suo meraviglioso sorriso.
Suguru continuò: «Dovevo portarti in un posto speciale! Avrei dovuto comprarti dei fiori, magari offrirti un dolce, essere romantico! Non ho neanche l’anello! Non è così che doveva andare!» Mika lo abbracciò ancora.
«È stato perfetto, Dai. Tu sei perfetto.» poi – sciogliendo la stretta – Yamaka si guardò intorno e dopo qualche attimo trascinò entrambi di nuovo davanti lo stand delle borse. Soltanto a quel punto Suguru si accorse che oltre a quelle l’artigiano vendeva altri oggetti a tema sportivo; tra i tanti, anche degli anelli.
«Voglio questo!» ne indicò uno con una serie di pietre che ricordavano la pallavolo. Mika lo guardò con occhi luminosi ed iniettati d’amore. «Comprami questo, Dai!» lui sorrise di cuore. A casa li aspettava un anello di fidanzamento serio e che era costato un occhio della testa. Sarebbe sicuramente finito al suo dito, ma Daishou capì in quell’istante non essere l’anello del fidanzamento. Quello ce lo avevano davanti in quel momento.
Pagò il gioello, si inginocchiò sull’inelegante asfalto del parcheggio che ospitava il mercato e lì – guardando Mika dal basso in alto come sognava di fare da giorni – le pose la domanda:
«Mika Yamaka. Rendi le mie giornate perfette. Le rendi perfette agli appuntamenti galanti, e le rendi perfette facendo compere pazze al mercatino di quartiere. Rendi tutta la mia vita perfetta e io non riesco neanche ad immaginare di non passarla interamente con te.» prese fiato nonostante conoscesse già la meravigliosa risposta, poi disse: «Vuoi sposarmi?» il sorriso della ragazza si allargò, le sue guance si imporporarono ancora di più e i suoi occhi si fecero carichi di lacrime benigne.
«Sì, stupido! Sì che ti sposo!» anche Suguru sorrise, le sue guance arrossirono e i suoi occhi si bagnarono in un’esatta replica dell’espressione dell’altra. Le infilò l’anello al dito, poi si sollevò e la baciò con passione stringendola forte.
La gente stava applaudendo tutto intorno. Non capita spesso di assistere a proposte di matrimonio in mezzo al mercato, ma per i due novelli fidanzati non esisteva nient’altro che loro ed il futuro che gli si parava davanti.
La vita di Suguru era stata resa perfetta dalla sua ragazza e mai avrebbe potuto immaginare che potesse migliorare, eppure l’aveva appena fatto.
Adesso non rimaneva che una cosa da fare.
 

n.a.
Ero indecisa se lasciare o no l’ultimissima frase perché temevo non si capisse. Quello che volevo intendere è che mancano i bambini, ma naturalmente se la prenderanno comoda. Si capiva? Non si capiva? Avreste preferito il finale senza quella frase? Fatemi sapere!!
Spero vi sia piaciuta. Questi due sono bellissimi ma purtroppo quasi inesistenti nel regno delle fanfiction e fanart.
Grazie mille per essere arrivati fino a qui!
A presto!!
   
 
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