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Autore: Jeremymarsh    05/05/2022    3 recensioni
"La sera in cui Berenilde trovò quel bambino alto e magro di fronte casa sua, i suoi vestiti erano già da tempo logori, i capelli biondi bagnati e il viso troppo pallido anche per lui il cui incarnato non era mai stato scuro. Ai suoi piedi una piccola borsa il cui contenuto era rovesciato a terra e non ammontava nemmeno a un cambio; dalle impronte su di essa capì che probabilmente era stato proprio Thorn l’artefice del gesto, anche se ora sembrava il ritratto della tranquillità."
[Piccola raccolta di Missing Moments che esplorano il rapporto tra Berenilde e Thorn]
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Berenilde, Thorn
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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N/A: Salve a tutti e buon giovedì! 
Era un po' che contemplavo l'idea di esplorare maggiormente il rapporto tra Thorn e Berenilde perché c'è davvero tanto da dire e scritta quest'altra piccola shottina ho pensato sarebbe stato più carino unirla alla precedente per farne una raccolta. Non so ancora quanti altri pezzi simili scriverò, anche se il prossimo che ho in mente di pubblicare vorrei fosse dal pov di Berenilde. 
Spero vi piaccia!
Come noterete leggendo, la storia si ricollega al quarto libro verso la fine, esattamente al momento in cui Thorn e Vittoria si incontrano. 
Ci leggiamo settimana prossima per la long! Un bacio! 💖





Indispensabile  

 

C’erano momenti in cui era chiaro più che in altri: nei sospiri di lei, nei suoi sorrisi falsi in mezzo alla folla, negli sguardi colpevoli che gli riservava, quando i suoi occhi si posavano sui ricordi della famiglia che aveva perso. 

E Thorn ne soffriva.  

Ogni volta che se ne accorgeva rivedeva nella zia l’ombra della madre per cui non era stato abbastanza, il modo in cui si era liberata di lui e, soprattutto, il suo essere solo uno strumento (inutile). Forse era crudele accostare le due figure l’una all’altra; razionalmente tra le due donne vi era un abisso: una era genitore per davvero, l’altra lo aveva solo messo al mondo – e per fini puramente egoistici. 

Allora gli tornava alla mente la sera in cui Berenilde lo aveva accolto ed era nata in lui la speranza di poter soddisfare almeno il cuore di quella madre. Sapeva che Berenilde lo amava – logicamente; altrimenti perché accogliere un bastardo come lui attirandosi di conseguenza l’ostilità dell’intera famiglia? – eppure quegli istanti lo rendevano consapevole del fatto di non essere ancora abbastanza.  

Voleva esserle indispensabile nonostante la sua scandalosa natura, il suo essere illegittimo, la sua assenza di marchi che non lo proclamavano Drago a tutti gli effetti; voleva che il suo sorriso tornasse a essere vero e dedicato solo a lui.  

D’altronde, nonostante l’espressione sempre seria, la compostezza e l’intelligenza fuori dal comune, Thorn era pur sempre un bambino a cui era stato negato amore e lo cercava nell’unica donna che glielo aveva dato.  

E quando le dimostrazioni di lei apparivano contaminate dal rimorso e dal ricordo di chi non c’era più, la sua corazza si induriva e il suo proposito si faceva sempre più audace. Se lui non le bastava, allora bisognava migliorarsi ancora, puntare più in alto, dimostrarle di essere degno del suo affetto, diventarle a tutti gli effetti indispensabile.  

Quei sentimenti lo avevano suo malgrado forgiato nell’adulto che era, lo avevano spinto a ricoprire una delle più alte cariche della società e a essere intransigente – e spesso stupido – nei confronti della donna che amava. E, crescendo, aveva visto nei gesti e nell’espressioni della zia proprio ciò che aveva sempre ricercato: orgoglio, soddisfazione; questi sentimenti lo aveva indotto a volere sempre più, anche l’impossibile, fino a fare a patti con Faruk.  

Ora, davanti alla cugina dalla quale era inconsapevolmente scappato, vedendo per la prima volta l’oggetto del suo odio e la prova di non essere mai stato davvero abbastanza per Berenilde, tanto da farle desiderare un altro figlio, si rese conto di quanto fosse stato stupido e irrazionale 

La guardò bene in faccia, incrociando i suoi occhi neri che sembravano scrutarlo nell’anima e rivelargli risposte che aveva sempre avuto ma non era mai stato in grado di vedere, e capì che la bambina non era mai stata sua rivale né la sua nascita un ostacolo alla sua relazione con Berenilde.  

Con quella nuova consapevolezza addosso, Thorn interruppe il contatto visivo e piegò la lunga schiena dorsale per prenderla in braccio. L’ansia e la fretta erano tornati e con quelle la paura di non fare in tempo: dovevano andar via, alla svelta.  

Thorn aveva un eco anticipatore da acchiappare, una moglie da salvare e Vittoria una madre da cui tornare.  

   
 
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