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Autore: Reginafenice    03/05/2022    0 recensioni
[The Marvelous Mrs. Maisel]
[The Marvelous Mrs. Maisel]Susie, Lenny e Midge sono pronti a iniziare una nuova avventura. Ognuno verso la propria meta, facendosi compagnia durante il viaggio.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Alle dieci meno un quarto dell’indomani sera, due taxi arrivarono nella strada in cui si trovava l’appartamento di Midge, entrambi con notevole ritardo ma perfettamente sincronizzati l’uno con l’altro. Susie fu la prima a scendere dalla macchina, sistemandosi il colletto della camicia e poi il berretto in testa. Senza prestarci troppa attenzione, con la coda dell’occhio, intravide la figura seduta nell’altro taxi.

Con una leggera indolenza in più rispetto a quanto dimostrato da Susie, la persona in questione pagò la sua corsa e si accinse a raggiungere il marciapiede.

Susie spalancò gli occhi: Lenny Bruce era l’ultima persona che sia aspettava di ritrovare in quel quartiere. Non poteva certamente trattarsi di una coincidenza. Allora si schiarì la voce, tentando di racimolare qualche idea su come impostare la conversazione.

«Cosa cavolo ci fai tu qui?» Sbottò, in un tono molto più scontroso di quello che avrebbe voluto che fosse. Lenny si voltò di scatto, mentre teneva in una mano un pacco di sigarette e l’accendino nell’altra.

Susie si affrettò ad aggiungere, «Ehm…piacere di rivederti, comunque. Mi hanno detto che hai spaccato alla Carnegie Hall.»

«Dipende da cosa intendeva chi te l’ha detto. E poi è stato un bel po' di tempo fa.»

Lenny accese la sigaretta e fece il primo tiro, rilasciando l’aria calda nella fresca brezza serale, «Sei stata reclutata anche tu?»

«Sì. Stesso bigliettino rosa profumato, immagino. Ma, certo. Ora capisco. Tu devi essere la sorpresa di cui parlava Rose…» Disse rivolta più a se stessa che a Lenny.

«Che cosa combina Midge?» Le chiese, con uno sguardo decisamente diverso da quello che ricordava Susie. Era come se ci fosse un velo di tristezza e di preoccupazione.

«Di cosa parli, esattamente?»

«Beh, non ho sue notizie da un po'…»

«È la sua nuova politica, non lo hai saputo? Sparire dalla circolazione e rifiutare le occasioni della vita.»

«Ne ho sentito parlare.»

Lenny rivolse gli occhi verso la finestra di quello che ricordava essere il piano dell’appartamento di Midge, «Sono ridicolmente in ritardo. Chissà quale sarà la mia pena…»

«La vera domanda è: chi ci pagherà la cauzione?»

«Beh, di sicuro l’unica che avrebbe qualche interesse a farlo arriverebbe indecentemente tardi. Sai, sembra che esita un modo di vestirsi appropriato anche a questo genere di faccende.»

Susie colse il riferimento implicito a Midge e rispose divertita, «È una caratteristica di voi comici, eh? Per fortuna che il vostro senso dell’umorismo vi precede, altrimenti avrei mollato Midge la prima volta che mi ha fatto aspettare due ore ad un appuntamento. Sa come farmi perdere la pazienza quella ragazza!»

Lenny scosse la testa, «Lo sai anche tu che non l’avresti mai fatto. Ed è sempre il vestito a fregarci.»

Susie lo guardò intensamente ma non rispose. Aveva colto in quella reazione una sfumatura sentimentale alla quale non riusciva a dare un nome.

«Perché ti hanno invitato?»

Lenny gettò la sigaretta sull’asfalto e la spense con la punta della scarpa, «Non lo so nemmeno io. Non avrei dovuto accettare, però.»

«Davvero, Lenny. So che voi due siete amici da anni ormai, ma non capisco. Non credere che la mia presenza non sia fuori luogo questa sera, ma non riesco ad immaginare il motivo per cui uno come te vorrebbe cacciarsi in questo stramaledetto circo umano. Soprattutto ora che… Beh, ho saputo che quei bastardi ti stanno di nuovo addosso. Mi dispiace.»

Lenny fece per aprire bocca, ma nel frattempo un bambino corse nella loro direzione dall’atrio del palazzo, seguito a ruota da un’affannata ed elegantissima Midge. Il suono dei suoi tacchi produsse la stessa tamburellante sensazione di paura nel loro petto.

«Ethan, torna dentro! La nonna ha cambiato il tuo posto. Adesso puoi sederti vicino a tuo padre. Basta che la smetti di fare i capricci!»

Il bambino si fermò al centro dell’ingresso, con lo sguardo corrucciato rivolto a sua madre. Midge si chinò alla sua altezza, «È stato un mio errore. Puoi perdonarmi? Ho lavorato fino a tardi e non ho avuto il tempo di controllare l’organizzazione del tavolo.»

Susie e Lenny rimasero paralizzati. Se avessero mosso anche solo un muscolo lei si sarebbe accorta della loro presenza e nessuno dei due aveva ancora idea di quale sarebbe stata la loro prima mossa. Si fissarono per quella che sembrò essere un’eternità, ma a un certo punto a Susie venne un colpo di tosse impossibile da trattenere

Midge si sollevò da terra prendendo Ethan per mano. Si avvicinò cautamente alla strana coppia per provare a se stessa di non averla soltanto immaginata e girò loro intorno con aria attonita.

«Che razza di scherzo è questo?»

«Chiaramente non lo è, visto che sei tutto tranne che divertita. Se fossi in te non lo aggiungerei nel tuo prossimo numero.»

Lenny aveva l’impressione che, una volta ascoltata la sua voce, Midge si fosse leggermente intenerita.

Susie la guardò con particolare nervosismo, «Che ne pensi di farci salire? Sarebbe meglio chiarire tutto dentro, no?»

Midge non proferì parola. Rimase a fissarli con la bocca ancora mezza spalancata.

«Abbiamo ricevuto un invito. Entrambi!» Indicò Lenny con la testa e prese dalla tasca la busta rosa tutta stropicciata, giusto per sventolargliela davanti a mo’ di prova. Per fortuna era ancora lì. Era più che convinta di averla già gettata via.

«E va bene. Seguiteci.» Fu l’unica cosa che Midge riuscì a dire.

«Credo di ricordare la strada.» Lenny le rivolse un lieve sorriso, non badando all’enorme punto interrogativo impresso sul volto di Susie.

 

 

Oltrepassato l’uscio di casa, l’immagine che si sottopose ai loro occhi fu prevedibilmente comica: Abe e Mei erano coinvolti in un’appassionata conversazione sulle ragioni storiche delle difficoltà riscontrate da una brillante studentessa asiatica come lei ad integrarsi nel sistema universitario statunitense, mentre seduto al centro del tappeto del salotto Moishie intratteneva con le sue smorfie buffe e le sue imitazioni la piccola Esther. Midge liberò Eathan dalla sua morsa, cercando di capire che fine avessero fatto gli altri membri della famiglia. Un chiacchiericcio in sottofondo giunse alle sue orecchie dalla cucina.

Susie e Lenny rimasero impalati all’ingresso del corridoio. Nessuno si era ancora reso conto della loro presenza, ma Midge si voltò facendo loro cenno di seguirla verso la sua camera da letto.

«È stata una pessima idea.» Sbottò Susie, dopo aver colto una parte della chiassosa discussione che stava avvenendo in cucina tra Shirley e Joel e tra Rose e Zelda.

La notizia della gravidanza di Mei fremeva sulle labbra leggermente tremanti di Joel, il quale faticava a trovare il coraggio di non svicolare le domande dirette di sua madre sulla ragione della nausea della sua ragazza alla menzione della zuppa di pollo che aveva preparato con tanto amore quella mattina.

«Shirley, non preoccuparti. Ho detto a Zelda di conservare la tua zuppa per un momento più opportuno, così Mei non avrà alcun problema.»

Rose supplicò la sua domestica di darsi una mossa per servire il pasto il prima possibile: gestire Shirley in cucina rappresentava la tredicesima fatica di Ercole. Tanto valeva incominciare a mangiare, anche se di Susie e di Lenny non aveva visto traccia.

«Qual è il suo problema? Vorresti spiegarcelo Joel? E perché mai l’hai invitata a casa di Midge?» La donna si rivolse al figlio con l’aria di un’investigatrice intenzionata a non mollare la sua preda, picchettando con le affilate unghie rosse sulla spalliera della sedia.

«Non ha nessun problema, mamma. E poi la conosci già. Non c’è bisogno di fare la maleducata.»

Finse di non sentirlo.

«Adesso che mi ci fai pensare… Ricordo di aver avuto la stessa nausea quando ero incinta di te. Non ho voluto vedere pollo per mesi interi! Il che non è da me.»

«E se fosse soltanto allergica al pollo?»

Shirley scrutò intensamente suo figlio e poi pensò bene di cercare la soluzione da Rose, la quale trovò il pretesto di dover chiedere ad Abe quale vino aprire a tavola per potersi dileguare all’istante.

La rivelazione stava per avvenire proprio nel modo in cui si sperava che non accadesse, ovvero per mero intuito. Joel avrebbe voluto più tempo per farle digerire la novità.

Fu quando guardò oltre la spalla di sua madre con l’intenzione di verificare che la sua fidanzata stesse bene e che la sua ansia si fosse smorzata, che Joel si accorse del fulmineo passaggio del trio. Ovviamente, non riuscì a riconoscere subito di chi si trattasse, quindi pensò che sarebbe stato meglio indagarlo subito e colse al balzo l’occasione di liberarsi dalla sua aguzzina.

La porta della stanza era socchiusa, ma la voce di Susie attraversò facilmente la fessura di spazio lasciata aperta da Midge, giungendo senza troppa sorpresa all’orecchio di Joel. La profonda voce maschile – che riuscì a identificare soltanto dopo un po' – lo lasciò letteralmente senza fiato.

Non poté trattenersi: appoggiò una mano sudata sulla maniglia e spalancò la porta con gli occhi sgranati.

«Ti serve qualcosa, Joel?» Domandò Midge, leggermente infastidita.

«Cosa diamine ci fa Lenny Bruce nella mia ex camera da letto?»

   
 
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