LA PRESENTE STORIA POTREBBE CONTENERE SPOILER RELATIVI ALLA QUARTA
STAGIONE, QUINDI FERMATEVI QUI SE NON VOLETE ROVINARVI LA SORPRESA.
SI PRECISA INOLTRE, CHE QUANTO NARRATO DI
SEGUITO E’ SOLO FRUTTO DELLA MIA IMMAGINAZIONE E NON
CI SONO SPOILER RELATIVI ALLA QUINTA STAGIONE.
*
Promises
*
Capitolo 4
*
Tossì una volta. Poi due ed infine una terza.
Solo che l’ultima fu quella più devastante che le fece quasi schizzare gli
occhi fuori dalle orbite e perdere il fiato.
“Nathalie!” Gabriel si apprestò a sorreggerla ed alzarle il busto. “Ora ti
porto in ospedale!” Disse poi componendo il numero della clinica privata sul display
del cellulare.
La donna allungò la mano e spense l’apparecchio nell’esatto momento in cui
Gabriel avrebbe schiacciato il tasto per avviare la chiamata.
“Sto bene.” Ma il suo volto provato faceva intendere tutt’altro.
Era trascorso un giorno da quando era rincasata dopo il breve viaggio, ma
in ogni caso, Nathalie, aveva dovuto raggiungere la destinazione con Lila e poi
far ritorno a Parigi, perché era stato tutto annullato a causa della sparizione
di Adrien (Felix).
E la cosa alla castana non era andata affatto giù, soprattutto perché aveva
capito l’inganno fin da subito. Quello che era salito sul treno con lei, non
era Adrien, lo aveva capito dallo strano luccichio dei suoi occhi e dal suo odore.
Ed infatti la cosa era stata confermata poi dallo stesso Felix durante una
conversazione, scoprendo le carte in tavola quando Lila glielo aveva chiesto
senza fare tanti giri di parole.
Gabriel si sentì un emerito idiota per averla fatta imbarcare in una storia
più grande di lei, senza pensare alle conseguenze a cui l’avrebbe portata,
soprattutto perché non si era ripresa del tutto.
Eppure c’era già passato con Emile anni prima, anche se in quel caso lì, il
Miraculous del pavone si era rotto dopo aver dato
vita alla sua creatura.
Nessun medico era stato in grado di aiutare sua moglie a guarire, perché la
magia che si era spigionata dentro di lei la stava consumando lentamente, come
un cancro che indisturbato divora il corpo fino a che ti lascia senza nessuna
speranza a cui attaccarti.
Tutto per colpa di sua sorella e per l’affetto che provava per lei.
“Non mi sembra.” Gabriel si portò le mani dentro i capelli in cerca di una
soluzione anche a quel problema.
E l’unica che gli stava ronzando in testa da un po' era quella di prendere
il coniglio e usarlo per tornare indietro nel tempo, nell’esatto momento
in cui Emile utilizzò il Miraculous del pavone.
“Non è una buona idea” Se ne uscì Nathalie dall’alto della sua saggezza.
Gabriel la guardò perplesso in attesa che continuasse con la spiegazione.
“… potreste cambiare il futuro in modo irreparabile. Lo sa anche lei che
viaggiare nel tempo non porterebbe a nulla di concreto.”
“Riavrò Emilie!” Si alzò stizzito. Quella era l’unica cosa che contava
veramente. “Prima di morire le avevo fatto una promessa, che avrei trovato il
modo per salvarla.”
*
“Gabriel, vieni un attimo qui!” Lo richiamò sua moglie mentre raccoglieva
in mezzo alla neve due spille variopinte e un libro antico.
Lo stilista, intento a fotografare il paesaggio mozzafiato che gli si
stagliava davanti, affrettò il passo e raggiunse la donna dopo qualche secondo.
“Che c’è? Stai male?” Le chiese vedendola accucciata nella stessa posizione
di poco fa.
“No, no. Ho trovato qualcosa… credo!” Emilie gli passò per prima cosa il
libro pesante.
Gabriel lo aprì dopo essersi tolto i guanti grossi che gli impedivano di
girare le pagine.
“Che diavolo è? E’ scritto in una lingua che non
conosco” E Gabriel poteva vantare di saper parlare alla perfezione ben sei
lingue.
“Forse non vale nulla…” Decretò Emilie tenendo tra le mani le due
bellissime spille luccicanti, una raffigurava un pavone e l’altra le ali di una
farfalla stilizzata “… proprio come questi due gioielli”
“Aspetta…” Gabriel girò velocemente le pagine fino ad arrivare a quelle che
rappresentavano due persone con addosso quei monili. “Guarda qua” Indicò alla
moglie i trafiletti interessati.
Emilie sogghignò divertita “Non ci capisco un accidenti, Gabriel.”
“Nemmeno io, ma potrebbero essere importanti…” Si portò due dita sul mento
accarezzandoselo per un po' “… lo porterò ad un esperto di libri antichi e
vedrò che ne salterà fuori.”
“Hai visto? In fondo questo viaggio in Tibet non è stato un buco
nell’acqua?” Si avvicinò a lui sensuale scoccandogli un tenero bacio a fior di
labbra.
“Sai che non mi importa il posto, mi basta stare con te, e il resto non conta.
Ci tenevi a vedere il Tibet ed io ti ho accontentato, mia regina.” Gabriel le
cinse la vita con le sue braccia costringendola ad aderire al suo corpo.
“Non sono una regina, sono solo una ragazza a cui piace visitare posti che
non ha mai visto.”
“Sei la mia di regina, e non permetterò a niente e nessuno di separarci.”
“E io non ho intenzione di farlo.” Emilie fece per avvicinarsi al suo volto
per baciarlo, quando il telefono che teneva all’interno del giaccone marrone
pesante, trillò.
Guardò chi la stava chiamando: sua sorella Amelie.
“Pronto?” Le ripeté un paio di volte perché il suo interlocutore non
riusciva a parlare a causa della voce bloccata dai singhiozzi “Amelie?”
“L’ho perso!” Riuscì a dire a stento ed Emilie ebbe un tuffo al cuore.
Era sicura che questa volta sarebbe riuscita a portare a termine la
gravidanza, ma alla fine del terzo mese ebbe l’ennesimo aborto spontaneo, il
quinto per la precisione. Ed i medici non riuscivano a capirne il motivo.
Gabriel intese subito dall’espressione dell’amata moglie che era successo
qualcosa di grave e si morse il labbro inferiore.
“Mi dispiace” Fu tutto quello che Emilie era riuscita a dirle prima che la
conversazione si troncasse per il poco segnale che c’era tra le montagne.
“Devo trovare un modo per aiutare mia sorella.” Emilie provò a richiamarla,
ma la connessione era del tutto assente.
“Come potresti, Emilie? Non riescono nemmeno i medici a far fronte alle sue
necessità.” Gabriel cercò di farla ragionare, ma inutilmente, ormai si era
messa in testa di cercare un altro tipo di aiuto per lei, perché sua sorella
doveva essere felice. Doveva avere il suo bambino ad ogni costo.
“I-io troverò un modo” Biascicò guardando per terra la neve candida.
“Non è compito tuo!” Insistette, perché sapeva bene che anche il suo di
rapporto ne avrebbe risentito e questo non doveva affatto accadere.
Amelie aveva un marito, un marito che l’amava tanto, e questa cosa
l’avrebbero risolta solo loro due e nessun altro, nemmeno lei che era sua
sorella si sarebbe dovuta intromettere, a meno che non fosse un supporto
morale.
*
I mesi passarono, ma non il desiderio di Amelie.
Emilie si era offerta anche di portare in grembo suo figlio per darle
quanto desiderava, ma Gabriel non ne era affatto d’accordo e nemmeno Amelie
quando gliene aveva parlato.
Ringraziò la sorella di cuore, ma non potè
accettare una simile proposta, perché sapeva che prima o poi il rapporto con
Gabriel ne avrebbe risentito. E non poteva permetterlo. Quello era un suo
problema e lo avrebbe risolto con le sue forze.
Tutto continuò comunque ad andare bene dopo quella discussione.
Né Emilie e né Amelie avevano più pensato al fattore figli, ritornando così
a vivere la loro vita spensierata accanto a due uomini meravigliosi.
Gabriel stava ottenendo un discreto successo nell’ambito della moda,
soprattutto dopo che Audrey Bourgeois aveva pubblicato un articolo acclamando
lo stilista.
Il marito di Amelie era nel ramo ferroviario e si erano dovuti trasferire a
Londra per portare avanti gli affari di famiglia.
*
Nel frattempo, Gabriel aveva portato quello strano libro da un amico esperto
di libri antichi e dopo circa un mese era riuscito ad avere un qualche riscontro.
“Parla di gioielli magici!” Quell’anziano lo aveva accolto nel retro
bottega del suo negozio di robivecchi una volta chiuso al pubblico, una
precauzione giusto per non essere disturbato. Quel posto puzzava di patchouli,
e Gabriel dovette trattenere a stento una scossa di vomito coprendosi con una
mano, naso e bocca.
“Gioielli magici?” Fece lui di rimando quando il malessere passò, riuscendo
a proferire parola.
“Oltre a questo libro, c’era anche una scatola con tipo… collane, anelli…
cose così, insomma.”
Gabriel mentì, non doveva interessargli sapere che assieme al volume aveva
trovato anche due spille, le stesse che custodiva nella cassaforte del suo
studio.
“Mmm… meglio così… quei monili portano solo guai
se in mani sbagliate.”
“Come mai?”
“Perché donano potere a chi li indossa, ognuno di esso ha delle qualità…
ecco vedi…” Aprì il libro e sfogliò le pagine con le dita lunghe e rugose “…
gli orecchini della coccinella donano il potere della creazione, e questo,
l’anello del gatto nero quello della distruzione. Poi ce ne solo altri, come
l’illusione, e guarda queste due spille…” Indicò proprio le due in possesso
dello stilista “… con la spilla della farfalla puoi piegare una persona al tuo
volere, mentre con questa del pavone puoi creare esseri viventi che potrai
controllare attraverso un amok.”
Gabriel si portò due dita sul mento trovando interessante proprio
quest’ultima.
“Anche esseri umani?”
Il vecchio chiuse il libro di fretta, colpito da quella domanda piuttosto
strana.
“Penso di sì…” Fece spallucce ridandogli il libro che Gabriel serrò nella
sua mano per portarlo verso di sé, ma l’anziano proprietario del negozio
continuò a trattenerlo, e non glielo avrebbe ridato prima di avvertirlo di una
cosa “… bisogna stare attenti a quando si usano questi Miraculous,
l’uso sconsiderato di uno solo o più di uno potrebbe avere conseguenze
catastrofiche.” Gli alitò in faccia scoccandogli un’occhiata seria.
“Lo terrò a mente.” Disse mellifluo riponendo il tomo in una sacca di iuta.
*
Gabriel rincasò e trovò Emilie in salotto intenta a leggere una rivista che
parlava di giardinaggio. La sua passione.
Cioè, non aveva mai saputo in realtà se lo stava facendo o semplicemente
sfogliando le pagine per far passare il tempo, perché quando sentì la porta
principale chiudersi, la donna gli corse subito incontro con un enorme sorriso.
“Stai bene?” Le chiese togliendosi le scarpe vicino l’ingresso, fuori aveva
iniziato a piovere e non sarebbe stato carino portare impronte bagnate per
tutta casa.
“Sono incinta!” Gli aveva annunciato scoppiando a piangere dalla gioia
subito dopo.
Gabriel fece cadere il libro che teneva sotto braccio dallo stupore.
La sua bocca si muoveva in modo convulsivo e lo shock per la notizia appena
ricevuta gli fece mancare l’aria.
Era felice.
Emilie era felice.
Le prese il viso tra le mani e le scoccò un bacio tenero a fior di labbra.
“Diventerò padre!” Mormorò con voce roca.
Lei si limitò ad annuire e sorridere mentre lacrime calde di gioia le
rigavano il volto.
“Dio come sono felice!” La sollevò in aria facendole fare una piroetta e la
gonna dalle stampe floreali che indossava si aprì in un’ampia ruota.
Emilie si portò una mano alla bocca “Ah, no così ti prego… ho un po' di
nausea adesso.”
“Chiamo un medico” Si prodigò il marito facendola scoppiare a ridere.
“Non è necessario, è normale non sentirsi al cento per cento quando si è
all’inizio. E comunque, ho già prenotato una visita per la prossima settimana.”
Gabriel le prese le mani “Non sai quanto sono contento…” Poi abbassò lo
sguardo ripensando ad Amelie e alla sua condizione.
La sua mente fu attanagliata subito da mille domande e la più devastante fu
proprio ‘e se anche ad Emilie succedesse di perdere il bambino che portava in
grembo?’.
Non doveva accadere. Mai.
“… ora però ti conviene non fare sforzi.” L’accompagnò in salotto e l’aiutò
a sedersi sul divano di pelle nera, se solo l’avesse vista alzata sarebbero
stati guai grossi per lei.
“Ora non cominciare!” Protestò Emilie sospirando, per poi cambiare subito
atteggiamento quando vide l’espressione affranta del marito, lui voleva aiutare
“… però, devo confessarti che non mi dispiacerebbe essere coccolata un altro pò.”
*
Erano trascorsi quattro mesi da quando la gravidanza di Emilie era stata
confermata anche dal suo medico ginecologo, e tutto proseguiva per il meglio.
Gabriel aveva assunto un’assistente che aiutasse Emilie e le facesse
compagnia quando lui non c’era: il suo nome era Nathalie.
Una ragazza giovane ed intraprendente, così brava e ligia al dovere che lo stilista
aveva voluto anche come presenza nella Casa di Moda per risolvere i problemi
più fastidiosi, e quindi quando Nathalie si trovava in quest’ultima sede,
Emilie era libera di dedicarsi alla casa e al giardino.
Amava coltivare le sue rose, farle nascere e fiorire.
Un giorno si trovava all’esterno della Villa, quando, non si sa bene per
quale ragione, si ricordò improvvisamente delle due spille e del libro che lei
e suo marito avevano trovato in Tibet e che custodiva all’interno della
cassaforte nel suo studio.
Poggiò gli strumenti che le servivano per sistemare i fiori, si tolse i
guanti e si avviò all’interno della casa, forse in quel libro avrebbe trovato
ispirazione, o forse era solo curiosa di guadarci all’interno.
Ancora non sapeva quale forza misteriosa la stava chiamando.
Emilie digitò velocemente il codice di apertura e appena ne ebbe
l’occasione, prese il libro ed iniziò a sfogliarlo, soffermandosi sul paragrafo
dedicato al Miraculous del Pavone.
In effetti non ne aveva mai parlato con Gabriel dopo che aveva fatto
ritorno dal rigattiere.
Come ricordava bene, non capiva nulla di quanto impresso, quindi si limitò
solo a chiudere quel libro ed a riporlo al suo posto.
Poi la sua attenzione fu rivolta a quella spilla a forma di ruota di pavone.
La prese e la sfiorò con le dita sottili lucidandone la superficie che
brillò.
Senza pensarci la indossò e per poco non svenne quando tra lo sfarfallio di
luci comparve un piccolo essere blu cinguettante dal nome Dusuu.
Emilie sussultò e per poco non cadde all’indietro inciampando sui gradini.
Il piccolo pavone si nascose il viso con le zampette per lo spavento.
“Non farmi del male!” Disse alla donna che continuava a guardarlo con
sguardo di terrore.
“Io? Farti del male? Dovrei essere io a supplicarti! Chi sei?” Lo spavento
iniziale svanì per la troppa curiosità di saperne di più. Sicuramente se
Gabriel avesse scoperto che quei gioielli fossero in qualche modo pericolosi
non li avrebbe di certo conservati, ma se ne sarebbe subito liberato.
“I-il mio no-nome è Dusuu e con il mio potere
posso creare esseri viventi da piegare al tuo volere.”
“Che cosa significa esattamente?”
Il kwami iniziò il suo monologo, spiegando per
filo e per segno in che cosa consisteva la sua magia, ed Emilie ascoltò tutto
con estrema curiosità, anche perché forse, quel piccolo esserino poteva essere
la chiave per risolvere il problema della sua amata sorella.
Purtroppo Amelie non aveva preso molto bene la notizia della gravidanza di
Emilie, finendo così per soffrire di un po' di depressione, fortunatamente
presa in tempo e che ora stava curando, oltre che con i farmaci, anche con
l’affetto e la vicinanza dei suoi cari.
Emilie non l’avrebbe mai abbandonata, nonostante sapesse della gelosia che
nutriva nei confronti di quel pancione che lievemente cresceva di settimana in
settimana.
Sia chiaro, era stracontenta per lei, ma gelosa del fatto che lei, per il
momento, non poteva godere della stessa condizione.
“Ecco, ora sai che non sono pericoloso, ma che io posso conferirti invece
dei poteri veri e propri.” Concluse il pavone blu timidamente.
La mente di Emilie iniziò a vagare dal momento in cui Dusuu
le aveva confidato di poter creare essere viventi infondendo linfa vitale ad
una piuma del ventaglio magico.
“Ehi… ma mi stai ascoltando?” Le domandò vedendola assorta nei suoi
pensieri sventolando la sua coda davanti al viso scompigliandole la chioma
bionda.
“S-si, certo! Ho una domanda!”
Dusuu si mise sull’attenti da bravo soldatino.
“Spara!”
“Si possono creare anche bambini?”
Il kwami fece una piroetta felice “Tutto quello
che vuoi!”
Emilie si portò due dita sul mento “Cioè un essere vivente a tutti gli
effetti?”
“Certo che sì… se il sentimostro è progettato per
essere una creatura vivente, allora sarà così. Ricordati, Emilie… quello che
crei, nasce da un sentimento profondo e quindi se decidi per un individuo che
abbia le capacità di crescere, riprodursi e morire, allora sarà così.”
“Non sarebbe una cattiva idea…” Mormorò a mezze labbra distogliendo lo
sguardo dal kwami.
“Che cosa?” Chiese Dusuu curioso.
“Vedi… mia sorella ha difficoltà ad avere figli, e magari se utilizzassi i
tuoi poteri, magari potrei creargliene uno.”
“Devo avvertirti” Disse seriamente “… potrebbe essere pericoloso, però.”
“Perché?”
Dusuu non fece a tempo a darle la spiegazione che voleva perché Gabriel era
rientrato a casa prima del previsto. Emilie era stata costretta a togliersi la
spilla ed a metterla all’interno della cassaforte in fretta e furia, ma sempre
in maniera ordinata.
“Emilie?” Si sentì chiamare e lei uscì dallo studio in evidente stato di
imbarazzo chiudendo la porta frettolosamente.
“Sono qui, caro!” Si sistemò alla meno peggio il grembiule bianco un po'
sporco di terra ed erba cercando di nascondere il buchino dove prima aveva
apposto la spilla.
“Stai bene?” Notò il suo impaccio.
“S-si. Perché non si vede?” Balbettò iniziando a sudare freddo, non per
aver rovistato all’interno della cassaforte senza chiedergli nulla, ma perché
le forze le stavano venendo meno.
La vista si annebbiò all’improvviso e lei si sentì mancare, svenendo tra le
braccia del marito visibilmente preoccupato.
*
Il vagito del bambino che fino a qualche attimo prima dormiva beatamente
nella culla accanto al letto, la destò dal suo riposo momentaneo.
Adrien era nato da qualche mese.
Il parto era andato tutto sommato bene, non c’erano state complicazione né
per la madre e né per il neonato, era stata la gravidanza ad aver avuto qualche
problemino dopo la ventesima settimana, dopo che Emilie aveva scoperto di
soffrire di preeclampsia a seguito del suo svenimento, costringendola a letto
ed assoluto riposo.
E meno male che Gabriel le aveva affiancato Nathalie, altrimenti sarebbe
uscita presto di senno.
Emilie prese con delicatezza quel fagottino strillante e lo attaccò al seno
appena riuscì a sedersi sulla sedia a dondolo di vimini.
Pace…
Non per molto almeno, perché appena Adrien si addormentò dopo la poppata,
il campanello suonò. Emilie aveva dimenticato che sua sorella e suo cognato le
avrebbero fatto visita quel pomeriggio, prima di ritornare a Londra dopo una
toccata e fuga a Parigi per sistemare dei documenti.
Gabriel aprì la porta con un enorme sorriso accogliendo così i suoi ospiti,
facendoli poi accomodare nell’enorme salotto.
Erano curiosi di sapere quanto grande era diventato Adrien dall’ultima
volta che lo avevano visto, a parte appena venuto al mondo e un paio di volte
negli ultimi tre mesi, i due zii riuscivano a vedere sempre il nipotino
attraverso uno schermo di un telefono.
“Emilie scende subito… vi posso offrire qualcosa?” Domandò il padrone di
casa.
“No, grazie!” Rispose Amelie con un groppo in gola, probabilmente da quel
momento in poi sarebbe stato ancora più difficile convivere con il sorriso di
sua sorella e di suo cognato mentre parlavano di Adrien.
Lei e suo marito avevano appena ricevuto una notizia devastante.
“Per me un bicchiere d’acqua, grazie!” Replicò il cognato assetato. Fuori
faceva caldo.
Gabriel scoccò un’occhiata a Nathalie che si trovava sullo stipite della
porta in attesa di ordini, e lei da brava assistente, obbedì senza battere
ciglio.
Dopo che la segretaria del signor Agreste si allontanò dalla stanza, fece
il suo ingresso Emilie con in braccio Adrien dormiente.
Amelie si alzò dal divano per andare incontro alla sorella.
Brividi di freddo le attraversano la spina dorsale mentre sentiva le
budella contorcersi e farle male, non riusciva a smettere si torturarsi le
mani, sudate e fredde.
Le diede un leggero bacio sulla sua guancia arrossata e scappò via
piangendo senza nemmeno volgere lo sguardo al nipote, lasciando attoniti i
padroni di casa.
“Tieni Adrien, caro” Emilie lasciò il bambino alle cure del padre per
correre poi incontro alla sorella.
Sapeva che per lei tutta quella situazione non sarebbe stata facile, ma
prima o poi sarebbe stata in grado di avere anche lei il suo bambino a cui
badare, e tutta quella situazione sarebbe stata solo un bruttissimo ricordo.
“Amelie! Aspetta” La richiamò e lei si fermò ai piedi dell’imponente
scalinata.
“Che c’è?” Chiese stizzita, stufa della compassione da parte di tutti.
“Stai bene?” Le mise una mano sulla spalla per costringerla a voltarsi e a
confidare quali nubi offuscavano il suo cuore stanco.
Amelie ci mise un po' prima di smettere di piangere, per poi vomitare
addosso alla sorella tutto il risentimento che covava internamente.
Non solo aveva da sempre avuto tutta l’attenzione di mamma e papà perché era
lei quella più intelligente e brava a scuola, spiccando in ogni materia
prendendo ad ogni occasione il massimo dei voti; in più le avevano regalato le
fedi della famiglia non appena Gabriel aveva chiesto il permesso al loro padre,
la mano della figlia.
E ora si era aggiunto anche l’arrivo di un bambino, un bambino che cercava
di avere disperatamente anche lei, ma che non avrà mai, perché la cura ormonale
a cui si è sottoposta Amelie ha sortito l’effetto contrario rendendola del tutto
sterile.
Emilie sconvolta si portò le mani alla bocca per soffocare un urlo.
“M-ma come? Non avevi detto che stava funzionando?”
Amelie scosse la testa “Ci hanno comunicato poco fa la notizia.” Seguì una
breve pausa “… non sarò mai madre.”
“Ti sbagli!” Replicò Emilie con sguardo duro.
Negli ultimi mesi costretta a letto aveva avuto modo di pensare e ripensare
alla possibilità di creare un erede per la sorella sfruttando il potere di Dusuu.
“Che significa?” Deglutì “… non dirmi che vuoi farmi da madre surrogata, perché
non lo accetterei.”
Emilie scosse la testa “C’è un altro modo…”
*
Non era stato facile convincere il marito di Amelie ad acconsentire a quel
piano assurdo. Non si capacitava ancora di come potesse realmente funzionare e
che quel bambino creato dalla magia sarebbe stato in grado di crescere, vivere
la normalità e morire come un qualsiasi essere vivente nato e nutrito dal
ventre di una madre.
Anche Gabriel aveva espresso la stessa perplessità, ma una volta parlato
con il kwami, questi aveva tranquillizzato tutti i
presenti dicendo che la cosa era fattibile, l’importante era mettere al sicuro
l’oggetto con l’amok in modo che non andasse rotto,
altrimenti si che sarebbe stata la fine di quella creatura.
Emilie dopo aver appreso in pochi minuti da Dusuu
come fare, richiamò il suo potere.
Era bella anche con quel travestimento, e Gabriel se ne innamorò
nuovamente.
La stessa cosa non si poteva dire di sua sorella e suo cognato, i quali per
poco non svennero alla vista del lampo di luce bluastra che aveva avvolto
Emilie e trasformata in quella creatura. Non c’era tempo per scegliere il nome.
Forse in futuro.
“Dammi l’anello” Ordinò al cognato che le passò quel monile che teneva
sempre all’anulare destro. Era l’anello di fidanzamento che gli aveva regalato
Amelie.
Emilie tolse con eleganza una piuma dal ventaglio, la richiuse tra il pugno
della mano infondendo il potere ed infine la fece sparire all’interno dell’oggetto.
Ora le toccava la parte difficile.
“Sentimento… nasce da un sentimento…” Continuava a ripetersi a mezze labbra
concentrandosi.
Pose le mani in avanti ed iniziò a modellare la sua creatura come un abile
scultore, iniziando prima dal corpicino, per poi passare alla testa e agli arti
inferiori e superiori.
Ma questo era solo l’inizio, perché doveva aggiungere anche qualcos’altro,
ovvero il carattere, e giunti a quel punto la spilla iniziò a vibrare facendo
alzare un piccolo venticello all’interno della stanza.
“Emilie!” La richiamò Gabriel cercando di farla smettere, ma lei era
rapita, in tranche mentre dava vita e una ragione d’esistere a quella creatura
dall’aspetto identica a suo figlio.
La donna mosse le mani velocemente e modellò alla perfezione quell’esserino.
Il vento non accennava a placarsi, anzi, ad ogni mossa di Emilie prendeva
più vigore e Gabriel vedeva la spilla appuntata al suo petto vibrare ed
emettere lampi di elettricità sempre più ampi.
Quella situazione stava diventando pericolosa, ed inutile furono i
tentativi di Gabriel e Amelie di chiamarla per farla smettere, nemmeno il marito
di quest’ultima era riuscita a fermarla fisicamente perché il campo di energia
generato dalla magia lo scagliò contro il muro facendolo svenire all’istante.
Emilie si sollevò in volo di qualche centimetro e quando le forze l’abbandonarono
tutto finì in un bagliore di energia e polvere.
*
Adrien piangeva tra le braccia protettive del padre.
Emilie giaceva inerme sul pavimento in posizione fetale nella sua forma
civile.
Amelie era andata a soccorrere il marito che fortunatamente aveva ripreso
conoscenza e che al momento era alle prese con un forte dal di testa ed una
tosse convulsiva.
“Emilie!” Gabriel si era precipitato dalla moglie in lacrime temendo per la
sua vita.
Poggiò Adrien all’interno della culla e sollevò il busto di Emilie.
“Svegliati, tesoro” La scosse un paio di volte e lei sfarfallò lentamente
le palpebre.
Il petto le faceva male all’altezza della spilla che vibrava ancora.
Gabriel notò che il Miraculous era crepato in più
punti.
“C-ce l’ho fatta?” Mormorò con voce roca.
Oltre al petto anche la testa iniziò a farle male.
Gabriel non rispose alla sua domanda, ma lo fece un vagito per lui, e non
proveniva da suo figlio Adrien.
*
Continua
*
Angolo Autrice: Bene, bene! Vi butto lì
questa mia teoria già al quarto capitolo.
Come molti di voi sanno
già, non credo affatto che Adrien sia un sentimostro
e di seguito vi elencherò le mie opinioni a riguardo (opinabilissime!!):
-
Adrien è il protagonista della serie e non credo che
ci butterebbero all’interno dello show una cosa così sconcertante e soprattutto
che ci venisse rivelata nella quinta stagione. E’ più
plausibile che sia Felix il sentimostro. E poi Felix
sa di esserlo, perché si capisce benissimo che è così.
Ora veniamo agli episodi:
-
In Lady Bug (3 stagione) e Optigami
(4 stagione), Mayura e Gabriel fanno sparire con uno
schiocco di dita i due sentimostri che avevano
creato, quindi non distruggendo l’amok, ed in
entrambi i casi Chat Noir si trova lì vicino, se fosse un sentimostro
avrebbe dovuto sparire anche lui, no?
-
In Whismaker (4 stagione),
ci viene detto che Adrien/Chat Noir da piccolo non aveva sogni, ma che voleva
essere quello che i genitori desideravano, questo non fa di lui un sentimostro, anche se è strano che un bambino non abbia
sogni, ma compatiamolo… la sua unica amica è stata Chloè,
ed in più chissà cosa avrà dovuto affrontare questo ragazzo in termini di
educazione e di impegni vari. Mi immagino che sia cresciuto in un ambiente dove
non gli era permesso guardare tv o altro, quindi bye bye sogni; il suo unico
obiettivo era compiacere i genitori.
-
Il fatto che Gabriel si tocchi spesso l’anello,
potrebbe essere un suo tic, se notate anche Adrien lo fa spesso quando è giù.
-
Questo lo chiedo a voi… in quale anello si trova l’amok? Io non l’ho ancora capito sinceramente… l’anello che
Felix ruba nella terza stagione appartiene a Gabriel e poi successivamente
indossa la fede di Emilie dove si presuppone ci sia l’amok
che controlla Adrien, perché dalla quarta stagione in poi ci viene mostrato
Gabriel che si tocca l’anello e magicamente Adrien obbedisce (che secondo me lo
fa solo perché non è abituato a dire di no! Preferisce scappare di casa
piuttosto che affrontare suo padre e questa cosa ci viene mostrata sia nella
prima puntata della prima stagione che in Strike Back)
Allora perché se Gabriel ha: il miraculous del
pavone e l’anello che gli permette di controllare Adrien, ha scambiato
un’ipotetica arma per un anello che ha solo un valore affettivo? Cioè… se fossi
stata Gabriel, non avrei mai scambiato il miraculous
che potrebbe mettere in pericolo la vita di mio figlio con un anello. Ok il
valore affettivo, ma così è troppo da stupidi.
*
Ecco qui, queste sono le mie opinioni a riguardo della teoria di Adrien sentimostro e il capitolo illustra in maniera dettagliata
di come penso siano andate realmente le cose, anche se non escludo che nei
prossimi capitoli torneremo a parlare dell’argomento attraverso altri flash
back.
*
Un abbraccio e alla
prossima, Erika
*
P.s. per
chi volesse, faccio parte di un gruppo telegram a
tema miraculous, ma vi garantisco che si parla
spesso di altro, quindi se volete entrare per sclerare con noi su qualsiasi
argomento, vi lascio il link
https://t.me/+ROSMKpMVpBY4YjZk