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Autore: Golden locks    06/06/2022    2 recensioni
Anno 3022. Mihael è un astrofisico. Ha fatto una scoperta che cambierà tutto, per sempre, e non può non dirlo alla sola persona nell'universo con cui vorrebbe condividere il resto della sua vita. E deve farlo ora o mai più.
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Colto da un’ondata di nostalgia, recuperò dal fondo di un cassetto il suo telefono cellulare e lo accese. Erano in pochi ormai a possederne uno, ma lui sapeva che anche la persona che stava per chiamare disponeva uno di quei reperti archeologici, ormai prodotti solo per i collezionisti.
“Pronto?” rispose una voce un po’ assonnata.
“Dormivi?”
“No… ma come mai mi chiami a quest’ora? sono le tre di notte…”
“Matt, devi venire qui. Non chiedere, vieni a basta. Ti aspetto.”
Mise giù senza dargli la possibilità di replicare, o di protestare. Chinò la testa, con un magone in gola. Non sapeva nemmeno lui come si sentiva. Sapeva solo che tutto quello non aveva il minimo senso. Alzò di nuovo lo sguardo sul sorriso rassicurante di Einstein.
“Sono contento che tu non sia più qui, adesso…”
Genere: Malinconico, Romantico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Matt, Mello | Coppie: Matt/Mello
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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The end of the world



 

Anno 3022. Un deserto negli Stati Uniti.

 

Bip

Mihael si reggeva la testa con la mano, seduto alla scrivania nel suo piccolo ufficio. Guardava il poster del suo idolo di una vita, Albert Einstein, il genio che, più di mille anni prima, aveva predetto per primo la vera natura dello spazio-tempo senza avere alcuno strumento se non la sua brillante mente. Eppure già così, lui aveva capito così tante cose…

Lo sguardo di Mihael si spostava dal viso sorridente di Einstein agli schermi che aveva davanti, quelli che gli avevano svelato la verità. La sua porta sull’universo, come soleva scherzosamente chiamare le delicate apparecchiature costate al governo statunitense fior fior di milioni di dollari.

Prese un profondo respiro. Chissà come sarebbe stato vivere ai tempi di Einstein, quando la tecnologia era così arretrata che non si sapeva nemmeno dell’esistenza dei pianeti extrasolari, cosa fossero i buchi neri e tutto era ancora da scoprire; prima della scoperta di tutto ciò che aveva dato forma al mondo che loro conoscevano. 

Doveva essere stato emozionante per gli scienziati del ventesimo secolo. Ora, però, era tutto diverso. La tecnologia aveva avanzato a velocità inimmaginabile e quasi tutto il lavoro degli uomini era stato affidato a sofisticate apparecchiature tecnologiche - ed ecco perché quella sera lui era solo in quel piccolo ufficio in quell’enorme stabilimento. Conseguentemente, anche la fisica astronomica aveva fatto dei passi da gigante negli ultimi cento anni e, negli ultimi due decenni in particolare, gli uomini erano stati finalmente in grado di svelare buona parte dei misteri che avvolgevano i meccanismi del cosmo, di raggiungerli, di toccarli. Le stelle, le galassie, i buchi bianchi, la gravità, la meteorologia dei pianeti extra-solari, e tanti altri corpi e fenomeni celesti si erano spogliati dei loro veli di fitta oscurità per mettersi a nudo davanti agli occhi indiscreti dei loro enormi telescopi. Cosa, però, l’umanità ne avesse guadagnato, se non placare la sua sete di sapere, Mihael non era certo di saperlo. Specie in quel momento così terribile. Tutti i progressi fatti sembravano inutili. Ma l’amarezza non gli era nuova. Al contrario, aveva accompagnato tutto il suo percorso di studi, il suo prestigioso dottorato, la sua assunzione in quel team ristretto e speciale di studiosi. Era come se, iniziando a raccontarsi, l’universo avesse perso la sua magia. Eppure, quando era ancora a scuola, aveva sempre guardato con particolare commozione all’epoca passata in cui il mondo era ancora sano e si poteva vivere con…

Un piccolo bip lo distrasse dal corso dei suoi pensieri. Un altro segnale dal rilevatore del telescopio spaziale che non lasciava alcun dubbio. Guardò in alto, come se aspettasse un'infusione di forza da qualche divinità. Ok, non era il caso di tergiversare ancora, abbandonandosi a stupidi pensieri romantici. 

Non era giusto che un solo essere umano fosse a conoscenza della verità, era un peso troppo grande da sopportare. E inoltre, Mihael riteneva che in quel loro piccolo, insignificante mondo, ci fosse un’altra persona degna di sapere. 

Attivò il comunicatore vocale, pronto a… 

No. Lo disattivò. Colto da un’ondata di nostalgia, recuperò dal fondo di un cassetto il suo telefono cellulare e lo accese. Erano in pochi ormai a possederne uno, ma lui sapeva che anche la persona che stava per chiamare disponeva uno di quei reperti archeologici, ormai prodotti solo per i collezionisti.

“Pronto?” rispose una voce un po’ assonnata.

“Dormivi?”

“No… ma come mai mi chiami a quest’ora? sono le tre di notte…”

“Matt, devi venire qui. Non chiedere, vieni a basta. Ti aspetto.”

Mise giù senza dargli la possibilità di replicare, o di protestare. Chinò la testa, con un magone in gola. Non sapeva nemmeno lui come si sentiva. Sapeva solo che tutto quello non aveva il minimo senso. Alzò di nuovo lo sguardo sul sorriso rassicurante di Einstein.

“Sono contento che tu non sia più qui, adesso…”

 

Dopo una ventina di minuti Mail aprì la porta dell’ufficio. Mihael era seduto alla sua postazione e aveva le mani incrociate davanti alla bocca. Fissava lo schermo collegato al telescopio spaziale con un silenzio cupo. Quando si girò verso di lui, gli rivolse uno sguardo grave.

“Che succede, Mihael? Ti hanno licenziato?” provò a scherzare, ma tutto ciò che ricevette in cambio fu uno sguardo ancora più strano, carico di tensione, l’ultima cosa che si sarebbe aspettato dopo la sua battuta evidentamente idiota.

Mihael si alzò dalla propria sedia lentamente, come se gli girasse la testa, e gli fece cenno di accomodarsi.

“Guarda tu stesso.”

Mail si accigliò, ma si sedette e guardò lo schermo. Un bip dal rilevatore lo allarmò. Osservò attentamente le immagini della sonda spaziale, poi lesse i dati del rilevatore e il sangue quasi cessò di scorrergli nelle vene. Non era possibile, forse aveva visto male. La comunicazione col telescopio doveva aver subito qualche danno. Si stropicciò gli occhi. Dopotutto era molto tardi. Riguardò attentamente. Dopo si girò verso Mihael, con gli occhi sbarrati. 

“Ma… è vero?

“Di certo non posso manomettere i dati.”

Mail deglutì a vuoto. “Chi ne è a conoscenza?”

“Io e te.”

“Ma com’è possibile? Non se n’è accorto nessuno, in nessun istituto spaziale?”

“No.”

“Le Hawaii non lo sanno? L’Esa, qualcuno?” chiese in cerca di una qualche speranza.
“Solo noi possediamo queste apparecchiature, lo sai.”

Sì, lo sapeva bene. Gli Stati Uniti avevano sviluppato una tecnologia spaziale del tutto nuova allo scopo di cercare la vita nei pianeti terrestri di galassie promettenti, e l'avevano tenuta segreta per non farsi copiare da nessun altro. Così, se avessero scoperto questa famigerata vita al di fuori dalla Terra che l’umanità ricercava già da secoli, sarebbero stati i loro i primi a dare la comunicazione al mondo. Quel piccolo, povero, malandato mondo che a Mihael era tanto caro. Ma la vita extraterrestre era solo una scusa ipocrita, e la brama di arrivare primi gli sarebbe costata molto cara.

“Dev’esserci uno sbaglio…”

“Non c’è nessuno sbaglio, Matty.”

Mail si alzò, ma sentì le gambe molli e dovette risedersi.

“Allora… è la fine.”

“Sì.”

Si girò di nuovo verso gli schermi. “Quanto tempo…”

“Poche ore. Forse dodici al massimo. Ho già fatto i calcoli.”

Lo sguardo di Mail si posò sul pavimento. Tutti si aspettavano la fine della Terra dopo lo spegnimento del Sole, in circa 5 miliardi di anni.. ma quello… non erano pronti per quello. 

Era quasi ironico. L’umanità aveva fatto davvero schifo. Ormai della Terra e del suo antico splendore restava ben poco. Pur sapendo a cosa andavano incontro, gli esseri umani avevano continuato a inquinare, a sfruttare la Terra, a divorare e consumare tutte le risorse con una tale avidità che l’equilibrio naturale era collassato. Dopo l’estinzione delle api e di tutte le altre specie di insetti impollinatori, la situazione era precipitata. Molte specie animali e vegetali erano state spazzate vita, e il clima aveva subito dei mutamenti drastici e devastanti. Per la scarsità di vegetazione, le temperature si erano alzate, i deserti avevano quasi inghiottito il globo e le calotte polari si erano quasi del tutto sciolte. L’uomo, come in uno scenario post apocalittico, aveva iniziato a coltivare e a produrre alimenti sintetici in stabilimenti sempre più all’avanguardia e sempre più enormi, ad un ritmo forsennato. Ma la popolazione umana aveva raggiunto l’insostenibile cifra di dodici miliardi di abitanti, e non c’erano più state le risorse per sfamare tutti, l’acqua era disponibile per una fetta di popolazione sempre più ristretta e non si poteva più tenere la situazione sotto controllo. Era stata una tragedia immane. Ma da quando la popolazione si era assestata a cinque miliardi di abitanti, già un paio di secoli prima, le cose avevano cominciato a riprendersi. Le risorse bastavano e, anche se molte specie viventi animali e vegetali non sarebbero più tornate indietro, i trattamenti di fertilizzazione dei terreni, i sistemi di irrigazione e le specie vegetali che si erano salvate ed erano riusciti a impiantare avevano migliorato di molto le condizioni di vita per tutti. Adesso la situazione sul pianeta era abbastanza stabile ma, dopo ciò che era successo, l’uomo aveva speso grandi risorse alla ricerca di una salvezza da qualche parte nell’universo e gli astrofisici, quei pochi che c’erano, erano diventati dei supereroi. L’umanità sì sarebbe potuta riprendere davvero continuando a rigare dritto come negli ultimi duecento anni… se non fosse stato per quello che stava per accadere. E comunque, l'umanità non imparava mai dai suoi errori.

Bip

La speranza faticava a morire nel cuore di Mail, ma non ce n’era. Non ce n’era più. Rise amaramente, attirandosi lo sguardo stupito di Mihael.

“Che hai, adesso?” 

“Non siamo stati nemmeno in grado di trovare un pianeta abbastanza simile alla terra e con atmosfera respirabile in cui rifugiarci!”

Mail continuò a ridere e Mihael distolse lo sguardo da lui, fissando, senza vederlo, lo schermo collegato al telescopio spaziale con la sua terrificante verità. Nessun pianeta candidato, già. Lo avevano cercato affannosamente, osservando tutte le stelle nane rosse simili al Sole osservabili con i loro potenti mezzi, selezionando quelle con pianeti rocciosi con circonvoluzione concentrica invece che ellittica, dove potessero esistere condizioni simili a quelle del mondo che avevano devastato; era per questo che erano stati assunti lì loro due, per trovarlo, ed erano stati sottoposti a rigidissimi test per valutare se, in caso di scoperta, sarebbero riusciti a mantenere il segreto fino a che il governo avesse deciso cosa fare. Ma questo benedetto pianeta sembrava non esistere, non lo avevano trovato. Forse perchè non c’era. O forse perché non lo meritavano. Un altro pianeta da distruggere. Mihael lo aveva pensato ogni volta che si era seduto su quella stessa sedia per lavorare, dove ora stava seduto Mail.

“Forse è meglio così…” rispose Mihael in un sussurro. “Ma, in ogni caso, ormai, è tardi per pensarci.”

Mail aveva riletto tutto e aveva finalmente realizzato. Lo guardò con gli occhi di chi aveva visto la cosa più terribile che occhi umani potessero mai vedere: l’universo era in sempre più rapida espansione e persino a loro, gli unici a possedere le strumentazioni adatte ma troppo affidati alla tecnologia e affannati dalla propria egoistica ricerca, era passato inosservato il fatto che la Terra si stava dirigendo già da tempo nel raggio d’azione di una pulsar. Una di quelle delle ultime categorie scoperte, la più insidiosa, che non emetteva luce visibile né raggi di una tipologia catalogabile. Non erano né X né gamma, ma erano ancor più devastanti. Dodici ore circa, e la Terra sarebbe finita sotto le sue radiazioni. Anche Mihael se n’era accorto per caso mentre cercava di calcolare tutt’altro, e poi aveva sentito il primo bip dei suoi impulsi, questo Mail lo aveva capito anche senza chiederglielo. I calcoli che Mihael aveva scritto su un foglio posato sulla scrivania sembravano esatti, anche se Mail non aveva il tempo di verificarli: la via lattea si sposava su un piano preciso e il fascio della pulsar li avrebbe investiti. Era inevitabile.

“Da quanto tempo lo sai?” 

“Da ieri.”

“Non puoi tenerlo per te.”

“Non servirebbe a niente rendere pubblica la notizia arrivati a questo punto, Matty. Si scatenerebbe il panico e basta. È meglio che nessuno sappia, così tutto finirà nella quiete. Non se ne accorgeranno nemmeno.”

“Ma non puoi togliere alle persone il diritto di sapere!” gridò.

“Non posso nemmeno condannarle a vivere nel terrore le loro ultime ore di vita!”

“E perchè lo hai detto a me?” chiese con tono di sfida.
Le palpebre di Mihael si strinsero, come i suoi pugni. Tanto valeva vuotare il sacco. Non c’era più tempo per nulla.

"Perché sono un egoista.” Mihael si avvicinò a Mail, portando il proprio viso a pochi centimetri da quello dell’altro, guardando intensamente le sue iridi azzurre. “E non potevo lasciare che il mondo finisse senza prima fare una cosa” disse. E lo baciò sulle labbra.

Erano anni che desiderava farlo, ma non aveva mai voluto compromettersi o complicare le cose con un collega. Ci voleva la fine del mondo perché si decidesse a compiere quel passo. 

Mail non si stupì, anzi. Aprì la bocca e cercò la lingua di Mihael, trovandola dolce e calda. Affondò una mano tra i suoi serici capelli biondi, aspirando profondamente il suo odore. Avevano aspettato troppo a lungo, ma almeno adesso stava succedendo.

Mail ridacchiò e Mihael si staccò da lui con aria interrogativa.

“Meglio tardi che mai, eh?” disse Mail con un sorriso triste. Un accenno di sorriso apparve anche sul volto di Mihael, per poi sparire subito dopo. 

Bip

I segnali arrivavano a intervalli regolari. L’orologio che scandiva il loro tempo. 

“Prendi quel telefono o qualsiasi altro mezzo, Mihael, e dillo a chi sai” gli disse Mail con tono grave.

“Non sono ancora convinto che sia una buona idea.”

“Non importa, non c’è più tempo per pensare. Forse là fuori c’è qualcuno che ha un’ultima cosa da fare.”

Mihael lo guardò per qualche altro istante, e guardando dentro i suoi occhi capì. 

Attivò il comunicatore vocale, mettendosi un auricolare. Chiuse gli occhi quando una voce gli rispose. 

“Ho trovato una cosa, sul monitor. Tra poco meno di dodici ore, finiremo dentro il fascio di una stella di neutroni. Vi invio i dati e vi condivido le immagini del telescopio HS-503. Dopo, spegnerò le apparecchiature e i dati resteranno in mano vostra.”

Chiuse la comunicazione prima che l’interlocutore potesse capire. Andò al computer e trasmise tutto ciò che doveva per far sì che gli credessero. Vide l’orario sul calcolatore, prima di spegnerlo e spegnere tutte le macchine. Non si era reso conto di quanto tempo era passato da quando Mail era arrivato. Meno undici.

Andò alla porta e la chiuse a chiave, anche se sapeva che non ce n’era bisogno. Tornò davanti a Mail che, appoggiato alla scrivania, lo aspettava col cuore che batteva a mille e intrecciò le proprie mani alle sue. 

 


 

 


 

Voglio scrivere per sempre di voi.  ♡

 
  
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