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Autore: Lunasyriana    06/05/2022    2 recensioni
Una bionda sexy, una genetista e delle pillole miracolose. Kaori vittima del suo stesso amore per Ryo. E in tutto questo il nostro sweeper sarà vittima o carnefice?
Lo stallone di Shinjuku incontrerà pane per i suoi denti.
ATTENZIONE: questo racconto è volutamente comico-demenziale. Il suo autore ha consapevolmente esagerato alcune caratteristiche. Si solo vuole rubare un sorriso.
Genere: Comico, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Reika Nogami, Ryo Saeba, Saeko Nogami
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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Appena entrata nello spogliatoio Kaori si ritrovò di fronte la giovane donna che l’aveva travolta. Entrambe arrossirono di colpo e, scattando a velocità sorprendente, la bionda scappò dall'uscita gridando un “mi dispiace”.

Kaori la inseguì, cercando di fermarla. Voleva scusarsi, l'aveva umiliata, sebbene involontariamente. Nell’attraversare la porta inciampò su un borsone da palestra, andando lunga distesa. Dopo essersi rialzata si accorse che il borsone che aveva calciato aveva il laccio reggi-spalla slacciato. La ragazza pensò potesse appartenere alla giovane donna che nella fretta di uscire non si era accorta della perdita.

Kaori, con l’intenzione di riconsegnare il borsone alla legittima proprietaria, si diresse alla reception. Lì, le addette le risposero che la donna che stava cercando era corsa via piangendo.

E ora cosa doveva fare? L’unica soluzione che le venne in mente fu tornare nello spogliatoio a vestirsi, e cercare qualche indizio. Certo sarebbe stato più semplice lasciarlo alla reception, ma voleva a tutti i costi scusarsi con lei.

Era stato un caso ma, mettendola così in imbarazzo, si era comportata un pò come Reika. Le aveva tolto la dignità e Kaori sapeva bene cosa volesse dire essere in imbarazzo per il proprio corpo. 

Il contenuto del borsone era estremamente in disordine. Probabilmente era stato preparato in fretta e furia. Un asciugamano appallottolato conteneva i resti del costume da bagno assieme alle ciabatte. Sotto vi erano un bagnoschiuma ed uno shampoo. In una tasca laterale un piccolo asciugacapelli. Nell'ultima tasca trovò un flacone di plastica arancione con due pillole. Poi  finalmente l’oggetto delle sue ricerche. Un documento.

Era un badge elettronico di quelli che si danno ai dipendenti per accedere al posto di lavoro e, stampata sopra, vi era la foto della donna bionda e il nome.

“Dottoressa Suzuki Hiroko” lesse Kaori a voce alta. “Azzeccato come nome” pensò.

 Sull'altro lato della tessera vi era un logo e la scritta GENESECT.

Il nome della ditta le diceva qualcosa, ma lì per lì non ci fece caso, era più importante sapere come stava la dottoressa Suzuki.

La ragazza uscì dall'edificio e cominciò a camminare lungo le strade del centro. Ogni tanto buttava un occhio alle vetrine, ma nulla sembrava interessarla. E così persa nei suoi pensieri, si fermò davanti alla vetrina del negozio di Eriko, la sua migliore amica del liceo. Esposto in vetrina c’era un bellissimo abito da sera lungo, la scollatura profonda a V, l’allacciatura dietro al collo, era di un bel rosso acceso, la lunga gonna lasciava intravedere un profondo spacco laterale. La fantasia volò. Kaori si immaginava di indossarlo, bellissima, catturando l’attenzione di tutti i maschi, compresa quella del suo socio. Quest’ultimo, vestito con un elegante abito bianco, letteralmente succube della bellezza della sua socia, incurante delle altre donne presenti. Ryo che le versa da bere, lo sguardo intenso e passionale, la sta mangiando con gli occhi. Poi nel porgerle il bicchiere, si avvicina al suo orecchio e in un sussurro le mormora “Sei stupenda. Questo abito è perfetto su di te”.

Lei sognante che risponde  “Grazie! È la prima volta che mi fai un complimento.” 

Lui sorride e aggiunge “Un abito così sta bene solo a chi è piatta come una tavola”. 

Solo allora Kaori si destò dal suo sogno ad occhi aperti, il viso livido dalla rabbia e un pugno stretto fino a sbiancare le nocche. “Possibile che anche nelle mie fantasie sei capace di mettermi in ridicolo?” pensò con rabbia. Emise un profondo sospiro di rassegnazione, abbassando il capo sconsolata.

E così riprese la strada di casa persa nei suoi pensieri. Giunse in prossimità della stazione, avrebbe fatto una deviazione: vedere se c’era qualche nuovo incarico non faceva mai male.

Così scese le scale e si diresse verso la lavagna degli annunci. Purtroppo era vuota. Rassegnata, puntò i piedi verso l'uscita, quando la sua attenzione si posò su uno dei televisori della stazione. In quel momento stava trasmettendo lo stralcio di un telegiornale.

“La nota industria farmaceutica Genesect ha appena annunciato uno studio sulla mappatura genetica, in grado di rivoluzionare le conoscenze diagnostiche. Vi trasmettiamo una parte della conferenza stampa tenutasi in mattinata presso la sede operativa.”

Partì il video con la conferenza. Nell'inquadratura una dottoressa, che la scritta in sovraimpressione identificava come Suzuki Hiroko, annunciava ai giornalisti presenti la scoperta rivoluzionaria.

Kaori trattenne un urletto di felicità. Era la proprietaria della borsa. Peccato che fisicamente appariva diversa. Possibile che si trattasse della stessa persona? Eppure avevano lo stesso nome e c’era qualcosa che le rendeva simili. Poco male adesso sapeva dove rintracciarla.

 

Rientrata nel famigliare palazzo di mattoni rossi, Kaori controllò come sempre la cassetta della posta.

All'interno vi era una rivista incelofanata con della plastica nera indirizzata al suo socio. Lentamente aprì un angolo dell’involucro in preda ad un sospetto che non mancò di trovare conferma nel contenuto del plico.

Lentamente salì le scale ed entrò in silenzio nell’appartamento. Il disordine era totale. Lance di bambù erano a terra spezzate, la sagoma di un uomo era stampata su un muro dovuto al forte impatto, un pesante tronco d’albero appeso a grosse catene e rinforzato con bande metalliche dondolava nel corridoio. In ultimo il pavimento era stato colpito da un'esplosione. Anche il soffitto portava i segni di una devastazione: una curiosa sagoma umana. 

Ryo, imperturbabile, era seduto sul divano a braccia conserte. Era coperto di ferite e ustioni.

Con un gesto lento indicò a Kaori la poltrona di fronte a lui. 

“Siedi “ disse con tono alterato “dobbiamo parlare”.

Sempre in silenzio e con gli occhi a fessura Kaori si sedette dove indicato.

“ADESSO BASTA!” esplose Ryo “NON NE POSSO PIU’. MI HAI INCATENATO, TRAFITTO, SCHIANTATO CONTRO IL MURO E FULMINATO. MA DICO IO QUALE PERSONA NORMALE COLLEGHEREBBE LA MANIGLIA D'UNA PORTA ALLA CORRENTE. POTEVO MORIRE!!!”

Ripreso un secondo di fiato, continuò abbassando di qualche ottava la voce. “E non voglio neanche sapere perché in bagno c’è un coccodrillo”. Ryo avrebbe voluto continuare con la sua sfuriata, ma una cosa lo bloccò.

Con un gesto quasi noncurante Kaori estrasse dalla borsa la rivista che aveva trovato nella posta, e la sventolò davanti al naso del suo socio che, dopo un breve istante di felicità, impallidì per il terrore.

Sulla copertina, sotto la scritta Playboy, era riportato XXXL TOPLESS VERSIONE PER COLLEZIONISTI.

“Ti… ti… ti… pposso spiegare” balbettò Ryo prima che un calcio lo rovesciasse insieme al divano.

“Ora ti spiego cosa serve a fare il coccodrillo” ringhiò Kaori mentre avvicinandosi faceva scrocchiare le nocche delle mani.

Se qualcuno fosse passato all'esterno del palazzo di mattoni rossi avrebbe sentito provenire dall'appartamento il rumore di potenti percussioni intervallati da insulti sull'integrità maschile e da suppliche.

 

Dopo qualche ora, nelle quali Ryo era stato chiuso nel bagno assieme al feroce rettile, era arrivata la sera e tutto era tornato più o meno alla normalità. Se di normalità si poteva parlare. Ryo stava riportando il coccodrillo allo zoo da cui era stato prelevato. Una feroce occhiata silenziò subito le rimostranze dell'uomo sul fatto che non era andato lui a prenderlo.

Nel frattempo Kaori aveva già rimesso a posto la casa, anni di pratica l’avevano resa efficientissima nel farlo, e ora preparava la cena.

Avvolta nel grembiule si perse di nuovo in una fantasia, forse influenzata dalla rivista che il suo socio aveva ricevuto. Si immaginò Ryo che le arrivava alle spalle, l’abbracciava da dietro e faceva scorrere le mani sul ventre fino ad arrivare ad un florido seno che, stretto nelle sue mani, le dava una scarica di piacere ed eccitazione.

Il timer del bollitore elettrico del riso la risvegliò giusto in tempo. Stava rischiando di bruciare la cena. 

Quella notte Kaori ebbe un sonno tormentato da incubi. Si trovava su di una scogliera a picco sul mare, davanti a lei, Ryo con la faccia tesissima.

“Non posso più stare con te” disse l'uomo con tono distaccato.

 “Perchè? Io.. non capisco..” chiese lei.

“PERCHE’ LUI APPARTIENE A ME” gridò una voce soddisfatta, mentre il cielo si incupiva e una donna gigantesca emergeva dalle acque per afferrare Ryo con una mano.

Quando l’essere mostruoso buttò all’indietro i lunghi capelli castani, Kaori si accorse che era una versione enorme di Reika.

La gigantessa pose Ryo tra i seni e disse con voce baritonale: “LUI E’ MIO. NEL GIOCO DELL'AMORE GLI INDECISI ARRIVERANNO SEMPRE ULTIMI”. 

Detto ciò, protese le colossali mani al di sopra di Kaori e, quasi a rispondere ad un suo comando, la scogliera franò in un gorgo scuro e senza fondo. Gli ultimi istanti del sogno furono la risata maligna di Reika e il grido disperato di Kaori: “RYOOOO!”.

Al risveglio Kaori si ritrovò per terra. E questo le giustificò la sensazione di cadere percepita nel sonno.

Altre domande invasero la sua mente, ma lei le scacciò tutte. Guardò la sveglia sul comodino e decise che sarebbe stato inutile tornare a dormire. E pensò che essendo la socia di City Hunter, al mattino vi erano mille cose da fare.

Kaori, ormai sveglia completamente, si recò in bagno per una doccia rigenerante e si vestì. Poi scese in cucina per preparare, come al solito, un’abbondante colazione per il suo voracissimo partner.

Una volta giunta in cucina, il suo sguardo fu catturato da un bigliettino sul tavolo. Lo prese in mano, notò la calligrafia di Ryo e lo lesse: Ciao esco per un caso. Ci vediamo stasera. Ryo

Una piccola faccina sorridente svettava accanto alla firma dell’uomo.

Ma che cosa significava? Ryo già in piedi all’alba? Per un caso poi? Senza avvertirla? “Qui gatta ci cova!” pensò Kaori, per niente convinta delle buone intenzioni del socio. Era lampante che le stesse nascondendo qualcosa. E quando faceva così c’era di mezzo una o entrambe le sorelle Nogami. Se le cose stavano così, al diavolo Ryo, Saeko, Reika e tutti gli altri. Lei aveva di meglio da fare che correre dietro a loro. Quella mattina si era ripromessa di rintracciare la dottoressa Suzuki. Doveva restituirle la borsa e soprattutto vedere come stava, visto l’incidente della piscina.

Fortunatamente Ryo non aveva preso la Mini, con tutta probabilità era uscito a piedi. L’impulso di girare il quartiere e cercarlo venne subito scacciato con un sonoro “Pff! Che vada al diavolo!”.

Partita, iniziò ad andare verso nord. Sapeva, da ricordi dei telegiornali, che la Genesect aveva costruito un avveniristico centro ricerche in una zona di campagna completamente disabitata e, vista la vicinanza con la città, era plausibile che la dottoressa Suzuki lavorasse lì.

Dopo alcune ore di automobile e con non poca fatica, Kaori riuscì ad arrivare a destinazione.

L’imponente cancello in ferro era estremamente anonimo e presidiato da una guardia armata.

Interrogata sui motivi della visita Kaori disse di voler restituire la borsa della dottoressa Suzuki. Sempre fissandola con sospetto la guardia chiese alla radio cosa fare.

Le prime istruzioni date al guardiano furono quelle di farsi consegnare la borsa, ma una seconda chiamata, direttamente della dottoressa Suzuki, gli disse di far entrare la donna, assegnandole un posto auto, e di farla accedere alla segreteria.

In pochi minuti Kaori si ritrovò all’interno della segreteria, un locale ampio e luminoso che ricordava vagamente l’ingresso di un pronto soccorso.

Davanti al bancone della reception, Kaori attendeva che la segretaria le rivolgesse la parola, ma era impegnata in una telefonata. Guardandosi attorno la donna non si accorse della mano che, sbucata da una porta vicino a lei, la afferrò per tirarla all’interno di quello che era un ripostiglio. Immediatamente una mano le venne premuta sulla bocca da una ragazzina bionda che le mimava di fare silenzio.

Guardandola in faccia riconobbe il viso della dottoressa Suzuki, ma il corpo era completamente diverso.

Quella ragazzina raggiungeva a stento il metro e sessanta e la circonferenza toracica e dei fianchi non corrispondeva assolutamente a quelle che ricordava. Che si trattasse di un'altra persona? Eppure il viso era identico.

“Sei la ragazza della piscina!” esclamò sottovoce la giovane. “Ora ti tolgo la mano dalla bocca ma per carità non fare rumore” detto questo lasciò andare una Kaori dubbiosa.

“Com’è possibile che sia tu? No, cioè le? Insomma quella… che cavolo sta succedendo?” le frasi sconclusionate di Kaori fecero capire alla dottoressa che una spiegazione era d'obbligo.

“Il mio nome è Hiroko e sono una genetista. La mia specializzazione è la manipolazione del DNA. Assieme ai miei colleghi abbiamo inventato un farmaco rivoluzionario per il trattamento di qualsiasi malattia di tipo genetico.” La ragazza proseguì nelle sue spiegazioni aumentando velocità presa dall’enfasi del momento. Tuttavia tutto questo entusiasmo causava un senso di confusione in Kaori, che non capiva molto di quello che le veniva detto.

La dottoressa Suzuki continuava dicendo: “A seguito degli esperimenti ci siamo accorti che tramite il nostro processo era possibile non solo correggere i segmenti di RNA messaggero danneggiati, ma addirittura riscriverne delle parti in modo da modificare temporaneamente le caratteristiche dell'organismo su cui sperimentiamo. Infatti ci siamo resi conto che, interagendo con il gene IGF1 era possibile blablablabla”. 

Tutte le parole che uscivano dalla bocca della biondina a Kaori risultavano completamente incomprensibili. Sopra la sua testa doveva esserci un enorme punto di domanda luminoso. Tant'è che anche la dottoressa, che sembrava tenere una conferenza stampa, si fermò e cercò di spiegarsi meglio.

La dottoressa prese dal borsone che Kaori le aveva restituito il flacone con le due pillole e lo mise davanti al naso della donna confusa. “Questo è un farmaco particolare che crea degli ormoni modificati all'interno del corpo di chi lo prende e, dopo aver indotto un breve periodo di sonno, ne altera la struttura aumentando incredibilmente le caratteristiche femminili sviluppate nel corso di milioni di anni d’evoluzione per trovare partner d'accoppiamento”. Se la dottoressa pensava che così fosse più chiaro evidentemente non era così intelligente. Si accorse che Kaori ancora non capiva e cercò di semplificare ulteriormente.

“Io ho preso una di queste prima di dormire e, il giorno dopo mi sono svegliata come mi hai visto in piscina”. La dottoressa Suzuki non riusciva a semplificare oltre.

Poi aggiunse “Dopo altre 24 ore mi sono svegliata e mi sono ritrovato nel mio solito aspetto”. 

La spiegazione ora era chiara, ma fece sorgere a Kaori un’altra domanda. 

“Perchè hai creato un farmaco del genere?”. Gli occhi della dottoressa si inumidirono dietro alle lenti degli occhiali.

“Sai cosa si prova a comprare sempre i vestiti nel reparto bambini?”.

 Prima freccia nel cuore di Kaori.

“E ad essere invisibile quando un’altra donna è nella stessa stanza?” 

Altre frecce si unirono alla prima.

“E ad essere sempre soprannominata ragazzina? E quando le tue amiche ti chiedono se mai raggiungerai l’età dello sviluppo?”. 

In quel momento un porcospino stava usando il cuore di Kaori per grattarsi la schiena.

Un lieve rossore comparve sul viso della scienziata. “E quando poi ti piace un ragazzo e quello per anni non ti nota. Ma come arriva la nuova collega dall'America non solo la nota,  ma ci si fidanza pure in pochi mesi?”. 

“Basta così. Credo di aver capito la situazione” ammise Kaori. “Quindi fammi capire. Se una donna prende una di queste per un giorno diventa una maggiorata?” 

"Bè fondamentalmente si, ma gli effetti possono variare in base al soggetto” rispose la ricercatrice.

 “E tu lo hai fatto per un ragazzo?” incalzò Kaori.

“Si” ammise la dottoressa con un filo di voce.

“Ma ti rendi conto che è sbagliatissimo. Come fa ad innamorarsi di te se anche tu non ti ami così come sei?” 

Kaori le stava dando gli stessi consigli che avrebbe dovuto rivolgere a se stessa.

“Si lo so. E se lo scoprono mi licenziano pure. Per non parlare di quello che gli ormoni mi hanno combinato ieri……”

“Dov'è la direttrice? Presto non riusciamo più a trovarla.”

Una voce maschile, proveniente dall'esterno, interruppe il discorso tra Hiroko e Kaori.

“Il vice direttore. “ disse la scienziata con una punta di paura nella voce “se mi becca qui con te e con queste mi fa licenziare in tronco” aggiunse agitando il flacone delle pillole.

“Prendile. Buttale in uno scarico e tira la catena” detto questo porse a Kaori le prove del suo misfatto assieme al suo biglietto da visita. Kaori, abituata ad agire in fretta, non si scompose per quel repentino cambio di rotta e le diede il suo biglietto un attimo prima che la dottoressa sgattaiolasse fuori dallo sgabuzzino.

“Eccomi. Stavo prendendo il caffè” disse la Suzuki all'uomo che la stava cercando.

“Ma prima non c’era” rispose  l’uomo perplesso.

“Solo perchè non ho due boccioni come la dottoressa Smith non è un buon motivo per non notarmi” rispose lei seccata.

“Andiamo Suzuki non è colpa sua se sei piatta come una tavola. Anche ai tempi del liceo ti avevo soprannominato …..ahi” con un pugno in pieno stomaco la dottoressa aveva chiuso l'argomento.

“Comunque che c’è?” domandò seccata

“Il campione cellulare sta riducendo la velocità di partenogenesi e non riusciamo a invertire il processo” rispose l’uomo con voce allarmata.

“E miss tutta tette non ci capisce niente vero?” l’ironia nella voce della dottoressa era palpabile.

“Ma ti rendi conto che ti sei fidanzato con una decerebrata!" aggiunse inoltre. 

“Ora però andiamo in laboratorio alla svelta prima che roviniate tutto” così dicendo la biondina iniziò a correre verso un corridoio, ma non prima di aver lanciato uno sguardo con la coda dell’occhio allo sgabuzzino dove era rimasta Kaori.

La ragazza, dalla porta socchiusa, aveva visto tutta la scena e si era ritrovata a pensare quanto fosse simile alla dottoressa Suzuki. Dopo una breve riflessione, Kaori si rese conto che era arrivato il momento di lasciare quel posto. Per sua fortuna la segretaria alla reception era continuamente distratta dal continuo squillo del telefono. La sweeper ne approfittò per guadagnare l'uscita. Si diresse al parcheggio, dove recuperò la Mini e una volta varcato il cancello si diresse verso il centro città.

Lungo il tragitto Kaori ebbe il tempo di pensare. Possibile che la scienza fosse realmente arrivata a creare un farmaco tanto straordinario? È vero che ogni giorno si facevano nuove scoperte, ma questa era fantascienza. Una cosa del genere avrebbe significato la possibilità per chiunque di modificare il proprio aspetto come meglio credeva. Le implicazioni erano infinite. Ma una sopra tutte la tormentava. Era giusto modificarsi a quel modo per un'altra persona? Certo esistevano donne e uomini  che non esitavano a ricorrere alla chirurgia estetica per loro soddisfazione personale e questo Kaori lo comprendeva. Anche lei in un paio di occasioni aveva immaginato la cosa, ma ragionandoci su aveva bollato l’idea come assurda. Lei si piaceva così com'era e se agli altri non andava bene potevano andare tutti all'inferno. Con questa conclusione ricacciò indietro quella vocina che dal profondo le chiedeva: E allora perchè stai così male quando Ryo non ti nota? Per lui lo faresti qualche piccolo cambiamento?

Tra un pensiero e l’altro Kaori era tornata a casa con la determinazione di chi vuole lavorare per tenere la mente occupata.

Presa la borsetta si avviò verso il centro per fare la spesa.

Quella routine le dava un senso di serenità, ma nel profondo rimuginava sulle pillole che aveva nella borsa.

L’ultima tappa del giro di compere la portò nel reparto di biancheria intima del centro commerciale. Aveva bisogno di un reggiseno nuovo perché da quando aveva cominciato ad allenarsi a sparare ne rovinava un sacco con la fondina della pistola.

Come sempre dovette prendere un modello che era pensato per un'adolescente più che per una donna adulta, e come sempre era disegnato con un fantasia che lo faceva apparire ancora più infantile.

Con quello indosso non avrebbe mai sedotto Ryo.

Avvilita andò ai camerini per provarlo e, guardandosi allo specchio notò che comunque le donava.

Mentre era intenta nella prova del reggiseno, sentì la voce di Reika provenire dal camerino a fianco e si paralizzò. Da quello che sentiva stava parlando con Ryo. Altro che lavoro, era la solita storia.

“Mi raccomando Ryo. Non sbirciare mentre mi cambio” disse Reika in tono stizzito.

“Agli ordini” rispose lui con un tono che sapeva di menzogna.

“Beh se tanto poi vuoi spiarmi tanto varrebbe farti entrare con me” Reika rise nel pronunciare queste parole, ma non lo avrebbe fatto se solo avesse saputo del ciclone che si stava generando nel camerino a fianco.

In un manga molto famoso si narravano le avventure di una razza di alieni che quando si arrabbiava, cambiava il colore dei capelli, sprigionando una devastante aura dorata. Se ora Kaori si fosse trovata in quel fumetto avrebbe avuto i capelli ritti in piedi e biondo dorato.

Kaori spalancò la porta del camerino violentemente e giusto in tempo per vedere Ryo cercare di sbirciare Reika dal buco della serratura.

Un enorme martello con la scritta DISPERSORE DI PENSIERI INIQUI MODELLO BREVETTATO, le comparve tra le mani e si preparò ad assestare un colpo micidiale. Sennonché anche Reika spalancò la porta dello spogliatoio esordendo con “Allora come mi sta? Non è troppo piccolo?”.

L’imbarazzo prese il posto della rabbia. La sua rivale indossava un completino intimo talmente succinto da sembrare filo interdentale.

“K.. K.. Kaori ..Che che ci fai qui?” balbettò Reika terrorizzata, mentre cercava di coprirsi.

Kaori non poté fare a meno di notare il magnifico corpo di Reika. E con voce triste si rivolse all'uomo che cercava di strisciare silenziosamente lontano da lei.

“Per te sono veramente così importanti le tette grosse?” domandò con voce grave.

Colto completamente alla sprovvista, Ryo, fece ciò che avrebbe fatto ogni uomo. Disse la cosa più sbagliata possibile.

“Non é colpa tua se le hai piccole” non ebbe nemmeno modo di rendersi conto della stupidaggine che aveva detto che un colpo di martello lo spedì dritto addosso a Reika.

Il fatto di vederli uno sull'altra, seppure con lui incosciente, ruppe qualcosa nell'animo di Kaori che corse via furibonda rivestendosi addirittura mentre passava per il negozio.

Erano cose già viste. Già successe. Ma stavolta c’era qualcosa di diverso. Forse aveva davvero raggiunto il limite di sopportazione. Forse doveva andarsene. Ma, come sempre, l’idea di allontanarsi da Ryo la faceva stare male. A differenza delle altre volte le sue emozioni contrastanti la stavano facendo soffrire fisicamente. Un fabbisogno pressante che non poteva essere ignorato.

Solitamente Kaori si sfogava martellando il suo socio. E se questo non bastava ricorreva al gelato stereotipo di tutte le donne che soffrono per amore. Ma stavolta aveva bisogno di qualcosa di più forte.

E così, alimentando un altro stereotipo, rincasò con due vaschette di gelato e un bottiglia di Baileys al cioccolato.

   
 
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