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Autore: Duodoppioteam99    04/05/2022    2 recensioni
Dal testo:
A quel punto non seppi come reagire, e per la prima volta durante tutto il mio viaggio, mollai. Avrei potuto seguirlo sicuramente, ma in quell’istante non ebbi la prontezza necessaria.
La testa si fece ancora più pesante, la mente annebbiata e le gambe si fecero molli sotto al mio peso. Svenni.
L’ultima cosa che sentii fu il richiamo acuto di Reshiram, ormai allontanato dalla sua controparte, e le urla dei miei amici Komor e Belle che cercavano inutilmente di farmi rinsavire.
———
Proseguo immaginario della storia tra Touko ed N dopo gli avvenimenti di Nero e Bianco
!Prologo risistemato graficamente!
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, N, Touko
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
Capitoli:
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Capitolo 3
“E così sei ancora una comune mortale come noi due…” sentenziò scherzosamente Komor sistemandosi al meglio gli occhiali sul naso. 
Dopo la chiamata di mia madre decisi che sarei comunque passata a salutare i miei due amici Komor e Belle, e in quel momento ci trovavamo a casa di quest’ultima, nella sua cameretta. 
“Allora possiamo dire di essere ancora tutti e tre in corsa per il titolo di Campione” precisò Belle che si trovava sdraiata sul letto. La mia amica era una ragazza dolcissima e a volte anche un po’ impacciata ma le lotte Pokèmon non erano mai state il suo primo pensiero. Certo si impegnava per diventare più forte ma il suo desiderio primario non era quello di diventare Campionessa. Questo titolo era considerato da lei come una soddisfazione finale di un viaggio intorno ad Unima, ma non fondamentale. Infatti la sua principale volontà era quella di conoscere e studiare i diversi Pokèmon e non mi stupiva la sua intenzione di affiancare la Professoressa Aralia in laboratorio. 
“Esattamente, potremmo anche dirigerci alla Lega Pokèmon per sfidare Nardo anche ora e batterti sul tempo cara Touko, ma non si è mai troppo preparati per queste sfide. Un allenamento ulteriore prima di una lotta è sempre contemplato”. Komor, al contrario di Belle, era sempre stato il più freddo e calcolatore. Non lasciava mai nulla al caso. Ragionava sempre sulle opzioni che gli si presentavano dinnanzi e amava insegnare ciò che aveva imparato nel tempo. Era la perfetta figura che una Scuola per Allenatori richiedeva. 
Entrambi i miei amici avevano le idee molto chiare sul loro imminente futuro. Io invece non avevo ancora ben chiaro che cosa avrei fatto nei giorni e nei mesi successivi purtroppo. E questo faceva nascere in me un certo senso di preoccupazione. 
“Fate quello che vi sentite, io personalmente non credo che mi dirigerò subito alla Lega” iniziai senza troppo interesse. Ero seduta sulla sedia della scrivania di Belle, con in mano una Pokèball vuota di quest’ultima, con cui giocavo distrattamente. 
“Ci sono ancora alcune cose che voglio comprendere e che mi piacerebbe risolvere prima di sfidare di nuovo Nardo” continuai. 
“Cosa devi comprendere? Il perchè N è volato via?” Chiese infastidito Komor. Non gli era mai andato giù il personaggio di N, sin dal primo incontro a Quattroventi. Aveva sempre detestato il suo modo di comportarsi e il suo relazionarsi con la gente, in particolare con me. Non vedeva logica dietro ai suoi comportamenti e non capiva in che modo un ragazzo del genere avesse potuto attirare la mia attenzione. Che fosse stato geloso?
“Non c’è niente da capire Touko” continuò. “Tu ad N non piaci e non interessi, altrimenti ti avrebbe cercato e soprattutto non sarebbe volato via in quel modo senza dirti nulla”. Pronunciò queste parole senza scomporsi, mantenendo la sua posizione in piedi davanti alla finestra della camera. Le mani portate in tasca, chiaro segnale del poco interessamento al discorso in corso.
Alzai gli occhi dalla Pokèball che avevo in mano e lo guardai seria. 
Che avesse ragione? Non volevo crederci. No, non era assolutamente così. Questa opzione non era da prendere in considerazione.  
Iniziai a sentire la pelle del collo bruciare e le guance farsi più calde e quindi decisi di tagliare corto il discorso. 
“Beh la questione è che la Lega Pokèmon non mi vedrà tanto presto. Voi siete liberi di fare come credete e allo stesso modo lo sono io” dissi alzandomi dalla sedia su cui stavo seduta. 
“Ora devo andare. Mia madre mi aspetta. Dobbiamo fare visita ad una sua conoscente”. 
Lasciai la Pokèball con cui stavo giocando in mano a Belle e mi diressi verso le scale. Non prima di aver dato un pacca amichevole sulle spalle di Komor per rassicurarlo. Ero al corrente di come la pensasse su N, ma questo non era il momento per iniziare una discussione con i miei più cari amici e in realtà speravo che un momento del genere non arrivasse mai. 

Appena uscii dalla porta di casa una folata di vento mi colpì dritta in viso, creandomi un brivido lungo la schiena.
Komor aveva ragione probabilmente, per N probabilmente ero una ragazza come tante altre e chissà dove si trovava in questo momento. Chissà se anche lui pensava a me come io facevo con lui. 
Guardai di sfuggita l’orologio al polso e quando vidi l’orario sbarrai gli occhi.
Le 18 e 30. 
Era davvero tardi. Rimanere con Komor e Belle mi aveva fatto perdere il senso del tempo. Mi avviai velocemente verso casa. Sicuramente non saremmo partiti per incontrare l’amica di mia madre la sera stessa… o almeno era quello che mi auguravo. 
E per mia fortuna, non fu così. 

La mattina dopo mi ritrovai seduta su un treno diretto ad Austropoli. 
Avevo conquistato con successo il posto vicino al finestrino e da parte a me si trovava mia madre, intenta a leggere un libro. 
Con la mano appoggiata sotto il mento potevo osservare al di fuori del finestrino un paesaggio dai colori primaverili, mentre campi coltivati talvolta si estendevano a perdita d’occhio, ben lavorati o con le colture in crescita. 
“Potrei sapere il nome della tua amica da cui stiamo andando o devo leggertelo nella mente?” chiesi distrattamente mentendo sempre lo sguardo fisso.
“No tesoro, lo saprai al momento opportuno” replicò mia madre continuando a leggere.
“Uff… e poi mi spieghi perché stiamo utilizzando un mezzo di trasporto come il treno quando possiamo utilizzare la mossa Volo dei Pokèmon? Saremmo già arrivati da un pezzo”. A quel punto mia madre alzò gli occhi per incontrare i miei.
“Perché dobbiamo sempre fare le cose di corsa? Godiamoci un viaggio normale in treno come le persone normali senza avere fretta di arrivare. E poi rilassati perché una volta arrivate ad Austropoli faremo rotta a Spiraria. Inoltre io sono troppo vecchia per permettermi di volare sul dorso di un Pokèmon, non ho più la tua età cara”.
Non capivo. Davvero non stavo capendo. Mia madre era impazzita. Così, da un giorno all’altro. 
Tornai a guardare fuori dal finestrino, sbuffando leggermente. In lontananza si poteva intravedere il ponte Freccialuce. 

Austropoli, la grande metropoli colma di grattacieli e grandi edifici. Cuore degli affari e dell’economia della regione di Unima. 
Ricordavo molto bene la lotta con il capopalestra della città, Artemisio, specializzato in Pokèmon coleottero. Ma ricordavo molto bene anche l’incontro con un altro Pokèmon che faceva ancora oggi parte della mia squadra, un piccolo Growlithe trovato vicino alle fogne. 
La sua particolarità? Aveva raggiunto un livello molto alto in battaglia ma non si era ancora evoluto. 
Nonostante la sua stazza minuta, simile a quella di un cagnolino, aveva una potenza e una velocità fuori dal comune. 
La sua cattura però non fu semplice. Aveva un carattere molto schivo, probabilmente dovuto al fatto di aver passato la maggior parte della sua vita in un luogo come le Fogne di Austropoli. Non certo un luogo ospitale. 
Nonostante questo faceva parte della mia squadra e da quel momento aveva partecipato a innumerevoli lotte, aiutandomi spesso a contribuire nelle vittorie. Nonostante la dimensione era davvero un grande Pokèmon, leale e fedele. 
Non avrei potuto desiderare compagno migliore. 
Quando scendemmo dal treno la frenesia di Austropoli ci colpì in pieno.
Tanta gente camminava di fretta per andare al lavoro, vestita di tutto punto e in giacca e cravatta, per presidiare a chissà quali appuntamenti importanti. I bambini correvano per non perdere i pullman diretti a scuola mentre negozi di vario tipo alzavano le saracinesche per iniziare una nuova giornata. 
L’aspetto grigio della città era però in contrasto con il cielo azzurro che, nonostante tutto, si poteva scorgere al di sopra dei grattacieli. 
Appresi a quel punto che mia madre aveva prenotato un alloggio per la notte in uno dei tanti hotel della metropoli, e solo il giorno dopo ci saremmo diretti a Spiraria tramite un aereo diretto dalla compagnia della capopalestra di Ponentopoli, Anemone. 
Ogni città molto popolata possedeva infatti un piccolo aereoporto e una piccola pista di atterraggio sotto il controllo della Capopalestra e a disposizione dei cittadini. Era una soluzione molto funzionale per chi non possedeva Pokèmon di tipo volante. 

Una volta arrivati ci dirigemmo verso l’hotel e, successivamente, nella camera prenotata. Una normale camera classica, due letti una scrivania con una piccola lampadina sopra e il paesaggio che dava sulle affollate strade della città. Molto minimale.
“Bene cara, io devo andare a sbrigare alcune faccende burocratiche già che siamo qui. Tu rilassati e goditi questa giornata in una grande città come Austropoli” disse mia madre una volta sistemati i pochi bagagli che si era portata appresso. 
Dopo avermi salutato uscì dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle. 
A quel punto mi lasciai cadere di schiena sul grande letto morbido. Sicuramente avrei dormito bene la notte seguente. 
Decisi che non sarei rimasta chiusa tra le quattro mura ma sarei uscita. 

Mentre camminavo lungo le vie della città ripensai al mio viaggio. 
La prima volta che avevo messo piede ad Austropoli rimasi spaesata. Soffiolieve era completamente diversa in termini di grandezza ma anche di vitalità. Ricordai la fatica che feci per trovare la Palestra per sfidare Artemisio, nascosta tra i grattacieli. 
L’edificio che avevo individuato subito era, ovviamente, il centro Pokèmon. La copertura del tetto arancione non passava di certo inosservata tra i colori grigi che dominavano la città. 
Ricordai anche con piacere il primo ed unico Conostropoli che ero riuscita a comperare, a seguito di una lunghissima coda. Ne era però valsa la pena. 
Senza accorgermene ero arrivata al molo principale. 
Una leggera brezza smuoveva i capelli raccolti dalla solita coda alta posta al di sotto del mio fidato cappellino rosa. Guardai l’orizzonte. 
Le navi andavano e venivano come se fosse la cosa più normale del mondo, con una lentezza in contrasto alla frenesia della città che si trovava in quel momento alle mie spalle. 
In lontananza solo l’oceano. Mi ritrovai a immaginare le zone al di là del mare, alle terre inesplorate e alla grande quantità di allenatori che potevano trovarsi. Non avevo mai pensato di partire, di lasciare Unima. Questa era casa mia. La mia terra. Non mi ero mai posta la possibilità di uscire dalla regione. 

In quel momento notai che di fianco a me si era fermata una persona. 
Portava un lungo cappotto color cammello e in testa un cappello dello stesso colore. Inoltre portava degli occhiali da sole sul naso. Di conseguenza era impossibile riconoscere l’individuo, anche perché il bavero del cappotto era alzato e quindi maggior parte del viso rimaneva coperto.
Sul momento non mi allarmai più di tanto. Di individui strani per le strade ne avevo incontrati e lui non sarebbe stato di certo l’ultimo. 
Inizia ad inquietarmi quando quest’ultimo mi chiamò per nome. 
“Touko, non ti agitare, non sono qui per farti del male, vorrei solo tu mi seguissi senza dare troppo nell’occhio”. Pronunciò queste parole senza guardami in faccia, lo sguardo rivolto verso il mare e alle spalle la città. La stessa mia posizione. 
Io, d’altro canto, non mi mossi ma un leggero timore si fece largo dentro di me. 
“Una volta arrivati in ufficio ti spiegherò tutto ma per ora ti prego di far come ti dico” continuò. 
Decisi di collaborare. Nella peggiore delle ipotesi avevo la mia squadra a difendermi. 

Camminammo a lungo le vie di Austropoli. 
L’individuo con il cappotto si muoveva davanti a me, e io dietro di lui ma ad una distanza di cinque o sei metri. “Così da non dare nell’occhio” come aveva espressamente richiesto.
Arrivammo all’altezza della Via della Moda e fu a quel punto che l’individuo entrò in un palazzo a me familiare. La “Lotta S.p.A”. Ricordavo bene quel luogo. Era dove affaristi, segretari e scienziati conducevano ricerche per lo sviluppo di nuovi strumenti per Pokèmon e allenatori. Avevo sfidato molti dei loro dipendenti la prima volta che ero entrata nell’edificio. Che dovessi combattere nuovamente?
Confermato il fatto che fossi in un luogo di mia conoscenza, senza molti convenevoli entrai. 
Le porte automatiche si aprirono senza fatica. 



Continua…
 
*Ps: le Fogne di Austropoli in Nero e Bianco non vengono nominate. Lo sono nella versione di gioco successiva. Ma il Pokèmon descritto è comunque essenziale per la narrazione e per questo motivo è stato inserito il luogo. 
   
 
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