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Autore: Spark of Shadow    23/05/2022    0 recensioni
Dopo la Quarta Grande Guerra Ninja, il mondo è in pace.
Sono finiti i tempi in cui i villaggi si davano battaglia per prevalere l’uno sull’altro.
Ora si può guardare al futuro con più serenità, all’insegna della cooperazione e nel rispetto di ciascuno.
Vero?
Nei Paesi si sta spargendo la notizia.
Bambini stanno scomparendo da tutto il mondo ninja e riappaiono misteriosamente.
Nessuno riesce a trovare una spiegazione, nè un colpevole.
Quando ad essere rapita sarà una piccola Hyuga, saranno gli Shinobi di Konoha a dover intervenire.
Le domande sono queste:
Perché i bambini vengono rapiti?
Perché semplicemente riappaiono?
Chi si cela dietro a questo mistero?
Perchè quando Sasuke Uchiha vede Hinata Hyuga si sente come se il cielo gli sia caduto addosso?
Cosa succederà quando assieme ai loro compagni dovranno indagare sul sequestro di quei bambini?
Sasuke e Hinata.
Shikamaru e Temari.
Spark of Shadow
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hinata Hyuuga, Sasuke Uchiha | Coppie: Hinata/Sasuke, Shikamaru/Temari
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la serie
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Petrichor
Capitolo 9

 

ATTENZIONE: Trigger di natura psicologica, depressione e disturbi mentali.





Hinata aveva fatto un sogno strano quella notte.

Non riusciva a ricordarlo con esattezza, ma era qualcosa che le aveva lasciato dapprima una gioiosa sensazione e poi, tutto su un tratto, un indicibile senso di freddezza.

 

La ragazza era ancora sdraiata sul suo letto, grande una sola piazza e lungo abbastanza da farla stare comodamente stesa tra il materasso e la coperta che ogni paziente aveva in dotazione nella propria stanza.

 

Un infermiere molto gentile le aveva sempre detto che avrebbe potuto decorare la camera come più le piaceva se la cosa le interessava, ma ogni volta che la Hyuga aveva trovato la voglia di eliminare quel triste e asettico bianco crepato dalle pareti, si era ritrovata a non sapere da che parte iniziare.

Qualche volta avrebbe voluto ridipingere tutto con un bel lilla e appendere ovunque le foto e i quadri che più le piacevano.

Altre volte, invece, le sembrava tutto inutile.

Abbellire delle pareti non avrebbe reso quella “prigione” più ospitale.

 

Fuori dalla porta, irrimediabilmente rotta e aperta, già si cominciavano a sentire le urla di alcuni pazienti presi dalle loro crisi e dalle loro fobie.

 

Ormai nulla di tutto questo la lasciava più spaventata o impensierita.

Un tempo, uno dei primi giorni in cui era stata segregata lì dentro, aveva avuto paura di trasformarsi.

Trasformarsi in una creatura sola, impaurita e incapace di trovare stabilità e autocontrollo.

Dipendente da parole dolci, farmaci e da una routine che ormai rendeva gli altri pazienti più uno spettro, un riflesso di quello che erano stati.

 

Come poteva una persona trasformarsi in quel modo?

Perché doveva esserci stato un momento in cui quella pazzia, così cruda e affilata, non fosse esistita; doveva esserci stato un tempo in cui un ninja non sapeva cosa fosse davvero la guerra.

 

Per la Hyuga il momento prima del crollo era stampato nella sua testa. 

Marchiato a fuoco con tizzoni ardenti e lasciato a bruciare dolorante, senza nulla a lenire la ferita inferta nel suo spirito ormai piegato.

 

Aveva ben presto imparato a interagire con queste persone.

Non le aveva mai biasimate. Era addolorata per loro e la loro situazione, ma una parola dolce e di supporto sembrava sempre essere accettata.

 

Era inutile colpevolizzarli per qualcosa che non avevano scelto.

Non erano stati loro a decidere di entrare in guerra, non avevano deciso loro di avere paura, ma erano stati loro a decidere di cercare aiuto.

E Hinata li ammirava per il loro coraggio.

 

Una volta che un pensiero comincia a scavare nella terra della mente, mettendo radici avvelenate così a fondo da non riuscire a vederne la fine e così a fondo da rendere arida quella stessa terra, puoi solo accettarne l’esistenza e comportarti di conseguenza.

 

Hinata non era stata coraggiosa.

 Non aveva scelto di sua spontanea volontà di curarsi.

Era sicurissima che sarebbe riuscita ad uscirne prima o poi.

Ma col passare del tempo il dolore continuava solo ad intensificarsi e poi si era trasformato in depressione e la depressione aveva preso a sfamarsi a spese della ragazza, divorandone corpo e mente, pezzo dopo pezzo, senza un attimo di tregua, giorno dopo giorno.

 

Non le importava più di niente.

Che senso aveva scendere dal letto?

Che senso aveva mangiare?

Che senso aveva la sua vita?

 

La Hyuga non usciva di casa da mesi, a volte dormiva a fatica e altre volte dormiva giorni interi.

 

Nella sua mente era proiettata all’infinito la pellicola di quell’ultima giornata che aveva vissuto davvero.

E negli ultimi minuti, senza musica in sottofondo, quelle parole che l’avevano trafitta e quel ragionamento che era fiorito marcio nella sua testa in meno di un secondo continuavano imperterriti dietro ai suoi occhi.

 

Si era girata verso Sasuke, seduto sulla sedia alla sua destra, davanti alla scrivania di Tsunade. Lo ricordava bene. 

 

Il sole splendeva rovente quel giorno, entrando dalla finestra e accecando i potenti e sensibili occhi della Hyuga.

Tsunade fermava col suo corpo parte di quei raggi e la sua figura risultava scura e difficile da fissare.

 

Aveva aperto la bocca per parlare, dire qualcosa, qualunque cosa, ma si accorse che nessun suono riusciva a lasciare le sue corde vocali.

 

Chinò la testa, stringendo appena l’orlo della maglia ed ebbe la sensazione di essere completamente isolata, lontana chilometri da chiunque altro.

 

Tsunade non aveva proferito parola.

La guardava dispiaciuta, ma con la seria professionalità di un medico molto più che competente.

Ancora non sapeva cosa quella parola avrebbe scatenato nella sua vita.

 

Sterilità

 

Sasuke si era alzato di scatto ed era uscito dall’ufficio con una mano davanti alla bocca, tremando impercettibilmente.

 

Sterile

 

-Hinata...-

 

Sterile

 

-Hinata?-

 

Sterile

Sterile

Sterile

 

-Sterile...- sussurrò.

 

Non una singola lacrima scese dai suoi occhi, improvvisamente aridi come il deserto di Suna.

 

-Mi dispiace...- 




 


 



Sasuke se ne stava seduto sul monte degli Hokage a gambe incrociate. Intorno a lui non c’era, stranamente, nessuno. 

Il vento portava alle sue narici il profumo di tante differenti cose, cibo, zucchero e aromi vari, ma anche l’odore di plastica e metalli, impiegati nella costruzione degli equipaggiamenti sperimentali, che dunque dovevano essere appena usciti dalla fabbrica. 

Per quanto l’odore gli fosse sgradevole, però, portava con sé un’inevitabile percezione di nuovo nell’aria, di novità. E questa sembrava aver creato una bolla di gioia in tutto il villaggio. Forse anche un po’ troppa, in un certo senso.

Si trovava lì, infatti, per cercare un po’ di pace da quel continuo e martellante brusio delle voci di migliaia di visitatori che affollavano ogni possibile via della città.

 

Il pensiero di tutto quello che era successo negli ultimi mesi andava facendosi largo, spietato, tra gli altri pensieri più mondani all’interno della sua testa e il ragazzo non sembrava essere in grado di scacciarli. O forse non voleva, alla ricerca disperata di arrivare a delle conclusioni sensate. 

Troppe erano le domande senza risposta. Troppe le questioni in sospeso.

 

Il bisogno di avere delle spiegazioni era come ricercare aria mentre una morsa, feroce e brutale, gli attanagliava la gola.

Ma nessuno sembrava potergliele dare.

Kakashi era stato vago e Hinata stessa non aveva detto niente, chiedendogli piano, invece, di andarsene.

 

E lo sapeva perché.

 

Anche se nelle pareti del suo cuore, l’ombra di un amaro rifiuto aveva cominciato a vibrare potente e dolorosa al punto di spezzarglielo, il moro sapeva bene come era fatta la sua Hyuga.

 

Non aveva mai anteposto sé stessa agli altri e anche in quel momento, stretta nell’antico tepore delle sue braccia, (sensazione quasi ormai dimenticata) sapeva che dietro a loro e ai loro reciproci sentimenti, c’era un bambino che stava per nascere…

 

E gli aveva chiesto di andarsene. 

Prima che succedesse qualcosa. Prima che la debolezza li prendesse, afferrandoli saldamente per il cuore e facendoli sprofondare di una dolce, ma letale agonia.

 

Perché solo gli dei sapevano quanto avrebbe voluto restare con lei, quanto avrebbe voluto perdersi in lei e nelle perle dei suoi occhi, continuare a tenerla stretta per l’eternità e proteggerla da ogni minaccia che potesse presentarsi. Anche da sé stessa.

 

Cercò di respirare profondamente, per placare quei corti respiri troppo veloci che avevano iniziato a entrare e uscire dai suoi polmoni e che lo avrebbero presto fatto entrare in iperventilazione.  E per calmare qualcosa di recondito all’interno della sua anima che ora fremeva per essere liberato.

 

-Patetico…- Sussurrò a sé stesso. Provando ad auto convincersi che quel tipo di emozione non avrebbe dovuto nemmeno far parte di lui.

 

Ma questi pensieri continuavano a rimbalzargli elastici nel cranio, accendendogli le sinapsi e popolando attivamente la sua mente di solito sgombra e concentrata.

E mentre vagava per le ispide vie dei suoi tormenti e dei suoi ricordi, mentre il respiro gli si regolava, gli occhi seguivano la gente sotto di lui.

Gente che sembrava non avere nessun problema al mondo. 

E li invidiava così tanto.

 

Con la coda dell’occhio notò un’ombra gialla avvicinarglisi, osservandolo di sottecchi.

 

-Uchiha.- Si sentì chiamare, mentre ancora teneva gli occhi fissi in basso.

 

Temari della Sabbia era vestita in modo pratico, notò. 

Sembrava pronta per entrare in battaglia, soprattutto grazie a quel gigantesco ventaglio che si portava sempre sulle spalle.

 

Lui le lanciò, infine, uno sguardo, muovendo appena la testa, dandole un tacito permesso di potergli rivolgere la parola.

 

-Ho incontrato Sakura e Naruto l’altro giorno.-

 

Silenzio. 

Che cosa voleva da lui?

 

-Non pensavo che l’avresti sposata sai? Da quel che ricordavo, hai sempre avuto problemi con l’Haruno.- Inaspettata. Inappropriata. Diretta e tagliente come nessuno, nemmeno Naruto, aveva mai osato essere.

 

Si conoscevano appena, complice il fatto che Shikamaru ed Hinata, in passato, visitavano spesso la vecchia maestra di lei, Kurenai e il figlio che aveva avuto con Asuma. 

Si erano visti in quelle occasioni, giusto un paio di volte. 

Senza dimenticare che aveva faticato immensamente per provare a fidarsi di lui dopo tradimenti e dopo aver combattuto contro Gaara.

 

Eppure, aveva deciso di non edulcorare le sue parole e di rivolgersi a lui, sfrontata e sfacciata, come se avesse il diritto di comportarsi come le pareva; come se attaccare verbalmente e trovarsi di fronte Sasuke Uchiha non le mettesse nessun tipo di ansia addosso.

E in un certo senso, la cosa lo divertiva.

Notò, ghignando impercettibilmente.

 

La questione Sakura, però, era delicata e a tratti dolorosa. Troppe carte erano in gioco per poter spiegare nel dettaglio la faccenda. Eppure questa donna aveva tranquillamente scavalcato ogni confine di beneducata decenza e di basica educazione e aveva deciso di rendere noto tutto il suo pensiero come se stesse parlando del più e del meno.

 

Il divertimento del moro iniziò, poi, a mutare in blanda frustrazione.

 

-Sakura è una brava persona.- Sasuke la interruppe sospirando.

 

La donna lo fissò, cercando di leggere qualcosa nel suo linguaggio del corpo.

 

-Ma tu non stavi insieme a Hinata?- Domandò placida, braccia conserte e volto impassibile, a tratti annoiato.

 

Sasuke portò la mano sul polso e si morse l’interno della guancia sinistra, cercando freneticamente di trattenere astio e sentimenti negativi che sentiva distintamente affiorare. E che non era sicuro sarebbe riuscito a controllare.

 

-Non mi interessa la tua vita privata.- Si sbrigò a precisare. -Ma vorrei capire meglio alcune cose per il bene della missione.- 

 

Continuando a scrutarlo, si rese velocemente conto che il moro non avrebbe lasciato vedere nulla più di quanto già le avesse concesso. 

E quello era uno dei tanti modi in cui Sasuke Uchiha esprimeva la sua superiorità come shinobi. Cosa che lei stessa ammetteva, seppur con particolare fastidio.

 

-Se stai parlando di quell’Henka-qualcosa, ne ho già parlato con Kakashi.- Chiuse gli occhi, sperando che quella conversazione finisse presto.

 

-Voglio essere sicura che quella Hyuga di cui parlava sia Hinata. Devo parlare con lei.-

 

Lui sollevò un sopracciglio, infastidito.

Ci pensò un attimo, domandandosi se rivelarle quello che già sapeva, ammettendo, però, che avesse ragione, fosse la cosa giusta da fare.

 

-È complicato.- sospirò, infine, decidendo che non c’era motivo di nascondere la verità.

. -Ma se ha incontrato me e una Hyuga… era sicuramente lei.-  Gli occhi della corvina fecero capitolino nella sua mente.

 

La ragazza annuì. La risposta le bastava. Da qui in poi ci avrebbe pensato lei.

Si girò per allontanarsi, quando si ricordò di qualcosa.

 

-Voglio chiederti un ultimo favore, Uchiha.- Gli disse mentre se ne andava.

 

-Tieni gli occhi aperti. Ho una brutta sensazione. E non si tratta solo di qualche astio passato.-

 

E se ne andò.

 

Sasuke rimase seduto sulla montagna degli Hokage, continuando imperterrito la ricerca di quell’attimo di pace che tanto agognava. 

Nella sua testa tutte le informazioni che aveva ottenuto in quel periodo vorticavano impetuose nella sua mente senza dargli un attimo di tregua.

Tutte le sue ipotesi non sembravano trovare riscontri. La frustrazione era alle stelle.

Mancava sicuramente qualche tassello. Qualche piccolo, fondamentale tassello che avrebbe permesso al puzzle di completarsi, lasciando finalmente una visuale nitida.

 

Socchiuse gli occhi, puntandoli verso il sole bruciante, sapendo che non sarebbe riuscito ora a fare chiarezza su quel mistero e permise, ancora una volta, ai suoi ricordi di ricoprirgli la mente e scaldarlo, per ancora qualche minuto.

 

 


 

 


Il Miantas era iniziato. 

 

La folla passava di stand in stand come ferro attratto da una calamita, interessata e intrigata da tutte quelle novità che fino ad ora non si erano mai viste in pubblico.

 

L’accelerazione scientifica, che era stata permessa dalla pace, aveva dato vita ad un numero senza fine di nuove possibilità.

Al giorno d’oggi, ripetevano le alte sfere del mondo, ogni Shinobi avrebbe potuto allenarsi e studiare in modi fino a poco prima nemmeno immaginabili.

 

Si ringraziava, in primis, l’alleanza ninja che aveva reso possibile tutto ciò e si ringraziavano implicitamente anche due persone in particolare, ma senza fare nomi.

 

Dopo la quarta grande guerra, il tenore di vita era nettamente migliorato e ormai si poteva guardare al futuro con serenità.

 

Questo era quello a cui i Kage lavoravano, questo era il fine ultimo che volevano raggiungere. Una serena pace duratura.

 

Ma il malcontento, anche questa volta, non mancava.

 

Vi erano parecchie scuole di pensiero.

Alcune più moderate e altre meno.

Il malcontento, in generale, riguardava proprio questo ossimoro.

 

“Perché se il mondo era in pace si continuava a creare armi?”

 

Questa scelta sembrava urlare a pieni polmoni che questa fantomatica pace non esistesse. Che fosse solo una facciata, quasi una trovata pubblicitaria.

E il rapimento dei bambini non aiutava certo a smentire questi pensieri.

 

Vari ninja di Konoha erano stati messi di guardia per evitare problemi; piccole scorribande erano state fermate e anche problemi più importanti, come qualche tentativo di sabotaggio da parte di estremisti dei gruppi sopracitati.

 

La giornata era splendida. Il sole era alto e non una sola nuvola in cielo sembrava avere intenzione di coprirlo.

 

Sakura, fiera del suo lavoro, sprizzava gioia da ogni poro, seduta su una sedia, in un abito elegante mentre si accarezzava il pancione sempre più grande, osservando da un punto privilegiato l’andamento dell’evento.

 

Naruto le era accanto e parlottava con lei del più e del meno, mentre con la coda dell’occhio, anche lui, arancione e luminoso, controllava la situazione.

 

Poco prima aveva parlato con Sasuke per decidere il da farsi.

Kakashi aveva affidato loro la missione di supervisionare il villaggio, non tanto per il benandare del Miantas, quanto per essere pronti nel caso in cui seri problemi si facessero sentire.

La sicurezza degli abitanti e la sicurezza dei bambini con abilità innate era la loro priorità. 

 

L’Uchiha gli aveva riferito, tra le altre cose, anche le sensazioni di Temari, dal momento che le condivideva e avevano deciso di sorvegliare tutto il villaggio, mantenendo un’apparenza calma, ma vigile.

 

Se i rapitori erano riusciti a portare via bambini indisturbatamente nel silenzio più totale, in mezzo a quel caos avrebbero potuto rifarlo molto più facilmente.

 

Questo era il loro incarico.

 

Avevano, dunque, tracciato con il chakra ogni bambino che possedesse o avesse potuto possedere un’abilità oculare.

 

Shikamaru aveva studiato questo piano insieme all’Hokage, e avevano cominciato ad attuarlo dopo aver ottenuto il consenso di Hiashi Hyuga e di Sasuke.

 

Ad essere stato tracciato, infatti, era anche il bambino nel grembo di Sakura.

Ed era compito di Naruto tenere d’occhio proprio lei.

Sasuke si sarebbe occupato del resto.

 

E tuttavia una folla di fan scatenati si era già accalcata ai piedi di Naruto, strillante e adorante, chiedendo autografi, foto insieme o di potergli stringere la mano.

Vanificando, dunque, la mobilità del biondo.

 

Naruto non sembrava essere infastidito, era sempre felice di essere riconosciuto, ma oltre quella folla di persone adoranti, una in particolare, poco distante dal gruppo, attirò la sua attenzione.

 

Un uomo sulla trentina dagli occhi più verdi che avesse mai visto, vestito elegante e di tutto punto, leggermente impacciato e appena un po’ gobbo, segno di una vita passata dietro ad una scrivania, fissava l’Uzumaki con occhi scintillanti.

 

Quando questi riuscì ad avvicinarsi, sembrò molto timido, tremante per l’emozione. 

Ma tutto su un tratto, si riscosse e cominciò con voce alta e poco controllata a presentarsi.

 

-Mi chiamo Yoshihiro Hotaka! Sono un suo ammiratore, Uzumaki-sama! Posso stringerle la mano?- L’uomo mise un’enfasi incredibile in quelle domande, afferrando la mano di Naruto e scuotendola vigorosamente.

 

-Sama?- il ragazzo si grattò la tempia con l’indice della mano libera, un po’ a disagio.

 

Dall’esterno sembrava che Hotaka avesse quattro anni e fosse per la prima volta davanti all’attrazione di un luna park.

 

L’uomo si lanciò, in un istante, in un’orazione concitata riguardo tutte le cose che ammirava di lui per poi passare a riempirlo di domande, emozionato e adorante. 

 

-Com’è andato davvero lo scontro con Madara? Quanto era potente? È vero che aveva sviluppato il Rinnegan? Chi era più potente? Voi o Madara? Madara o Sasuke Uchiha? Come ha fatto a convincere l’Uchiha a ritornare alla Foglia? Voi siete un eroe in tutti i sensi!-

 

Naruto era visibilmente imbarazzato e quasi spaventato da tutta quell’energia, come se lui, dal canto suo, non fosse altrettanto energico.

E Shikamaru, che guardava quel teatrino da poco lontano, pensò scherzosamente che per una volta Naruto avrebbe avuto un assaggio della sua stessa medicina.

 

Ogni volta che provava a rispondere ad una domanda questo ne poneva una nuova, andando avanti per abbastanza tempo da lasciarlo senza fiato.

 

-Hotaka-San!-

 

L’uomo si ricompose e si girò, corrucciato e infastidito dall’essere stato interrotto mentre parlava con l’Uzumaki.

 

Shikamaru Nara lo salutò educatamente, dandogli il benvenuto.

L’uomo dagli occhi verdi si schiarì la voce, cercando di ritrovare un qualche contegno.

 

-Vedo che alla fine siete riuscito a incontrare Naruto.-

 

Gli occhi ricominciarono a brillare.

 

-Si! Sono davvero emozionato. Sapete quanto desiderassi incontrarlo.-

 

-Certo, ricordo la festa del Daimyo. Ma non mi aspettavo di trovarvi qui. In fondo avete vinto il Bollo.-

 

Hotaka si ricompose, raddrizzando la schiena e il bagliore lasciò spazio ad una professionale lucidità nei suoi occhi.

 

-Come diceva mio padre, Nara-san, solo perché si è arrivati ad un traguardo, non vuol dire che bisogna smettere di lottare.- Disse serio.

 

-Vostro padre è un uomo saggio.- Intervenne Naruto, sorridente.

 

-Era.- Sorrise per l’interessamento dell’eroe di Konoha. -È venuto a mancare qualche anno fa. Sono a capo del mio progetto per quello.-

 

Shikamaru scosse il capo, imbarazzato.

 

-Mi dispiace, non lo sapevo.-

 

Hotaka si sistemò il bavero della giacca scura con tranquillità e lisciò il fazzoletto meticolosamente piegato nel taschino.

 

-Ma no, ci mancherebbe… ormai è passato tempo. Ma sono felice di ricordarlo. L’ho sempre rispettato molto.- Uno sguardo serio si proiettò in quegli occhi verde bottiglia.

 

Il Nara infilò la mano nella tasca alla ricerca del suo accendino, voleva sentirne il peso, utilizzandolo come totem che potesse aiutarlo a tranquillizzarsi. C’era qualcosa che non andava.

 

-Sa, Nara-san, mio padre mi ha insegnato tutto ciò che so, nonostante io non sia sempre stato d’accordo con lui.- Sospirò sconsolato.

 

-È il grande problema del rapporto padre/figlio. Anche Io e mio padre eravamo così.-

 

-Lui ha creato il nostro progetto per poter aiutare il mondo ninja. E io sono felice di portare avanti questo nostro sogno a modo mio. Il mondo ninja deve essere salvato e preservato.- Sorrise genuinamente.

 

-Spero che riuscirete a fare buoni affari allora.-

 

-Vi ringrazio, sono certo che riuscirò ad ottenere i risultati che spero.- Hotaka guardò per un attimo alle sue spalle e indicó uno stand non troppo distante semi nascosto dal groviglio di persone che decorava la strada.

 

-Se volete potete fare visita al nostro stand. Vi aspetterò molto volentieri!.-

 

I due annuirono, curiosi.

 

Detto questo salutò rispettosamente i due Shinobi e se ne andò. Veloce come era arrivato.

 

-Chi era quello?- 

 

-Yoshihiro Hotaka; era alla festa del Daimyo. Ma non mi aspettavo di trovarlo qui.- il moro si grattò il mento, accarezzando l’accenno di barba che stava lasciando crescere.

 

-Qualcosa non va?- Gli chiese Naruto.

 

-No, è che mi è sembrato diverso da com’era in quei giorni. Era meno… come dire… strafottente?-

 

Naruto si grattò il capo e lo lasciò alle sue elucubrazioni, tornando pacificamente vicino a Sakura, che stava addentando qualcosa da mangiare.

 

Ora al Miantas erano presenti sia Hotaka sia Henka.

Il Nara si morse piano un labbro.

 

-Prevedo seccature in arrivo…-





Note: Ho sistemato il capitolo precedente e spero che questo capitolo sia piaciuto. Alla prossima!

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