Abel si voltò meravigliato, non credeva proprio di trovare suo fratello lì, accanto alla staccionata.
Aveva sentito il nitrito di un cavallo, era uscito di casa per capire chi fosse quando si era sentito chiamare.
Mai Arthur era andato da lui, al suo personale rifugio, in quegli ultimi anni.
-Sei tu? – domandò quasi infastidito Abel mentre gli apriva il cancello.
-Sono qui per parlarti – iniziò a spiegare l’altro – se vorrai ascoltarmi.
Con un cenno del capo, Abel gli fece strada senza dire parola.
Si spostarono dietro l’abitazione, dove c’era l’orto e il fiume.
-Ti sei sistemato bene – asserì Arthur osservando il luogo e percependo la tranquillità che quel posto evocava.
-Sono quasi due anni che sto qui – disse secco Abel – te ne accorgi ora?
-Non sono venuto per litigare – fu la risposta decisa del fratello – assolutamente.
A quel punto Abel lo guardo ancora più intensamente negli occhi e, maggiormente comprensivo, lo esortò con un gesto a parlare.
-Eric mi ha riferito che vuoi rivedere Sophie – esordì Arthur con tono pacato – e non posso che essere felice di questa tua decisione.
-Ho sempre desiderato di riabbracciarla – lo interruppe il fratello – da quando ho saputo che era nuovamente qui in Australia ma ho voluto attendere il momento adatto.
-Credo che ora – aggiunse Arthur – quel momento sia arrivato. Sophie ha bisogno di te, più di ogni altra persona al mondo.
Abel strinse i pugni guardando in terra, il fratello continuò:
-Sophie non è felice, per nulla.
-Non poteva esserlo con Percy – sottolineò Abel – non poteva. E io l’ho lasciata andare …
-Che altro potevi fare? – Arthur era sincero – E’adulta e libera di compiere le proprie scelte. Se ha fatto degli sbagli sta pagando ora le conseguenze. È triste doverlo ammettere ma è così.
Dal volto di Abel si percepiva preoccupazione ma anche rabbia.
-Sono pronto a tornare – disse – per Sophie. Se ha bisogno di me io ci sarò.
-Tutti abbiamo bisogno di te – aggiunse Arthur – non soltanto lei.
Allora Abel si tolse di getto il fazzoletto che indossava attorno al collo, lo buttò via e si diresse sulla riva del fiume.
-Se Georgie vorrà – specificò – ritornerò a vivere con lei e con Sophie e il bambino perché, da quanto ho capito, il matrimonio con Percy è finito.
-Sophie deve avere il coraggio di lasciarlo – disse Arthur mentre il fratello, con più forza, asserì:
-Sento che ce la farà, io le starò accanto.
Entrambi si rispecchiavano sulle calme acque del fiume, Arthur prese in mano un sasso e lo scagliò lontano dicendo:
-Anche Eric ha bisogno d’aiuto, c’è qualcosa che non va e non è soltanto per la tensione dell’esame.
-L’ho percepito anch’io – affermò Abel con una punta d’ansia nella voce.
Prese allora un sasso pure lui e lo tirò più lontano del fratello, mettendoci più forza.
-Hai vinto – dichiarò Arthur riferendosi al lancio migliore – come sempre e da sempre. In ogni circostanza tu hai sempre vinto.
Ma Abel non rispose affatto, stringendo in mano un altro sasso, chiuse gli occhi e in evidente difficoltà disse:
-Dove vi incontravate? Alla fattoria, vero? Era quello il vostro ritrovo?
Arthur rimase impassibile, muto, vide la sua immagine riflessa nel fiume, intanto il fratello continuava:
-Non soltanto Sophie è stato il motivo del mio ritiro in solitudine, no! Certo la sua partenza mi ha provocato dolore, come a tutti, ma è stato altro che mi ha fatto compiere quella scelta.
Rimasero di nuovo in silenzio, non c’era vento né alcun altro rumore che poteva fermare quell’atteso confronto.
-Vi incontravate alla fattoria? – ripeté ancora una volta Abel.
Arthur deglutì, continuò a fissare il fiume e finalmente rispose:
-Sì, alla fattoria.
Abel quindi fece cadere lentamente il sasso che aveva tenuto in mano, lo vide fermarsi accanto al suo piede e quindi si allontanò dicendo:
-Quante volte è successo?
-Solo due volte – fu la risposta laconica del fratello.
-Solo? – rise Abel voltandosi – Ti sembra poco?
Arthur scosse il capo sentendo l’altro domandargli:
-Di Maria non t’importa?
Sentendo il nome di sua moglie avvertì una fitta al cuore, si avvicinò a lui affermando:
-Avresti dovuto lasciarmi marcire in quella cella.
Abel lo fissò dichiarando:
-Ho sempre percepito dentro di me che l’amavi ancora e forse non hai mai cessato di amarla. Fosse successo vent’anni fa ti avrei preso a pugni e ora saremmo finiti in acqua continuando a batterci. Ma adesso no, proprio no.
-Ho commesso l’ennesimo errore – asserì Arthur senza nascondersi – era così sofferente e sola dopo la partenza di Sophie.
Abel rise di nuovo, di rabbia.
-Non ho scuse – continuò Arthur – e non voglio trovarne.
Aggiunse poi:
-Comunque non c’è più stato niente fra noi, abbiamo capito quasi subito che era da folli iniziare una relazione.
Nuovamente il silenzio.
Niente sguardi.
Niente di niente.
Soltanto silenzio.
Silenzio.
-Papà! – un grido fece voltare entrambi.
Era la voce di Sophie.
La videro apparire, correva.
-Bambina mia – sussurrò Abel.
Si gettò fra le sue braccia per poi dire immediatamente:
-Ho bisogno d’aiuto!
Si girò verso Arthur affermando:
-Ci sei anche tu, zio. Eric ha bisogno d’aiuto.
I due fratelli si guardarono con intesa per l’ennesima volta.