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Autore: Brume    31/05/2022    3 recensioni
Avviene tutto una sera: Girodelle, a causa di un incidente, colpisce con la preziosa e crinita testolina il legno della carrozza. Nonostante in un paio di settimane le sue condizioni migliorino fin quasi a tornare alla normalità, c'è qualcosa di strano in lui...e tutto questo non sarà senza conseguenza, anzi!
NOTA: Breve - 3, 4 capitoli al massimo - esperimento letterario, senza pretese, improvvisato. Critiche e considerazioni gradite, soprattutto se possono aiutare a migliorarmi! B.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Victor Clemente Girodelle
Note: Missing Moments, Nonsense | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Oh, Parbleu!   Cosa è questa strana atmosfera, cosa è mai cambiato in queste stanze?”

Girodelle si alzò in piedi. Si guardò intorno, mollò penna e calamaio: il suo sguardo era curioso, per nulla spaventato ed io, dopo un primo momento di smarrimento in cui passai a ripetermi di essere sposata e fedele, fedele e sposata in secolasecolorumamen  (così, tutto attaccato, scritto come lo pronunciava in tutta fretta mia nonna), sentii la mia voce rispondere: Sono la tua Musa, Victor…con tanto di vocina modulata, impostata (ma cosa mi saltò in mente?).
 Il Visconte , contrariamente a quanto mi aspettavo, non solo non reagì scappando spaventato e con i capelli in piedi ma uscì dalla vasca,  coprendosi  le vergogne con una tela leggera, di lino trasparente (che ci fosse stata o meno era lo stesso…) poi si guardò ancora  in giro, estasiato, un sorriso stampato sul volto.
“Oh, mia Musa…ti prego, mostrati! Mostra le tue grazie, i tuoi occhi, il tuo sapere… “ disse con fervore. Quasi quasi mi sentii in imbarazzo…
“…Sarei qui davanti a te…” riposi, allora, spostandomi dal nascondiglio in cui celavo il mio corpicino un attimo sovrappeso ed avvicinandomi a lui.
Girodelle sgranò gli occhi, ancora, per cercarmi.
Al contempo, allungò le mani.
“Posso…posso toccarti? Permetti che le mie mani sfiorino il tuo sapere?” mi domandò. Era davvero estasiato; incurante del suo stato, non si era né spaventato né posto domande.
“Se proprio vuoi… “ risposi “ ma ti avverto, non indugiare troppo. Il mio sapere è piuttosto privato…e non credo mio marito gradisca….inoltre potrei…potrei tornare nel mio mondo da un momento all’ altro….”

Victori de Girodelle sembrò non ascoltare nemmeno le mie parole e fece alcuni passi avanti.
Se i suoi occhi non potevano vedermi, le mani invece potevano toccare il mio corpo: fortunatamente – andava alla cieca – le sue mani si posarono…sulle mie guance.
“Sei morbida” disse.  Con pollice e indice, istintivamente, prese a farmi buffetti alle guance, ridendo come un bambino.
(Beh, lo lasciai fare. Non avrei mai avuto altra occasione per osservare Girodelle, praticamente nudo, che sorrideva e mi tirava le guanciotte...)

“Ehm…ti prego, contegno, sommo poeta” dissi, tuttavia ad un certo punto, per mantenere una parvenza di serietà.
 ( …o quello, o una testata . Pensai di usare la gentilezza, quindi formulai la frase.)

Lui si allontanò , fece un inchino.
“Chiedo venia, o Musa. Dimmi… come posso farmi perdonare?” domandò.
Ci pensai giusto un secondo.
“Cioccolata. Tanta, molta,moltissima cioccolata. E poi, vorrei un succo di mela!” risposi senza girarci intorno.

Girodelle chinò il capo.

“Va bene: darò subito ordine che venga portato qui tutto ciò che desideri….ma…posso permettermi…potrei togliermi una curiosità?” chiese; quindi si allontanò da me, andò oltre il paravento e finalmente si infilò una veste da camera.

“Certo. Domanda e ti sarà risposto. Vuoi sapere perché sono qui? Quali sono le mie intenzioni? ” dissi. Lui a momenti nemmeno mi lasciò finire la frase.

Maaaaaaa…non ti farà male tutta quella quantità di dolci? Le mie mani hanno toccato guance soffici e paffu-“ disse d’ un fiato. (Lo fermai all’ istante: mi spostai, pestando inavvertitamente il mignolo del suo piede sinistro, e andai a sedermi su di uno sgabello.)

Girodelle si afferrò il piede nudo e si avviò   saltellando elegantemente su di una gamba (senza scomporsi) alla porta… vicino alla quale – sulla sinistra - pendeva una corda di velluto rosso, intrecciata. La afferrò, tirò e uno  scampanellio richiamò l’ attenzione di uno degli inservienti sempre presente ai piani; quando questi arrivò, lo sentii riportare fedelmente ciò che avevo richiesto .
 Poi, con lo stesso charme dell’ andata, tornò.
Dal movimento dei suoi occhi notai che mi stava cercando. Sul marmo delle pareti.

“… ho fatto. Dimmi, musa, c’è altro che posso fare per te? “

“Victor, avvicinati” dissi con voce solenne.
( Lo osservai muoversi a tentoni: come poteva avvicinarsi se non mi vedeva? A volte anche io mi rendevo conto di avere una fantasia…)
“Eccomi” disse. Serio, posato, per un attimo sembrò essere tornato il Soldato, il Militare….
(ma….ancora fissava quella parete. Sei proprio di coccio, tesoro…)
“Penso… che dovresti scrivere una commedia. Tu, uomo di mondo e dalle immense fortune tu, con quei capelli delicati e leggeri come seta tu… uomo pieno di garbo e sentimento….dovresti proprio cimentarti in una commedia. Pensaci bene, si tragico c’è già questo mondo ( e la tua sorte, perché caro, qualcuno ti ha friendzonato…).
Dovresti scrivere qualcosa che possa divertire e allietare gli animi, visto che qui non è che giri troppo bene eh…” risposi.
 Il Visconte cercò una poltrona sulla quale sedersi e la trovò.
Li, si lasciò andare contro la spalliera; stese le braccia lungo i braccioli e sollevò il capo verso il soffitto. A quel punto io non potei più resistere: mi alzai, lo raggiunsi, mi portari esattamente dietro di lui e infilai le mani nei capelli.

“….MUuuUsa…” disse, quasi sconvolto.
 La voce tremolava.
SIIIIIIII?” risposi fingendo selvaggia indifferenza.
“…I miei capelli…li vuoi forse come pegno? Mi vuoi infondere la tua saggezza?” domandò, solenne.
“ Ehm io….( Si, certo, sicuramente! Come no…pensai ) …perdonami, desideravo farlo da una vita. Dunque…dicevo! Potresti…potresti scrivere una commedia! Che so, qualcosa di leggero, allegro. Magari con una coppia di innamorati imbranati , un gregge di pecore, una villa di famiglia sullo sfondo…che dici?” proposi.

(Si, lo so: mi trovavo li in avanscoperta, avrei solo dovuto capire cosa combinesse il capellone…ma non riuscii a resistere: ci misi del mio)

Non riuscii ad afferrare lo sguardo di Girodelle ma provai ad immaginare la sua espressione. Lui, uomo integerrimo, costretto a parlare di pecore, campagna e, forse anche, di amore…Con fare teatrale, porto una mano alla fronte.

Mi vuoi  morto?” domandò.

Le mie manine raggiunsero le tempie dove un massaggio lo riportò subito sulla retta via. Riuscii a sentire anche la bozza della tremenda capocciata che aveva preso e mi domandai come potesse essere ancora vivo e sano, più o meno.
“Dunque?”
Girodelle mi fece aspettare una decina di minuti, esattamente il tempo che intercorse prima che un carrellino carico di ogni ben di Dio sottoforma di cioccolata arrivasse dinnanzi ai miei occhi. Passato questo tempo, senza degnare i dolci, si alzò in piedi di scatto ed esclamò:
“Sia! “  per poi  via, alla scrivania, lasciandomi  da sola a mangiare praline, cioccolatini e via dicendo. Il che…non fu poi nemmeno tanto male.



Nel frattempo, a Palazzo Jarjayes…

Vorrei tanto sapere dove si è cacciata!”
Andrè, in piedi davanti alla finestra del salone, braccia conserte ed espressione torva, borbottava da una buona mezz’ora sottovoce. Oscar, seduta a leggere uno dei suoi cari autori classici, alzò lo sguardo dal libro posandolo sull’ uomo.
“Cosa c’è, Andrè? Qualcosa ti turba?” domandò, quasi noncurante.
L’uomo si girò appena per poterla osservare con la coda dell’ occhio.
“No, nulla. Stavo pensando alle tue doppie punte: dovresti domandare lumi proprio a Girodelle ma…non credo che sia il caso, per come è messo” rispose, afferrando la prima scusa che gli passasse per la testa. Non poteva di certo dirle che aspettava una persona, che solo lui poteva vedere…

Oscar posò il pesante tomo sul tavolino alla sua sinistra, poi si alzò e raggiunse Andrè.

“ Dici? Sai, ci stavo pensando anche io. Ieri, a Versailles, ho persino mandato a chiamare una delle dame di compagnia della Regina per capire come faccia ad avere dei capelli così belli. Visto che Girodelle è fuori uso…ma…a proposito: quella tua fonte ha poi scoperto qualcosa?” domandò.

( In quel momento che mi palesai. Una entrata in scena in piena regola… Notai Andrè che stava per rispondere ad Oscar ma poi si fermò, fissandomi).

“…no. Non ancora. Ma potrebbe farsi viva da un momento all’ altro” rispose; la donna sorrise.
Lui osò sfiorarle, impercettibilmente, la mano (ed io rimasi a guardare quella scena per cinque secondi, gongolando, salvo poi pensare che forse era meglio si sbrigasse saltare certi convenevoli ed arrivare al punto, essendo che quei due avevano, effettivamente, il tempo contato…). Lei fuggì via e tornò al suo posto, le gote leggermente arrossate.
Andrè uscì allora  in giardino ed io lo seguii.
Mi aspettava vicino ad un pioppo.

“Tra tutte le tipologie di alberi presenti dovevate proprio scegliere questo?” domandai.
“Perché mai? E’ una albero come un altro…” rispose lui, simpaticamente, come una spina nel didietro.
“Sono allergica” risposi. André mi fissò come se avessi appena detto di essere la cugina di quinto grado di Maria Antonietta; ci fissammo , per un po', infine feci spallucce.
“Lasciamo stare “ dissi “Dunque, sentite: ho scoperto che Girodelle si dilettava con i classici, diciamo così, nei quali di suo ci ha messo poco o  niente. Ora, però, ha intenzione di darsi alla commedia e…credo…credo che i protagonisti designati siate voi. Voi…Oscar…e compagnia bella. E’ probabile che ci sia anche il vostro amico Fersen . Potrebbe essere un qualcosa a sfondo bucolico, si, decisamente! “ conclusi.

EHHHHHHHHHH?” la sua voce si alzò ad un volume tale che per poco non presi un infarto “Cosa dite? Ho sentito bene?” domandò. I suoi occhi verdi si sgranarono per la sorpresa.
 
“Si, Monsieur. ” risposi.
André sembrò disperarsi. Si portò le mani tra i capelli scuri,  diventò pallido.
“Ne siete certa?” domandò, ancora.
(EH CERTO, SONO IO CHE GLI HO SUGGERITO IL TUTTO! Stavo per urlare….)
“Capisco…. Quindi… io e Oscar ci troveremo a recitare una commedia? E Fersen? Che parte farà? Vi prego, tenetelo lontano dalla donna…” disse. I suoi occhi parvero implorarmi.
Osai sfiorare la mano dell’ uomo, ora distesa lungo i fianchi.
“E’ una sopresa ma..abbiate fiducia. Ed ora, andate da Oscar e stupitela: offrievi di lavarle i capelli. Un suggerimento: fatele anche un massaggio al cuoio capelluto….” Dissi facendo l’ occhilino. Lui mi guardò come se fossi impazzita e mi girò le spalle.
“Nonnnnnaaaaa! Nonnaaaaaaaa! Hai percaso dell’ olio di semi di lino a portata di mano?” gli sentii dire. Poi, chiusi le palpebre e formulai il pensiero: voglio tornare a casa di Girodelle!
( … lascii un po' di privacy a quei due. Sai mai….)



Così…tornai dal Visconte. Un pensiero, una immagine…. Ed eccomi li.

“Musa…sei …sei tornata?” mi sentii dire non appena giunta nella stanza.
“Si. Proprio ora. Dove…siete? Dove sei?” domandai.  Mi guardai in giro, non vidi nessuno.

“...ehm…starei espletando alcune funzioni fisiologiche piuttosto impellenti ” rispose Girodelle, probabilmente e per fortuna  dietro un paravento….(Ma possibile che ogni volta che capito qui tu stia facendo qualcosa di…di…???....Lasciamo stare. Lasciamo stare…)
“Non so quanto ancora potrò restare…ma vorrei tanto assistere al tuo  lavoro…quello di scrittura, intendo. Quando pensi di iniziare?”

L’ altro non rispose.

“Tutto a posto?”
“Si…siii!” rispose con enfasi dopo aver sospirato di sollievo.

“Capito…e va bene!… vi aspetterò fuori “ dissi allora: e presi, quindi, a gironzolare per la casa. Non avevo alcuna intenzione di subirmi una seduta personale. Avrebbe tolto tutta la poesia del caso…
Ebbi così modo di riflettere.
Mentre mi guardavo in torno da quella condizione così strana, vedevo passare intorno a me un mondo. Inservienti, camerieri, factotum…ma di nobili, a parte Girodelle, non ne osservai nemmeno l’ ombra. Forse si trovavano a Versailles, chi lo sa…in ogni caso, stare li non mi dispiaceva.
 Certo, la mia routine mi mancava; ma vuoi mettere, essere trasportata nel tuo mondo ideale, un mondo che fino a pochi giorni prima potevi osservare solo dalle pagine di un manga  fatto di chine, inchiostri o al più da video, anime? … un mondo mio, personale, che da sempre rappresentava ricordi, sensazioni, pace…



“Eccomi…musa? MUSAAAA? Dove sei?”
Girodelle a quanto pare aveva concluso; mi voltai giusto in tempo per vedere i suoi capelli e poi il suo viso fare capolino dalla cornice della porta.  Notai che si era nuovamente cambiato d’ abito, ora indossava un completo dai toni scuri. Gli donava molto.

“Hai già iniziato a scrivere, sommo poeta?” domandai.

Lui voltò il capo nella mia direzione.

“No. Ma una idea, poc’ anzi, ha invaso la mia mente, grazie alla tua influenza. Scriverò, come mi hai ispirato, una commedia. Ma…ho paura di passare il segno: la protagonista dei miei pensieri è Lei…l’ essere perfetto, irrangiungibile, etereo. Il mio superiore, colei per la quale il mio cuore batte. Oscar François de Jarjayes! Dit che posso…posso farlo?” Le gote si imporporarono.
Non risposi e mi avvicinai a lui, oltrepassandolo; raggiunsi la scrivania e lessi ciò che aveva abbozzato non so quando.

“Ordunque? Sono solo queste due parole avete scritto?” chiesi.
 Lui abbassò il viso e portò le mani, giunte, al petto.
“Sono solo idee. Ma presto, presto!...tutto sarà compiuto! Lei, la mia dea, è un tenero fiore che il padre vuole a tutti i costi unire in un matrimonio con un uomo ormai alla fine dei suoi giorni terreni. Andrè, il suo attendente, è segretamente innamorato di lei da moltissimo termpo e vuole a tutti i costi salvarla dall’ infelicità ma poi…arrivo io, che spodesterò tutti e….” (Si. Col cavolo che te lo lascio fare, pensai)


“NO”.

Girodelle alzò la testa di scatto e per un istante tornò il suo sguardo…marziale.

“Come hai detto, Musa?” chiese con voce ferma.

“Ho detto NO. Tesoro….” dissi allungando le mani sulla sua capoccia e giocando con i suoi capelli, morbidi come seta “… ho detto che devi scrivere una Commedia, non una Tragedia. E poi, santo cielo, con tutte le fanciulle che anelano per te… lascia stare Oscar, suvvia…”
Lo fissai.
Il labbro inferiore iniziò a tremare, come quello di un bimbo appena redarguito dal genitore.
“Ma io…..” borbottò.  Fecero capolino anche dei lacrimoni brilanti.

“Su, su, animo!” dissi, allora “ Era solo una idea ma se la pensi così….vorrà dire…che ti lascerò fare” risposi,
(Lui sorrise, ed io anche: tanto, sapevo già, dentro me, come sarebbero finite le cose….)

Il giovane Visconte si mise, allora, al lavoro. Fatta eccezione per una mezza giornata in cui fu costretto all’ ennesisma visita medica, si dedicò animo e corpo al lavoro; di tanto in tanto riceveva missive da parte di Oscar che lo implorava di tornare al lavoro, alle quali rispondevo io adducendo scuse di ogni genere, dalle unghie incarnite al raffreddore o al mal di testa.
A parte ciò, tutto filò liscio ed io, seduta con le gambe penzoloni sul letto a baldacchino, lo osservano mangiando cioccolata; dopo di che, spesso, mi trasferivo a casa Jarjayes. Ero, insomma, diventata una sorta di pendolare, in attesa che questo strano avvenimento - un sogno, una visione? – che mi aveva preso potesse avere una conclusione.

Fu lungo il corridoio dell’ enorme casa Jarjayes che incontrai André. Era appena uscito dalla camera di Oscar con l’ onnipresente vassoio.

“Beh? Avete intenzione di guardarmi ancora a lungo senza dire niente? Siete  qui da tre ore ma non mi avete ancora rivelato nulla. Oscar mi sta stressando, vuole sapere se ci sono novità… Vi prego, aiutatemi: mi è venuta l’ orticaria, a forza di ascoltare i suoi lamenti!” disse.

Io sorrisi. Poi seguii giù per le scale, nella direzione che aveva preso.

“Mi dispiace, ma non posso svelarvi nulla: sarà una sorpresa…” dissi.
Lui mi guardò malissimo; entrò in cucina, posò ciò che aveva tra le mani sul tavolo e uscì, sbuffando.
“E va bene. Mi volete morto, dunque?”
“Oh, quante scene: nell’ anime sei molto più remissivo e dolce” ribattei.
Mi fissò, ancora, malissimo. Camminava avanti ed indietro nel salone, vuoto come al solito. Nanny stava fuori a stendere i panni.

“Non me lo ricordate. Quando mi hanno detto che avrei dovuto fare il servo, l’ attendente, aspettare trent’ anni per baciarla mi sono detto VA, CHE FORTUNA!...in ogni caso, non divaghiamo: spero che questa…cosa finisca presto. Io e Oscar abbiamo deciso di fuggire insieme.”
“EH? Fate sul serio? FINALMENTE! ERA ORA!  “ esultai.
André mi guardò malissimo; si assicurò che nessuno ci avesse sentito e si avvicinò ulteriormente a me.

“Ma siete tutte così strane?” domandò.
(Era talmente vicino che potevo sentire il suo profumo, un misto di afrore maschio, talco, lavanda, insomma il tipico suo profumo che viene descritto, di solito, nelle fic…)
“chi? Noi, vostre fans? PFUI!...io sono ancora sobria… ma ti assicuro che c’è gente che mi ha insultato solo perché ho osato scrivere di voi e di un…incontro a tre”,
Andrè divenne color borgogna ed inizio a sudare freddo.
“Voi…cosa…incontro…tre..?” balbettò.
Lo guardai, sentendo salirmi le lacrime agli occhi ed una ilarità che difficilmente avrei controllato.
“…Si, spero non vi dispiaccia…” risposi
“IO…io…OSCARRRR, DOVE SEI? DEVO DIRTI UNA COSA” disse, invece, correndo come un pazzo a perdifiato.

Io rimasi li, godendomi il panorama, ridacchiando tra me.
(Oddio, che cosa succederà, ora? Pensai; in quel mentre, le mie orecchie udirono iL galoppo sfrenato di un cavallo. Mi voltai giusto in tempo per osservare lui: Fersen. FERSEN? )

“Ci mancava pure questa…” borbottai, tra me, sperando non accadesse un patatrac…poi , spinta dalla curiosità, seguii il conte fin davanti alla porta d’ ingresso.





 
   
 
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