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Autore: Jeremymarsh    09/06/2022    3 recensioni
Una volta si erano ripromessi di affrontare ogni cosa insieme, ma poi lui le aveva lasciato la mano, abbandonandola di nuovo.
Ora lei lo ha ritrovato e riportato nel Dritto, incurante delle conseguenze, ma si renderà conto che la parte più difficile deve ancora arrivare.
Ofelia e Thorn scopriranno che prima di amarsi, prima di cominciare quella vita tanto agognata, dovranno trovare il coraggio per affrontare ciò che sono diventati. Eppure nemmeno quello avrà importanza, se prima non impareranno a condividere i rimorsi e le proprie paure.
Scopriranno che l’unico modo per curare le ferite e colmare i vuoti sarà affidarsi all’altro e cominciare un nuovo viaggio insieme.
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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Liberi

 

“Sei sicuro sia stata la mossa giusta?” chiese Ofelia, esitante, una volta che furono rientrati, l’appetito ormai perso.

Thorn la guardò con tenerezza ma senza abbandonare del tutto l’espressione determinata e poi annuì. “Sono preparato per questa evenienza, ricordi? Qualche giorno in più non fa la differenza e preferisco risolvere la questione quanto prima.”

“Sì, ma li hai visti; sembrano abbastanza agguerriti e sappiamo di cosa sono capaci.”

“Moglie di Thorn, forse state sottovalutando un po’ le persone che vi sono accanto.” Dall’altro lato della tavola, dove aveva preso posto non appena era stato possibile, Archibald ammiccò. “Non credete mica che avremmo lasciato vostro marito in balia di certi individui,” continuò con finta disapprovazione.

“Ma veramente-” provò a dire ancora per poi essere interrotta.

L’ex ambasciatore scosse la testa e poi le rivolse il sorriso che gli aveva sempre garantito una conquista sicura. Subito dopo, come se fosse un trucco di magia e lui un abile prestigiatore, sollevò il cilindro dal capo e ne tirò fuori un taccuino che aveva visto giorni migliori da una tasca interna — Ofelia si domandò se fosse sempre esistita o come potesse anche solo esistere in mezzo a tante toppe.

Roseline trattenne il fiato, Berenilde batté le mani soddisfatta e i due coniugi osservarono l’oggetto constatando una certa familiarità — nel caso di Thorn, assolutamente certa. Non c’erano molti dubbi su chi fosse stato il precedente possessore, la vera domanda era perché mai fosse Archibald ad esserne in possesso ora.

“Questa, miei cari, è l’arma che zittirà del tutto i dissenzienti. E abbiamo visto quanto disturbo possono creare. Con questo il processo del signor Thorn è assicurato, anche se ho avuto l’impressione che il nostro Intendente non si sarebbe fatto intralciare dai Miraggi in ogni caso. Per essere un senza poteri, la sua fermezza mi stupisce ogni volta. Forse è questo il suo potere familiare: sfruttare l’essere sempre sottovalutato a proprio favore,” concluse divagando verso la fine del discorso.

“Perché qualcosa del genere è nelle vostre mani?” chiese Thorn stringendo gli occhi. La situazione si prospettava più facile con quel taccuino, ma non lo avrebbe certo ammesso di fronte ad Archibald.

“Ho i miei mezzi,” ammiccò ancora l’altro, ma prima che Thorn potesse ribattere e giudicarlo sulla base dei suoi cosiddetti mezzi, Berenilde si intromise.

“Abbiamo preso anche noi le nostre precauzioni, cosa credi!” esclamò oltraggiata, come se il nipote dubitasse dell’interesse che lei aveva per le sue sorti o quelle del processo a cui sarebbe stato sottoposto a breve. “Non dimenticare che io ho continuato a vivere in quest’arca e, nonostante tutti i cambiamenti a cui siamo andati incontro, è sempre stato chiaro che qualora tu fossi tornato nessuno avrebbe mai rinunciato alla propria vendetta.”

“Sono certo che molti avrebbero preferito che non tornassi affatto,” affermò impassibile Thorn. “Che bella sorpresa deve essere stata per loro la notizia del mio ritorno.”

Gli occupanti della stanza — a parte Ofelia e Vittoria — lo guardarono strabuzzando gli occhi mentre un silenzio imbarazzante calava su di loro. Infine, fu Archibald a spezzarlo con quella risata che lo contraddistingueva. “Ah, anche voi sapete cos’è l’ironia; questa sì che è una sorpresa.”

In risposta, l’ex Intendente lo guardò fisso negli occhi azzurri che ancora scintillavano di malcelata allegria e con un’espressione neutra recitò: “La dissimulazione del proprio pensiero con parole che significano il contrario di ciò che si vuol dire, con tono che tuttavia che lascia intendere il vero sentimento.”

Archibald batté le palpebre una, due volte mentre Thorn continuava a guardarlo senza che un solo muscolo facciale si muovesse e, infine, scoppiò a ridere. “Touché. Questa volta devo proprio darvela vinta.” Poi si rimise il cilindro sul capo e scattò in piedi. “Non mi resta che aspettare e vedere cosa l’accoppiata tra voi e l’attuale Intendente ci porterà. Non mi deludete, vi raccomando. Ah,” aggiunse quando ormai era ormai sulla soglia, “fossi in voi mi abituerei presto al vostro nuovo status sociale; non vi sarà più facile nascondervi d’ora in poi.” E ridendo se ne andò e lo rividero solo nella sala del Grande Tribunale Interfamiliare che era stata scelta per il processo — e allestita di fretta all’ultimo.

 

*** 

 

Nel momento in cui le porte vennero chiuse al pubblico e nella stanza rimasero solo pochi testimoni e coloro che erano riusciti a strappare un permesso, anche il ronzio della folla che si era riunita fuori si spense. Ma il cambiamento maggiore non riguardò il suono, piuttosto l’Intendente già seduto davanti a tutti.

Era scomparso l’uomo nervoso e sudaticcio che Thorn e Ofelia avevano incontrato quella mattina e al suo posto vi era una persona determinata con l’espressione dura e per nulla intransigente resa ancora più efficace dalle labbra strette in una linea dritta. I suoi occhi chiari avrebbero potuto competere con il vento gelido che ancora imperversava fuori da quelle mura e continuavano a lanciare fulmini in direzione dei Miraggi che borbottavano rumorosamente. La pelata era perfettamente asciutta e il fazzoletto che aveva utilizzato in precedenza per asciugarla scomparso del tutto; al suo posto ve ne era uno nuovo nel taschino della giacca pulita e stirata. Le sue spalle dritte lo rendevano più alto di quel che era in realtà e Ofelia si chiese anche se quell’effetto ottico non fosse dovuto in realtà a qualche cuscino che loro non potevano vedere.

Qualunque fosse il motivo di quella trasformazione, nessuno accanto a loro era sorpreso, il che fece capire ai coniugi che era quella l’immagine abituale che dava e non l’altra, forse una casualità dovuta alle circostanze. Il tutto aveva senso, rifletté Thorn, il quale era sollevato di sapere che a dirigere il tutto ci sarebbe stata una persona un minimo competente e non l’essere debole che aveva incontrato sulla soglia di casa sua. Non che gli avrebbe comunque permesso di interferire negativamente sulla sua vita.

Quel processo avrebbe avuto solo un possibile verdetto, ma ciò che Thorn non aveva predetto era che, per una volta, il suo operato non sarebbe stato davvero necessario. Era un risvolto che l’uomo, abituato a cavarsela sempre da solo e a non fare affidamento su nessuno, non aveva nemmeno preso in considerazione. Certo, da quando aveva conosciuto Ofelia parte di quell’atteggiamento era cambiato perché aveva imparato a fare entrare un’altra persona nella sua vita — l’aveva accolta e ora aveva un posto fisso che lui non avrebbe più sopportato vedere vuoto. Tuttavia, ciò non significava che fosse più incline ad aprirsi a individui che a malapena conosceva o, addirittura, ad affidarsi a qualcuno che non fosse lui stesso e la moglie. In generale, quindi, il risvolto lo prese in contropiede e fu una fortuna che, invece, l’Intendente avesse del tutto abbandonato la maschera debole e fosse sicuro della propria vittoria.

Quest’ultimo chiuse le porte, si schiarì la gola e lanciò l’ennesima occhiataccia ai Miraggi intimandogli di fare silenzio il che — senza troppe sorprese — funzionò a meraviglia. Poi il suo sguardò si posò su tutti i presenti e infine sull’oggetto tra le sue mani che l’ex ambasciatore gli aveva fornito poco prima lontano da sguardi indiscreti.

Concedo a Thorn un titolo nobiliare e lo affranco dalla sua condizione di bastardo. Di conseguenza sarà sottoposto a un altro processo, stavolta nelle dovute forme,” lesse a voce alta senza troppi preamboli. “Queste sono le parole che l’aiuta-memoria scrisse quando il sire Faruk le enunciò all’epoca dei fatti. E questo tra le mie mani è il taccuino sul quale è stato anche appuntato l’accordo che il signor Thorn aveva stretto con il nostro spirito di famiglia ed è stato poi onorato da lui e da sua moglie – l’allora sua fidanzata -, la signora Ofelia, figlia di Artemide. Su queste si baserà l’intera udienza che andrò a guidare quest’oggi; c’è chi ancora dubita o ha qualcosa da contestare?” Bertrand borbottò e fece per parlare, ma una gomitata della sorella gli tolse il fiato e chiuse immediatamente la bocca. “Molto bene, iniziamo.”

“Ho studiato bene questo caso quando è stato sottoposto alla mia attenzione qualche settimana fa e con esso gli eventi che portarono all’incarcerazione del qui presente imputato. Non gli fu concesso un regolare processo e il tutto durò così poco che i giudici non ebbero nemmeno il tempo di sedersi — converrete con me che è un trattamento al quanto barbaro. Ma divago; d’altronde, non che vi interessa la mia opinione sui clan che il signor Thorn aveva aiutato e che gli hanno poi voltato le spalle.” Si aggiustò gli occhiali e tossì lievemente. “Ora, da quel che leggo nei miei appunti e sui vecchi verbali, fu lui stesso a consegnarsi alla giustizia per essere colpevole di aver ucciso il barone Melchior, il ministro dell’Eleganza, in difesa della sua fidanzata, ma al contrario, non vi è alcuna-”

“Sono fandonie,” urlò Bertrand scattando in piedi. “Quel bastardo è pazzo come la madre e ha causato quei disordini per poi uccidere nostro cugino e tentare di far cadere ogni colpa su di lui!”

Emmanuel scattò verso di lui e lo incenerì con lo sguardo. “Signor Bertrand, non approvo questo linguaggio né il vostro comportamento in quest’aula e, a meno che non vogliate essere sbattuto fuori, vi suggerisco di fare silenzio. Signorina, se non siete in grado di tenere sotto controllo vostro fratello manderò via anche voi con lui. Ah, e se non fosse stato chiaro finora, la parola ‘bastardo’ in riferimento all’imputato non ha alcun valore. Non sono stato io a deciderlo, ma il sire Faruk quando aveva ancora ruolo di spirito di famiglia. Ritorneremo su questo punto dopo, ma vi prego di non utilizzarla più né oggi né mai.” Tossicchiò e riprese i documenti che aveva in mano.

“Prima di essere ancora interrotto,” ricominciò con tono minaccioso e con un’ultima occhiataccia diretta ai Miraggi, “stavo dicendo che, appunto, non vi è alcuna prova che il signor Thorn fosse il responsabile delle scomparse che si sono verificate a Chiardiluna subito prima della morte del Barone. Questa mancanza va attribuita a coloro che non hanno fatto il loro lavoro durante il primo processo e non hanno ritenuto necessario verificare queste accuse. Detto questo, come Intendente, non posso razionalmente accusare l’imputato di questo reato. Inoltre, ho la testimonianza di una delle vittime, la quale afferma con totale sicurezza che il signor Thorn non fosse il responsabile dell’attacco alla sua persona.”

Clementine si schiarì la gola per attirare l’attenzione su di sé ma senza fare una scenata come il fratello. “Se permettete. Le vittime non erano in grado di intendere e di volere e il vostro stesso testimone si trovava in uno stato letargico che ha costretto i suoi stessi familiari a interrompere il suo collegamento con la Rete. Di certo non vi aspettate che la sua parola possa bastare per assolvere il traditore.” Poi si voltò indietro, dove era seduto Archibald con un sorrisetto sulle labbra e per nulla preoccupato, e lo guardò di traverso.

“Signorina, come ho già detto, non sono state lasciate prove concrete che possano attribuire la colpa dei rapimenti al signor Thorn e questo è già abbastanza per me per cancellare del tutto questa accusa dalla lista. Tuttavia, se avete intenzione di mettere in discussione la testimonianza della vittima, sono disposto a venirvi incontro a patto che rispondiate ad alcune delle mie domande.”

La dama, tutta tronfia, annuì, convinta di aver finalmente imboccato la strada della vittoria.

“Molto bene.” Emmanuel rovistò tra le sue carte, pile infinite di fogli in disordine che stavano causando non poco disturbo al precedente Intendente, e infine trovò ciò che stava cercando. “Volete rammentare a tutti a che clan appartenete e quali sono, tipicamente, i vostri poteri?”

“Il clan dei Miraggi,” rispose subito, fiera. “Ci occupiamo di illusioni.”

“E quali sono invece i poteri dell’imputato?” Il silenzio seguì quella domanda. “Non ve lo ricordate? Vuole che vi aiuti? Molto bene,” ripeté una terza volta acchiappando un foglio volante. “Il signor Thorn è figlio di un Drago, dal quale ha ricevuto in dotazione degli artigli in grado di causare danni sia fisici che mentali, e di una Storiografa, la quale gli ha donato una memoria eccellente e senza falle — il che gli permette di ricordare avvenimenti che non trovano spazio nemmeno sui documenti sui quali stiamo basando l’intero processo. Vi ho rinfrescato i ricordi?”

“Beh, sì, ma non vedo come questo possa avere a che fare con i suoi delitti,” ribatté Clementine, ora non più così sicura di sé.

Emmanuel sorrise. “Oh, ma io sì, non vi preoccupate. Ora, lasciate che vi faccia un’ultima domanda. Dati i vostri poteri familiari, chi dei due, tra voi e l’imputato, sarebbe più in grado di far ricadere la vittima in quello stato letargico e illusorio di cui si parlava prima?”

La donna rimase a bocca aperta per un secondo, per poi riprendersi a causa delle risatine di Archibald che arrivarono alle sue orecchie e l’Intendente non fermò. “Mi state forse accusando?” Era tutta rossa e stava facendo del suo meglio per non alzare la voce.

“Assolutamente no, signorina. Sto semplicemente mostrando a tutti l’evidenza, basandomi proprio sulle vostre parole. Se tutte le vittime sono state rapite nello stesso modo, mi sembra alquanto difficile che il signor Thorn – mezzo Drago e mezzo Storiografo – abbia potuto esserne il responsabile. E questo,” aggiunse con tono accondiscendente e un sorriso ancora più ampio sulle labbra, “ci fornisce un’ulteriore prova del fatto che questa accusa è infondata.”

Mormorii di dissenso provenienti dal lato dei Miraggi si innalzarono mentre Clementine prendeva di nuovo posto sconfitta, ma si placarono con un altro colpo di tosse da parte di Emmanuel. “Qualche obiezione?” chiese ironicamente, non aspettandosi alcuna risposta.

“Ottimo, andiamo avanti.” Rovistò ancora tra le pile disordinate di documenti, suscitando in Thorn dubbi su come avesse potuto davvero mandare avanti l’Intendenza in quel modo, e infine interpellò proprio lui. “Signor Thorn, ho qui la vostra deposizione. Vi dispiace, comunque, raccontare a tutti le circostanze che vi hanno portato a porre fine all’esistenza dell’ex ministro dell’Eleganza?”

Thorn annuì, alzandosi meccanicamente dalla sedia e ignorando gli sguardi d’odio e i sussurri che provenivano dalla parte opposta. Ofelia lì accanto era l’unico supporto di cui aveva bisogno. Con l’eccellente memoria che la madre gli aveva lasciato in eredità, Thorn riportò nei minimi dettagli i disordini causati dai rapimenti a Chiardiluna e i risultati a cui la sua indagine aveva portato. Scioccò tutti rivelando il coinvolgimento di Dio e la partecipazione del Barone come suo discepolo — e dopo quelle parole bisognò portare nuovamente ordine nel tribunale e Bertrand fu cacciato dopo aver accusato Thorn di infangare la memoria del cugino. Infine, descrisse l’illusione di cui Ofelia era stata vittima, spiegando il suo funzionamento e la reticenza che il vecchio ministro aveva dimostrato quando gli aveva chiesto di annullarla. Da lì, tutto era precipitato in breve tempo. 

In seguito, Emmanuel chiese a Ofelia di confermare o negare la versione di Thorn e di descrivergli il comportamento del marito in seguito all’accaduto e la sua conversazione con il Barone Melchior. “Al di là di quanto è accaduto e sta accadendo, spero mi permetterete di lodare la vostra onestà e il vostro onore. Non tutti avrebbero confessato le proprie azioni,” aggiunse non riuscendo più a contenere l’ammirazione che provava per il suo predecessore. “E questo mi porta a dire che se il qui presente fosse stato colpevole anche degli altri crimini non avrebbe esitato prima di ammetterli quando si è consegnato alle mani della giustizia. E a voi tutti dico che a seguito di quest’altra testimonianza, avallata dalle parole della signora Ofelia, la situazione appare decisamente diversa da setti anni fa.”

“Signor Intendente.” Un terzo miraggio aveva preso il posto di Bertrand e Clementine ora che erano stati cacciati fuori, ma per fortuna stava dimostrando modi più consoni al luogo nonostante il suo evidente odio nei confronti di Thorn. “Ho stima del vostro lavoro e di ciò che ha fatto per la nostra arca fino ad oggi, ma sarete d’accordo con me che non è possibile basare il verdetto di questo processo su quanto detto dalla moglie dell’imputato. C’è un chiaro conflitto di interesse.” Lanciò un sorrisetto nella direzione dei due coniugi e poi si sedette a seguito di un cenno di Emmanuel. Nessuno avrebbe potuto obiettare quanto detto.

Ofelia stava cominciando ad agitarsi: nonostante l’uomo non avesse fatto segreto della sua adorazione per Thorn e stesse anche osando molto per far procedere tutto secondo i suoi piani, era evidente che i Miraggi non erano disposti a rinunciare tanto facilmente. Le prove dell’assassinio del Barone erano schiaccianti perché lo stesso Thorn aveva confessato. In quale modo avrebbero potuto assolverlo? La motivazione che era stata data non era bastata all’epoca e non sarebbe bastata oggi. Continuò a mordicchiarsi le labbra, cercando di capire come potesse Thorn essere così tranquillo o l’Intendente sicuro di ciò che stava facendo. Ai suoi occhi tutto appariva tetro. Che avesse mal interpretato le azioni di quest’ultimo e non avesse in realtà alcuna intenzione di liberare il marito dalle accuse? Non era sicura che avrebbe potuto sopravvivere a un verdetto a loro sfavore. 

“Sono d’accordo, non posso scagionare l’incriminato sulla base di quanto detto finora,” annuì Emmanuel facendo perdere un altro paio di battiti alla giovane Animista. “Tuttavia, un processo equo presuppone che vengano ascoltati sia colui che accusa che l’accusato. Mi sbaglio?”

“No, assolutamente no,” rispose immediatamente il Miraggio, piegandosi in un inchino fin troppo basso e ricominciando con le sue perfide tecniche di adulazione.

“Quindi non avevate motivo di interrompermi, in quanto non vi avevo dato alcun motivo di pensare che avessi intenzione di utilizzare la testimonianza della signora Ofelia come prova schiacciante dell’innocenza dell’imputato.”

Ofelia giurò di aver visto gli angoli della bocca del marito sollevarsi, ma vero o no, bisognava ammettere che Emmanuel sapeva il fatto suo. Era stato in grado sia prima che ora di far credere ai Miraggi di aver ragione prima di intrappolarli utilizzando le loro stesse parole. Era un senza poteri, su quello non c’erano dubbi, ma era evidente che si fosse educato cercando di sfruttare altre qualità che gli avevano permesso, infine, di ricoprire una carica così importante. Forse aveva avuto proprio ragione Archibald quella mattina: l’uomo sfruttava la poca fiducia che gli altri avevano in lui a suo favore.

Una volta che il silenziò calò nuovamente sulla stanza, si rivolse a tutti. “Ora che abbiamo ascoltato le varie testimonianze e mostrato alcune prove, spero che la situazione sia più chiara a ognuno di voi. Forse tutto questo vi sembrerà inutile quando che vi avrò detto in che modo intendo procedere, ma credo fosse importante mettere i puntini sulle i e i trattini sulle t. Escluse le accuse dichiarate infondate prima, è venuto il momento di giudicare il signor Thorn, ex Intendente del Polo e unico superstite — insieme alla signora Berenilde e sua figlia Vittoria — del clan dei Draghi. In caso di colpevolezza, in questo stesso luogo verrà discussa la sua pena, al contrario, se fosse dichiarato innocente, il suo nome verrà immediatamente affrancato dall’onta e si procederà ad analizzare anche la seconda parte dell’affermazione del sire Faruk.”

Ofelia trattenne rumorosamente il fiato, allungando le dita artificiali verso il marito, ancora immobile e seduto più ordinato che mai accanto a lei. Il suo volto non mostrava alcuna emozione, neppure a lei, e per la prima volta da che si erano ritrovati le risultò impossibile leggerlo. Alle sue spalle sentì le zie bloccarsi e sussultare allo stesso modo, ma la sua attenzione era divisa solo tra Thorn e colui che aveva ora nelle sue mani il loro futuro. Non voleva pensare a un verdetto negativo, ma in quei secondi sembrava impossibile scacciare dalla testa quell’evenienza. Solo, lei non sarebbe stata in grado di affrontarla.

“Il crimine è stato commesso in un momento di grave confusione per quest’arca e, da allora, molto è cambiato — non solo per noi. Io stesso mi sono ritrovato a dover ordinare questa società che sembrava aver perso i suoi punti cardine e, non nego, è stata un’impresa per nulla semplice.” I suoi bellissimi capelli, andati così come lo era il barone Melchior, ne erano la prova. “Non posso certo sapere in che modo qualcun altro al posto mio avrebbe affrontato questo processo, posso solo prestarmi alla giustizia — come ho fatto finora — e assicurarmi che i diritti di ogni persona che la abita vengano rispettati e assicurati, che siano essi parte di un clan in auge o di uno decaduto, dotati di poteri o senza. Fatto questo preambolo, mi pare evidente che ognuno di noi si sia adeguato al cambiamento in maniera diversa — chi meglio e chi peggio. Eppure, se anche non si è d’accordo con queste novità, non si può andare contro la legge — sia vecchia che nuova — e dimenticarla non è una giustificazione.”  Stava ormai tirando il discorso per le lunghe e nel tribunale molti stavano cominciando a scocciarsi, quindi si affrettò a trovare l’ennesimo documento importante che aveva rischiato di perdere e riprese. “Il reato commesso dal qui presente signor Thorn è caduto in prescrizione due anni fa o meglio — se vogliamo proprio essere pignoli — 712 giorni fa. Dunque, non è più perseguibile e, di conseguenza, l’imputato è libero di vivere in qualsiasi arca egli desideri purché rispetti le leggi vigenti. Aggiungo inoltre, reiterando quanto concesso da Faruk stesso, che egli è da oggi ufficialmente in possesso di un titolo nobiliare e non più un bastardo, al di là delle circostanze dietro la sua nascita.” Poi si aggiustò gli occhiali e si rivolse direttamente a Thorn. “L’aspetto domattina presto all’Intendenza per discutere di questioni della massima importanza. Confido nella sua puntualità.” Aggiustò finalmente quella fila di carte disordinate, le infilò sotto le braccia e augurò una buona giornata tutti, prima di scendere di fretta dalla sedia e scomparire per non sottomettersi alla tiritera arrabbiata dei Miraggi per nulla contenti di quel verdetto. 

Ofelia e Thorn si guardarono negli occhi, ignorando le urla degli astanti e l’entusiasmo delle zie che pian piano divennero solo rumore di sottofondo, e sorrisero. Quello dei lei era smagliante, quello di lui più mite, ma non importava perché la loro felicità avrebbe potuto abbagliare chi stava loro intorno se non fosse stato che era, appunto, solo loro; non avrebbero permesso a nessuno di contaminarla o di esserne parte. Comunicarono con gli sguardi, ma nessuno seppe cosa si dissero veramente e solo dopo quella che sembrò un’eternità interruppero il contatto e Ofelia gli saltò addosso. Fu un’impresa per lei, tanto bassina, ma il marito l’aiutò e non si curò di essere in mezzo a tanta altra gente che avrebbe potuto vederlo o dei fischi imbarazzanti di Archibald. Lo sfondo di quel momento non aveva tanto importanza, ma solo colei che stringeva attualmente tra le braccia e gli stava bagnando il colletto con le proprie lacrime. Per una volta non nascose le sue emozioni e mostrò a tutti come il freddo e misogino ex Intendente era più che capace di amare; di più, era innamorato di sua moglie, dei suoi difetti e dei suoi pregi, e per lei avrebbe fatto di tutto. Era felice e il suo passato non aveva più importanza né coloro che avevano cercato di mettergli i bastoni tra le ruote.

E loro due erano finalmente dove dovevano essere: uniti, a casa, liberi, innamorati e, soprattutto, insieme.

 


 

N/A: La percepite la fine che si avvicina? Io sì *piange* ma meglio se lascio frasi di commiato per l’ultimo capitolo. Ieri stavo scrivendo il 21 e dovrei riuscire a concludere il tutto in 23 capitoli – ovviamente nulla è certo fino a quando non scrivo la parola Fine, ma sono sicura al 99% che questa volta le mie scalette non mentano.

Detto questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto. Avevo un po’ di dubbi perché gran parte è dedicata al processo stesso e alle parole di Emmanuel — alias l’Intendente — ma converrete con me che era necessario. Ciò nonostante, ho cercato di renderlo quanto più interessante possibile. Ovviamente, non ci sarebbe da specificarlo ma lo faccio lo stesso: l’intera cosa è di finzione, non mi sono affidata a nessuna norma di legge reale. Ho utilizzato l’Intendente anche se nel secondo libro in quella farsa che è il primo processo sono altre persone a fare da giudici perché ho pensato: se lo stesso Intendente all’epoca era sotto accusa come avrebbe potuto condurre il proprio processo? Spero vi sia stata chiara la mia scelta e, ancora, che vi sia piaciuto il tutto.

Grazie come sempre per il sostegno e ci leggiamo puntuali tra due settimane. Un abbraccio!

   
 
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