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Autore: paiton    08/06/2022    0 recensioni
Il racconto di questi giorni raccoglie un diario della mia esperienza in Costa Rica, quando mi sono confrontato con un mondo totalmente diverso da quello europeo sia per quanto riguarda le abitudini delle persone che ho incontrato sia per quanto riguarda il mondo naturale con cui sono entrato in strettissimo contatto. Dopo una vacanza di venti giorni in cui ho visitato la Nazione in lungo e in largo ho deciso di andare oltre all'oceano Atlantico per altre tre volte: le prime due volte ho vissuto con abitanti del luogo, in casa loro, confrontandomi direttamente con il loro stile di vita e con le tecniche di coltivazione dei frutti tropicali. Al momento sto progettando il prossimo viaggio che mi spingerà a comprare qualche ettaro di terreno da riforestare.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ieri mi sono beccato il dengue.
Ha iniziato a girare tra molte persone del paese, alcuni hanno avuto febbre alta per una settimana… a me è venuta un’eruzione cutanea non dolorosa e non pruriginosa ma simile in apparenza alla varicella, ho avuto febbre a trentasette per un pomeriggio. Era pure domenica… ma per fortuna non avevo niente in programma…
 
Adesso è lunedì e sto comunque andando a lavorare, Veronica mi fa bere a colazione un the preparato con erbe medicinali e mi confessa di non aver mai avuto quel genere di malattia in sessant’anni che vive lì.
 
Il guacamole viene servito a colazione, pranzo e cena, mi sto stomacando a forza di mangiar avocado in ogni forma. In ogni caso non sono per nulla preoccupato di questa malattia.
 
Oggi abbiamo lavorato sodo per staccare le canne da zucchero: tali canne, molto simili a quelle che vediamo in Italia ai bordi di fiumi e laghi, vengono strizzate con un macchinario a manovella composto da due rulli. Dalle canne esce un liquido molto dolce che poi si mette ad evaporare ed è possibile creare bottiglie di dolcificante a varie concentrazioni di saccarosio. Loro non lo fanno mai cristallizzare a secco (come quello che arriva in Europa).
 
Manca mezz’ora al calar del Sole e il cielo è nero, grosse nubi minacciose arrivano dal mare e non si vede nessun bel tramonto rosa. Saluto Veronica e Delroy e, come una saetta, prendo la via stretta e piana di radici della costa. Cade qualche grossa goccia ma nessun fulmine per il momento; impiegherò più tempo ma mi bagnerò di meno. Qui è un disastro asciugare i vestiti, mi si è perfino ammuffita una maglietta nell’armadio per quanta umidità c’è.
 
Arrivo ad un fiume in piena, accidenti.
 
Avevo totalmente dimenticato quel piccolo particolare, dalla costa non esiste nessun ponte per superare il torrente…
 
Dovrei tornare indietro e prendere il doppio dell’acqua sui vestiti. Tra la strada costiera e la strada asfaltata che collega Puerto Vieho a Manzanillo hanno deciso di costruire stupidi hotel americani e casette private. Qui tutti hanno una gran paura dei ladri tossicodipendenti che entrano per rubare i soldi della dose giornaliera.
 
Il cancello aperto di una casetta mi incuriosisce: secondo i miei calcoli taglio di almeno quattro chilometri e prendo almeno sette litri d’acqua in meno addosso e sullo zaino. Se te lo stai chiedendo, qui gli ombrelli non vengono neppure venduti, il vento li porterebbe tutti via soprattutto se il tuo mezzo di trasporto è una bicicletta.
 
Sta piovendo come a quel tempo in cui Noè dovette costruirsi l’Arca; mi introduco nella proprietà privata entrando per il cancello aperto, camminando a fianco della bici, col manubrio in mano cerco di passare inosservato dritto per la mia strada, sperando che esista un’uscita sulla strada principale e pregando che questa casa non sia di un americano col grilletto facile.
 
Ci sono alti alberi pieni di frutti stella e una casetta in legno, abbastanza spoglia, sembra disabitata, alcune assi della veranda sono rotte. Volgo lo sguardo al cielo, che si fa spazio in un piccolo angolino fra le foglie grondanti acqua: non accenna minimamente a migliorare, il colore resta grigio scuro.
 
Un Amstaff mi osserva, rigido, probabilmente è appena sbucato dalla porta d’ingresso, prima non c’era… mi fermo all’istante e vedo un uomo, magro e pelato sulla sessantina, che esce dall’oscurità con una bottiglia di Gin schietto nella mano destra.
 
“Salve! Volevo raggiungere la carettera principal, mi scusi se sto passando per la sua proprietà” urlo a gran voce per sovrastare il rumore del monsone e intanto faccio un semicerchio con la bici per tornare indietro.
 
Il cane mi si avvicina correndo sotto all’acqua, sembra voglia farsi accarezzare, è molto docile e amichevole.
 
Allora vado verso il portico e appoggio la bici, l’ometto si è seduto su una piccola sedia di legno, anch’essa usurata dal tempo.
 
“He is Scuby” mi informa, facendo un cenno del capo in direzione dell’Amstaff da combattimento e mi passa una canna, poi fa un sorso dalla sua bottiglia di superalcolico e me lo offre sorridendo.
 
“No thanks” Gli dico facendo di no con l’indice, ha tutti i denti marci.
 
“You have found paradise” afferma lui convinto, apre le braccia verso i lati per mostrare il suo giardino pieno di frutti.
 
“I’m Big Capitaine Zero” Continua a parlare e racconta che suo padre proviene da Roma, la città eterna. Mi fa vedere la sua carta d’identità americana e mi invita a guardare su Youtube il suo video Big Capitaine Zero 72: “Ci sono io che mi fumo una canna gigante” e mostra con le braccia quanta era lunga quella che si era fumato.
 
Poi si rende conto che sta facendo buio, mi chiede cosa ci faccio qui in paradiso. Gli rispondo che sono italiano (cosa che lo stupisce molto) e che lavoro con Delroy, il marito di Veronica , quelli del Vorinica’s Place in centro: gli spiego che sono qui per imparare a coltivare le piante locali. Siamo entrambi molto contenti di esserci incontrati, io davvero sono rimasto sbalordito di fare la conoscenza di un personaggio come lui.
 
“La strada è di qua…” e inizia a camminare verso il retro del suo Eden “Oh non preoccupati del mio cane, lui vuole bene a tutti” Cerca un bastone lungo e inizia a colpire degli avocado come se fossero pignatte, li spara in giro per il giardino e poi li va a raccogliere e li mette in una busta (non volevo deluderlo dicendogli che da una settimana mangio solo quelli).
 
“Vuoi anche dei limoni? Ne sono pieno!”  Io annuisco “Yes, i like it!” e lo ringrazio molto, è come se mi leggesse nel pensiero. Ne mette sei o sette nella busta poi mi raccoglie degli Star Fruit tra cui uno enorme, il più grande che io abbia mai visto.
 
“Prendi la bici e seguimi, di qua!” Avanza precedendomi. Le zanzare mi stanno pungendo di brutto, sta smettendo di piovere.
 
Apre un cancellino mezzo scassato e mi trovo in un altro giardino su cui è stata costruita una chiesa Evangelista.
 
“Ritorna a trovarmi!” sorride con un dente si e uno no.
“For sure!” gli faccio un ciao con la mano e parto in quinta, questa è una tregua momentanea del monsone tropicale.
 
Ormai è buio, ho un sacco di frutta prelibata e quando sono solo a pochi passi dall’appartamento inizia di nuovo a piovere.
 
Giuro di non essere mai riuscito a ritrovare il suo video su youtube e da nessuna altra parte ma se tu ci riesci fammelo sapere. Tra tutte le cose che ha detto il Gran Capitano non so quali fossero reali e quali no ma la storia dell’Eden era sicuramente vera. Anche mio nonno era una persona molto generosa e diceva sempre: “Se puoi fare un regalo ad un amico o ad un familiare non tirarti mai indietro.” Penso che sia necessario essere più generosi e più grati rispetto a ciò che abbiamo, è nostro dovere essere riconoscenti per i doni della natura, lei non ci chiede nulla in cambio.
   
 
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