Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: Melisanna    07/06/2022    0 recensioni
Una raccolta di racconti su Steel Ball Run, precedenti e contemporanei alla storia raccontata sul manga incentrati su Diego Brando e Johnny Joestar. Tra corse di cavalli, drammi di bambini e adolescenti e sentimenti confusi.
Genere: Introspettivo, Slice of life, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Diego Brando, Johnny Joestar
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Questa serie di racconti, pur essendo tutti legati e coerenti fra di loro, possono essere letti singolarmente.

 
Un vero fantino

 
– Maledizione Jonathan, vuoi  prendermi in giro?

Le mani di Johnny si contraggono e stringono le redini. Cherrypie sbuffa infastidito e arretra di un paio di passi, Johnny allenta la presa. Le lacrime gli salgono agli occhi, si morde le labbra per trattenerle. Perché a suo padre non va mai bene niente? Cos’ha sbagliato stavolta? È certo di aver fatto tutto bene, ha trattenuto il cavallo fino all’ultimo rettilineo, perché non si sfiancasse, non ha mai sbandato, è restato saldo sui piedi, senza gravare sulla sella, ha preso tutte le curve alla perfezione… Ah, le curve! Spalanca gli occhi mentre realizza di essersi spostato all’esterno sulla quarta curva, mentre allentava le redini e dava di sprone allo stallone sauro per fargli prendere il rettilineo alla massima velocità. Ha perso qualche decimo, di sicuro, forse persino un intero secondo, forse di più.

– Hai completamente sbagliato l’ingresso nel rettilineo, cosa cazzo stavi pensando? Ti sei bevuto il cervello?

Il labbro gli trema, vorrebbe ribattere che non poteva fare meglio, è impossibile, che Cherrypie è nervoso oggi, che pesa sulle redini e che scarta al minimo stimolo. È colpa del tempo, Johnny ne è sicuro, di quel cielo nuvoloso e pesante come una lastra di piombo, di quell’aria greve in cui si fa fatica a respirare. Cherrypie è nervoso, non avrebbe potuto prendere la curva più stretta, non sarebbe riuscito a controllarlo. Ma sa che se provasse a parlare balbetterebbe, suo padre si accorgerebbe che è sull’orlo delle lacrime.

Si arrabbierebbe ancora di più. Piangi sempre Johnny, sei una femminuccia, un bamboccio, hai nove anni, sei troppo grande per questo. Tuo fratello è sempre stato il migliore fra voi due, aveva carattere lui, non come te, tu sai solo frignare. Pappamolla.

Si arrabbierebbe ancora di più, ma Johnny non riesce a impedire alle sue labbra di tremare e agli occhi di riempirsi di lacrime, perciò sta zitto. E poi a cosa servirebbe cercare di difendersi? Suo padre non gli crederebbe comunque, direbbe che Nicholas avrebbe fatto di meglio, che chiunque avrebbe potuto fare di meglio, anche se Johnny è sicuro che, no, non è possibile, che con Cherrypie così nervoso, non era possibile prendere la curva più stretta, avrebbe scartato e sarebbe stata la fine.

– Non so perché faccio la fatica di continuare ad allenarti, non vali niente come fantino, potrei scegliere qualsiasi ragazzino del circondario e farebbe meglio di te.

L’accusa è così ingiusta che Johnny non riesce a impedirsi di ribattere. È un bravo fantino, sa di esserlo. Nessuno poteva fare di meglio ne è sicuro.
– P-p-p-padre, n-n-n-on è così. Cherryp-p-pye è n-n-nervoso, è imp-p-p… imp-p-p-p… impossibile…

Mentre parla già realizza che avrebbe dovuto stare zitto, soprattutto non avrebbe mai dovuto pronunciare la parola che inizia per i, sa che la detesta. Il volto di suo padre diventa viola dalla rabbia, gli occhi spariscono sotto le sopracciglia cespugliose. Johnny si interrompe ancora prima che esploda, chiude gli occhi e aspetta che la sua furia gli si rovesci addosso.

Quando parla, però suo padre è calmo.

– Scendi da cavallo.

Johnny lancia una gamba oltre il dorso lucido di Cherrypie e si lascia scivolare giù. Questo è molto peggio.

- Non potevi fare meglio, eh? Era impossibile, eh? Tu – Si volta e indica uno dei ragazzi di stalla, che sta trascinando un secchio di mangime grande quasi quanto lui. È un ragazzino, ancor più minuto di Johnny. Johnny l’ha visto altre volte, i suoi vestiti sembrano stracci, non porta nemmeno le scarpe ed è sempre sudicio, tanto che non si capisce nemmeno di che colore abbia i capelli.

– Sali in sella e fai il tuo miglior tempo su un giro di pista – gli intima suo padre.

Il ragazzino lancia uno sguardo calcolatore a Cherrypie – Posso andare a prendere gli stivali, signore, per favore, signore?

– No, Johnny ti darà i suoi. Tanto a lui non servono a niente.

Johnny sente di nuovo le lacrime salirgli agli occhi, ma non vuole piangere davanti al bambino sudicio. Si leva gli stivali e glieli porge. Il bambino li prende con reverenza.

– Sono bellissimi – mormora – I miei non sono così belli.

– Ci posso giurare che non lo sono – sbotta suo padre con una risata e anche Johnny si lascia sfuggire un risolino. Il bambino sudicio cadrà alla partenza – Se riesci a fare meglio di Johnny sono tuoi.

Johnny non si preoccupa, non ha più neanche voglia di piangere, è impossibile fare un tempo migliore del suo. Di sicuro è impossibile per questo bambino sudicio. Forse Nick ci sarebbe riuscito, ma questo bambino no, mai. Suo padre capirà che ha fatto il meglio possibile e si scuserà con lui.
Il ragazzino si mette gli stivali e sale in sella. Almeno quello lo sa fare. Si china e accorcia le staffe: è ancora più basso di Johnny.  Cherrypie scuote le orecchie, sospettoso e arretra di un paio di passi. Il bambino gli sfiora il collo e gli mormora qualcosa, Cherrypie lo ascolta attento. Ma Cherrypie è nervoso, Johnny lo sa, è colpa del tempo, non basteranno due parole a blandirlo, scarterà e farà cadere il ragazzino alla prima curva. Lui non lo conosce, non come Johnny.

Si dirigono alla riga di partenza. Cherrypie scuote la testa, le froge frementi, sa di star per correre. È nervoso, Johnny lo vede. Il ragazzino è costretto a tenere le redini tese, per trattenerlo. Forse cadrà ancor prima della partenza. Johnny lo spera.

Ma suo padre dà il via e il ragazzino è sempre in sella e Cherrypie si lancia sulla pista con le lunghe zampe sottili che divorano il terreno. Sono partiti troppo veloci, Johnny ne è sicuro, Cherrypie non riuscirà a prendere bene le curve, così, e arriverà troppo stanco sull’ultimo rettilineo.

Cherrypie entra nella prima curva senza nemmeno rallentare e restando al centro della pista, il ragazzino chino sul suo collo, il volto che quasi affonda nella sua criniera. Escono dalla curva in perfetto equilibrio. Il ragazzino allenta appena le redini e Cherrypie si tuffa in avanti ancora più rapido.

Sono troppo veloci, Johnny ne è sicuro, sbanderanno sull’ultima curva, Cherrypie non riuscirà a prendere bene l’ultimo rettilineo. È nervoso, Johnny lo sa, colpa di quel tempo, del cielo pensante come piombo e dell’aria greve. Scarterà e farà cadere il bambino sudicio.

Ma Cherrypie prende l’ultima curva così stretta che quasi sfiora lo steccato. Lui e il ragazzino sudicio sembrano tutt’uno, escono dalla curva in assetto perfetto. Il ragazzino si china ancora di più, tutto il corpo proteso in avanti, come se potesse farlo correre con la sola forza di volontà e lo incita e Cherrypie  lo ascolta e accelera ancora mentre affronta il rettilineo.

Johnny li vede superare la linea di fondo a tutta velocità. Ma non è possibile, Johnny lo sa, è nervoso, colpa del tempo, avrebbe dovuto scartare all’uscita dell’ultima curva, far cadere il ragazzino sudicio o fargli perdere secondi preziosi. È impossibile.

Il ragazzino torna verso di loro, in sella a un Cherrypie rilassato e ancora pieno di energie. Le nuvole si aprono e Johnny realizza che, sotto il sudiciume, i suoi capelli sono biondi e risplendono alla luce del sole come oro pallido.

– Come sono andato, signore? – Chiede. E Johnny è sicuro che lo sappia benissimo.

Suo padre non risponde subito e quando Johnny si volta a guardarlo realizza che il ragazzino dai capelli splendenti ha sorpreso anche lui, anche se non vuol darlo a vedere.

– Puoi tenerti gli stivali. Sei un vero fantino, un talento, il primo che vedo da tempo. Forse dovrei adottare te, invece che cercare di insegnare qualcosa a questa pappamolla. Come ti chiami?

Il ragazzino sorride – Diego – risponde – Diego Brando.
  
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