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Autore: La_Sakura    25/05/2022    7 recensioni
Alla vigilia del World Youth, un grave incidente costringe Tsubasa al ritiro dalla competizione e anche dal calcio giocato. Rimasto inspiegabilmente in Brasile, il giovane lascia andare i contatti con gli amici di sempre fino a far perdere le proprie tracce.
Sono passati cinque anni quando, da San Paolo, giunge una nuova notizia: Roberto Hongo ha perso la vita in un incidente d’auto. Gli amici della vecchia Nankatsu si radunano per recarsi al funerale, curiosi anche di sapere se Tsubasa sarà presente, ma la sua assenza fa sì che Yuzo decida di cercarlo, rintracciandolo finalmente a Santos. Ciò che troverà, sarà in grado di spiegare il passato?

«Dobbiamo essere veloci.»
«Veloci e furiosi.»

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Serie "VeF - Velozes e Furiosos"
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Nuovo personaggio, Tsubasa Ozora/Holly
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'VeF - Velozes e Furiosos'
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Velozes e Furiosos

Oyabun

Yuzo non poté fare a meno di sorridere quando, uscendo dalla hall del suo albergo, notò subito l’auto di Tsubasa.

«Certo che si può dire tutto, tranne che sia un mezzo di trasporto che passa inosservato.»

«È tutta pubblicità per l’officina.»

«Che ci fai qui, Tsubasa?»

«Hai ragione, bando ai convenevoli.» ne convenne l’ex stella del calcio «Andiamo a fare colazione, che dici? Cafezinho e Pão na Chapa.(1)»

«E qualche spiegazione in più?»

«Ricordavo che fossi tenace, Morisaki, ma non così tanto.»

Tsubasa si incamminò e fece cenno all’amico di seguirlo: si accomodarono in un bar poco lontano, dove il giovane ordinò la colazione per entrambi.

«A nessuno piace essere preso in giro, Tsubasa, e ieri ho avuto come l’impressione che la tua dolce metà si prendesse un po’ gioco di me.»

«Keiko è più brasiliana del nome che porta, non farci caso. È cresciuta a San Paolo, ci siamo conosciuti a scuola.»

«Frequentavate la stessa classe?»

«Sì, o per lo meno, lei era iscritta alla mia stessa classe: preferiva di gran lunga passare le sue giornate nell’officina del padre.»

«Ah, il tuo alter ego delle auto.»

«Circa.» sorrise Tsubasa «Solo che io andavo abbastanza bene a scuola, così i suoi genitori la obbligavano a venire a studiare da me.»

«Galeotti furono i libri?»

«Parli di cose che non sai, Yuzo.» rispose l’altro, distogliendo lo sguardo.

«Beh, qualcosa in realtà lo so.» si sporse in avanti, deciso ad affondare il colpo «So che eri molto legato a Roberto, tanto da mollare tutto per raggiungerlo a San Paolo e diventare un calciatore. Improvvisamente lui muore in un incidente e tu non solo non ti presenti al funerale, ma fingi anche noncuranza.»

La reazione dell’amico non si fece attendere: Tsubasa contrasse la mascella e strinse la mano attorno alla tazza di caffè, lo sguardo fisso in un punto non meglio definito dell’orizzonte, e Yuzo temette di esserci andato troppo pesante.

«Ho chiuso i miei rapporti con Roberto quando li ho chiusi col calcio. Le nostre strade si sono divise in quell’occasione…»

«Avevi diciannove anni e un sogno infranto, capisco che sia stato un duro colpo, ma…»

«Yuzo, sarà un vero piacere, per me, passare qualche giorno insieme, se vorrai rimanere a Santos, ma devo chiederti di non nominare più Hongo, per lo meno in presenza di Keiko. Soprattutto in presenza di Keiko.»

Yuzo non rispose, ma sostenne lo sguardo dell’amico che ora aveva piantato i suoi profondi occhi neri nei propri: comprese immediatamente che c’era dell’altro, dietro quella richiesta, ma non poteva ancora sfondare le difese del ragazzo, non prima di essersi guadagnato la sua fiducia e quella della sua ragazza.

«Ho un biglietto aereo aperto, per il rientro. Non sapendo cosa avrei trovato, una volta raggiunto il Bas Garage, ho preferito optare per questa soluzione.»

«Allora sarà un piacere averti come nostro ospite. Ho un’ultima domanda da porti, però, prima di raggiungere l’officina.»

Yuzo posò la tazzina sul tavolino e incrociò le braccia al petto.

«Dimmi pure.»

«Come mi hai trovato?»

Yuzo sorrise, sollevando un angolo della bocca: sapeva che quel momento sarebbe giunto, solo non si aspettava che l’amico d’infanzia avrebbe sollevato quella questione così presto.

«Diciamo che ho le mie fonti.» rispose, mantenendo lo sguardo fermo su di lui.

«Capisco.» annuì Tsubasa, sorridendo e terminando di bere il proprio caffè «Andiamo, ho un appuntamento con un cliente, poi sarò libero di portarti in giro per la città. Ho come l’impressione che ti troverai bene, qui.»

 

 

Cristóvão aveva preso pieno possesso del barbecue e stava grigliando delle salsicce, canticchiando una canzone ritmata e muovendo il bacino a tempo: Yuzo gli si avvicinò per porgergli una birra.

«Obrigado, amigo.» gli disse, sollevando la bottiglia verso di lui. Il portiere annuì e bevve a sua volta, spostando lo sguardo verso il giardino della casa di Tsubasa e Keiko: l’ex calciatore era intento a rotolarsi nell’erba con un bambino che rideva divertito.

«Yuki è una forza della natura.»

«Sì, è un bambino molto attivo, si vede…»

«Cerca di non farti vedere da Kei mentre lo scruti così: potrebbe pensare male di te.»

«Di me?» gli fece eco Yuzo, cercando di riflettere sul significato intrinseco della frase. Cris annuì, continuando a bucherellare le salsicce per farne uscire il grasso, che sfrigolò una volta raggiunte le braci sottostanti.

«Yuki è la sua ragione di vita, da quando…»

La voce di Kei interruppe la loro conversazione: la ragazza uscì di casa in quel momento, portando una ciotola di insalata e posandola sul tavolo imbandito.

«Cris, come sono messe quelle salsicce? Abbiamo fame!»

«Sono quasi pronte, Kei-chan, ci vuole pazienza per fare le cose per bene. Pazienza.»

«Sai bene che Keiko e la pazienza vivono su due rette parallele che non si incontrano mai.» si intromise Tsubasa, arrivando in quel momento dopo aver lasciato il bambino a giocare col cane dei vicini.

«Siete voi due che mettete a dura prova la mia pazienza, altroché.» sorrise lei, avvicinandosi a Tsubasa e posandogli la testa sulla spalla. Yuzo sussultò a quella vista, e una sensazione di disagio gli contrasse la bocca dello stomaco: vedere Tsubasa con una donna che non fosse Sanae gli stava provocando sentimenti contrastanti. Benché non fosse nella posizione per giudicare, dato che non sapeva come stessero realmente le cose tra loro, distolse lo sguardo e si allontanò di qualche passo per scrutare l’orizzonte, dove mare e cielo si fondevano in un tutt’uno.

«Tutto bene?»

L’ex calciatore gli posò una mano sulla spalla.

«Sì, riflettevo… è strano vederti con qualcuno che non sia Sanae.» aggiunse poi, dopo aver constatato di essere lontani da orecchie indiscrete. Tsubasa parve incassare il colpo senza lasciar trasparire nulla, si limitò a spostare lo sguardo verso la discesa asfaltata che conduceva in città.

«Mi sembra passato così tanto tempo… come se si trattasse di un’altra vita. Averti qui mi ha fatto rendere conto di quante cose siano cambiate.»

«Si nota, sai?» ne convenne Yuzo, deciso a sfruttare quel momento di confidenze che sembrava essersi sbloccato «Nessuno di noi ha mai avuto il coraggio di chiedere a Sanae cosa fosse successo, ma era chiaro che… insomma…»

«Quell’incidente, quella sera…» sussurrò Tsubasa, come se parlasse più a sé stesso che a lui «Mai avrei creduto di potermi trovare in condizione di dover prendere una simile decisione. Ha cambiato la mia vita. Completamente.» concluse quindi, tornando a focalizzarsi sul presente.

«E ti piace la tua nuova vita?» gli domandò, sperando di non aver superato il limite.

«Nonostante tutto, continuo ad amare il Brasile, San Paolo… e la mia famiglia.» quelle parole decretarono la fine della confidenza «Ma questa è un’altra storia, Morisaki. Ora non pretenderai che ti racconti tutto e subito.» e scoppiò a ridere, provocandogli un moto di vergogna che gli fece avvampare le gote.

«La cena è servita! Ehi, giù le mani, Cris. Aspetta che siano tutti seduti.»

Presero posto a tavola, Yuzo venne fatto accomodare alla sinistra di Tsubasa, esattamente di fronte a Keiko, che lo fissò di sottecchi mantenendo il solito riserbo nei suoi confronti. Tsubasa prese in mano la birra, e la sollevò appena.

«Saúde, família(2) esclamò, allungando la mano verso ognuno di loro, con un sorriso soddisfatto dipinto sulle labbra. 

 

 

Keiko si fidava ciecamente di Tsubasa ma da quando quel Morisaki era arrivato, l’ex calciatore non faceva altro che passare il suo tempo con lui. Immaginava che gli facesse piacere riallacciare i rapporti con quel passato che si era dovuto lasciare alle spalle, ma una parte di lei si stava preoccupando del fatto che quel legame potesse fargli tornare un’intensa nostalgia del Giappone. Non che ci fosse qualcosa di male, ma non si fidava del nuovo arrivato, ed era intenzionata a indagare sul suo conto: stando a quanto diceva, aveva abbandonato il calcio subito dopo il torneo Under-19 per dedicarsi alla carriera universitaria.

«Così studi per diventare prof di storia.» Cris aveva accolto la notizia con stupore «Davvero sei passato dal calcio all’insegnamento? Non è che, per caso, eri una pippa a giocare?»

«Cris.» Tsubasa lo redarguì, scoccandogli un’occhiataccia.

«Beh, non ero di certo il miglior portiere del Giappone, quel titolo lo lasciamo a Wakabayashi.»

«Ah, sì, ho presente: alto, muscoloso, sguardo penetrante…»

Keiko si lasciò andare a un sorriso, decidendosi a intervenire nella conversazione.

«Hai deciso quanto ti fermerai ancora, Yuzo-kun?»

«Presto mi toglierò dalle scatole, Keiko, non devi preoccuparti.» replicò, lanciandole un’occhiata eloquente «Però mi aspetto che veniate a trovarmi, a Nankatsu. Da quant’è che non torni a casa, Tsubasa?»

Il ragazzo si lasciò andare contro la poltroncina, sollevando la birra davanti a sé, come a voler leggere il proprio futuro attraverso il liquido ambrato.

«Lar…»(3) mormorò, inclinando le labbra in un sorriso amaro, per poi nasconderle dietro a una sorsata di birra «Ormai questa è la mia casa, Morisaki: cosa posso volere di più?»

Keiko studiò la reazione del loro ospite, che parve guardarsi attorno per studiare l’ambiente: era quasi ora di cena, l’officina era deserta, solo loro ne occupavano lo spazio centrale, una sorta di aperitivo prima di rientrare.

«Capisco, ma… tua madre, tuo fratello… non ti mancano?»

Si trattenne dallo scattare in piedi e dirgliene quattro: Tsubasa, avendo previsto la sua reazione, le aveva posato una mano sul ginocchio, e aveva fatto presa su di esso, nel tentativo di calmarla.

«La mia famiglia è qui, ora. Mi manca il mio passato, ma devo guardare al mio futuro.»

«E se il passato bussa alla porta, meglio ingranare la marcia e partire a tutta velocità.»

La frase di Cris pareva buttata lì a caso, ma solo quando vide quattro auto nere parcheggiare proprio di fronte al portone, Keiko capì che i loro guai erano appena all’inizio. Si mise in piedi e fece per andare ad aprire, ma Tsubasa la frenò, posandole una mano sul ventre.

«Ci penso io.» le sussurrò, in portoghese, muovendosi poi verso le lamiere dell’ingresso per farle scorrere e aprire la visuale sull’esterno.  

Da tre delle auto scesero degli asiatici poco raccomandabili: abiti dismessi, sorrisi beffardi e tatuaggi in bella vista sulle braccia nude. Dalla quarta fecero la loro comparsa due uomini in giacca, cravatta e occhiali da sole che diedero un’occhiata all’ambiente circostante prima di aprire la portiera posteriore.

Una lucida scarpa nera calpestò il cortile polveroso, seguita dalla sua gemella: da sopra la portiera comparve il volto accigliato di un asiatico, capelli corti e brizzolati, sorriso rassicurante dipinto sulle sottili labbra, a solcare un volto rasato di fresco.

«Tanaka-san.» Tsubasa lo accolse con un inchino, precedendo tutti di qualche passo nel raggiungerlo.

«Ozora-san.» l’uomo diede una sorta di benedizione a Tsubasa, prima che questi si sollevasse «Ti trovo bene.»

«La ringrazio, Tanaka-san. È un onore riceverla nella nostra umile officina.»

«Vedo che vi siete sistemati bene qui, a Santos.» mormorò l’anziano, guardandosi intorno con curiosità «Avete anche ospiti, non conosco il giovane che vi accompagna.»

Keiko dubitò della veridicità di quelle parole: Tanaka-san conosceva tutti, e lei aveva ancora il dubbio che Yuzo fosse iscritto nel suo libro paga.

«Un amico in visita, partirà a giorni. Posso permettermi di chiederle cosa la porta da queste parti?»

L’uomo si abbottonò la giacca del costoso completo gessato e mosse un passo dentro l’officina, seguito a breve distanza dalle due guardie del corpo: superò Tsubasa e continuò a guardarsi intorno.

«Ho saputo di Hongo.»

Poche, semplici parole che Keiko attutì come se fossero un pugno nello stomaco.

«La sua scomparsa ci addolora, Tanaka-san, ma come saprà non abbiamo rapporti con lui da quando ce ne siamo andati da San Paolo.»

«Certo… certo…» annuì l’uomo, fermandosi alle sue spalle «Tu però eri il suo protetto. Il suo pupillo.»

Keiko percepì la tensione, Tsubasa aveva stretto le mani a pugno, prima di rilasciarle e picchiettarsi nervosamente con le dita sulla coscia.

«Non ho nulla a che spartire con Hongo.»

Al suo fianco, Keiko vide Yuzo trasalire: evidentemente quelle parole taglienti non dovevano sortire un bell’effetto su chi era rimasto al rapporto padre-figlio che intercorreva tra i due.

«Non è detto, Tsubasa-san, che se uno taglia una radice, le altre vengano spezzate automaticamente.» l’uomo si sistemò la cravatta e tornò sui suoi passi, per pararglisi davanti «Tu e Roberto avevate un legame speciale, ti ha portato qui dal Giappone, ti ha trascinato nel suo mondo, poi…»

«Poi mi ha abbandonato al mio destino.» ringhiò l’ex calciatore, le mani ora serrate in due pugni, pur mantenendo le braccia stese lungo il corpo. Le guardie di Tanaka mossero un passo verso di lui ma il boss li bloccò.

Il respiro accelerato dava l’entità di quanto Tsubasa si stesse trattenendo: Keiko avrebbe voluto correre al suo fianco, ma non mosse un muscolo, sperando che il suo compagno riuscisse a trovare la giusta calma per non far degenerare la situazione.

«Hai scelto il mentore sbagliato, Tsubasa-san.»

«Può darsi.» rizzò la schiena, per non mostrarsi più in inferiorità «Ma ora ho trovato la mia dimensione, Tanaka-san. Viviamo con quel poco che ci guadagniamo, non diamo fastidio a nessuno, non mettiamo piede a San Paolo da cinque anni. Non sappiamo che altro fare per dimostrarle che non siamo e non saremo mai un problema, per lei.»

Tanaka-san alzò lo sguardo oltre Tsubasa e Keiko lo incrociò: i loro occhi si scrutarono a vicenda, prima che lei si risolvesse a distoglierli, abbassando le palpebre e concentrandosi sull’unica gioia della sua vita.

«Sei bella come tua sorella, Keiko-san.»

Deglutì a fatica, quelle parole la ferirono come pugnalate alla schiena, ma mantenne la posizione per non indispettirlo né fornirgli un pretesto.

«Ci perdoni, Tanaka-san, non ci aspettavamo in alcun modo la sua visita, e siamo un po’ scossi.»

Tsubasa aveva ripreso la parola per riportare l’attenzione su di lui: Tanaka-san annuì, si ricompose e gli sorrise.

«Capisco, Tsubasa-san, capisco. Beh, che dire: ero venuto in pace, convinto di ottenere tutt’altro, ma dovrò rientrare a San Paolo a mani vuote.»

Si voltò, e Keiko si permise di emettere un respiro più profondo, quasi sollevata che l’uomo stesse demordendo così facilmente.

Una volta giunto all’auto, però, l’oyabun si voltò nuovamente verso di loro.

«Il debito di Roberto dovrà essere saldato, che vi piaccia o no.»

Quelle ultime parole, formulate un attimo prima di salire sulla vettura e schermarsi ai loro occhi, ebbero il potere di gelarli. Anche quando il corteo sfilò loro davanti, nessuno mosse un muscolo, e il silenzio calò sull’officina.

«Kei.» Tsubasa attirò la sua attenzione che erano passati già diversi minuti «Vai a recuperare Yuki dalla signora Almeida e aspettateci a casa. Cris, accompagna Yuzo in albergo a recuperare le sue cose e portalo da noi.»

Gli interpellati si mossero in fretta, lasciandolo lì, al centro dell’officina, con i pugni ancora serrati e la mascella contratta.

 

 

Yuzo aveva notato che il piglio di Tsubasa era cambiato notevolmente dopo l’arrivo di quel Tanaka-san. Non era così ingenuo da non comprendere di che si trattasse, quello che faticava a capire era come fosse possibile che uno come Tsubasa si fosse immischiato negli affari della yakuza. Perché era chiaro come il sole che quel Tanaka fosse l’oyabun che tutti dovevano amare e temere allo stesso tempo.

«Sei silenzioso, Morisaki.»

Cristóvão stava guidando con fluidità nel traffico serale: dopo essere stati in albergo e aver recuperato le sue cose, si erano fermati in un supermercato accanto alla struttura per comprare del cibo e ora si stavano dirigendo verso casa Ozora.

«Non capita tutti i giorni di avere a che fare con la mafia.»

«Ehi!» il nippo-brasiliano sembrava divertito «Puoi tornare a casa con una nuova esperienza in tasca, dovresti essere contento!»

Sapeva che il ragazzo stava solo cercando di smorzare la tensione, aveva già notato nei giorni precedenti quanto questo atteggiamento fosse una sua caratteristica.

«Che voleva l’oyabun da voi? Di che debito parlava?»

Cris strinse il volante della sua Skyline ma non rispose, così Yuzo – ben saldo alla maniglia della paura – ne approfittò per guardarsi intorno: sembrava di essere in un videogioco, e basandosi sull’allestimento avrebbe detto GTA o qualcosa di simile.

«Così… anche tu…» spezzò il ghiaccio. Cris si voltò a guardarlo e notò subito la sua presa salda alla maniglia.

«Non avrai mica paura.»

«Non sono a mio agio con la velocità.»

Si pentì immediatamente di aver pronunciato quelle parole quando si rese conto che Cris stava accelerando: il piede premuto sul pedale, lo sguardo rivolto a lui.

«Non dovresti guardare la strada?»

«L’ho imparato in un film.»

«Hai imparato a rischiare la vita mentre sei al volante?»

«No.» Cris inchiodò per lasciare il passaggio a una vecchina, ferma sulle strisce «Ho imparato a guidare dai film, io non ho la patente.»(4)

Si voltò di scatto verso di lui, occhi sbarrati e bocca aperta a formare una O di stupore che si tramutò in un ghigno quando si rese conto che il ragazzo lo stava prendendo in giro: Cris scoppiò a ridere e si batté ripetutamente la mano sul ginocchio.

«Dovevi vederti, Yuzo, ho letto il panico nei tuoi occhi.»

«Non è divertente.» si ricompose, alzando lo sguardo al cielo.

«Hai ragione, scusa.» si sporse verso di lui, arrivando quasi a sfiorargli il viso col proprio naso «Non volevo metterti in difficoltà, non lo farò più. Promesso.»

Addossato quasi alla portiera, Yuzo si rese conto che gli mancava l’aria, così quando l’altro si allontanò e ingranò nuovamente la marcia per ripartire, abbassò leggermente il finestrino e allungò il naso, per godere della brezza serale.

«Tanaka-san non è solo il capo del Bairro da Liberdade, il quartiere asiatico di San Paolo.» Cris ora era serio, non vi era più alcuna traccia di divertimento sul suo volto «È il capo, il capo di tutto. Noi eravamo solo ragazzi che cercavano di ritagliarsi il proprio posto nel mondo. Lo sai che Tsubasa è stato uno dei pochi a non disprezzarmi per la mia origine?»

«Che vuoi dire?»

«Mia madre ci teneva che avessi un’istruzione che mi riportasse alle radici, così ho frequentato la stessa scuola giapponese di Bas e Kei. Solo che a differenza loro, io ero un nissei, un nippo-brasiliano in mezzo a dei “purosangue”.» lasciò il volante per mimare le virgolette e tornò ad afferrarlo «Il nome e i tratti somatici mi hanno tradito.» lo osservò, recuperando il sorriso solito.

«Ti hanno bullizzato?»

«Fin dall’asilo, per i miei capelli e i miei occhi chiari. La natura ha compiuto parecchi esperimenti, su di me.» si passò una mano tra i corti ricci castani «Poi Kei mi ha preso sotto la sua ala protettiva, e nessuno ha più osato dirmi nulla, anche perché sua sorella…» si interruppe, e Yuzo comprese che si stava mordendo la lingua per aver parlato troppo «Alle superiori eravamo il trio più temuto, e solo perché Kei aveva quello sguardo di odio verso tutti.»

«Oh, ho presente.» ridacchiò, ripensando alle iridi scure della donna che lo squadravano da capo a piedi.

«Non è sempre stata così, sai? La sua era una facciata, per tenere lontani i rompiscatole e gli attaccabrighe. Poi l’incidente ha… modificato parecchie dinamiche.»

Yuzo annuì, poteva immaginare: ricordava quanto si fosse rotto definitivamente l’equilibrio della squadra, dopo l’incidente di Misaki che aveva sancito anche la sua assenza dalla fase finale del World Youth e dalla scena del calcio giocato.

«Quando ci arrivò la notizia del ritiro di Tsubasa, fu come una doccia fredda: ci chiamavano la Golden Generation, e adesso ne saranno rimasti sì e no quattro o cinque a giocare ancora. Quando abbiamo perso il World Youth, è come se si fosse spento l’entusiasmo della maggior parte di noi.»

«Tsubasa ha passato momenti difficili, dopo l’operazione: avendolo conosciuto al suo apice, e sapendo quanto fosse bravo e dotato nel calcio, è stata una pena vederlo ridursi…» si interruppe di nuovo, come se ancora stesse parlando più del dovuto «La vicinanza di Kei e l’arrivo di Yuki gli hanno ridato il sorriso, anche se devo ammettere che da quando sei qui, ho rivisto una parte di lui che credevo morta.»

«Assomiglia al ragazzino delle medie che conoscevo, ma si nota che non è più lo stesso. La luce negli occhi è diversa.»

«Ma non meno letale, fidati: in quanto a determinazione, Tsubasa non è secondo a nessuno.»

Yuzo annuì: sapeva anche questo, lo aveva percepito durante l’incontro con Tanaka-san.

 

 

1Cafezinho e Pão na Chapa: caffè (lett. caffettino, vezzeggiativo) e pane francese spalmato di burro e poi tostato. A volte si usa anche il requeijão, un formaggio spalmabile simile alla nostra ricotta. 

2«Saúde, família!»: sì, sì, è la versione portoghese del famoso «Salud, mi familia!» di Dominic Toretto XD

3«Lar…»: lett. casa. Un modo un po' poetico per definirla. Esiste anche la parola "casa", che può significare anche l'edificio in sé, mentre "lar" non può venire usato in quel senso.  

 4E chissà da quale film ha preso spunto Cris XD se volete vedere la scena, ve la lascio qui  


Un nuovo capitolo, una nuova mucchia di misteri da risolvere: intanto, qui c'è qualquadra che non cosa, e pare proprio che la vita brasileira di Tsubasa non fosse tutta samba e calcio *ride* 

La prematura scomparsa di Roberto pare aver messo in difficoltà i nostri amici, perché adesso l'oyabun di zona ha messo gli occhi su di loro ed esige qualcosa che non sono molto disposti a fornire. 

La família si compatta, e Cris si occupa di aiutare Yuzo a recuperare i propri effetti per andare a vivere da loro: sbaglio, o mi pare che questo ragazzo abbia un debole per i portieri (o ex tali?). 

Chiedo scusa per la frase del nippobrasiliano riguardo all'abbandono del calcio di Yuzo: diciamo che ha un po' espresso ad alta voce ciò che pensiamo *ride* PERDONAME MADRE POR MI PERSONAJE LOCO XD

Volevo ringraziarvi per l'affetto con cui avete accolto questa mia nuova storia: so che è un po' diversa dagli standard delle mie ultime saghe, ma per me è una sorta di ritorno alle origini, e mi sento davvero in fibrillazione ^^ 

Spero che anche la rubrichetta con le parole portoghesi vi sia utile ^^ 

Obrigada a todos!

Um grande abraço 

La Sakura

   
 
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