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Autore: Fiore di Giada    08/05/2022    0 recensioni
[Tenku Senki Shurato]
Fanfic ambientata dopo la fine della guerra coi Deva. Per chi vuole, è una sottointesa Ryoma x Hyuga. (OTP... autentica OTP)
Hyuga, durante la guerra, perde i suoi genitori e si sente responsabile per non averli salvati.
Un amico (o forse qualcosa di più) lo aiuterà.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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A passo lento, Ryoma si avvicinò alla casa di Hyuuga.
Per alcuni istanti, l’Hachibushu rimase immobile, indeciso, la mano destra sollevata verso l’alto. Erano trascorsi sei mesi dalla morte dei genitori di Hyuga e lui, dilaniato dal dolore, si era rinchiuso in un silenzio doloroso.
Non permetteva a nessuno di avvicinarsi a lui.
Nemmeno a Laksu consentiva di donargli conforto.
Perché? Cosa ti spinge a un simile comportamento?, si chiedeva, perplesso. Certo, perdere i propri genitori era terribile, ma Hyuga non si abbandonava alla disperazione con tanta facilità.
Il suo carattere volitivo e risoluto lo spingeva a reagire a qualsiasi sventura.
In quel momento, sembrava una foglia trascinata dal vento.
Quale amarezza stringeva il suo cuore e gli impediva di accettare l’aiuto dei suoi amici?
Scosse la testa, strinse la mano e bussò. Non avrebbe ottenuto nulla con le sue esitazioni.
Anzi, non conosceva la ragione del comportamento del suo compagno.
E così non lo avrebbe aiutato.

Per alcuni istanti, il picchiettio delle dita di Ryoma echeggiò nel silenzio.
Il giovane corrugò la fronte, preoccupato. Quel tempo di attesa gli pareva eterno e aumentava la sua angoscia.
Cosa era successo a Hyuga?
A tanto era arrivato il suo stato di prostrazione e sofferenza?
Il dolore lo rendeva estraneo al mondo che lo circondava?
Il rumore di una porta che si apriva ruppe il corso dei suoi pensieri e, di scatto, il giovane fece un balzo all’indietro.
Ti spaventi per così poco, Ryoma? – domandò la voce di Hyuga, velata d’amara ironia.
L’Hachibushu del Drago fissò lo sguardo sul compagno, che era fermo sulla soglia della porta.
Sbarrò gli occhi, sorpreso. Quasi non riconosceva più il suo fraterno amico.
Il suo corpo magro era avvolto in una veste da camera azzurra, ormai troppo grande, e i suoi occhi cerulei erano gonfi e rossi di pianto, mentre il suo viso era velato di un debole accenno di barba.
Cosa ti è successo, Hyuga?, si chiese Ryoma, il cuore stretto in una morsa d’acciaio. Renge e Reiga gli avevano parlato del suo stato di prostrazione, ma lui aveva creduto che stessero esagerando a causa della preoccupazione.
Sciocco. Pur nutrendo per Hyuga un affetto fraterno, non aveva compreso la realtà della situazione.
L’Hachibushu della Tigre era ferito e tentava di curare se stesso da solo, pur di non angustiare gli altri.
La sua indole gentile e limpida non era mutata.
Ma le ferite della sua anima, prive di adeguato medicamento, non guarivano e si ulceravano sempre più.
Posso entrare? – chiese l’Hachibushu del Drago, cauto.
Con un breve cenno della testa, Hyuga annuì e lo guidò all’interno dell’abitazione.

Percorsero alcuni metri, poi entrarono in un’ampia stanza di forma quadrata, immersa nell’oscurità, rischiarata dal debole chiarore di alcune candele.
Desideri qualcosa? – chiese Hyuga, gentile.
No, non preoccuparti. Voglio solo stare con te. Come un tempo. – replicò Ryoma.
La luce di una candela, per alcuni istanti, si proiettò sul viso magro dell’altro guerriero, su cui era apparso il lampo di un sorriso amaro.
Come un tempo… Ormai, nulla potrà essere più come un tempo, per me. – mormorò, lugubre.
Un brivido di gelo dilaniò la schiena del guerriero più anziano. La conferma delle tristi parole di Reiga e Renge era per lui dolorosa.
E innestava nel suo cuore un forte senso di colpa.
L’amore per Matsuri lo aveva travolto d’ebbrezza e gli aveva impedito di vedere oltre.
Con passo deciso, si avvicinò a Hyuga e lo strinse in un forte abbraccio. Non era più il tempo delle parole.
Hyuga aveva bisogno di un forte segno di vicinanza.
Doveva rimediare a quel suo errore così grossolano.
Allontanati, ti prego… Non puoi volermi bene, dopo quello che è successo ai miei genitori… Io li ho lasciati morire… mormorò il guerriero del Ghiaccio, turbato da quel tocco. Quando era tornato alla sua famiglia, aveva trovato i corpi dei suoi genitori morti, dilaniati dagli attacchi dei demoni Ashura.
Un contadino sopravvissuto, gli occhi lucidi di lacrime, gli aveva raccontato gli ultimi istanti delle loro vite.
Prima di morire, essi avevano evocato il nome del loro figlio, che non era intervenuto.
E tale racconto aveva distrutto il suo cuore.
Un lampo attraversò la mente di Ryoma. Finalmente, aveva compreso la ragione della disperazione di Hyuga.
Le sue parole, colme di un pianto a stento frenato, gli avevano rivelato la realtà della situazione.
Durante la battaglia contro Shiva, Hyuga aveva perduto i genitori e si riteneva colpevole della sua morte.
Sapeva di non avere avuto altra scelta, ma tale coscienza non leniva la sua pena e il suo cuore si condannava ad un rimorso crudele.
Le sue dita, leggere, si posarono sui capelli castani dell’altro in una tenue carezza.
Lunghi tremiti scossero Hyuga e le sue mani, d’istinto, si strinsero attorno alla maglia di Ryoma. Quel tocco, così affettuoso e premuroso, incrinava le sue difese e il suo autocontrollo.
Doveva scacciare quel desiderio, ne era cosciente, ma avvertiva un forte desiderio di lasciarsi andare a quel calore.
Il suo cuore egoista bramava un appoggio solido e concreto a quella pena dilaniante.
Non avere paura. – gli disse, gentile, il guerriero del Drago.
Per alcuni istanti, il giovane tacque e rimase inerte tra le braccia dell’amico.
Mi mancano… Mi mancano così tanto… Avrei dovuto essere con loro … Un figlio non può abbandonare i suoi genitori… Il senso di colpa mi uccide… Forse, non dovrei tornare più al Tenkuukai... – balbettò, il tono riverberante di pena.
Poi, con un debole gemito, si abbandonò al pianto.

Qualche minuto dopo, Hyuga si afflosciò tra le braccia del compagno, quasi privo di sensi.
D’istinto, Ryoma lo sostenne, cingendogli la vita col braccio e gli impedì di cadere.
Sentendo quel tocco, il giovane guerriero della Tigre sollevò la testa e fissò i suoi occhi d’acquamarina in quelli zaffiro dell’altro.
Ti prego… Almeno per oggi, resta con me. Ho bisogno di qualcuno che mi stia accanto. Sono stanco della solitudine e mi sembra di impazzire.confessò, il tono pieno di pudore.
Un breve sorriso sollevò le labbra di Ryoma e la sua mano accarezzò la guancia di Hyuga.
Stai tranquillo. Rimarrò con te. –
   
 
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