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Autore: Duodoppioteam99    11/05/2022    1 recensioni
Dal testo:
A quel punto non seppi come reagire, e per la prima volta durante tutto il mio viaggio, mollai. Avrei potuto seguirlo sicuramente, ma in quell’istante non ebbi la prontezza necessaria.
La testa si fece ancora più pesante, la mente annebbiata e le gambe si fecero molli sotto al mio peso. Svenni.
L’ultima cosa che sentii fu il richiamo acuto di Reshiram, ormai allontanato dalla sua controparte, e le urla dei miei amici Komor e Belle che cercavano inutilmente di farmi rinsavire.
———
Proseguo immaginario della storia tra Touko ed N dopo gli avvenimenti di Nero e Bianco
!Prologo risistemato graficamente!
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, N, Touko
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
Capitoli:
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Capitolo 4 
Una volta entrata mi ritrovai in uno spazio molto luminoso. 
Diversi computer erano in funzione e stampanti emettevano rumori in sottofondo, segno che i dipendenti stavano lavorando a pieno ritmo. 
Notai l’individuo misterioso salire per le scale e decisi di seguirlo.
Percorremmo diverse rampe di ripidi scalini e ringraziai il cielo di essere abbastanza allenata per sopportare tale sforzo. Non so con precisione quanti piani salimmo, persi subito il conto. 
L’uomo incappucciato davanti a me non dava segni di cedimento, saliva a pieno ritmo tutti gli scalini che aveva davanti. Anche lui doveva essere ben allenato. 
Fermammo il nostro cammino davanti alla porta color mogano di un ufficio. La targhetta attaccata quest’ultima non riportava nessun nome. Mi chiesi nuovamente cosa sarebbe successo di li a poco. 
A quel punto l’uomo estrasse dalla tasca una spessa chiave e la infilò nella toppa. Strano questo gesto. In una grande cittadina come Austropoli, tecnologica ai livelli massimi, erano ancora presenti porte e serrature come quelle. 

Una volta entrati l’uomo si richiuse la porta alle spalle e solo dopo iniziò a parlare. 
“Innanzitutto mi scuso per il modo con cui ti ho trascinata qui Touko, ma non era mia intenzione farmi riconoscere in pubblico” disse l’uomo togliendosi il cappello e gli occhiali. E solo a quel punto lo riconobbi. L’agente di polizia internazionale Bellocchio. 
Tirai senza accorgermene un sospiro di sollievo. 
Ora capivo il significato della frase “vorrei solo tu mi seguissi senza dare troppo nell’occhio”. 
“Non c’è problema” replicai “anche se devo dire che il suo modo di fare sul momento mi aveva fatto un po’ preoccupato. Ma come faceva a sapere che mi trovavo ad Austropoli? ”.
“Mi spiace sia stato così, ma purtroppo sono costretto a mantenere un basso profilo anche in grandi città come questa. Siamo ancora impegnati nella cattura dei Sette Saggi e di conseguenza meglio mi camuffo meglio è. Questo spiega anche la posizione del mio ufficio all’interno di un edificio di questo tipo” poi continuò “Bhe diciamo che ho molti contatti ed è stato facile reperire la tua posizione” disse sorridendo.
Mentre parlava diedi una rapida occhiata al suo ufficio. Tutto molto spartano come il nostro hotel. Scrivania, computer, armadio e tende rigorosamente chiuse per non avere accesso diretto alla finestra. 
“Credo proprio sia difficile lavorare sotto copertura come fa Lei”
“Purtroppo è il mio lavoro. Non sempre è facile ma la soddisfazione dopo la cattura degli individui di un Team malvagio è sempre soddisfacente. Ripaga di tutti gli sforzi”. 
Bellocchio era una figura conosciuta all’interno del mondo Pokèmon, specializzata nella cattura di Team malvagi. Infatti si trovava ad Unima a causa del Team Plasma, e nello specifico in questo momento si stava occupando della cattura dei Sette Saggi che facevano parte del team guidato da Ghecis. E anche da N se vogliamo essere più precisi. 
“Senza giochi di parole. Ti ho portato qui per dirti che la cattura dei Saggi è a buon punto. Diverso invece per quanto riguarda N. Non sappiamo dove sia” disse Bellocchio. 
“Immaginavo” replicai “ma io ne so meno di voi purtroppo, l’ultima volta che lo ho visto è stato al suo castello prima di volare via sul dorso di Zekrom”
“Uhm capito… e da allora non ti ha più lasciato nessun messaggio o segnale?” chiese pensieroso. 
Mi sentii avvampare a quelle parole. “N-no” balbettai “avrebbe dovuto?” 
“Non ne ho idea sinceramente ma sei una delle persone che N ha incontrato più volte durante il viaggio, ed è evidente che in te deve avere visto qualcosa se ti ha affidato il risveglio di Reshiram. Per questo ti ho portata fin qui, per chiederti questo e una tua opinione al riguardo”. Disse sedendosi alla scrivania e invitandomi a fare lo stesso.
“Purtroppo il mio rapporto con N è sempre stato freddo e distaccato. A parte il giorno in cui siamo saliti sulla Ruota Panoramica e mi ha confidato di essere il capo del Team, non ho avuto contatti diversi se non a livello di lotte. Non mi ha mai parlato direttamente di sè. Sono state Antea e Concordia a farlo”. I ricordi al castello di N mi apparvero nella mente e ripensai a quella cameretta sporca e ormai in disuso ed ai giocattoli rovinati. Un groviglio mi si formò all’altezza dello stomaco. 
“Le apparizioni qui ad Unima dopo i fatti del castello sono uguali a zero” iniziò lui una volta capito che avevo poco da raccontare “una sola volta è stata vista l’ombra di Zekrom volare nel cielo. Chissà se N era sulla sua schiena o ha deciso di liberarlo”. 
“Chissà se si trova ancora ad Unima…” sussurrai con lo sguardo fisso.
La conversazione fu breve e inconcludente e quindi uscì presto dall’ufficio di Bellocchio. 
“Bene Touko, ti ringrazio per la chiaccherata. Nel caso in cui riuscissi a rintracciare N prima di me chiamami. Sicuramente il suo comportamento non può passare inosservato alla Polizia”
Sbarrai gli occhi a quel punto. “Cosa? Avete intenzione di arrestarlo? Ma N non era il capo del Team Plasma, era solo una pedina nelle mani di Ghecis!” dissi alzando il tono della voce involontariamente. 
“Mi spiace Touko ma sono le regole. Faceva comunque anche lui parte del Team e non può rimanere impuntito. Sicuramente non sarà una pena come quella riservata al padre questo è certo, ma dovranno comunque esserci delle conseguenze per il suo comportamento”. 
Non avevo idea di che conseguenze parlasse Bellocchio, e capii dalle sue parole che non poteva dire nulla di più di quello che già aveva accennato. La legge non era mai stata il mio forte, mi limitavo ad osservare di solito le regole nel mio piccolo e a rispettarle al meglio.  
Decisi che era arrivato il momento di uscire dall’edificio e a quel punto Bellocchio mi accompagnò sulla porta del suo ufficio. 
Lo salutai e mi diressi verso le scale. Tremavo solo al pensiero del gran numero di scalini che mi aspettavano. 
“Ehm Touko…” mi richiamò Bellocchio “se vuoi c’è l’ascensore”.


Uscendo dall’edificio mi chiesi perché non avessimo usato l’ascensore anche per salire. Sarebbe stato sicuramente più comodo. 
Percorsi velocemente le vie affollate della città con un solo pensiero nella mente e ritornai in camera. La trovai vuota, mia madre non era ancora arrivata. 
Mi sdraiai sul letto e ripensai alle parole di Bellocchio. 
N non era stato più avvistato. Sicuramente aveva già lasciato la Regione. 
Ma la cosa che più mi preoccupava era il fatto di dover avvertire Bellocchio nel caso lo avessi anche solo intravisto.
Quel ragazzo non se lo meritava. Per tutta la sua vita era stata solo una pedina nelle mani di un padre che non si poteva definire tale. 
La sua capacità di poter parlare con i Pokèmon era stata la sua finestra sul mondo sin da bambino, e un talento così puro come il suo era stato sfruttato da una persona orribile per scopi ancora più negativi. 
Non volevo credere che anche N avrebbe dovuto subire delle conseguenze per tutto questo.
Egoisticamente da un lato speravo di rincontrarlo e di potergli parlare ancora, ma se questo erano le premesse forse era meglio non incontrarlo affatto. 
Presi il cuscino e lo abbracciai. Una lacrima solitaria mi rigò il viso.
Mi mancava molto N nonostante tutto e non riuscivo a farmene una ragione.
Con questi pensieri chiusi gli occhi e in breve tempo mi addormentai. Non sentii nemmeno mia madre rientrare qualche ora più tardi. 

La notte trascorse serena come immaginavo. Non ricordavo per quanto avessi dormito ma sicuramente non per un tempo breve.
La mattina dopo eravamo già in partenza per Spiraria.
L’aero su cui ci trovavamo io e mia madre non era molto grande, avrà avuto una ventina di posti ma quasi tutti occupati. 
Anche il viaggio fu breve e lineare. Molto più comodo rispetto a una viaggio sul dorso di un Pokèmon ma sicuramente meno denso di emozioni. L’aria pungente sul viso, la concentrazione per mantenere l’equilibrio, il sentire il tuo fidato amico sotto di te pronto in ogni tua richiesta… insomma, niente a che vedere con lo stare seduti su un sedile in una scatola di metallo. 

Spiraria era una città costiera situata nella parte centro-orientale nella regione di Unima. 
Durante l’estate veniva accolta da numerosi vacanzieri ed era molto affollata. Non era questo il giorno, in quanto eravamo ancora in primavera e pochissime erano le persone che la abitavano al di fuori delle vacanze estive. 
Il paesaggio che ci trovammo dinnanzi io e mia madre era spettacolare. 
La sabbia bianca erano in netto contrasto con l’azzurro del cielo, mentre l’aria salmastra (molto diversa da quella di Soffiolieve) riempiva le narici appieno. Leggere folate di vento rendevano l’ambiente non troppo calda e il tutto ancora più ospitale. 
Ed ora che eravamo arrivate? 
A qual punto seguii mia madre che si incamminò per le vie della città e non potei fare a meno che chiederle nuovamente il motivo della nostra visita. 
“Sai cara solitamente qui soggiorna in estate una mia carissima amica che proviene da un’altra regione lontana da Unima e in questi giorni di primavera ha raggiunto Spiraria per iniziare i preparativi per il suo soggiorno. Ha seguito gli accadimenti delle tue ultime vicende e desiderava conoscerti per complimentarsi” spiegò lei. 
“Tutto qua?” ribattei e mia madre non riuscì a nascondere una risatina. 
“Tutto qua” ripetè lei. Qualcosa non mi tornava. Non conoscevo neppure il nome di questa sua amica e la curiosità mi stava divorando. Decisi però di non chiedere oltre sapendo che da mia madre, in questo momento, non avrei ottenuto alcuna informazione aggiuntiva a quello che già sapevo. 

Ci fermammo davanti a una casa in sasso dall’aspetto quadrato, molto simile alle altre e con nessun tratto distintivo. 
“Touko non sei mai entrata in questa casa durante il tuo viaggio?” chiese mia madre suonando il campanello che però non riportava alcun nome.
“Che domande mamma…secondo te entro a casa della gente così a caso?”
Anche in questo caso mia madre non potè che trattenere una risatina. Ma cosa stava succedendo? 
Fu in quel momento che la porta della casa si aprì e fece capolino una donna dai lunghi capelli biondi. 
“Oh ciao Camilla, da quanto tempo che non ci vediamo”.


Continua…




 
   
 
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