Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Ma_AiLing    02/05/2022    2 recensioni
«Resterete con me?»
«Fino alla fine» rispose James.
“Harry Potter e i Doni della Morte”, capitolo 34 “Ancora la foresta”
Quante volte James Potter aveva risposto così, prima di dirlo a Harry? Tante. Ma solo se ne valeva la pena.
Genere: Guerra, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, James Potter, Lily Evans, Peter Minus, Remus Lupin | Coppie: James/Lily, Remus/Ninfadora
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, II guerra magica/Libri 5-7
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Note:
In questa ff i genitori di James si chiamano Dorea e Charlus: ho letto per anni ff in cui i suoi genitori erano Dorea Black e Charlus Potter, e non riesco a chiamarli in un altro modo. Se preferite, potete immaginare che ci sia sia scritto Euphemia e Fleamont. In fondo, sono presenti solo in una scena.

Buona lettura e buon anniversario della Battaglia di Hogwarts!


***



FINO ALLA FINE: TUTTE LE VOLTE CHE JAMES POTTER PROMISE DI ESSERCI


…e a te, se sei rimasto con Harry fin proprio alla fine.

J.K.Rowling, “Harry Potter e i Doni della Morte”

 

«Resterete con me?»

«Fino alla fine» rispose James.

“Harry Potter e i Doni della Morte”, capitolo 34 “Ancora la foresta”



La prima volta James lo disse d’istinto, realizzando solo mentre lo diceva che stava ripetendo le parole dei suoi genitori. Quante volte aveva sentito suo papà rispondere a un “Ti amo” della mamma con “Fino alla fine”? Ma fu quando lo disse per la prima volta che intuì la profondità di quelle piccole tre parole. Fino alla fine . Voleva dire che, anche in un’apparente assenza, ci sarebbe stato. “Anche se ci divideremo, io ci sarò per te, io sarò con te, dalla tua parte anche se non mi vedrai. Non importa quanto saremo lontani”. Era un modo un po’ più romantico di dire “Non ti libererai mai di me”.

E così, a dodici anni, nel dormitorio maschile del secondo anno di Grifondoro, James fece la sua promessa assieme a quegli amici che aveva iniziato a considerare come i fratelli che non aveva mai avuto. Perché Remus si era spaventato a morte quando gli avevano rivelato di aver scoperto il suo segreto. Aveva avuto l’espressione di un animale braccato, così dissimile dal lupo feroce in cui sapevano si trasformasse. E quando col cuore spezzato si era messo a riempire il baule Sirius lo aveva bloccato dandogli dell’idiota.

«Che c’è?!» era scattato Remus.

«Perché fai la valigia?» gli aveva chiesto Peter. Remus aveva riso amaramente.

«Perché sarò espulso?»

«E per quale assurdo motivo dovresti essere espulso?» gli chiese James.

«Non volete che me ne vada?» chiese Remus retoricamente, infastidito per essere stato fermato.

«No?» aveva detto Peter.

«Ma sono un Lupo Mannaro».

«Sì» affermò Sirius scrollando le spalle, come se il ragazzo di fronte a lui avesse detto qualcosa di assolutamente normale. «E allora?»

«E allora?» chiese Remus sbigottito. «Sono un Lupo Mannaro, Sirius, se non l’avessi capito. Sono pericoloso, un mostro, potrei…»

«Remus-John-Lupin!» lo aveva interrotto James quasi ringhiando. «Non osare dire ancora di essere… per Merlino, ci conosciamo dall’anno scorso e tutto sei tranne che un…» non riusciva a chiamarlo mostro, e la foga era scivolata via di fronte a quella parola che non voleva pronunciare, non riferita all’amico.

«Un mostro?» completò Remus. «Ma è quello che sono, James, una creatura oscura, un maledetto Lupo Mannaro!».

Le sue parole furono seguite da un silenzio pieno di sconforto e imbarazzo. Come fargli capire che non era un problema la sua condizione? Che non lo era per loro, almeno.

«Be’, non tutti sono perfetti» disse Sirius, un guizzo malandrino negli occhi. «Guarda James, è un moccioso viziato…»

«Non chiamarmi moccioso!» lo beccò James.

«…un moccioso terribilmente viziato» continuò Sirius. «Ma gli vogliamo bene lo stesso».

«E non sono viziato!»

Sirius e Remus grugnirono divertiti. Oh be’, se serviva a far sorridere Remus poteva accettare di essere chiamato viziato.

«Io ho dei parenti stupidi e Peter è una frana nei duelli. Abbiamo tutti dei difetti» concluse Sirius dando una pacca affettuosa sulla spalla a Remus.

«Ehi, tu hai parlato dei tuoi parenti, non di te» lo contraddisse Peter.

«Certo, io sono perfe…» ma fu colpito da una cuscino lanciato da James. Remus aveva emesso uno sbuffo divertito, e quando James incrociò lo sguardo di Sirius seppe che anche lui l’aveva sentito. Continuarono a lanciarsi addosso quello stesso cuscino per lasciare a Remus il tempo di pensare e digerire quello che avevano detto.

«Non volete che me ne vada?» chiese Remus flebilmente, quasi non osasse sperarci. Il cuscino cadde abbandonato.

«No» disse James serio.

«Siamo amici, non possiamo dividerci» disse Peter.

«Non saremmo più il quartetto più casinista di Hogwarts senza di te» disse Sirius con una leggerezza solo apparente. 

Nel silenzio in cui era caduto il dormitorio il sussurro di Remus sembrò amplificato. «Volete che rimanga» disse ancora Remus, l’incredulità nella voce.

«Sì» disse Sirius solenne, mentre Peter annuiva con foga.

«Perché… siamo amici?» chiese il licantropo.

«Fino alla fine» confermò James. Non ti libererai mai di noi, Remus . E mentre gli occhi del licantropo diventavano lucidi, gli altri tre lo abbracciarono di slancio, cementando così un’amicizia che da lì in poi sarebbe divenuta sempre più profonda. Non vi libererete mai di me, amici.

 

James aveva continuato a sentire quell’espressione in bocca ai genitori, e sorrideva tra sé pensando che lui l’aveva dedicata ai Malandrini, i suoi migliori amici. Al terzo anno però aveva scoperto che “Fino alla fine” non era solo un’affermazione romantica o una dichiarazione d’affetto, ma poteva avere un valore scherzoso e decisamente ironico. Assolutamente ironico, in effetti.

Avevano tirato uno spettacolare scherzo a Mocciosus. Se l’era meritato, visto che aveva lanciato una Fattura Pungente al povero Peter mentre camminava tranquillamente per i corridoi. I Malandrini in cambio avevano aspettato che Piton uscisse dalla sua Sala Comune e avevano incantato tutte le saponette dei bagni nei sotterranei perché inseguissero il Serpeverde. Lo colpivano e lo sfregolavano, e più lui cercava di togliersele di dosso, più quelle insistevano per strofinarglisi contro. Quando cercò di evanescerle, quelle si moltiplicarono! In prossimità dei bagni vicino alle scale poi, i secchi di Gazza erano usciti pieni d’acqua per rovesciarsi su Piton. Tra le scroscia di risa il corridoio si era allagato e c’era chi cercava di schizzare ancora più acqua in giro.

Tra grasse risate i Malandrini fuggirono verso la Sala Comune prima che giungesse un Professore per metterli in punizione, ma Mocciosus li aveva inseguiti cercando di lanciare loro delle fatture, anche se ostacolato dalle saponette e dalle bolle di sapone che lo avvolgevano.

«Ve ne pentirete!» aveva urlato il Serpeverde.

«Tremiamo di paura!» aveva risposto Sirius sghignazzando.

«Hai iniziato tu, Mocciosus!» urlò James.

«E sta’ sicuro che continueremo ad aiutarti nell’igiene quotidiana!» urlò Sirius.

«Fino alla fine!» aveva urlato James tra le risate degli amici, mentre si rifugiavano nella Sala Comune, dove il Serpeverde non poteva raggiungerli.

 

Ma non era stata certo quella l’ultima volta che James Potter aveva pronunciato le fatidiche parole. Al quinto anno Lily gli aveva urlato di piantarla con i suoi ridicoli inviti a Hogsmeade, ma più la ragazza lo rifiutava e più James si intestardiva nel voler uscire con lei. Perché era bella, Lily Evans, ma non era solo quello: era una forte, dalla risposta pronta e che non si faceva mettere i piedi in testa da nessuno. E anche se James continuava a ripetersi e a dire agli amici che era una questione di orgoglio, perché era solo una questione d’orgoglio, gli amici sbuffavano esasperati ogni volta che lui la nominava. James li ignorava con ostentata superiorità.

Quel fine settimana ci sarebbe stata l’ultima gita al villaggio prima dei G.U.F.O. e James aveva deciso di provarci ancora. Tanto, una volta in più o una in meno non sarebbe cambiato nulla, no? Era Sirius quello che le contava, ma James era certo che ogni volta aggiungesse dei rifiuti mai esistiti solo per prenderlo in giro, perché era impossibile che lui, James Potter, le avesse chiesto di uscire tutte quelle volte .

L’aveva vista in corridoio attorniata dalle sue amiche come lui lo era dai suoi, mentre si dirigevano a lezione.

«Ehi, Evans!»

Quella non l’aveva degnato di un’occhiata né si era fermata e i Malandrini dietro di lui avevano iniziato a sogghignare. Traditori.

«Ehi, Evans!» ripeté raggiungendola con una piccola corsa.

«Che vuoi, Potter?» gli chiese continuando a camminare. Lui riuscì ad affiancarla mentre le amiche attorno a lei cercavano di nascondere le loro risa. Facevano il paio con i Malandrini.

«Questo fine settimana c’è l’uscita a Hogsmeade».

«Lo so, Potter».

«Vuoi venirci con me?»

Ci fu un attimo di silenzio, una sospensione del tempo leggera che sapeva di speranza.

«No». 

Speranza infranta.

«No, Potter, non ci voglio venire a Hogsmeade con te» rincarò la dose Lily lapidaria. James scacciò velocemente la sensazione amara che si era formata alla bocca dello stomaco.

«Sei tu a perderci» rispose, facendo spallucce. Non avrebbe mai ammesso di starci male.

«Esatto, Potter, mi piace perdere, ora mi lasci in pace?»

«Non è vero che ti piace perdere!» ribatté James piccato, perché Lily amava festeggiare, l’aveva vista divertirsi da matti dopo le vittorie a Quidditch o ai compleanni festeggiati in Sala Comune.

«In questo caso invece mi piace».

«Allora sarà mia premura continuare a chiedertelo in modo che tu possa cambiare idea!»

Si era finalmente fermata e voltata a guardarlo. Merlino, che belli i suoi occhi! Era buffo, pensò James, anche se erano in mezzo al corridoio attorniati dai reciproci amici a lui sembrava ci fossero solo loro due. Gli sembrava di galleggiare con lei in mezzo al vuoto. E Lily lo fissava indispettita, quasi oltraggiata dalla sua caparbietà.

« Non puoi chiedermelo all’infinito!»

James ghignò divertito e soddisfatto della sua reazione.

«Oh, per cortesia, andrai avanti ancora per molto?»

«Fino alla fine, Evans, è una promessa». Le fece un occhiolino e tornò dai Malandrini, dove Sirius gli batté un’amichevole pacca sulla spalla.

«Siamo a cinquantasei con questo, secondo me impegnandoti potresti superare i “No” dell’anno scorso».

«Scemo»

«Idiota»

«Cretino»

«Coglio…»

«Ragazzi!» li interruppe Remus esasperato.

«Perdindirindina, messer Felpato, il linguaggio!» disse James facendo ridere gli amici e le ragazze poco più avanti che evidentemente avevano sentito. James guardò Lily di sottecchi e intravide un sorriso a stento trattenuto tra le labbra strette.

 

Erano usciti assieme per la prima volta al settimo anno, e i Mangiamorte avevano scelto quel giorno per attaccare il villaggio. Perché era evidente che qualcosa di tragico dovesse accadere, dal momento che dopo sette anni che Lily gli piaceva più o meno consciamente, e dopo quattro anni di inviti infruttuosi, la ragazza aveva finalmente accettato di trascorrere del tempo con lui volontariamente. Insomma, era un evento talmente strano e inusuale che doveva per forza accadere qualcosa che controbilanciasse la sua felicità. Se non fosse stato un momento tanto drammatico sarebbe scoppiato a ridere: l’appuntamento tanto agognato si era trasformato in un tentativo di far evacuare gli studenti verso la scuola. 

Era ciò in cui erano intenti a fare lui e Lily, quando intravide due figure familiari arrivare da una strada che portava fuori dal villaggio tuffarsi nella battaglia. Ogni battuta ironica era scomparsa dai suoi pensieri nel momento in cui aveva visto i suoi genitori duellare in mezzo alla folla.

«James!» l’aveva chiamato Lily preoccupata. Non si era reso conto di essersi bloccato in mezzo alla strada, bersaglio facile per chiunque avesse voluto colpirlo.

«Devo andare!» le aveva detto, ed era corso verso i suoi genitori.

Il tempo di raggiungerli e si era già scatenato il caos. Erano arrivati degli Auror ma i Mangiamorte erano superiori in numero e lanciavano maledizioni a destra e a manca non preoccupandosi di chi colpivano e dei danni che provocavano.

«JAMES! SIRIUS!» li aveva chiamati sua madre. «ANDATE VIA DA QUI!»

Anche Sirius li aveva raggiunti ovviamente. Sperò che Lily, Remus e Peter fossero al sicuro.

«Voi siete qui, noi restiamo qui con voi» disse Sirius, lanciando uno Schiantesimo a un Mangiamorte alle loro spalle.

«ANDATE – VIA – DA QUI!» urlò suo padre perentorio. Era un ordine, non una richiesta, James lo sapeva, ma non poteva lasciarli.

Si sentì strattonare da un braccio, e con la coda dell’occhio vide anche Sirius muoversi, trascinati entrambi in una stradina laterale.

«Ma siete pazzi a restare lì in mezzo?!»

Era Lily. Lily Evans, che lui credeva di aver lasciato al sicuro, a dirigere gli studenti più giovani verso il castello, era lì di fronte a loro, e molto probabilmente aveva sentito la preghiera di suo padre e l’aveva ritenuta una richiesta sensata.

«Che diavolo ti è saltato in mente di correre via così, James?!»

«Sono i nostri genitori!» urlò James.

«E quelli sono Mangiamorte!» urlò lei. «Ho lanciato almeno due Incantesimi Scudo mentre correvi come un pazzo verso la piazza a fare l’eroe! Ti avrebbero colpito e tu neanche te ne saresti accorto!»

James la fissò momentaneamente a corto di parole. Gli aveva salvato la vita? E lui era stato tanto sciocco da correre verso il pericolo senza pensare a proteggersi? 

«Noi dobbiamo tornare là in mezzo» disse Sirius, togliendolo dall’impiccio di rispondere alla ragazza.

«Certo che no, Black!»

«Sono in nostri genitori!» rispose Sirius in un’eco di James.

«E vi hanno chiesto di andarvene. Come possono ragionare se devono pensare a proteggervi?»

«Sappiamo badare a noi stessi…»

«Ha ragione lei, Sirius» lo interruppe James, ritrovando finalmente la parola.

«Ramoso…»

«Hai sentito mamma e papà, no? Ci hanno praticamente implorato di andarcene. Si concentreranno meglio se sanno che siamo al sicuro»

Sirius lo fissò tradito. Un cane bastonato.

«E poi qui non siamo fuori pericolo» continuò James. Sirius sbuffò ma James capì di avere vinto.

«Possiamo fare il giro largo del villaggio e controllare che non ci siano studenti in difficoltà» propose Lily, sorprendendo entrambi. «Che c’è? Oh, andiamo, non sono così pazza da credere di potervi convincere a tornare al castello, tanto vale renderci utili» spiegò alzando gli occhi al cielo alle loro espressioni sbigottite. Poi tornò seria. «Questa è anche la mia battaglia» disse in un sussurro. E prima che lui o Sirius potessero rispondere si era incamminata verso il fondo della via.

Il giro attorno al villaggio si era rivelato utile. Anche se con i pensieri rivolti ai propri genitori, che come gli altri membri dell’Ordine della Fenice erano arrivati a combattere, riuscirono comunque a fare la loro parte. Disarmarono e legarono un Mangiamorte che si stava divertendo a giocare al gatto col topo con una coppietta del quinto anno, ed evitarono a un gruppetto del terzo, proveniente dal sentiero che portava alla Stamberga, di avviarsi verso il centro. Ma camminavano in silenzio, i sensi all'erta e i pensieri fissi sui genitori in mezzo alla battaglia.

E poi, quando James non sapeva più come trattenersi e sarebbe bastata una parola di Sirius per scattare verso il centro, il Patronus di suo padre li raggiunse e li avvisò che era tutto finito. 

«La battaglia è finita, siamo vivi»

James e Sirius si fissarono, espressioni di ansia e sollievo che si riflettevano una sul viso dell’altro. La battaglia era finita, ma come stavano? Ai due bastò un cenno del capo per partire di corsa verso la piazza.

Era incredibile quanti danni avesse causato una battaglia tanto breve. C’erano macerie e feriti, ma lo sguardo di James e Sirius fu calamitato da una coppia a terra formata da un uomo chino intento a lanciare incantesimi curativi su una donna che a stento riusciva a restare seduta.

«MAMMA!» urlò James scattando in avanti, seguito da Sirius e Lily. Quando giunsero accanto alla coppia videro Dorea stremata ma cosciente.

«Mamma» ripeté James sull’orlo delle lacrime, inginocchiandosi accanto a lei, mentre Sirius restava in piedi, come pietrificato. 

«Sto bene, ragazzi» cercò di rassicurarli Dorea. «Sirius, vieni qui. State tranquilli». Il ragazzo si inginocchiò vicino a James, gli occhi ancora spalancati dal terrore. Charlus non le staccava gli occhi di dosso e continuava a lanciare incantesimi curativi di stabilizzazione.

«Oh, sì, certo, bene, come no» commentò Sirius a macchinetta, gli occhi pieni di paura. James pensò che probabilmente sul suo volto c’era un’espressione simile. Sentì sulla spalla la mano di qualcuno, e ne vide una anche sulla spalla di Sirius. Lily, la ragazza che continuava a sorprenderlo. Ma per quanto bizzarra fosse quella situazione, la sua presa era rassicurante.

«James, Sirius, starò bene» disse ancora sua madre. Sua madre. Accasciata a terra, sanguinante e dolorante. Non poteva perderla. Avrebbe potuto perderla! James si sentiva al tempo stesso terrorizzato e rincuorato al pensiero che fosse ancora lì con loro, che l’avrebbe vista ancora, abbracciata ancora, sentito la sua voce ancora. Era troppo giovane per vivere senza sua madre, non avrebbe potuto farcela… 

«Ragazzi, dovete tornare al castello» disse grave suo padre. «Qui non è ancora sicuro e…»

«Noi non ci muoviamo di qui» lo interruppe James.

«Non finché non vi sappiamo al sicuro» continuò Sirius.

I due genitori si scambiarono uno sguardo in cui sembrarono dirsi molte più cose di quanto lasciassero trapelare.

«Porterò vostra madre al San Mungo e chiederò a Silente di lasciarvi farle visita» disse Charlus in tono definitivo. Sembrò voler dire qualcos’altro, ma si fermò, la bocca appena socchiusa.

«Ragazzi» sussurrò Dorea debolmente. Al suono della sua voce Charlus parve riprendere forza e decisione. «Dovete prometterci una cosa» disse parlando anche per la moglie. «Avete visto come le cose possano precipitare durante una battaglia…» strinse impercettibilmente la mano alla moglie, «Se un giorno non ce la facessimo…»

«No!» tuonò James sconvolto.

«James…»

«Non ditelo neanche per scherzo» seguitò il ragazzo.

«Jamie, potrebbe succedere» disse Charlus con dolcezza. James guardò Sirius al suo fianco in cerca di supporto, ma lui fissava Dorea in maniera estremamente consapevole. Quando si accorse del suo sguardo su di lui, Sirius annuì. «Hanno ragione». James lo fissò come se il suo accordo fosse irragionevole. Nel mentre la mano di Lily era sparita, forse per lasciare loro spazio. 

Charlus approfittò del loro momentaneo silenzio sbigottito per riprendere a parlare e James aveva paura delle parole che avrebbe sentito di lì a poco, perché non era pronto alla richiesta di farcela senza di loro, non era pronto ad affrontare un mondo senza i suoi genitori.

«Abbiamo bisogno che ci promettiate una cosa. Quando un giorno non ci saremo più, dovrete continuare a prendervi cura l’uno dell’altro, come i fratelli che siete».

Sirius annuì. «Certo» disse, la voce leggermente gracchiante. «Certo» ripeté con più sicurezza.

«Jamie?» lo chiamò sua madre, la voce terribilmente simile a un pigolio. Mille pensieri attraversarono la mente di James in quel momento, tante paure, ma anche una folle, cristallina determinazione. Perché sarebbe venuto un giorno in cui non avrebbe più avuto i suoi genitori ma avrebbe sempre avuto Sirius al suo fianco, e poteva dare ai genitori questa rassicurazione.

«Fino alla fine» promise James, e quando incrociò lo sguardo di Sirius, suo fratello , seppe che valeva anche per lui. Ci sarebbero stati l’uno per l’altro, oltre qualunque difficoltà la vita avrebbe messo sul loro cammino.

Quando i Medimaghi arrivarono per prendere in custodia sua madre per portarla al San Mungo, Charlus la accompagnò, ma scambiò prima due parole con Lily, lontano da lui e Sirius.

«Che cosa ti ha detto?» le chiese James mentre tornavano al castello.

«Mi ha ringraziata per avervi portati via dalla battaglia prima» rispose Lily. Poi un sorriso che si poteva definire solo come pericolosamente malandrino si fece largo sul suo viso. «E di tenervi d’occhio e darvi del filo da torcere perché, cito, siete due scapestrati». Scoppiarono a ridere tutti e tre, godendosi quel momento di leggerezza tanto preziosa. L’appuntamento non era andato affatto come James aveva pianificato e aveva rischiato di perdere una delle persone a lui più care, ma Lily e Sirius gli erano sempre stati accanto, e James ebbe la certezza che non si sarebbe mai sentito solo.

 

L’ultimo giorno di scuola arrivò in un baleno. Era incredibile come sette anni fossero passati tanto in fretta, ma era successo, e i Malandrini da quattro sconosciuti erano diventati migliori amici, come fratelli, e in quella mattina di quell’ultimo giorno stavano ripassando il piano per quella sera, per il loro grande ultimo saluto a Hogwarts. Ne avevano combinate tante in quegli anni, e non potevano andarsene senza un ultimo spettacolare fuoco d’artificio.

«Be’, direi che è tutto» disse Remus sbattendo le palpebre, quasi incredulo di essere arrivato a quel punto. Sette anni di scherzi senza alcuna espulsione non erano poco, in effetti.

«Sarà magnifico!» commentò Peter eccitato.

«Ovviamente» commentò Sirius, un sorriso sardonico sulle labbra.

«Il nostro ultimo scherzo a Hogwarts» declamò James emozionato. Si guardarono negli occhi, solennemente. «Andiamo» disse James.

Con più viaggi sotto il Mantello portarono tutto il materiale nelle cucine. Dovettero prestare molta più attenzione del solito, dato che si erano lasciati requisire la Mappa del Malandrino da Gazza per farla arrivare alle future generazioni di Malandrini, ma tutto procedette liscio. “Come l’olio sui capelli di Mocciosus" come soleva dire James quando Lily non era nei paraggi.

Per tutto il giorno ovunque andassero erano seguiti da occhiatacce sospette, non solo da parte dei Professori, ma anche dagli studenti. Tutti si aspettavano un loro scherzo perché era inimmaginabile che se ne andassero senza un’uscita in grande stile.

«Niente bravate, ok?» si era raccomandata Lily preoccupata, mentre erano stesi sotto il loro faggio accanto al lago.

«Tesoro, ci conosci, noi non commettiamo mai bravate» le aveva risposto James scoccandole un bacio sulla guancia.

«Oh, andiamo, fate qualcosa di divertente ma che non metta in imbarazzo nessuno, per favore»

«Evans, quanta poca fiducia nei nostri confronti» la rimbeccò Sirius.

«Inconcepibile davvero» disse Remus.

La ragazza svicolò sbuffando dall’abbraccio di James, pronta a far loro una ramanzina preventiva, quando Peter la tranquillizzò. «Ci teniamo a finire l’anno senza ulteriori punizioni. Sarà uno scherzo del tutto innocente».

La ragazza si riaccoccolò tra le braccia del suo ragazzo. Forse era perché gliel’aveva detto Codaliscia, ma James si sorprese comunque della facilità con cui Lily gli aveva creduto. Meglio per loro però!

«Ti piacerà, vedrai» le disse James.

«Ti conviene, Potter»

La strinse di più a sé sogghignando. Era magnifico come i Malandrini si fossero adattati alla presenza di Lily e come la ragazza fosse entrata nel loro gruppo stringendo con tutti una forte amicizia. Quando si erano dichiarati come coppia Sirius aveva detto che era sempre mancato un tocco femminile ai Malandrini, accogliendola di fatto nella loro peculiare, piccola famiglia. Qualcuno avrebbe potuto dire che erano semplicemente destinati a stare tutti insieme e far parte ognuno della vita dell’altro.

Era poi arrivata l’ora del banchetto e tra il sospetto di tutti era passato indenne. Inutile contare il numero di occhiate lanciate ai Malandrini, chi di sottecchi e chi invece fissandoli apertamente. I quattro amici avevano continuato a mangiare e scherzare tra loro come se nulla fosse, coinvolgendo anche i compagni vicini nelle loro chiacchiere. Erano arrivati al dolce, e ancora non era successo niente.

Il banchetto finì tra lo sconcerto di tutti. Era quello il grande scherzo finale dei Malandrini? Non fare alcuno scherzo? Conoscendoli, e vedendoli spaparanzati soddisfatti della mangiata uno avrebbe anche potuto pensarlo. Ma erano i Malandrini, suvvia! Eppure, Silente si stava alzando per congedarli e i più ingenui avevano davvero già pensato di averla scampata. Bastò il movimento del Preside perché i Malandrini tornassero attenti e agitassero le bacchette sotto i tavoli. Proprio quando nessuno se l’aspettava più, dalle decorazioni in centro tavola partirono botti e fuochi d’artificio che schizzarono verso il soffitto stellato della sala, causando non pochi spaventi e risvegliando coloro che si erano appisolati, presi dall’abbiocco. Silente si risedette subito, divertito.

Esplosioni di colore emersero dai quattro tavoli degli studenti e da quello dei professori, andando a formare sul soffitto le figure di quattro animali che si rincorrevano tra loro. Un leone, un tasso, un'aquila e un serpente giocavano nel cielo, formandosi e disfandosi a seconda dell’esplosione dei fuochi artificiali che si susseguivano. Ma ogni volta che un animale si disfava, le piccole fiamme colorate si trasfiguravano in coriandoli, e presto studenti e professori furono ricoperti di innocui pezzetti di carta colorata. E se per caso i Serpeverde erano avvolti in rosso e oro, be’, era una fatalità assolutamente non voluta.

Quando i fuochi artificiali finirono, il Professor Silente si rialzò, un sorriso divertito e ammirato in volto. «Mi chiedevo, dopo sette anni, se saremmo stati graziati l’ultimo giorno, ma a quanto pare qualcuno ci ha concesso l’onore di un ultimo scherzo». E con gran sorpresa dei Malandrini si mise ad applaudire, seguito da molti studenti (non i Serpeverde). I quattro amici si sorrisero a trentadue denti e James e Sirius si alzarono, causando un'ovazione nei Grifondoro, e tirarono su di peso con loro Peter e Remus, per profondersi in grandi inchini. Quando il caos scemò, e i quattro si furono di nuovo seduti, Silente riprese a parlare per salutarli un’ultima volta.

«Ebbene, per alcuni di voi la scuola è finita per un’ultima volta, non ci sarà un nuovo primo settembre, ma vi auguro di mantenere la spensieratezza e la giovialità con cui avete vissuto questi anni. E ricordate, a Hogwarts troverete sempre una casa e un aiuto. Restate leali, curiosi, ambiziosi e coraggiosi»

«E Malandrini» aggiunse James sottovoce per i suoi amici. Si guardarono negli occhi, tutti e quattro. «Fino alla fine» promise James con un sorriso.

 

La guerra stava infuriando, sempre più feroce e crudele. Vicini scomparivano, amici morivano e Voldemort e i suoi erano sempre più potenti nello scatenare terrore, caos e morte. Lily e James avevano scelto di sposarsi lo stesso. Era da folli sposarsi in un clima simile, James lo sapeva, ma non poteva fare a meno di pensare che se fosse dovuto morire presto, allora avrebbe voluto aver vissuto appieno, come i suoi genitori. Lo doveva a se stesso e a loro. Così si stavano sposando, e sembrava incredibile che Lily gli avesse detto di sì.

Era felice, James Potter, si sentiva più felice che mai, l’uomo più fortunato della Terra. Avrebbe voluto avere accanto i suoi genitori, ma sapeva che erano con lui e che erano felici per lui. Si sentiva pieno d’amore per quella donna che aveva scelto di vivere al suo fianco, e non riusciva a non essere raggiante, attorniato dai suoi migliori amici. Fanculo la guerra! pensò.

«Ti amo» gli sussurrò Lily mentre ballavano un lento.

«Fino alla fine» le rispose James, ripetendo la promessa che si erano fatti tante volte i suoi genitori. Ti amo, Lily Evans, e non ti libererai mai di me.

 

Voldemort li aveva trovati. «Lily, prendi Harry e corri! È lui! Vai! Scappa! Io lo trattengo!»

Era corsa su nella cameretta di loro figlio, ma come poteva scappare? Come poteva scappare quando aveva visto quel lampo di luce verde diffondersi per le scale dietro di lei, come poteva scappare quando si sentiva spezzata, distrutta internamente alla consapevolezza che James non era più lì con lei? James non c’era più… 

James non c’era più e lei doveva proteggere Harry. Doveva proteggere Harry, James non c’era più, ma doveva proteggere Harry, lei era sola, sola, ma c’era Harry, doveva proteggere Harry…

Quasi non si accorse di aver accatastato dei mobili contro la porta, andò dritta verso il lettino di suo figlio, loro figlio (suo figlio, James non c’era più, non c’era più…), lo prese in braccio, doveva scappare (“Corri! È lui! Vai! Scappa!”) ma come poteva scappare?

In un istante Voldemort era arrivato, Lily nascose Harry dietro di sé, dietro il suo corpo perché era l’unica difesa che poteva offrirgli.

«No! Harry no, ti prego!»

«Spostati, stupida... spostati...»

«Harry no. Prendi me piuttosto, uccidi me, ma non Harry...»

«È il mio ultimo avvertimento...»

«Non Harry! Ti prego... Per favore... lui no! Harry no! Per favore... farò qualunque cosa...»

«Spostati... spostati, ragazza...»

Ma Lily non si spostò, restò davanti a suo figlio, come la statua di uno scudiero disposto a tutto pur di proteggere il proprio re, il suo bambino .

Ti amiamo, Harry , pensò mentre la bocca di Voldemort si muoveva pronunciando parole che non sentiva. Ti amiamo tanto Harry, io e papà ti ameremo fino alla fine…

Una luce verde, poi il nulla.

 

Harry era finalmente arrivato al Quartier Generale, il terribile edificio che stava al numero dodici di Grimmauld Place, e che non era mai stato davvero casa. A Sirius era mancato da impazzire! Il suo figlioccio, con cui non riusciva a passare abbastanza tempo e che ogni volta che ritrovava gli veniva strappato via. Eppure, Harry aveva sempre un sorriso per lui, non vedeva l’ora, diceva nelle lettere, di poterlo rivedere. Non se lo meritava, Sirius, un figlioccio così, ma si beava del suo amore come un assetato beve l’acqua nel deserto.

«Mi ricorda tanto James» disse a Remus una sera. Erano nella stanza di Fierobecco. Sedevano contro la porta, sul pavimento polveroso, dopo avergli dato da mangiare. L’animale scalciava innervosito dal restare tanto al chiuso, ma per il momento quella stanza doveva bastargli.

«È uguale a loro» concordò Remus. «E al tempo stesso diverso».

Restarono in silenzio per un po’, fino a quando Sirius non rivelò quello che aveva pensato fin da quando aveva conosciuto i ragazzi nella Stamberga qualche anno prima. «Mi ricordano tanto noi» sussurrò, sentendosi in colpa, non sapeva neanche lui per cosa. Per Lily e James, forse, o per aver abbandonato Harry dopo tanti anni distanti, per aver fatto perdere il lavoro di insegnante a Remus, o per aver sperato, in parte, che Harry sarebbe stato espulso e sarebbe andato a vivere con lui, facendolo sentire meno solo. Forse era solo frustrato dal dover stare sempre in quella casa che tanto odiava. In trappola come Fierobecco.

«È un’amicizia altrettanto profonda» disse Remus dopo un po’.

«Speriamo siano migliori di noi» commentò Sirius. Remus gli poggiò una mano sulla spalla, stringendogliela comprensivo.

«Hermione è meno idiota di quanto fossimo noi tutti insieme» disse Remus serio, facendolo sogghignare divertito.

«Harry mi ha raccontato che ha preparato la Pozione Polisucco al secondo anno per infiltrarsi nella Sala Comune di Serpeverde» lo contraddisse Sirius, sogghignando sotto i baffi.

«Be’, sarà maturata da allora, e poi sono pur sempre Grifondoro!»

Sirius sbuffò divertito.

«Ce la faranno»

Sirius annuì. Ce l’avrebbero fatta. Gli diede una pacca sul ginocchio, per ringraziarlo. Godric sapeva se aveva bisogno che gli ricordassero che ce l’avrebbero fatta, che avrebbero vinto.

«E neanche noi siamo messi tanto male» continuò Remus, incoraggiato dalla reazione positiva. «Siamo qui, siamo vivi, combattiamo…»

«E non dimenticare la tua clamorosa cotta!»

Remus sbuffò alzando gli occhi al cielo. «Piantala…»

«Piantala di negare»

«Sirius…»

«Andiamo, Remus, datti una possibilità! Ti piace mia cugina e da come ti guarda tu piaci a lei. Invitala ad uscire»

«Tu non ti arrendi mai?» gli chiese Remus, fintamente esasperato.

«Sai com’è, ho imparato dal migliore…»

«James» concluse Remus con un sorriso nostalgico.

«Non si è mai arreso con nessuno» sussurrò Sirius. «Non con me, non con te. Non con Lily…»

«Harry ha preso la sua testardaggine»

Sirius ridacchiò concorde. Ma il sorriso gli morì sulle labbra. «Una parte di me sperava che venisse espulso» ammise infine sottovoce, togliendosi quel peso dal cuore. «Così sarebbe rimasto qui». Aveva commesso tanti errori in vita sua, cosa importava se ne ammetteva uno in più?

«Non sei solo, lo sai?» gli disse Remus. «Cercherò di passare il più spesso possibile»

«Cerca di uscire con mia cugina, invece!» lo interruppe Sirius.

«Sirius!» esclamò Remus innervosito.

«Lo so, lo so… E so che non sono solo, ma a volte è facile dimenticarlo, chiuso qui con uno stupido elfo e un ippogrifo».

Restarono in silenzio per un po’. Cosa c’era da dire, in fondo?

«So che ne abbiamo già parlato, ma mi dispiace per tutti gli anni che abbiamo sprecato separati» mormorò Remus.

«Dispiace anche a me…» esalò Sirius. «Però ci siamo ritrovati».

Remus annuì.

«Deve valere qualcosa» continuò Sirius.

«Vale moltissimo» confermò Remus.

Era sempre stato così tra i Malandrini, si tiravano su di morale a vicenda.

«Ti ricordi la promessa di James?» disse Sirius. «Il suo “Fino alla fine”?»

«E chi potrebbe scordarla?»

«Sarò tuo amico, Lunastorta, fino alla fine».

Remus lo guardò. Aveva gli occhi lucidi, e Sirius pensò ancora una volta a quanto solitarie fossero state le loro vite. Ma da allora in avanti sarebbero cambiate. Avevano l’un l’altro e avrebbero vinto quella dannata guerra una volta per tutte.

 

Era una sera primaverile. L’aria fresca di fine aprile entrava dalla finestra della cucina. Teddy era nato qualche giorno prima e già da mesi Dora si era trasferita nuovamente da lui dopo che era tornato. Da qualche tempo anche sua madre Andromeda viveva con loro, prima per aiutare Dora con la gravidanza, e ora per aiutarli entrambi con il bambino.

«Tesoro» lo chiamò Dora cingendolo da dietro. «I piatti si possono lavare anche domani. Vieni di là…»

Remus sorrise inconsciamente. Poggiò la spugna e si asciugò le mani, per poi girarsi a contemplarla, cingendola tra le braccia a sua volta. Poteva essere stanca più che mai, ma gli occhi le brillavano di felicità, colmi di profondo amore.

«Mi sento incredibilmente fortunato» le disse in un sussurro. «E so che è assurdo con tutto quello che sta succedendo là fuori, ma sono qui, tu sei qui, c’è Teddy… Non posso fare a meno di sentirmi fortunato»

«Io mi sento fortunata ad aver incontrato te» gli rispose Dora con quel suo sorriso dolce di cui non si sarebbe mai stancato. «Ti amo» gli disse.

«Mmmm, sì, mi sembra di averlo capito ormai» le disse Remus arricciando le labbra fintamente pensieroso.

«Scemo!» rise Tonks, al che Remus la attirò ancora di più a sé, rischiando di farle perdere l'equilibrio.

«Ti amo anch’io» le disse guardandola negli occhi, posandole poi un bacio sulla fronte. «Fino alla fine» sussurrò tra sé, melanconicamente. Dora aggrottò le sopracciglia incuriosita.

«È… è una cosa che diceva James. Era una tradizione dei Potter rispondersi così. Ramoso ci spiegò che se lo dicevano sempre i suoi genitori, e lui aveva iniziato a dirlo a noi Malandrini, a Lily… Era la sua promessa di esserci, di non mollare, non rinunciare mai a noi. E anche per farci sapere che non ci saremmo mai liberati di lui, ovviamente! Come se fosse possibile dimenticarlo…» finì con un sorriso malinconico.

Dora gli accarezzò una guancia e lui si abbandonò completamente a quel tocco che lo faceva sentire amato come non era mai successo.

«Allora, mio Remus Lunastorta John Lupin, io ti amerò fino alla fine».

 

Avevano mantenuto la promessa. C’erano stati, Lily e James, fino alla fine. Per Harry, per i loro amici. Erano con loro figlio, invisibili ma presenti, quando a undici anni aveva impugnato la sua prima bacchetta. C’erano stati i dieci anni precedenti a fargli forza contro le angherie dei Dursley. C’erano stati durante lo Smistamento, leggendogli in volto il timore di diventare Serpeverde. C’erano stati davanti allo Specchio delle Brame, dove lui li aveva finalmente visti. A James si era stretto il cuore dal dolore a sapere che li vedeva. Perché il desiderio più grande di un bambino di undici anni sarebbe dovuto essere cavalcare la scopa più veloce del mondo, non vedere i propri genitori e sentirsi amato. Eppure al tempo stesso era felice perché finalmente Harry poteva vedere quanto lo amassero e quanto fossero fieri di lui. Sperò che suo figlio potesse sentire il loro amore. 

C’erano stati ogni notte che era tornato, a ogni partita di Quidditch, quando aveva recuperato la Pietra Filosofale, quando aveva salvato la piccola Weasley dalla Camera dei Segreti. Erano così, così orgogliosi! Avevano sofferto al sentire le proprie voci all’avvicinarsi dei Dissennatori, rincuorati solo dal sapere che Sirius e Remus erano lì con lui. L’avevano incontrato di nuovo per breve tempo in quel cimitero dove le Leggi della Natura erano state spezzate. E l’avevano protetto, ancora, perché era il loro bambino e loro ci sarebbero sempre stati. Gli erano stati accanto e lo avevano incoraggiato ogni secondo, fino a quando nella Foresta Proibita aveva compiuto i primi passi verso il loro mondo.

Si scusava, il suo Harry dal cuore grande, perché erano morti per proteggerlo. Non capiva, non ancora, che l’avrebbero rifatto tutti e quattro mille volte, se il loro sacrificio significava dargli un giorno in più di vita, o anche solo qualche secondo. D’altronde era così che era morto James, con l’unica certezza di stare donando a Lily e Harry qualche secondo in più per scappare, e le suppliche di Lily a Voldemort avevano regalato qualche secondo ancora a Harry. Non sapevano al tempo che tra loro due, Sirius e Remus avrebbero donato a Harry più di sedici anni di vita, e per James erano ancora troppo pochi! Harry era troppo giovane per morire, ma era determinato come era sempre stato anche James in vita. Non l’avrebbero distolto dal suo cammino, non importava quanto desiderassero vederlo vivere un altro giorno, un altro anno, una vita intera… Potevano accompagnarlo, però, continuare a stargli accanto e non farlo sentire mai solo.

«Resterete con me?» aveva chiesto Harry, in cerca di conforto, di un’ultima rassicurazione.

E ancora una volta James Potter aveva promesso che ci sarebbe stato, fino alla fine. Non ti libererai mai del nostro amore, figlio mio. Staremo con te. Io ci sarò per te. Noi ci saremo per te, fino alla fine.







***



Note:
Chi mi conosce sa quanto io ami i Malandrini, di conseguenza non mi stanco mai di scrivere su di loro. In inglese la dedica della Rowling e la risposta di James a Harry sono uguali, "Until the very end", e mi piace molto questo parallelismo tra inizio e fine libro, così ho voluto dedicarci una storia. Cari lettori, spero vi sia piaciuta!

Alcune parti sono prese direttamente da “I Doni della Morte”, più precisamente il dialogo nel pov della morte di Lily, e la domanda di Harry nell’ultimo pov di James. Ma immagino le abbiate riconosciute.

Un ringraziamento particolare a Moony, beta reader per questa fan fiction :*

Alla prossima storia!

Vostra,

Ail

   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Ma_AiLing