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Autore: agfdetre    02/05/2022    0 recensioni
Samantha Betz è un brillante ingegnere di rotta sulla nave interstellare USS Pardatchgrat che a tentoni cerca di tenere in piedi una vita fatta di fragili legami, una mente instabile ed una giovinezza tormentata.
Un'improvvisa missione segreta della nave forza Sammy a tornare in un luogo che pensava di aver dimenticato, sepolto nei ricordi di una vecchia vita. Sarà costretta a rivangare il suo passato ed affrontare l'orribile compito che le è stato imposto.
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Capitolo 1

Dormire in microgravità faceva schifo. Fluttuare potrebbe anche sembrare rilassante, fin quando ciò non implica farsi legare come un salame ad una parete per non svegliarsi con la testa dentro un gavone di carico dall’altra parte della nave. Dunque anche in quel turno di riposo Sammy non aveva affatto dormito bene: si rigirò mollemente nella sua branda facendo scivolare il suo pelo bianco sotto le fasce che la legavano alla parete. Nell’oscurità della sua cabina si stiracchiò piano con un rumoroso sbadiglio.

Dopo qualche minuto allungò una zampa verso l’interruttore ed accese le luci mentre l’oblò si apriva sullo spazio profondo. Miriadi di stelle lontane riempivano un nero profondo come la pece, ma la luce da loro generata non sarebbe mai stata sufficiente ad illuminare l’ambiente.

Sbuffando buttò un occhio all’orologio: era già quasi in ritardo, sarebbe stato meglio darsi una mossa. Non era certo da lei fare tardi ad un turno di lavoro o alzarsi dopo il suono della sveglia, ma era dall’inizio di quel viaggio che i suoi ritmi andavano modificandosi sempre più man mano che si avvicinavano alla meta. Velocemente si recò in bagno per sciacquarsi la faccia e truccarsi un po’ per nascondere quelle orribili occhiaie che sul suo manto bianco risaltavano ancora di più.

Dopo essersi asciugata rimase a fissarsi a lungo allo specchio.

Ok, non è difficile: vai in plancia come ogni giorno, fai quello che devi fare, rispondi alle domande se te ne fanno e quando finisce il turno torni in cabina.

Riflessa nel vetro vedeva l’immagine di una giovane pony bianco perlaceo. La lunga criniera rossa avvolta in una coda, gli occhiali viola già indossati e gli zoccoli ben limati contribuivano perfettamente a dare l’idea professionale e composta che sempre l’aveva caratterizzata con i suoi colleghi.

Per un attimo le balenarono in testa i ricordi di quando quei coglioni l’avevano presa di mira in accademia, facendole trovare la porta della sua stanza ricoperta di carta igienica con l’improbabile scritta Samantha Betz secchiona del cazzo incisa su di essa con un pennarello. Era perché era sempre seriosa, perché si sistemava così come richiesto dai suoi superiori o forse perché quegli sfigati in realtà fantasticavano su di lei ogni notte e non sapevano come avvicinarla e quindi la odiavano per questo. Quest’ultima ipotesi era stata Rosemary a dargliela a dire il vero, sua unica vera amica dei tempi dell’accademia, ma Sammy non ci aveva mai davvero creduto.

Scrollò la testa e si girò per indossare la sua tuta levandosi quei brutti pensieri: era interessante come la sua mente cercasse in tutti i modi di non pensare a quello che stava per succedere e comunque riusciva a farsi del male da sola anche in una simile situazione. La tuta arancione sgargiante non l’aveva mai fatta impazzire, anche perché non si addiceva per niente al colore della sua criniera, ma allo stesso tempo ogni volta che la prendeva in zoccolo un brivido di soddisfazione la percorreva fino alla punta della coda. Accarezzò lentamente il logo IF dipinto in un blu brillante prima di indossare la tuta con dedizione: era un esercizio psicologico che faceva ogni mattina per ricordarsi quanto era stata brava ad arrivare fin lì, e quella mattina ne aveva bisogno più che mai.

Oh beh, mattina forse è un termine un po’ azzardato per definire l’inizio di un turno su una nave interstellare: Sammy non si svegliava in una vera mattina da ormai due mesi ed ogni volta che succedeva era dura ricordarsi come sorgeva e tramontava un sole su un pianeta. Tuttavia ogni tre mesi staccava per uno intero e poteva tornare a casa dai suoi genitori a riposare un po’, mentre passava le giornate a cercare di camminare nuovamente in presenza di gravità e a tentare di non vomitare mentre i suoi ritmi circadiani completamente distrutti tentavano di riadattarsi ad un mondo coerente.

Finalmente era pronta: tirò un grosso sospiro e aprì la porta della sua cabina trascinandosi lungo gli appigli in modo deciso verso il ponte di comando. Sperò vivamente di non incrociare nessuno lungo la strada dato che conversare era l’ultima cosa al mondo che avrebbe voluto fare in quel momento. Risalì velocemente svariati condotti fino a raggiungere la porta del ponte di volo, la quale si aprì all’istante con un suono sordo.

La gigantesca vetrata di comando si affacciava verso un pianeta colmo di vita, verde, lussureggiante, con grandi oceani che ne ricoprivano la superficie. Il cuore di Sammy perse un battito per un istante, ed un nodo alla gola le tolse il respiro.

«Buongiorno ingegnere! Le porto il caffè come al solito?» squittì una voce limpida alla destra di Sammy. La pony perlacea si risvegliò dal suo torpore per trovarsi davanti una Ashley Reed palesemente preoccupata.

Innanzitutto non era mai successo che in un anno di servizio Reed avesse avuto bisogno di chiedere se l’ingegner Betz volesse il suo caffè: dopo la prima settimana aveva imparato a preparare un cappuccino ben schiumato esattamente quattro minuti prima dell’inizio del turno, visto che Betz non arrivava mai e poi mai nemmeno un minuto in ritardo. Provava una grandissima stima per la sua superiore e portava un grande rispetto per i ranghi: appena laureata e terminata l’accademia aveva subito ottenuto un posto come Assistant Route Engineer in virtù dei suoi eccellenti studi, ed era stata assegnata proprio al fianco dell’ingegnere di rotta Samantha Betz. Quando poi aveva scoperto che entrambe si erano specializzate in navigazione interstellare al Pimpaina Institute of Technology (PIT) era andata in visibilio. L’ingegnere era sempre molto serio, ma aveva deciso di prendere Reed sotto la sua ala e le due, anche in virtù dell’essere due giovani pony su una nave militare isolata nello spazio, avevano stretto un rapporto più confidenziale pur sempre nei limiti della professionalità.

Ma quella volta Reed sapeva bene che non sarebbe stata come le altre, e per la prima volta vide entrare Samantha Betz con ben sette minuti di ritardo rispetto al suo orario schedulato. Il cappuccino si era ormai raffreddato e la giovane pony ingegnere color verde acqua incalzò il suo superiore nella speranza di aiutarla.

«Oh…ciao Ashley, sì grazie» Sammy osservò brevemente la criniera blu di Ashley Reed ondeggiare fluttuante mentre restava interdetta per quella domanda inaspettata, e subito dopo la sua assistente si voltò dirigendosi verso l’angolo galley del ponte di comando per preparare un nuovo caffè. Sammy si diresse alla sua postazione cercando di concentrare lo sguardo all’interno della nave senza osservare l’esterno.

«Sparkey è già qui?» chiese Sammy mentre si allacciava le cinture per restare fissata al proprio sedile. Risvegliò il computer davanti a sé dalla modalità sleep ed iniziò a battere sulla tastiera.

«Il primo ufficiale è stato in plancia fino a poco fa a dire il vero. Vederlo eseguire personalmente la circolarizzazione dell’orbita è stato affascinante» Reed sembrava genuinamente emozionata mentre pronunciava quelle parole: il suo entusiasmo per ogni cosa riguardante il volo spaziale era uno dei motivi per cui Sammy l’aveva presa così a cuore. Le due passavano ore a parlare di argomenti super tecnici ed estremamente nerd come li avrebbero definiti i suoi compagni d’accademia.

«Beh, direi che ormai il nostro lavoro è finito» ridacchiò un po’ nervosamente Reed dall’altro lato della grande sala di comando «Non credo importi a qualcuno della triangolazione dei radiofari di Soglia quando siamo in orbita attorno alla destinazione»

«E’ qui che ti sbagli, Ashley» sospirò Sammy mentre lo schermo davanti ai suoi occhi mostrava svariati grafici colorati procedere nel tempo «Dobbiamo sempre garantire che i sistemi di navigazione siano perfettamente in funzione, e direi che poter conoscere le proprie coordinate sui tre assi è leggermente importante nel caso di un’emergenza». Un sorrisetto beffardo comparve sul suo viso mentre si girava verso la sua assistente che le porgeva il caffè «Ecco qua, gli dei delle antenne ci sorridono, niente giri con la tuta all’esterno a riparare roba per oggi»

Le coordinate astrali comparse sul monitor a seguito della connessione con i tre radiofari posti ai confini dell’universo conosciuto (la cosiddetta Soglia) coincidevano perfettamente sia con quelle date dalla piattaforma di navigazione inerziale che con quelle calcolate tramite la posizione rispetto al pianeta attorno a cui si trovavano.

L’assistente abbozzò un sorriso e per una volta non fu triste di essere stata ripresa dal suo superiore per un’inesattezza: era contenta di vedere la Betz di ogni giorno un po’ sarcastica tornare fuori dopo quello che aveva visto poco prima. Ma sapeva che la cosa non sarebbe durata.

«Fammi indovinare, dopo la manovra Sparkey ha raggiunto il comandante, vero?» chiese Sammy mentre il suo volto si incupiva.

Ashely annuì accanto a lei «Sono tutti in riunione con loro. Oggi è il grande giorno»

«Già, così finalmente quelle teste di cazzo faranno quello che devono fare e poi potremo tornarcene al Comando Stellare il più in fretta possibile» Sammy si stiracchiò sulla sua poltrona sempre evitando di guardare all’esterno «Però hai ragione: anche se dobbiamo sempre eseguire le solite checklist di routine avremo uno o due giorni di vacanza finché saremo qui in orbita»

Reed ridacchiò alla battuta del suo superiore. Il cuore le batteva all’impazzata. Sapeva che non era una buona idea, ma la preoccupazione e la curiosità la stavano divorando dall’interno «Sa ingegnere…mi chiedevo se, insomma, potrebbe darsi che…la convochino in riunione?»

Sammy sentì nuovamente un tonfo al cuore e la flebilissima serenità che aveva guadagnato negli istanti precedenti scomparve di botto. «Perché me lo chiedi?»

«Beh, insomma, lei qui è l’unica che…»

«Basta, Ashley» Sammy posò uno zoccolo sulla zampa della sua assistente mentre fissava un punto non precisato sul pavimento. La pony verde acqua ebbe un sussulto e maledisse sé stessa per non aver tenuto la lingua a freno.

«Quello che ero da puledrina non ha nessuna importanza. Non ne voglio parlare e comunque non vedo come possa mai essergli d’aiuto». La pony bianca si passò uno zoccolo nella folta chioma rossa e si aggiustò nervosamente gli occhiali «Piuttosto mettiti al lavoro, completa i cicli di controllo secondari e fa rapporto nel logbook»

Ashley scattò istantaneamente fluttuando verso la sua postazione in silenzio e si mise a lavorare frettolosamente.

La giornata stava iniziando male, persino la sua assistente aveva cominciato a ficcanasare sulla questione. No, non l’avrebbero convocata. Al massimo il comandante sarebbe passato a farle qualche domanda, lei avrebbe risposto brevemente e tutto sarebbe andato liscio. Se ne sarebbe tornata in cabina a finire la sua serie TV e nel giro di due giorni sarebbero ripartiti lasciandosi alle spalle questo casino. Più i giorni passavano più faceva fatica a dormire ed il senso di frustrazione e fastidio che l’accompagnava si faceva più intenso, ma ora era al culmine della questione: bastava resistere due fottutissimi giorni e poi la cosa sarebbe finita. Non sapeva come avrebbe affrontato gli strascichi del fatto, il pensiero di esserne in qualche modo coinvolta, ma ora non voleva pensarci.

I due ingegneri rimasero in silenzio a lavorare per circa una mezz’ora fino a quando come di consueto il resto del team di comando raggiunse il ponte di volo. Era normale che gli ingegneri di rotta fossero i primi della giornata a salire sul ponte, dato che in navigazione erano coloro che eseguivano i check più importanti per capire dove la nave si stesse dirigendo. Quel giorno essendo ormai in orbita attorno al pianeta la cosa era superflua, ma per semplicità ed organicità i ritmi di lavoro venivano sempre rispettati allo stesso modo.

Ben presto il ponte di volo fu popolato da una ventina di individui: team di propulsione, meccanica orbitale, armamenti e altri ancora. Tutti con la loro tuta arancione ed il bel logo delle Interstellar Forces stampato su di essa. Metà di essi erano pony, gli altri provenivano dai quattro angoli dell’universo: ciò non era certo un problema per gente abituata sin dall’università o addirittura dalla nascita a vivere in un mondo popolato dalle creature più strane. Forse era solo uno scherzo del destino che per quella missione avessero scelto proprio la Pardatchgrat come nave a cui affidarla. Una nave stranamente piena di pony e povera di pimpaini.

C’era un motivo se Samantha e Ashely si trovavano in delle posizioni così rispettabili su una nave da ricognizione della flotta interstellare: erano cittadine pimpaine ed avevano studiato nella più importante università del paese più militarizzato ed influente di tutta la Universe Protection Organization. Non c’era perciò da stupirsi che gran parte dell’organico delle forze armate universali fosse composto principalmente da umanoidi rosa con delle grosse orecchie a punta. Ciononostante, per qualche ragione, l’equipaggio della Pardatchgrat era prevalentemente composto da pony ed altri esseri.

«Certo che fa proprio strano vederlo dal vivo» commentò una pony del team di propulsione mentre teneva il suo naso appiccicato ad i vetri. Da quando era iniziato il turno di lavoro, tutti i pony presenti si erano radunati ad osservare il grande pianeta scorrere sotto di loro. Tutti tranne Sammy: la pony perlacea fissava ossessivamente il suo monitor tentando di restare concentrata. Persino Ashley aveva abbandonato la sua postazione per raggiungere gli altri, ma Sammy non ci aveva fatto caso.

«Già: te ne parlano nelle storie da piccolo, ma chi avrebbe mai immaginato che ci saremmo andati»

«Ah, non ci tengo proprio a scendere, ti lascio volentieri il piacere»

«Col cazzo Ray, scommetto venti dollari che non sanno neanche leggere e scrivere laggiù»

«Boh, leggere e scrivere forse sì ma di sicuro se gli fai vedere uno schermo si cagano addosso pensando sia una stregoneria. Ma tipo lo sai che ci sono gli unicorni?»

«Ma che stai dicendo, non ci credo neanche se lo vedo. Mia madre non mi ha mai raccontato di questa roba»

«Te lo giuro! E altri invece hanno le ali e volano pure. I miei me ne parlavano sempre»

«Sì vabbè, e poi? I tuoi erano sempre ubriachi prima di farti addormentare la sera?»

«Che stronzo! Questi racconti li tramandiamo da generazioni e generazioni sin dal programma di protezione»

«Beh, scusa chiediamolo a Betz, no? Ehi Betz, ti risulta che ci siano pony volanti e con un pisello in testa la sotto?»

Un pony dal manto grigio topo incalzò sbeffeggiante Samantha, la quale aveva continuato per tutto il tempo a concentrarsi sui suoi monitor. La ragazza ebbe un sussulto e cercò di non distogliere lo sguardo dalla sua postazione; poteva sentire dietro di sé gli occhi preoccupati e sperduti di Ashley. Quella giornata si stava rivelando parecchio difficile.

«Non lo so, Hammer. Perché invece di dire cazzate non passi il tuo tempo a bucherellare qualche asteroide o fare qualche altra cosa estremamente utile per questa nave?» rispose sprezzante Sammy cercando di mantenere un tono senza che la sua voce si rompesse per l’ansia.

«Almeno io ricordo ancora come si spara. Dopo il corso in accademia voialtri vi siete dati alle comodità, tra un po’ passerete a condurre qualche nave passeggeri e tanti saluti. E poi testare gli armamenti ogni tre cicli di volo è parte del protocollo di sicurezza, lo sai benissimo»

Hammer si avvicinò piano a Sammy volteggiando nell’aria con fare canzonatorio mentre tutto il resto dell’equipaggio guardava divertito «Eddai, rispondi! Ci sono o no quei pony? Non ti ricordi proprio niente niente

Sammy strinse i denti e si slacciò le cinture dal suo sedile «Ecco perché odio stare in orbita: la gente pensa che non si stia più in servizio e comincia a cazzeggiare». Si voltò fissando negli occhi Hammer: si conoscevano sin dai tempi dell’accademia, ma lui non aveva fatto l’università diventando un responsabile degli armamenti. Non era davvero uno stronzo e lei lo sapeva: semplicemente quando qualcosa lo divertiva tanto non riusciva più a capire quando era l’ora di smetterla, soprattutto se aveva un pubblico a guardare.

Era incredibile come nessuno di loro mostrasse un minimo di empatia, di cordoglio, di sensibilità per quello che stava per succedere. Come potevano essere così? Come potevano aver dimenticato tutto? Come potevano aver ripudiato tutto? Samantha si era ripetuta che era solo una questione di tempo: ne era passato troppo poco per lei, era normale che si sentisse così. La sua transizione non era ancora completa, non era ancora l’ingranaggio della macchina perfetta che vegliava serena su tutti i sistemi dell’universo. Persino Ashley era più curiosa che altro, ansiosa di scoprire di più.

Sammy strinse ancora di più i denti «Lasciami in pace, Hammer»

«Oh, che palle! Vogliamo solo saper-»

«Lasciami stare!» urlò Sammy fuori di sé. Il pony grigio si ammutolì stupefatto: nessuno aveva mai visto Samantha Betz perdere le staffe ed uscire da quel ruolo da competente sotuttoio che l’aveva sempre caratterizzata. Tutto l’equipaggio si fermò a fissarla: Ashley era senza parole per quello a cui stava assistendo.

‘Samantha Betz è convocata in sala riunioni sul ponte due’

La voce del comandante Cerutti riempì il ponte di comando. Sammy sgranò inconsapevolmente gli occhi e nuovamente il suo cuore perse un colpo quella mattina. Tutti i presenti si guardarono tra loro smarriti.

Un leggero vociare si alzò nella stanza «Va da loro?» «Ma allora sa davvero qualcosa» «Non dovrà mica…»

Samantha ricercò Ashley nella calca che la fissava. La sua piccola assistente verde acqua la guardava smarrita, incapace di capire la situazione. La pony perlacea fece un grande respiro, trattenendolo così tanto che le sembrò di soffocare. Dopo si alzo e si diede una leggera spinta dalla sua postazione, volando verso la porta d’ingresso. Quasi come un automa lasciò il ponte di volo dirigendosi verso le zone posteriori della nave, mentre il resto dell’equipaggio di navigazione la seguiva con gli occhi.

  
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