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Autore: sasdavvero    25/05/2022    0 recensioni
A volte, Dabi faceva fatica a restare.
Di solito era quando arrivava a casa e non c’era il minimo rumore, il minimo movimento, nel grande appartamento.
Quando tutto era immobile.
E Dabi sapeva sempre dove trovarlo.
Genere: Angst, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Dabi, Hawks
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'DabiHawks Possession AU'
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NOTA: questa storia è in un AU che non ho ancora pubblicato (lo stesso di Need e Empty Promises), è anche su AO3

Ho scritto queste tre storie prima del canon dell'AU (che non so ancora quando pubblicherò), quindi ci potranno essere dei dettagli che non coincidono, è normale, non fateci caso

_________

“Resta.”

“Ti prego, resta.”

Dabi aveva perso il conto di quante volte avesse sentito quell’implorazione.

Troppe, troppe volte.

Non che non restasse, restava, sempre, sempre si coricava di fianco a lui, lentamente, esitante, sdraiato sul lato a guardarlo, mentre lui rimaneva immobile, imbambolato a guardare il niente senza l’ombra di alcuna espressione sul suo volto.

Non aveva mai visto Hawks dargli uno sguardo, quando era così.

A volte, Dabi faceva fatica a restare.

Di solito era quando arrivava a casa e non c’era il minimo rumore, il minimo movimento, nel grande appartamento.

Quando tutto era immobile.

E Dabi sapeva sempre dove trovarlo.

Faceva fatica a restare perché non gli era mai piaciuto vederlo così, completamente fermo, sdraiato in quel letto troppo grande per lui, a guardare il vuoto per giorni e giorni, senza curarsi del mondo che andava avanti senza di lui.

Forse quello era uno dei pensieri che lo tenevano ancorato a quel letto.

Non gli erano mai piaciute le frasi che sussurrava con quella voce spezzata, senza emozione, quando i suoi occhi, sempre a guardare lontano, brillavano dell’oscurità della stanza.

Ma gli piaceva ancora meno quando—

“Fottimi.”

Dabi non osava muoversi.

“Per favore.”

“Voglio— sentire qualcosa.”

“Qualunque cosa.”

“Per favore.”

Silenzio.

“Hawks—”

“Dabi.”

Dabi sospirò. “Non voglio fottermi un corpo senza vita, Hawks, non cambierà nien—”

“Sta’ zitto e fallo.”

“Ma perché non—”

“Ti prego.”

Dio mio.

Dio mio.

Sentiva benissimo come si stesse sforzando a parlare, sputando respiri tra i suoni e rendendo la sua voce ancora più in pezzi, e Dabi—

Dabi odiava vederlo così.

Odiava vederlo così più di ogni altra cosa al mondo.

Quindi si allungò alla sua spalla e lo aiutò a stendersi sul letto, lentamente, con attenzione, come se avesse potuto romperlo più di quanto non fosse già, se non fosse stato cauto.

Non osava pensare a cosa potesse essere peggiore di questo.

“Non cambierà niente,” riprovò, mentre si metteva sopra di lui, mentre spostava le sue gambe ai lati dei suoi fianchi, abbassandosi un poco su di lui e scostando i capelli dal suo viso.

Hawks gli diede uno sguardo. “Lo so, lo so, solo…”

Non finì la frase.

Dabi sospirò.

Si abbassò ancora un poco, e gli diede un piccolo bacio in fronte.

“Sei sicuro, amore?”

Amore.

Dio, ha sempre avuto paura di chiamarlo così.

Come a constatate un’innegabile verità.

Una verità che lo spaventava.

Hawks lo guardava, disse solo:

“Baciami.”

E così Dabi fece, perché era quello che voleva, e Dabi aveva sempre voluto dargli più di quanto avesse potuto.

Più di quanto avesse potuto.

Più di quanto—

“Non devi fare niente se non vuoi.”

Dabi si immobilizzò.

Poteva a malapena, a malapena, sentire il suo soffice, leggero respiro sulle sue labbra.

“Non voglio forzarti,” sussurrò Hawks.

“Non mi stai forzando—”

“Hai detto che non vuoi ‘fotterti un corpo senza vita’—”

“Lo sto facendo per te,” Dabi prese un lungo respiro. “Lo sto facendo per te, perché tu mi hai chiesto di—”

“E perché non sai dire no—”

“A malapena hai la forza di parlare, non provare a discutere con me—”

“Sei te che stai già alzando la voce—”

“Sta’ zitto. Sta’ zitto. Dio. Dio—” gli tremavano le mani mentre afferrava il bordo della sua maglia, tirandolo leggermente.

“Cosa vuoi che faccia?” chiese Dabi, tentando di nascondere la disperazione della sua voce. “Cosa? Dimmelo e lo farò— lascia—”

Lascia che ti aiuti.

Voglio aiutarti in ogni modo che posso.

In ogni modo possibile.

Hawks lo fissava.

“Non penso che tu possa aiutarmi, ora.”

Quell’impercettibile, contrastante parola era lì, fluttuava nell’aria testa della stanza.

Vattene.

“Non me ne andrò, non— sei te quello che mi implora sempre di restare, non me andrò, Hawks, non ti lascerò da solo.”

Non quando so esattamente cosa faresti se me ne andassi.

Hawks non rispose per qualche secondo.

“Allora resta.”

“Ti prego, resta.”

E così fece.

Dabi si mosse, rompendo quella posizione in cui erano, e si risdraiò sul letto, spostando lentamente l’altro in modo da ritrovarsi faccia a faccia.

A fissarsi.

Dabi lo portò più vicino, più vicino, Hawks non fece resistenza, fece scivolare le braccia alla vita di Dabi, appoggiando la testa al suo petto.

Inspirò.

Espirò.

Dabi sapeva di carne in putrefazione e fumo, Hawks era talmente abituato al suo odore che non ci faceva più caso.

“Hai mangiato qualcosa quest'oggi?” chiese Dabi poco dopo.

“Mhm.”

“E come interpreto questo mhm?”

Hawks si avvicinò di più e basta.

Dabi sospirò.

“Dopo ti cucino qualcosa, okay?”

“Mhm.”

“Okay,” e continuò a massaggiargli lentamente i capelli, a muovere dolcemente le dita sulla sua schiena.

Dolcemente.

Così dolcemente.

Aveva così tanta paura per lui.

Così tanta paura.

“Sei freddo,” mormorò Hawks.

“Lo so.”

Una pausa.

“Sei morto.”

Dabi sospirò.

“Lo so.”

“Com’è la morte?”

“Non lo so,” Dabi non sapeva cosa dire.

Tentò di elaborare un po’.

“Non lo so, non è che sia tutta ‘sta sensazione, non mi ricordo il giorno in cui sono morto o come mi ha fatto sentire, non so se questa si può chiamare morte, no? Perchè sono… vivo, da un certo punto di vista, provo ancora cose e ho i bisogni che hanno tutti, certo, ci sono a malapena, ma un po’ li sento, non lo so.”

“Vorrei essere come te.”

Dabi soppresse uno sbuffo. “No, non vorresti davvero esserlo, ‘sta merda è un inferno per me, non l’augurerei al mio peggior nemico.”

Hawks si avvicinò un poco.

“Che peccato.”

“Già, un vero peccato.”

E rimasero sdraiati così per chissà quante ore, senza parlare, ma ad un certo punto il respiro di Hawks si era fatto un po’ più gentile, un po’ più calmo, regolare, e Dabi era solo sollevato che riuscisse a riposarsi per un po’.

Finiva sempre così, come se niente fosse stato risolto e come se tutto fosse rimasto uguale.

Dabi sperava solo che aiutasse, questo suo restare.

Sperava solo che Hawks potesse sentirlo, potesse essere un po’ sollevato dalla sua presenza.

Anche solo un poco.

Anche solo un poco.

 

   
 
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