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Autore: Nina Ninetta    28/05/2022    0 recensioni
Raccolta di flashfic e/o one shot dedicata al mondo di Final Fantasy. La challenge prevede di scrivere una storia per ogni mese dell'anno, e io ho pensato di dedicarla ai titoli di Final Fantasy a cui ho giocato, seguendo l'ordine cronologico di uscita.
[Storia Partecipante alla Challenge "To Be Writing 2022" indetta da Bellaluna sul forum Ferisce più la penna]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Challenge del mese di maggio: Kid-fic.
Devo ammettere che finora è stata la tematica che mi ha messo più in crisi, poiché non riuscivo a immaginare nessuna trama adatta. Alla fine mi sono buttata nei ricordi di Paine, immaginando come un tramonto e un luogo possano cambiare a seconda delle persone che abbiamo affianco o delle situazioni per cui lo attraversiamo.

 
 
Tramonti di Mihen
 
 
Paine si accomodò sulla superficie piana all’esterno dell’Aeronave, un ginocchio piegato al petto e l’altro a formare un triangolo, con la punta dello stivale che le sfiorava il bacino. Abbandonò la spada al suo fianco e si godé il panorama.
Il Celsius volava a una velocità modica, in fondo non avevano nessuna fretta. I Gabbiani erano riusciti a scovare un’altra Looksfera e potevano concedersi un po’ di tregua. Rikku e Yuna erano andate a dormire, ognuna nella propria stanza, ma lei – dopo un po’ che ci aveva provato, girandosi e rigirandosi sul letto – aveva sentito il bisogno di uscire a prendere una boccata d’aria.
Le temperature erano piacevoli, sebbene si apprestasse a scendere la notte. A est il sole stava tramontando, tingendo tutto ciò che i suoi raggi sfioravano di un arancio intenso.
Paine sapeva che in quella direzione c’era la via Mihen, famosa appunto per i suoi spettacolari tramonti. Un tempo quella strada era legata a ricordi felici, ma due anni prima ogni bella rimembranza era stata spazzata via da quel traditore di Nooj. Adesso, però, immersa in quell’atmosfera pacifica e tranquilla, la mente la riportò ai tempi in cui era solo una bambina di dieci anni, quando accompagnava suo padre a Luka, per seguire le partite della squadra del cuore: i Luka Goers.
Paine ricordava ancora perfettamente l’adrenalina che le scorreva nel sangue, le emozioni e le sensazioni che non avrebbe mai più provato…
 

*
 

«Pan! Ehi, Pan!»
Paine apre gli occhi e sbatte le palpebre un paio di volte, ancora intontita. Si guarda attorno, gli oggetti che la circondano le sono famigliari, li conosce, in fondo si trova nella sua cameretta, eppure al tempo stesso le sembrano estranei, hanno qualcosa di inanimato.
Ed è una sensazione assurda, perché i pelushe sulla scrivania, o l’armadio stesso sono oggetti morti, senza vita, ma è come se non provasse più alcun sentimento di affezione per loro, come se non li conoscesse come suoi.
Estranei, appunto.
«Pan! Faremo tardi!» La voce di suo padre la distoglie da quella sensazione di smarrimento, lo vede precipitarsi all’interno della stanza spalancando la porta. Indossa la maglia dei Luka Goers, il berretto che cita “Fan numero uno” calato sui capelli scuri, ricci e folti. Il sorriso a trentadue denti gli illumina tutto il viso, la sua pelle è dorata dal sole, senza rughe. Bello, giovane e… vivo.
Vivo?!
Paine ha di nuovo la sensazione di estraneità. Guarda quell’uomo e sa che si tratta di suo padre, ovviamente, ma allo stesso tempo non gli sembra lui. Una specie di alieno che si è impossessato del suo corpo, prendendone le sembianze.
«Avanti pigrona! Guarda che ti lascio qua!» Aggiunge lui, lanciandogli una maglia dei Luka Goers. «Dovrebbe entrarti, era mia quando avevo la tua età.» Le fa l’occhiolino, conclude dicendo che l’aspetta di sotto, poi va via richiudendosi la porta alle spalle.
Paine osserva la maglia, ripensando alle parole che le ha appena rivolto il papà: era mia quando avevo la tua età. Perché, che età ha?
Finalmente si alza dal letto e letteralmente di sente più bassa. Si guarda allo specchio e rimane di stucco: è ancora lontana dal suo metro e settanta che raggiungerà con l’età adulta. Adesso arriva si e no al metro e cinquanta, magra come un grissino, senza forme, con i capelli scuri lunghi fino alle spalle, lisci e tagliati pari. È tornata indietro di una decina di anni, adesso avrà al massimo dodici anni, non di più. È di nuovo quella ragazzina spensierata che seguiva suo padre lungo la via Mihen per accompagnalo a vedere i Luka Goers.
Già, perché lui non lo sa, la crede una grande tifosa, in realtà a Paine frega ben poco della squadra di Blitzball, a lei interessa ritagliarsi quel momento esclusivo con il suo papà.
Ed è proprio la voce di quest’ultimo che ancora una volta la desta dai suoi pensieri. Si cambia velocemente, non le importa di sapere cosa è successo, se si trova in un sogno o se realmente è tornata indietro nel tempo (che sia opera di Sin?), è lì e vuole godersi l’attimo.
 
Padre e figlia si incamminano fianco a fianco, lui canticchia qualcosa, ma Paine non riconosce quel motivetto, o forse si… che sia l’inno di… no, impossibile. Quella canzone è finita nel dimenticatoio dopo aver sconfitto Sin.
L’uomo però prende una direzione diversa dalla solita e ancora una volta la ragazzina deve tornare con la mente al presente.
«Papà, ma Luka è da quella parte…» dice, fermandolo per un braccio.
«Lo so, ma noi siamo diretti a Zanarkand. L’hai dimenticato?» Lui riprende a camminare, continuando a intonare quella dolce melodia.
Paine rimane di stucco.
Zanarkand?
Quella Zanarkand?
La città distrutta da Sin?
Meta ultima del pellegrinaggio degli Invocatori?
Impossibile! È troppo assurdo!
Eppure suo padre non sembra intenzionato a tornare sui suoi passi, perciò alla ragazza non resta che stargli dietro.
«Ed è lì che giocheranno i Luka Goers?» Chiede, sperando di capirci qualcosa in più.
«Sì, contro i Zanarkand Abes.»
I Zanarkand Abes?
Mai sentiti… sebbene quel nome non le sembri del tutto sconosciuto. Se si sforzasse un pochino forse riuscirebbe anche a risalire al momento in cui gliel’hanno nominato o la persona che l’ha fatto, ma ciò che conta davvero adesso è capire cosa diamine stia succedendo.
Il cammino prosegue senza intoppi.
Lungo la strada trovano altre persone dirette allo stadio e nessuna di loro sembra interdetta, è come se fosse normale andare a Zanarkand ad assistere a una partita di Blitzball.
Che sia lei la strana?
Paine si guarda intorno, conosce quelle strade, conosce il panorama che le si para davanti, ma continua ad avere quella sensazione di alienazione. È come se tutto fosse fermo, immobile: l’aria, le fronde degli alberi, gli uccelli…
Sembra quasi di vivere in un sogno…
Già, ma un sogno dannatamente reale.
 
Dopo ore di cammino – Paine non saprebbe dire quanto, a lei in realtà sembrano passati pochi minuti, ma suo padre continua a dire di essere arrivati appena in tempo – giungono nella mitica Zanarkand e di nuovo la ragazza rimane esterrefatta.
Non è la città distrutta che conta solo macerie ed edifici caduti, è una vera metropoli moderna e sfavillante, ancor più viva di Luka.  
Zanarkand risplende di luci colorate. Gli edifici quasi sfiorano il cielo e le strade sono piene zeppe di persone chiassose, ridenti e allegre. Alcune indossano la maglia dei Luka Goers, ma la maggior parte ha gadgets degli Zanarkand Abes e un fiume di gente si sta dirigendo proprio verso lo stadio.
Anche Paine e suo padre riescono ad entrare. La struttura è enorme, mai vista una cosa del genere. Alcune ragazze pon-pon stanno intrattenendo il pubblico al centro del campo. È una città in festa, una vera baldoria e finalmente Paine sembra rilassarsi per godersi lo spettacolo.
La partita inizia dopo un po’, ma Paine proprio non riesce a quantificare il tempo e ben presto la sua attenzione viene rapita dall’asso degli Zanarkand Abes: Tidus. Anche questo nome non le è nuovo, l’ha già sentito, ma dove?
È biondo, con un bel fisico da sportivo e la carnagione olivastra, mentre due splendidi occhi azzurri risaltano sul volto. Proprio quegli occhi color zaffiro si fissano su Paine, le sorride e lei avverte una strana sensazione allo stomaco. Non è come quella provata nella sua camera o per tutto il tempo del viaggio, non è estraneità che sente. È qualcos’altro.
È paura.
Tidus.
Adesso ricorda chi è!
Paine scatta sul posto, guardandosi intorno spaventata. Vuole fuggire da quel luogo ma non sa come fare.
Adesso sa che non è reale. La sua età non è reale. Suo padre che la invita a sedersi non è reale. Zanarkand non è reale.
«Ciao Paine.»
La giovane si volta nella direzione da cui è provenuta quella voce che ha prontamente riconosciuto: è Nooj e ha una pistola puntata contro di lei.
Paine cerca di saltargli addosso per disarmarlo, ma è troppo piccola, non riesce a contrastare il suo fisico e assiste impotente all’uomo – che un tempo credeva suo amico – mentre rivolge l’arma contro suo padre e preme il grilletto.


 
*

 
Paine urlò svegliandosi di soprassalto. Era sull’Aeronave, distesa sul pavimento, la notte aveva ormai avvolto ogni cosa nel suo manto stellato.
Una lacrima le corse lungo la guancia. L’asciugò in fretta e furia, come se potesse bruciarle la pelle, poi si mise in piedi e afferrò la sua arma per tornare all’interno dell’Aeronave: era tempo di rimettersi al lavoro, non potevano permettersi che altri trovassero le loro Sfere. Gli anni spensierati erano finiti, al suono di spari di pistola.


 
fine
  
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