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Autore: Aagainst    19/05/2022    1 recensioni
“ Lexa se n’era andata senza nemmeno salutarla. L’aveva sedotta per poi abbandonarla, gettarla via come una scarpa vecchia. Le aveva preso tutto, il suo cuore, la sua anima, il suo amore e l’aveva resa un guscio vuoto, incapace di sentire qualsiasi cosa all’infuori di un insopportabile dolore. E, nella penombra della sua stanza, Clarke giunse alla più beffarda delle conclusioni. Non avrebbe mai smesso di amare Lexa Woods. Non ne sarebbe stata capace. Mai.”
Sono passati tre anni da quando Clarke si è risvegliata senza Lexa accanto, tre anni in cui, eccezion fatta che per qualche panel o intervista a cui entrambe hanno dovuto presenziare, le due attrici si sono a malapena rivolte la parola. Tre anni in cui Clarke non ha mai ricevuto risposte e in cui Lexa non ha fatto nient’altro che sfuggire qualsiasi domanda.
Eppure, il destino è dietro l’angolo
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Clarke Griffin, Lexa, Madi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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16.

 

You can't choose the life you get
Wish I could be somebody else
[…]
Put me to rest
I'm ready to lose everything
(Youth Fountain-Ache)

 

 

 

 

“Ehi, straniera. Tutto bene?”. Lexa si voltò. Clarke era davanti a lei, che le sorrideva. La bionda si sedette accanto a lei, senza parlare. Erano in riva ad un laghetto non molto distante dal set, circondate solo da un pacifico e rassicurante silenzio. Di tanto in tanto, Lexa lanciava qualche sassolino nell’acqua limpida, sotto gli occhi attenti di Clarke. 

“È una bella giornata.” constatò quest’ultima, osservando il cielo. “Solo un po’ fredda. D’altronde, è inverno.”. Lexa non disse nulla. Teneva lo sguardo chino e continuava a giochicchiare con i sassolini. Clarke inarcò un sopracciglio. Non capiva quale fosse il problema.

“Lexa?” la chiamò, senza ottenere risposta. “Ehi.” insistette. Posò due dita sotto al mento della mora e la costrinse a voltarsi verso di lei. Gli occhi verdi di Lexa erano carichi di una profonda malinconia e Clarke ebbe il sospetto che avesse smesso di piangere da poco. 

“Lexa?” insistette, preoccupata. La mora sospirò e scosse il capo.

“Me ne vado.”. Clarke non era sicura di aver capito bene. 

“Ho capito, preferisci restare sola. Torno alla mia roulotte.” disse, alzandosi in piedi. Fece per incamminarsi verso il set, ma Lexa la fermò, prendendole il polso. Clarke si voltò. Lexa la fissava con i suoi occhi smeraldini. Clarke deglutì. Si risedette per terra, lentamente. Erano una di fronte all’altra ora e, per un momento, Lexa non le sembrò che una ragazzina spaurita. Allungò la mano, fino a posarla sul suo ginocchio sinistro. 

“Clarke, me ne devo andare.”

“E dove?” chiese Clarke, sempre più confusa. In cuor suo, in realtà, cominciava ad intuire cosa stesse cercando di dirle Lexa. Eppure, non riusciva proprio ad accettarlo.

“In Nevada, per una nuova serie.“. Una doccia gelata. Le parole di Lexa furono per Clarke peggio di una doccia gelata. 

“Lex…” mormorò quest’ultima, incredula. 

“Me l’hanno comunicato stamattina. Sarò la protagonista, è una buona opportunità.”

“Lex…”

“Partirò una volta finite le riprese. Wallace mi ha assicurato che il mio personaggio avrà una fine più che dignitosa.”

“Lexa, ma cosa stai dicendo?” urlò Clarke, le lacrime agli occhi. Aveva la nausea. 

“Mi dispiace.” mormorò Lexa. Clarke scosse il capo. Non aveva mai provato una tale disperazione. Si sentiva persa. Non riusciva a capire. 

“Quando avevi intenzione di dirmi che avevi deciso di fare dei provini per un’altra serie?”

“No, Clarke. Non è andata così.” disse Lexa. “Mi hanno chiamata loro. Titus poi…”

“Titus, sempre Titus! Prenditi qualche responsabilità ogni tanto!” ribatté Clarke, rimettendosi in piedi. “Tu non sai quanto io mi sia esposta anche per te, per provare a migliorare non solo il mio, ma anche il tuo personaggio!”. Lexa sorrise amaramente. “Tu non sai… Non importa.”.

“Mi dispiace.” si limitò a mormorare la mora. Clarke scoppiò a ridere.

“Non è vero, ma va benissimo così.” asserì. Poi corse via, senza osare voltarsi indietro. 

 

Clarke si passò una mano sul volto. Erano passati tre giorni dal ritorno di Costia. Di conseguenza, erano passati tre giorni dall’ultima volta che aveva sentito Lexa. Non che fosse poi totalmente colpa sua. Costia le aveva gentilmente fatto capire che fosse meglio per lei andarsene. In fin dei conti, Clarke non era nessuno per Lexa. Non era la sua ragazza, non era nemmeno questa grande amica. Era semplicemente la mera avventura di una notte, nient’altro. Clarke sbatté la tazza sul tavolo. Era stanca, stanca di mentirsi. Era scappata via come una codarda, come la peggiore delle vigliacche. Non aveva avuto nemmeno il coraggio di confessare a Lexa i suoi sentimenti. Sospirò. C’era una sola persona con cui avrebbe potuto chiedere suggerimenti. Riordinò la cucina e andò a vestirsi. Si assicurò di aver chiuso per bene la casa e si recò in garage. Salì in macchina e partì. Stranamente, quella mattina il traffico di Beverly Hills era meno fitto del solito. Arrivata a destinazione, parcheggiò l’auto e si incamminò verso una villetta gialla. Il cancello era aperto e Clarke decise di andare direttamente alla porta, senza prima suonare il citofono. Bussò e attese. Si chiese se avesse avuto una buona idea. Forse avrebbe dovuto prima telefonare. In ogni caso, ormai era lì e non poteva tornare indietro. Finalmente, sentì qualcuno armeggiare con la serratura. La porta si aprì e Clarke sbiancò. Di fronte a lei c’era l’ultima persona che si sarebbe aspettata di vedere quella mattina. Clarke strinse i pugni, in un mix di rabbia e tristezza. 

“Raven, che diamine ci fai tu qui?”.

 

________________

 

Lexa si aggirava per il set cercando di evitare chiunque, la testa china. Non aveva voglia di parlare con nessuno. Odiava Wallace, odiava Titus e odiava sé stessa per non essere stata capace di imporsi. Sapeva quanto Clarke si era esposta per lei. Sopratutto, sapeva quanto la bionda tenesse a lei. Tirò una manata alla porta della sua roulotte. Si sentiva così vuota. Colpì nuovamente la porta, noncurante del dolore. Non riusciva a fermarsi. Aveva bisogno di distruggere qualcosa. Aveva bisogno di vedere il mondo a pezzi, ridotto in rovina esattamente come lei. Si sentiva totalmente persa, rotta, senza alcuno scopo. 

“Ehi, Lexa. Lexa, ferma!”. Lexa quasi non si accorse delle braccia che le circondarono la vita e la costrinsero a staccarsi dalla porta della roulotte. Quasi non sentì la voce di Raven che le sussurrava di calmarsi, di appoggiarsi a lei. Si ritrovò per terra, in lacrime. 

“Va tutto bene, sono qui.” cercò di tranquillizzarla Raven. “Sono qui.”. Lexa avrebbe voluto urlare. Come avrebbe potuto spiegare che l’unica persona di cui avrebbe davvero avuto bisogno in quel momento probabilmente la detestava? 

“Lexa, cosa succede?” le chiese Raven. Non l’aveva mai vista così, nemmeno quando Costia l’aveva tradita. 

“Io… Rae ho accettato… Io non volevo, ma ho dovuto…”

“Lex, respira.” le suggerì Raven. “Così, come me.”. A poco a poco, seguendo la latina, Lexa riuscì a calmare il respiro. Le girava la testa e si sentiva senza forze, ma almeno l’attacco di panico era passato. Si voltò verso Raven. La latina le rivolse uno sguardo carico di tenerezza.

“Stai meglio?” le chiese. Lexa annuì e si passò una mano fra i capelli. 

“Ho combinato un casino, Rae. Ho accettato un lavoro e… Non potevo fare altrimenti.” spiegò. “Clarke era così arrabbiata. L’ho persa per sempre.”. 

“Impossibile.” obiettò Raven. “Quella ragazza ti adora, Lexa. Nulla potrà cambiare tutto questo.”. Raven aveva ragione, Lexa lo sapeva. Ed era proprio quello il problema. 

 

Lexa si sforzò di non urlare. La casa era un tale caos. Ethan non la smetteva di piangere, Adria continuava a correre su e giù per le scale inseguita da Madi e Aden era alla disperata ricerca del suo libro di storia.  

“Non lo trovo!” si lamentò il ragazzino, sconsolato.

“Non so che dire. Sei sicuro di non averlo lasciato a casa di qualche tuo compagno?” chiese Lexa, che era intenta ad allattare il piccolo Ethan. 

“No, l’ho usato ieri per studiare.” rispose Aden. 

“Prova a farti aiutare da Costia.” suggerì l’attrice. Il ragazzino le rivolse un’occhiataccia e Lexa avrebbe voluto sotterrarsi con le sue stesse mani. Clarke non le era mai mancata così tanto. Da quando era tornata, Costia si era rivelata più un problema che un aiuto. Anzi, la realtà era che a malapena puliva la sua tazza dopo la colazione. Dovresti assumere una cameriera, aveva detto a Lexa la sera prima, qualcuno che ti aiuti a tenere in ordine questo sfacelo. L’attrice per poco non le era scoppiata a ridere in faccia. 

“Va bene, finisco con tuo fratello e arrivo.” si arrese, infine. Aden annuì e uscì dalla stanza, lasciandola sola con il bambino. Lexa attese pazientemente che Ethan finisse il biberon e scese in cucina. Madi l’accolse con una tazza colma di latte e un pacco di cereali in mano. Inutile dire che finì tutto sul pavimento. 

“Io non… Non l’ho fatto apposta.” la ragazzina si apprestò a scusarsi.

“Lo so, tranquilla.” la rassicurò Lexa. “Prendi Ethan, ci penso io qui.”. Madi annuì e prese il bambino in braccio, mentre Lexa puliva il pavimento. Seduta al tavolo, Adria osservava la scena divertita. 

“Dov’è Costia? Dio, siamo in ritardo.”

“Sono qui, Lex.”. L’attrice si voltò. Non era mai stata così felice di vedere la modella in tutta la sua vita. 

“Cos, meno male. Ho bisogno di una mano.”. Costia si irrigidì. Era chiaro che la sola idea di aiutare con i ragazzi non la facesse impazzire. Non che Lexa facesse poi chissà che affidamento su di lei. Non aveva di certo dimenticato che era stata proprio Costa ad aver lasciato Ethan da solo per andare a divertirsi. 

“Qualcuno deve portare Adria a lavarsi i denti mentre io sistemo questo disastro.” spiegò. 

“Non può farlo Madi?”. La ragazzina strinse i pugni, senza ribattere. Per un attimo, Lexa temette che le lanciasse una sedia addosso. 

“Allora mi aiuti tu con Ethan.”. Costia si irrigidì. In braccio a Madi, il bambino la fissava con i suoi occhioni scuri. La prospettiva di rimanere ancora una volta vittima dei suoi rigurgiti selettivi si rivelò decisamente poco invitante per la modella. 

“Adria, vieni?” disse, facendo segno alla bambina di seguirla. Adria si alzò dalla sedia e la raggiunse, riluttante. Non le piaceva quella donna. Non le ispirava simpatia, per niente. Lexa le osservò incamminarsi al piano superiore, mentre finiva di ripulire la cucina. 

“Lex, ho trovato il libro!” annunciò dal nulla Aden dal soggiorno.

“Fantastico! Dov’era?”

“Da Mark.” rispose il ragazzino. L’attrice scosse il capo. Aden era decisamente la persona più sbadata che avesse mai conosciuto. Sospirò e si mise a controllare la posta. Pubblicità, un invito per la partita dei Lakers (come se a lei, tifosa dei Boston Celtics, potesse interessare) e i pass per la serata di beneficenza a cui avrebbe dovuto presenziare l’indomani. Imprecò. Se n’era completamente dimenticata. Un urlo improvviso la riportò alla realtà. Adria. 

“Vado io.” si offrì Madi. La ragazzina sistemò Ethan sul seggiolone e corse al piano di sopra. Non fece in tempo ad entrare in bagno, che Adria le corse incontro, in lacrime. 

“Ma che è successo?” chiese, confusa.

“Ho solo provato a raccoglierle i capelli, poi lei ha cominciato ad urlare.” spiegò Costia.

“Non lo stava facendo nel modo giusto.” si difese la bambina. “Quando torna Clarke?”. A quella domanda, Madi sentì una stretta al cuore. Strinse la sorella a sé e le carezzò teneramente il capo.

“Clarke non torna, Adria. E comunque non sei autorizzata a comportarti così. Costia voleva solo fare una cosa carina.” la rimproverò. La modella sembrò sorpresa dal gesto di Madi. Non aveva mai preso le sue difese. 

“Scusa.” Adria mormorò, senza guardare Costia in faccia.

“Brava.” si complimentò Madi. “Che ne dici se finiamo di prepararci?”

“L’aiuto io.” propose Costia.

“Oh, okay.” si limitò a rispondere Madi, mentre spingeva la sorellina verso la modella. Adria non sembrava entusiasta dell’idea, ma la ragazzina cercò di ignorare la cosa. Corse a vestirsi e, recuperate le proprie cose, si precipitò giù per le scale. Trovò Lexa e i suoi fratelli pronti, che la aspettavano.

“Bene, andiamo.” esortò l’attrice. Fece per aprire la porta, quando Costia la fermò.

“Ci penso io.” asserì. “Solo, penso di aver dimenticato la borsa in camera di Madi.”

“Vado a prenderla!” esclamò la ragazzina. Una volta arrivata nella sua stanza, si guardò intorno alla ricerca della borsa. La trovò appoggiata sulla scrivania. Quando la prese, però, sentì qualcosa cadere per terra. Posò la borsa sul letto e trasalì. Sul pavimento c’era una bustina piena di pastiglie. La raccolse, nel panico. Non sapeva cosa fare. Avrebbe dovuto parlarne con Lexa? 

“Madi, l’hai trovat-… Oh.”. La ragazzina sobbalzò. Costia si avventò su di lei e le strappò la bustina dalle mani. 

“Piccola ficcanaso, questa me la paghi!” 

“E invece penso proprio che non sarò io quella che la pagherà.” ribatté Madi, riprendendosi la bustina.

“Ridammela!” urlò Costia. Nessuna delle due si accorse dell’arrivo di Lexa. 

“Insomma, che cosa sta succedendo qui?” domandò l’attrice, confusa. Solo in un secondo momento realizzò con orrore che cosa Madi stesse tenendo in mano. 

“Non è come sembra.” si difese la ragazzina. 

“Lexa, mi dispiace. L’ho trovata così.” mentì Costia. Madi sgranò gli occhi. Non poteva credere alle sue orecchie.

“Io non… Io non capisco.” mormorò Lexa. 

“Non è mia!” protestò Madi. Costia sogghignò. “Sto dicendo la verità!”. Lexa guardò prima la ragazzina e poi la modella. Non sapeva cosa fare. Madi scosse il capo. Lanciò la bustina contro Costia e si mise lo zaino sulle spalle. Fece per uscire, ma Lexa le si parò davanti. Madi la spinse via e la guardò, gli occhi carichi di delusione. 

“Non cercarmi più.” sibilò.  L’attrice provò a seguirla e fermarla, ma Costia glielo impedì.

“Ma cosa fai?” 

“L’hai appena trovata con delle pasticche. Pensa ad Adria o Ethan o anche ad Aden. L’ho sempre detto che quella ragazzina non avrebbe portato altro che guai. D’altronde, con una madre così.”. Lexa non rispose. Non riusciva a dire niente. Non era certa di aver ben compreso cosa fosse appena successo. Si limitò a stare lì, ferma, lo sguardo fisso sulle scale che portavano al piano di sotto. E quello fu il momento in cui realizzò di non aver mai desiderato così tanto che Clarke fosse ancora lì, al suo fianco. 

 

________________

 

 

“Sentirete la mancanza di Lexa Woods sul set?” chiese il giornalista. Raven si massaggiò il collo. Accanto a lei, Clarke stava cercando in tutti i modi di mascherare la tristezza che la attanagliava da mesi ormai. Dopo quella notte passata insieme, Lexa era fuggita senza darle nemmeno una spiegazione e la bionda non si era più ripresa. Anzi, era evidente come col passare dei giorni le sue condizioni peggiorassero. Raven sospirò. Lexa l’aveva combinata grossa, ma non aveva avuto scelta. O meglio, si era convinta di non averne una.  

“Dovrebbe chiederlo a Clarke.” rispose, infine. Quest’ultima spalancò gli occhi, nel panico. Una marea di domande la travolse e Clarke si sentì annegare, senza la possibilità di trovare un appiglio che la salvasse. Risposte. Quelle persone volevano risposte che lei non era in grado di dare. E Raven non poté fare altro che maledire sé stessa e la sua dannata lingua. 

 

“Da quanto state insieme?” chiese Clarke, appoggiandosi al muro. Lei ed Anya si erano spostate in cucina, mentre Raven se ne stava seduta in soggiorno, indecisa se andarsene o meno. 

“Ci stiamo solo frequentando, Clarke. L’hanno presa per un ruolo importante nella serie in cui recito e… Senti, se è un problema posso…”

“Non sono così infantile, Anya.” disse Clarke. “Sono solo… Sai, certe ferite non possono rimarginarsi da un giorno all’altro.”

“Lo so.” concordò Anya. “Ma lei ti vuole bene, Clarke. Mi ha raccontato quello che è successo e non voleva farti del male.”. Clarke scosse il capo. 

“Anya, per colpa sua io e Lexa siamo state letteralmente perseguitate dai giornalisti per un anno. Non so quale fosse il suo scopo, fatto sta che quella maledetta uscita non ha fatto altro che peggiorare una situazione già terribile di suo. Tu non sai che inferno ho passato.”

“Ma so che inferno ha passato Lexa.” replicò Anya. 

“Già, come no.” sbottò Clarke. Anya le prese le mani fra le sue e la fece sedere.

“Ascolta, quello che ti ha fatto è stato orribile, lo so. Solo, sappi che non tutto è come sembra. Non posso dirti di più, anche perché non so di più.”. Clarke aprì la bocca per ribattere, ma Anya glielo impedì, facendole segno di lasciarla continuare. “Lexa prova qualcosa di profondo per te, è così palese che anche un cieco lo noterebbe. È che… A volte non si può avere ciò che si vuole, Clarke. O meglio, capita di non riuscire a considerare tutte le eventuali alternative che ci aiuterebbero ad arrivare alla felicità.”. Clarke aveva così tante domande. Fece un respiro profondo e ricacciò indietro le lacrime. 

“Io voglio solo sapere perché.” ammise. 

“Lo so.” disse Anya. “E domani sera glielo chiederai.” aggiunse, porgendole un cartoncino. La serata di beneficenza organizzata da Wallace, Clarke se n’era completamente dimenticata. 

“An, non posso.” protestò.

“Oh, sì che puoi.” insistette Anya. “Ne hai il diritto.”. Clarke non ebbe la forza di obiettare. Anya aveva ragione. Era giunto per lei il momento di scoprire la verità. Era giunto per lei il momento di trovare delle risposte. Era giunto per lei il momento di porre fine a tutto quel dolore. Ne aveva il diritto. Ne aveva bisogno.

 









Angolo dell'autrice


Allora, che dire? Tanta, tantissima carne al fuoco. Iniziamo dalla fine. Vi avevo promesso delle risposte ed eccole qua. Finalmente scopriamo cosa è successo tra Raven e Clarke. Se all'apparenza sembra che non sia accaduto nulla di grave, immaginatevi una già devastata Clarke Griffin perseguitata da giornalisti e paparazzi per mesi per colpa di un'uscita decisamente evitabile. Dall'altro lato, però, si intuisce che Raven sa qualcosa che gli altri non sanno, ovvero il motivo che si nasconde dietro il comportamento di Lexa. Lexa che, nel frattempo, è sempre più persa. Inutile dire che Costia è davvero una pessima persona e quello che succede con Madi ne è la perfetta dimostrazione. I prossimi capitoli saranno decisivi.
Grazie mille per leggere e a chi commenta. 
Alla prossima
   
 
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