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Autore: A_Typing_Heart    11/06/2022    0 recensioni
Auris. Vengono chiamati così coloro che nascono con la macchia dorata sull’ombelico, il segno inequivocabile di un potere sovrannaturale dentro di loro.
Discriminati e temuti per lungo tempo, la strada degli Auris sembra essere solo quella di diventare eroi e proteggere l’umanità, Civil Heroes.
Ma mentre Mukuro vede rivelata suo malgrado la sua natura ed è costretto a percorrere un cammino pericoloso e complicato, un gioco di poteri ancora più grandi è messo in moto dalla Ruota...
Genere: Azione, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Byakuran, Kyoya Hibari, Mukuro Rokudo, Tsunayoshi Sawada
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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«Attento!»

Kyoya non badò affatto alla voce di Chrome Doll che tentava di avvisarlo del pericolo e accelerò per sgusciare veloce attraverso l’incrocio, incurante di proiettili d’acqua sparati da qualche contendente delle due fazioni. Gli era già successo svariate volte da quando si era avventurato nella zona rossa ed era come se la sua risolutezza nel proseguire lo schermasse dai pericoli.

Lei lo raggiunse tenendo a malapena il suo passo e ansimando leggermente.

«Phoenix, per favore! Cerca almeno di fare attenzione!»

«Non ti ho chiesto di seguirmi, Chrome!» sbottò lui. «Anzi, sono certo di averti detto almeno tre volte di non farlo!»

«Stai andando da Indigo, anch'io voglio vederlo!» fece lei, più aggressiva. «Dirgli che andrà tutto bene finché saremo uniti!»

«Non si ricorda di te. Non si ricorda di nessuno di noi, dev’esserci qualcuno nei Liberatori in possesso di un potere di cancellazione o di inibizione della memoria… e io lo troverò, e gli riempirò il culo di calci!»

«Sto dicendo che voglio aiutarti! Quindi potresti smettere di trattarmi come se fossi una tua nemica?»

Kyoya si fermò per un attimo e le lanciò uno sguardo. Non disse nulla, ma si rese conto di stare riversando su di lei la sua frustrazione; annuì in modo che lo notasse prima di riprendere la strada. Allungò la mano e prese la sua per aiutarla a saltare sopra una profonda crepa nel marciapiede.

«Ma come farai a trovarlo? È una città immensa, come scopriamo dov’è senza poter comunicare con gli altri? Sempre ammesso che sia davvero qui a Tokyo…»

«So che è qui» affermò lui. «È una rivolta per rovesciare i Civil Heroes… anche se il quartier generale di Emperor è a Mizura, è questa la città con il maggior numero di eroi e dove c’è l’ufficio principale del Coordinamento. Questa è la città che deve cadere assolutamente, e lo dimostra che abbiano attaccato una prima volta.»

«Credi che fosse una prova?»

«Sì. Per scoprire come ci saremmo mossi, e la loro strategia questa volta è stata scatenare focolai nelle città da cui sono arrivati rinforzi la volta scorsa… tranne Mizura. A Mizura pare sia tutto tranquillo.»

«E perché, secondo te?»

«Perché volevano che Emperor e gli altri di stanza a Mizura arrivassero qui come rinforzi. Per questo sono sicuro che Mukuro è qui, come noi.»

«Mi hai convinta» fece Chrome, sbirciando oltre la porta di un negozio devastato. «E come lo troviamo?»

Non fu felice che gli ripetesse la domanda, perché in realtà non lo sapeva. Stava seguendo l’istinto: aveva visto una figura scura sfrecciare nel cielo verso nord, una figura alata che non aveva nettamente identificato, ma qualcosa gli era parso familiare e per questo stava proseguendo nella stessa direzione. La figura sembrava avesse in mano una falce di strana fattura e nell’attimo in cui l’aveva vista l’aveva associata a quella in possesso di Wing Emperor poche ore prima.

«Se Wing Emperor è sul campo Mukuro ci sarà. Potrebbero usarlo come esca, o come ostaggio.»

«Ma non sappiamo dove sia… ho sentito che è ancora indebolito dalla febbre tropicale.»

«Sono sicuro di averlo visto volare in quella direzione qualche tempo fa» confessò Kyoya, riprendendo la strada. «O almeno… quasi sicuro.»

«Quindi può muoversi!»

«Non ha mai avuto la febbre tropicale» le svelò Kyoya, tenendosi più vicino a lei. «Durante la sua scomparsa è stato trattato con l’UTX, il farmaco Orosoppressore che usano nel Golgotha. Non si è ancora ripreso… o almeno, così credevamo.»

Lo stesso farmaco intorpidiva ancora le sue gambe e incespicò, poi svoltò in una stradina, seguito da Chrome Doll come una piccola ombra.

«Phoenix… con tutti questi palazzi lesionati è pericoloso passare in questi vicoli. Potremmo restare bloccati.»

«No, io resterei bloccato. Tu potresti andartene ed eventualmente dire a qualcuno di venire a soccorrermi.»

«Phoenix! Cerca di tutelare almeno un po’ la tua vita!»

Scelse di non replicare perché lei aveva ragione e in un qualsiasi altro giorno avrebbe detto lo stesso a un Civil Hero impulsivo come lui.

Sbucò dall’altro lato felice che la profezia della ragazza non si fosse avverata ma il sollievo durò poco: si trovarono davanti tre persone – due donne e un uomo di mezz’età – con la fascia dorata legata al braccio e l’aria di chi non è capitato in guerra controvoglia. Chrome Doll si nascose alle spalle di Phoenix stringendogli il braccio.

«Ehi, chi c’è qui?»

«Lasciali» disse una delle donne, spostandosi sulle spalle lunghi capelli bruni. «Sono solo ragazzini.»

«Ah, è vero…» rispose l’altra, con una ricercata pettinatura a boccoli.

«Andatevene subito» gli ordinò la prima.

«Falcon, aspetta» fece l’uomo, prima che i due potessero muoversi. «Lei ha qualcosa di strano.»

Hanno riconosciuto il costume.

Le due donne la fissarono e colsero immediatamente il costume che cercava di nascondere stando alle spalle di un compagno in borghese. Si accigliarono e la riccia estrasse una lunga spada sottile simile a un fioretto. Si metteva molto male e lo sapevano entrambi; nessuno dei due era in grado di combattere ed erano in inferiorità numerica. Come se quel pensiero fosse scivolato attraverso la testa di Nagi prima di arrivare a Phoenix, lei gli lanciò uno sguardo mentre estraeva la siringa di caffeina per autoiniezioni.

«No!»

«Se non lo faccio siamo morti.»

«Se lo fai sei morto davvero!»

Invece di preoccuparsi dei nemici Chrome Doll afferrò e bloccò il polso di Phoenix, che indebolito dall’Orosoppressore non riuscì a vincere la sua presa. Quando la Ribelle di nome Falcon si avvicinò a loro per sferrare un attacco – le sue capacità erano misteriose, ma il suo atteggiamento aggressivo non lasciava dubbi – la ragazza si parò davanti a lui facendogli da scudo, ma non mollò la stretta.

Phoenix reagì rapido pur senza il suo potere: passò il braccio libero intorno alle spalle di Nagi e si lasciò cadere all’indietro portandola con sé e schivando la mano della donna che si chiuse a pugno come se avesse cercato di acchiappare una zanzara. Tre profondi fendenti si aprirono nel muro dietro di loro e vedendoli Phoenix fu preso dalla fretta: spinse di lato Chrome e fece schizzare via il coperchio dell’ago con il pollice.

Non c’è nessuno. Se mi uccidono qui non salverò Mukuro, ma con questa c’è almeno una possibilità!

Alzò il braccio per affondare l’ago nella carne ma non riuscì a riabbassarlo come aveva preventivato poiché Falcon gli aveva artigliato l’avambraccio con una presa che sembrava di pietra.

«Che cos’è questa roba?»

«Una medicina?»

«Probabilmente una specie di stimolante da battaglia… non è un normale studente nemmeno lui» osservò la donna. «Possibile che sia…?»

«No, io–»

«È lui, eh?» fece l’uomo, eccitato. «Non è Mad Phoenix?»

«Sembra lui, ma è debole… non ha neanche il costume. Non sono certa che sia lui.»

Pensa… trova qualcosa che vi cavi dai guai! Qualsiasi cosa, pensa, Kyoya, pensa!

La donna coi boccoli si avvicinò di scatto e gli sollevò la t-shirt senza che lui riuscisse a protestare o a provare a fermarla: emise un’esclamazione eccitata e gli indicò il petto.

«Ha le due cicatrici simmetriche! È Mad Phoenix!»

Phoenix non aveva mai detestato tanto la pubblicità fatta agli eroi dalle riviste specializzate in quell’ambito del gossip: se non avessero diffuso i suoi segni particolari avrebbe forse potuto trarsi d'impaccio senza essere costretto a combattere.

Falcon strinse il polso fino a farlo scricchiolare e la siringa gli cadde di mano. Vide che non si era rotta e allungò la mano libera per prenderla e iniettarsela al volo, ma la scarpa di lei gli schiacciò le dita. Chrome si avvicinò brandendo quella che sembrava la gamba rotta di un tavolo e la vibrò contro l’uomo; questi lo bloccò senza danni e la colpì all’addome prima che riuscisse a disgregarsi.

«Chrome!»

«Facciamoli fuori!» suggerì Falcon, eccitata. «Il capo ha detto che c’è una ricompensa speciale per quelli che uccidono i classe S di Wing Emperor!»

Kyoya dette uno strattone per cercare di divincolarsi, ma ottenne solo di essere afferrato con più forza e il polso diede una fitta acuta. In quel frangente fu certo che la sua soglia del dolore risentiva dell’inibizione del suo gene Oro.

La donna coi boccoli si avvicinò con il suo spadino dalla lama sottile.

«Che premio sarà? Soldi?»

«Forse una posizione privilegiata nel nuovo ordine!»

«Io i classe S di Emperor li ammazzo anche gratis.»

Kyoya imprecò sottovoce. Era sopravvissuto alla Golden Wave per finire ammazzato da tre Ribelli uniti alla causa per sfogare della frustrazione personale o per appagare il proprio sadismo?

A peggiorare il tutto, aveva un’orribile sensazione che non aveva a che vedere con lui: non riusciva più a sentire la presenza di Mukuro.

 

*
 

Byakuran emise un lungo sospiro mentre raddrizzava la schiena, adorna di ali nere. Mise dritta anche la falce, la cui lama era lucida e pulita come respingesse – o piuttosto assorbisse completamente – il molto sangue che l’aveva toccata.

«Certo ne hanno radunati tanti di questi disperati…»

«Sono tempi disperati, Ran~»

«Oh? Tempi disperati quelli in cui un Auris può comprare casa, guidare una macchina e andare a scuola? Non farmi ridere. Metà di questi idioti che ho sentenziato non avevano idea di cosa volesse dire disperazione.»

«Mh~ mi piaci così gelido, mi fai salire la voglia di… uh-oh.»

A quel suono Byakuran si voltò e notò la figura in piedi sul cornicione del tetto, riconoscendola immediatamente: Indigo era davanti a lui, con addosso il suo costume in Sound of Silence, i capelli di nuovo corti come li aveva quando lo aveva incontrato la prima volta e l’occhio destro che brillava di un bagliore scarlatto.

«Hail, Wing Emperor… salute a te.»

Nonostante il suo tono canzonatorio l’espressione di Indigo era glaciale e trasudava collera mentre lo scimmiottava con un inchino. Tutta la frustrazione e l’energia che l’avevano animato fino ad allora abbandonarono Byakuran e le sue ali svanirono mentre abbassava la falce.

«Indi! Per fortuna stai bene» gli fece, e mosse qualche passo verso di lui. «Ti stavo cercando… avanti, andiamo a casa! Phoenix è molto preoccupato per te…»

Non riuscì ad andargli più vicino, bloccato alla gamba da uno dei suoi fiori di loto bianco.

«Non osare avvicinarti a me» gli sibilò contro. «Non toccarmi mai più, se ci tieni a tenere tutti i pezzi attaccati, Emperor!»

«Che… Indigo, che cosa stai dicendo?»

«Anche io ti stavo cercando, ma non per lacrimevoli chiacchierate cuore a cuore» proseguì con lo stesso tono carico di rabbia. «Ho dei conti da saldare con te… cose che ti devono essere restituite con gli interessi appropriati.»

Byakuran piantò la lama affilata della falce nelle piastrelle del tetto condominiale e l’abbandonò, avvertendo la sgradevole sensazione di un brutale distacco quando mollò la presa sull’impugnatura fasciata. Spalancò le braccia e fissò il ragazzo negli occhi, che spalancò con grande sorpresa a quel gesto.

«Indi, so che non ricordi… Phoenix mi ha detto che ti hanno fatto qualcosa di strano, e di sicuro qualcuno ti ha manipolato per farti essere qui, oggi, dall’altra parte della barricata. Tu hai combattuto come una tigre per proteggere la Carta dei Diritti e mantenere l’ordine quando io non ero qui…»

Byakuran sentì allentare la stretta alla gamba e l’interpretò come un segno di cedimento di Mukuro.

«Non ricordi di averlo fatto, vero? Eppure tu sei quel simbolo… quello della fedeltà e della devozione. Sei diventato il simbolo del sacrificio, perché hai rinunciato a qualcosa di meraviglioso per schierarti in testa alle file dei Civil Heroes… la gente ti ama tantissimo per questo… anche io ti amo per questo.»

«Ehi, Ran, modera i termini… qualcuno potrebbe pensar male~»

Mentre Fallen Angel commentava Mukuro fece uno scatto in avanti e tirò un calcio sulla faccia di Byakuran scaraventandolo per terra; lui gemette e parò la caduta con le ali nere ma non tentò nemmeno di difendere o evitare il colpo. Il suo potere rigenerante, ripristinato totalmente dall’entità che animava l’arma, riassestò le ossa fratturate del viso quasi all’istante.

Mukuro afferrò il braccio di Byakuran e lo strattonò leggermente.

«Questo è per il braccio che mi hai rotto per aver detto una parolaccia!»

Ma di che parla?

Byakuran non riuscì a elaborare meglio, perché Mukuro torse il braccio di scatto e ruppe l’omero strappandogli un grido. Dominò l’istinto di colpirlo per liberarsi per non ferirlo.

Per sua fortuna venne lasciato e poté riallineare le ossa per poi concedersi il sollievo della guarigione.

«Indi… puoi… per favore, puoi parlare con me… solo un po’?»

«Pensi che qualche discorsetto mi renderà più clemente, Emperor? Ti sbagli.»

«Vorrei solo capire le tue ragioni… perché… non ricordo di averti rotto il braccio. Soprattutto per un motivo simile… tu sei… molto più educato di me in molte cose.»

L’espressione di Mukuro si accartocciò per la rabbia e strinse i pugni.

«Le tue violenze sono così tante da non riuscire neanche a ricordarle?»

«Indi, tu sei il mio prezioso Bambino Indaco… io ricordo ogni secondo passato insieme a te» gli rispose Byakuran con dolcezza. «Per questo non capisco di che cosa parli… vuoi raccontarmi che cosa ricordi?»

Mukuro si mordicchiò il labbro, poi sputò fuori la prima lezione di yoga che ricordava mentre Byakuran l’ascoltava attonito: non c’era una singola cosa che corrispondesse al vero, escludendo la sala dove praticavano e il tappetino verde. Nel suo ricordo Night Hound era anche arrivato poco prima del fattaccio, ma Kikyo non interrompeva mai i suoi allenamenti a meno di emergenze.

«Senti… Indi… forse non mi credi, ma tutto questo non è mai successo… ti sei rotto il braccio a Higashiki. Questo lo ricordi? Ricordi Higashiki?»

Mukuro si toccò la fronte con lo sguardo fisso per terra. Già il fatto che non ricordasse immediatamente la sua prima azione e il suo rischio di morte più alto gli diede conferma che quelli di Phoenix non erano deliri: qualcuno o qualcosa aveva interferito con la sua memoria.

I poteri di manipolazione mentale sono considerati illegali… per legge devono essere dichiarati e soppressi tramite farmaci. Qualcuno nelle fila dei Liberatori può manipolare la mente degli altri… e se è così, chi è venuto a combattere per sua convinzione e chi invece è stato plagiato?

Byakuran guardò il corpo del Ribelle che aveva ucciso poco prima dell’arrivo di Mukuro, con il terrore che gli stringeva la gola come un cappio.

«Ran, non devi preoccuparti di loro… ora è di Indigo che ti devi preoccupare. Devi rompere il flusso che altera la sua memoria.»

«Che?»

Mukuro si accigliò appena guardandolo. Byakuran gli ricambiò lo sguardo ma era concentrato sulla voce, insolitamente seria.

«Sai quando si ingannano le telecamere mandando un video in loop? Più o meno è la stessa cosa in questo caso. Un filmato di false memorie passa nella testa del tuo allievo sopra alla sua memoria vera, e lui non riesce a capire che sotto c’è qualche altra cosa. Devi svegliarlo, Ran.»

Ran liberò la gamba dal loto, fragile come un’erbaccia secca, e si avvicinò ancora a Indigo.

«Forse pensi davvero che nel sistema qualcosa non va… ed è vero, non è ancora un sistema perfetto… ma tu sai che questo non è il modo di cambiarlo, no?»

Mukuro lo fissò e il suo piede indietreggiò sul cornicione. Byakuran non si spiegava quella sua paura e iniziò a chiedersi che tipo di abusi e scorrettezze avessero registrato dentro la sua mente per aizzarlo contro di lui.

«La Liberazione non ci sarà mai. Anche se io morissi… anche se il Coordinamento giapponese venisse rovesciato arriverebbero squadre di Civil Heroes da ogni parte del mondo per soffocare la Ribellione… e il risultato sarà stato solo riaccendere la paura verso gli Auris.»

«Oppure spargeremo la Liberazione ovunque.»

Non è lui a parlare… non ha mai creduto nell’Aurigarchia.

«Indi, rispondi a una domanda» gli fece, colpito da un pensiero improvviso. «Chi ti ha convinto a schierarti con loro? Chi ti ha portato via da me?»

«Non ha alcuna importanza. Quello che è davvero importante è che sono libero… da te, dai tuoi metodi brutali e dal tuo plagio mentale! Io sono stato salvato!»

Mukuro piombò di slancio sulla sua gamba spaccandogli il femore e facendolo crollare a terra. Byakuran allungò la mano d’istinto per raggiungere la falce ma strinse il pugno prima di trovare l’impugnatura: sapeva che correre all’arma avrebbe convinto il ragazzo che non era intenzionato a evitare lo scontro. Venne colpito e pestato come i bersagli dell’Aerofield e mentre proteggeva la testa con le braccia non riuscì a non sentirsi come il ragazzo fragile ed esausto circondato dai soldati sulla montagna.

«È colpa tua… tutta colpa tua! Tutto quello che mi è successo è colpa tua!»

Byakuran non poté replicare sotto quella pioggia di colpi violenti e a malapena registrò quello che gli aveva detto mentre altre ossa cedevano con terribili rumori e fitte di dolore che si piantavano dritte nel suo cervello. Alla fine dell’assalto le ali curarono le ferite e saldarono le fratture sotto lo sguardo furente di Mukuro che ansimava e Byakuran si asciugò con la mano tremante le lacrime sul volto.

«S-sì… sì» esalò l’uomo, rimettendosi in piedi a fatica. «Chiunque abbia fatto questo… di certo… la colpa è mia, in un modo o nell’altro…»

Mukuro scattò e lo strattonò per il colletto della Shattered Justice, ma l’unica reazione di Byakuran fu guardarlo con un sorriso amaro.

«Perdonami se sono stato così pessimo come padre…»

Una fitta attraversò la testa di Mukuro e Byakuran lo guardò stupito dal violento sussulto che ebbe. Lo vide tenersi le tempie con entrambe le mani e accasciarsi con gemiti di dolore; lo sostenne appena in tempo per non farlo finire faccia a terra.

Il cielo sopra la città iniziò ad ammassare rapidamente nubi scure ed elettrificate.

«Indigo… ehi, che cosa succede? Indigo!»

Non ottenendo risposta Byakuran gli impose la mano sulla testa cercando di rilevare la presenza di emorragie o ferite interne, qualsiasi causa fisica di quel dolore acuto, ma non trovò nulla di anomalo: il suo corpo sembrava in forma ottimale e in perfetta efficienza. Non sapendo cosa fare per aiutarlo rimase solo lì, stringendolo, cercando febbrilmente una soluzione a quel dilemma medico.

Non poteva sapere che nel cervello di Mukuro memorie sigillate si dibattevano per riemergere dalle tenebre in cui erano state nascoste e che questa era la ragione del dolore che lo faceva gemere e contorcere.

«Povera piccola anima.»

Byakuran guardò Fallen Angel, sorpreso dal suo tono di voce che mostrava per la prima volta empatia verso il dolore di qualcuno, ma l’entità non aggiunse altro. Mentre la pioggia iniziava a scaricarsi su di loro e a ripulire la Shattered Justice dal sangue il ragazzo smise di lamentarsi.

«Indigo, ti senti meglio? Parlami, dimmi qualcosa!»

Mukuro sollevò la testa, con l’occhio rosso che mandava bagliori anomali, e lo sguardo stralunato: sembrava non vedesse realmente ciò che gli stava di fronte. Una sorta di fumo o piuttosto di nebbia scura si levava da lui, dalla sua schiena e dalle sue mani, e Byakuran la percepì in modo non molto diverso dall’energia pulsante di Fallen Angel. Confuso da questa percezione non si accorse del tremendo istinto omicida che portava con sé.

«Non ti perdonerò mai per quello che mi hai tolto, Wing Emperor!»

La mano di Indigo artigliò il volto di Byakuran e lo scagliò giù dal tetto con una forza impressionante: solo l’istintiva apertura delle ali impedì che il Civil Hero si rompesse il collo sbattendo fatalmente contro il balcone più basso del condominio dirimpetto. I danni riportati, tutto sommato di lieve entità, vennero curati dalle ali mentre il ragazzo piombava giù con la falce tra le mani: quella strana aura scura che lo avvolgeva doveva averlo reso in grado di sollevare la Fallen Angel… o era stato lui a decidere che Mukuro poteva ereditare anche la falce dal suo tutore?

«Angel…?»

La falce non rispose al suo appello, ma Mukuro si fece serio, occhieggiandola prima di lanciare uno sguardo a Byakuran.

«Dove hai preso quest’arma, Emperor?»

«Io… l’ho trovata molto tempo fa. In una zona disastrata.»

«La porti sempre con te quando la situazione è in codice nero… forse la tua classificazione di quattro S include anche questo pregevole giocattolo?»

Byakuran esitò, attendendo di sentire la familiare voce sensuale, ma quella non venne. Quel silenzio lo turbava, ma capì comunque che era il tempo di calare le maschere e che forse Fallen Angel voleva che facesse esattamente questo.

Che danno può farmi confessarlo? Avere un ranking ineguagliato al mondo non ha impedito a queste persone di rivoltarsi contro quello che rappresento…

«In realtà, sì. La mia quarta S mi è stata assegnata per una straordinaria esibizione di potere distruttivo… di cui in verità quella falce è stata l’artefice. Una valutazione del mio potere probabilmente non mi collocherebbe che alla doppia S.»

«Possibile?» domandò lui carico di disprezzo. «La tua vita è soltanto una presa in giro, Emperor? Ogni cosa di te è una menzogna! Non sei potente quanto tutti credono, non sei neanche puro come gli altri hanno pensato per tutto questo tempo! Hai costruito un regno con le menzogne, con i sotterfugi, e hai usato i cadaveri degli innocenti per arrampicarti sul tuo trono!»

Mukuro piantò nell’asfalto la falce che persisteva nel suo silenzio.

«E tu hai affidato le tue speranze a questo fantoccio, madre…? I nostri destini… in mano a uno spaventapasseri?»

Si avvicinò mentre l’aura violacea fiammeggiava non dissimile all’incendio che stava divorando gli edifici, condominio dopo condominio. La mano che si serrò intorno al collo di Byakuran era forte come l’acciaio e quasi altrettanto fredda. Sentendosi già il fiato drasticamente ridotto tentò di liberarsi e questo fece sorridere Mukuro in modo così sadico da mettergli paura.

«Non riesci a respirare, Byakuran? Ti manca l’ossigeno? Non vuoi provare a rifilarmi una delle tue sciocchezze?»

«In… di…»

«Io so il tuo segreto. So che ti serve ossigeno per attivare tutti i tuoi poteri… per questo mi ha mandato a finirti. Non è solo per una vendetta familiare.»

Le dita si serrarono ancora di più e Byakuran prese un filo di aria con un rantolo che suscitò una spontanea risata nel ragazzo. Byakuran lanciò un’occhiata alla falce, ma era troppo distante per poterla afferrare. Emise un gemito strozzato e afferrò il polso di Mukuro, ma sarebbe stato più fattibile spostare un bilico.

«Allora, Ran… o vuoi morire per le tue colpe o non vuoi morire. Scegli, perché la ruota gira, ma tu puoi decidere se restarci sotto o risalirla.»

Byakuran alzò lo sguardo sul viso di Mukuro, sui suoi occhi di diverso colore che non trasmettevano nessuna reale emozione seppure la sua bocca fosse tesa in quel ghigno, e pensò a cosa potesse ottenere con la sua morte. Nel mondo sarebbe stato solo un caos, con un corredo di danni e vittime, che presto o tardi si sarebbe assestato senza cambiamenti degni di nota. Sul personale, avrebbe lasciato Yuni senza più famiglia, con una bimba in fasce. Kikyo si sarebbe sentito in colpa per non essere riuscito a proteggerlo. Amber sarebbe rimasta di nuovo sola, stavolta per sempre a meno che non fosse arrivato un altro uomo a prendere il suo posto.

Questo pensiero lo animò, perché fece esplodere i suoi “sogni normali” come un vulcano: si rese conto che voleva essere l’uomo di Amber per tutta la vita, che con lei voleva dare dei cuginetti a Comet e insegnare loro a chiamare Kikyo “zio”. Voleva dipingere tutti i ritratti delle persone importanti, più e più volte mentre il tempo passava. E voleva che in quei ritratti di famiglia ci fosse ancora Indigo.

Morire qui non mi darà niente… e non riparerà nessun torto.

Byakuran allungò la mano alla cieca, raccolse quello che sentì sotto le dita – sassolini di cemento e asfalto, frammenti di vetro – e lo lanciò sulla faccia di Mukuro con un gesto fulmineo; lui imprecò strizzando le palpebre e allentò la presa abbastanza da permettere a Byakuran di sottrarvisi e di allontanarsi di qualche metro, rimettersi in piedi e prendere avidi respiri.

Si portò la mano alla gola e la massaggiò, pur consapevole che le conseguenze di quello scherzetto le avrebbe sentite per settimane nonostante le sue ali.

«Ecco che ti mostri per come sei, Wing Emperor!»

«Mi dispiace, Indi. Se è possibile uscire vivo da qui mi piacerebbe riuscirci… e vorrei farlo con te.»

«Non contarci!» sbottò lui, aprendo a fatica gli occhi. «Non importa se non ci vedo, ti ammazzerò comunque! A costo di seguire il tuo odore di bugiardo e assassino!»

Di certo non tornerà con me come un bambino ricongiunto alla sua famiglia… ma non voglio ucciderlo… devo trovare il modo di tramortirlo e portarlo al Coordinamento da Kikyo… un modo lui lo troverà per tirarci fuori dai guai.

«Non sarà così facile. Devi ferirlo.»

Byakuran guardò la falce, costernato. Era fuori questione, e non osò contrattaccare il colpo a vuoto di Indigo anche se ne vedeva le aperture nella forma.

«Non puoi continuare a mentire… non… non ti permetterò di continuare ad ammassare corpi e a giustificarti, come hai fatto con la Charlotte!»

Quel commento sulla Charlotte, la più vasta e dolorosa cicatrice dell’anima di Byakuran, lo prese in netto contropiede e non fece altro che fissarlo a occhi sgranati. Forse nemmeno la voce proveniente dalla falce che sentì quand’era bambino l’aveva stupito tanto.

«Non credere che non lo sappia! I tuoi segreti orrendi… io so tutto di te… lo vedo!»

Quasi a sottolineare la sua affermazione la sua iride rossa mandò un baluginio di un istante.

«Il senso di colpa ti striscia addosso come fossi coperto di vermi… come se fossi già cadavere, Emperor!»

«Come… chi ti ha raccontato della Charlotte?»

«Qualcuno che sa cos’hai fatto! Non provare a raggirarmi, Emperor! Hai affondato una nave piena di innocenti perché un politico non ti si potesse opporre!»

«A-affondato…?»

Byakuran tacque e ricompose la sua espressione, posando su di lui uno sguardo serio che intaccò un poco la sicurezza di Mukuro.

«Questa è una vergognosa bugia. La mia natura è sempre stata quella di proteggere, non avrei mai causato un incidente che coinvolgesse degli innocenti… e mai, ti giuro, mai avrei provocato un qualsiasi danno a quella nave.»

Si portò la mano alla gola; gli faceva ancora molto male.

«Ero a Tokyo per incontrare una persona quando la Charlotte è stata squarciata da un’esplosione… un’avaria dei motori, sembra sia stata. È stato ad oggi il giorno peggiore della mia vita, e ce ne sono stati tanti a contendersi questo titolo, Indi.»

«Se non vuoi morire con ancora più dolore ti consiglio di tacere e non rifilarmi altre bugie» gli intimò Mukuro ferocemente.

«Su quella nave c’era Helena. La donna che ho ritratto tante volte… la donna di cui mi ero innamorato, con l’ingenuità e l’intensità con cui si innamorano gli adolescenti» proseguì Byakuran, forzando la voce. «Mi sono precipitato lì a cercarla. Per salvarla…»

Mukuro si tenne di nuovo la fronte, trattenendo a malapena smorfie di dolore, ma non gli scollava gli occhi di dosso nonostante lacrimassero ancora.

«L’ho trovata… ma era nella stiva, che cercava di soccorrere i pazienti dell’infermeria… la carena era diventata una camera di gas. Quando sono arrivato lì non c’era quasi ossigeno e non sono riuscito a portarla via… e poi, c’è stata la seconda esplosione.»

Il fragore, il tuffo sotto la superficie e lo stordimento tornarono in mente come un sogno vivido vecchio di un giorno anziché di diciassette anni.

«Quando sono riemerso dall’acqua sono stato salvato dalla Guardia Costiera… Helena era stata portata via verso l’ospedale, ma non è stato possibile salvarla. Che cosa ne sia stato del suo bambino non l’ho mai saputo… ho sempre sperato che fosse in America dalla sua famiglia, ma sapevo che era tornata con il permesso di asilo. Suo figlio doveva essere con lei sulla Charlotte.»

La gola era il minore dei problemi: il suo vuoto di voce era più dovuto al dolore che non lo lasciava mai al pensiero di quel fagottino. Un bimbo tranquillo che vedeva ogni volta che portava la spesa a Helena per conto del negozio in cui lavorava da ragazzo.

«Helena… hai detto… Helena?»

Qualcosa nello sguardo di Mukuro era cambiato. C’era ancora la rabbia, ma anche la confusione; lo sguardo vacuo di chi non riesce a comprendere.

«Hai ucciso la mamma… perché non potevi averla?»

«Cosa… la mamma?»

Un terrificante pensiero colpì Byakuran, che guardò Mukuro come se non lo avesse mai visto davvero prima di allora. Gli andò più vicino di quanto fosse consigliabile dalla prudenza.

«Guardati dal giovanotto, Ran. È ancora tuo nemico.»

Mukuro reagì al suo tocco lanciando un grido agghiacciante ed emanò un’aura violacea, la stessa inquietante manifestazione di potere arcaico che Byakuran percepiva al tocco della falce. La guardò, ma quella era piantata a terra e inerte, senza dare segno di essere qualcosa di diverso da quello che sembrava a un’occhiata superficiale.

«Cosa gli stai facendo, Fallen Angel?!»

«Non sono io a farglielo» replicò seccata la voce.

Byakuran si trovò di nuovo a sorreggere il ragazzo e come prima cercò la fonte di quel dolore, senza trovarla. Al contrario di prima, però, percepì che il suo corpo si stava deteriorando velocemente, come consumato da mesi di malnutrizione. Non si spiegava un simile peggioramento in pochi minuti.

Per qualche secondo Byakuran provò una strana sensazione. I colori gli sembrarono sbiadire, il crepitio dell’incendio, i rumori di battaglia e la pioggia scrosciante si abbassarono di colpo. Ognuno dei suoi sensi scese al minimo in favore di un innalzamento del sesto – almeno così gli parve – permettendogli di cogliere una presenza ostile vicina.

Guardò Mukuro in preda agli spasmi, perché sentiva che quella presenza era legata a lui, e comprese che cosa la Fallen Angel stesse cercando di dirgli. Non era una semplice riscrittura di memoria: qualcuno teneva la propria energia dentro il corpo di Mukuro per rendere il controllo più saldo. Una misura necessaria, visto che la prima volta era bastato che rivedesse una persona molto amata per incrinarlo.

Byakuran lasciò il ragazzo e si alzò, scandagliando intorno a loro tutti i migliori punti di osservazione sperando di cogliere qualcuno che li teneva d’occhio. I lamenti di Mukuro tacquero e si voltò per controllarlo, ma era scomparso. Un secondo dopo tutto quanto scomparve dalla vista di Byakuran: un pugno poderoso affondò nel suo plesso solare stroncando il suo respiro e irradiando il dolore in ogni cellula del corpo, la vista e la coscienza annebbiati all’istante. Si accasciò addosso a Mukuro, che lo respinse scaraventandolo per terra con noncuranza, come se avesse appena lanciato distrattamente una lattina vuota.

Non respiro… non posso respirare!

Per quanto tossisse e fosse scosso da singulti il diaframma di Byakuran sembrava incapace di tornare a contrarsi e per lui fu come essere di nuovo sott’acqua. Gli fu chiaro che in quelle condizioni le ali non sarebbero apparse, nemmeno quelle di Fallen Angel. Tentò di rimettersi in piedi, ma anche solo raddrizzare la schiena sembrava impossibile con quel dolore. Avvertì chiaramente con l’analisi cellulare di avere un’emorragia interna, ma non poteva fare nulla per guarirla.

«Ci siamo… mamma… papà.»

Si avvicinò a Byakuran inesorabile, a passi lenti ma senza traccia di esitazione.

«Quello che è stato fatto alla nostra famiglia sarà finalmente ripagato… e dopo…»

A quel punto esitò, come un attore amatoriale che dimentica la battuta. Si guardò le mani, spaesato, ma poi l’aura fiammeggiò e prese ancora una volta il controllo di lui: Mukuro gli schiacciò il piede sulla schiena inchiodandolo sull’asfalto.

Byakuran vide la sfocata sagoma scura della falce, ma non era in condizioni di afferrarla.

Se la prendo succederà come le altre volte… ucciderà Mukuro… e lui non deve morire…

Sentì lo stivale di Indigo piazzarsi sul suo collo e seppe che la prossima mossa sarebbe stata romperglielo. A quel danno non sapeva se persino il suo massimo potere avrebbe posto rimedio, figurarsi nelle condizioni attuali se aveva speranza di sopravvivere. Chiudendo gli occhi e serrando il pugno si chiese – per la prima volta per davvero – se Helena non fosse dall’altra parte, e se lo avrebbe biasimato per le sue scelte discutibili.

Poi Mukuro spostò il piede ed ebbe un singulto. Byakuran ne approfittò per spingersi sul fianco, aspettandosi di vedere dei rinforzi in arrivo, ma non fu felice di quello che vide qualche metro alle spalle di Indigo.

Sashko stava in piedi sul blocco di cemento alla base di un cartello stradale, con quattro alette da pipistrello spalancate, il sangue che gli colava da una narice e una salda audacia nei suoi occhietti di un rosso brillante. Il cuore di Byakuran affondò dentro le sue viscere danneggiate. Provò a gridargli di andare via di lì, ma non riusciva a emettere suoni controllati.

Mukuro si riscosse dalla sua inspiegabile paralisi e si voltò per guardare l’assalitore. I loro occhi si incontrarono e per un momento Byakuran osò sperare che l’affetto per quel bambino fosse intatto e forte abbastanza.

«Sei tu... hai fatto tu quella cosa poco fa» fece Mukuro, ostile. «Che cosa diavolo hai fatto esattamente…?»

Per bella risposta Bel saltò giù dal blocco e raccolse da un mare di frammenti di vetro la maniglia di metallo di una porta per brandirla come una mazza da baseball.

«Non fare male a Ran!»

«Sparisci, moccioso. Non mi interessa giocare con te.»

Mukuro ebbe un altro momento di immobilità, poi si portò le mani alle orecchie. Bel emise un gemito mentre il suo orecchio iniziava a sanguinare e qualsiasi effetto su Indigo svanì subito.

«Scappa!» gli ordinò Byakuran, con il poco fiato che aveva ripreso. «Subito!»

Mukuro si girò di scatto tirando un violento calcio al costato di Byakuran, che sentì cedere il polmone. Lo scaraventò indietro di un bel metro e mezzo e tornò a fissare il bambino con aria seria.

«Tu… sei forte. Troppo forte per essere così piccolo… sei pericoloso.»

Byakuran si girò sulla schiena emettendo un verso strozzato che avrebbe voluto essere un avvertimento, ma Mukuro frustrò i suoi sforzi ignorandolo. Allungò la mano afferrando il bambino per il collo e gli strappò di mano la sbarra quando tentò di colpirlo con essa.

«Avresti potuto vivere nel nuovo mondo se non ti fossi messo a difendere questo verme.»

Il bambino boccheggiò graffiandolo sul braccio, ma non superò la protezione del costume in Sound of Silence. Indigo alzò la sbarra con l’intento di colpirlo.

«Adesso, Ran, se ci tieni a salvarli entrambi.»

Non ragionò, a malapena sentì: con un colpo di ali asimmetriche raggiunse l’asta di Fallen Angel estraendola dall’asfalto e l’affondò nel corpo di Indigo senza esitazioni. Mentre il ragazzo lasciava sia il bambino che l’arma improvvisata con un grido di dolore gli passò il braccio sotto il collo.

«Questo… non ti permetterò… di farglielo fare!»

Diede uno strattone alla falce e Mukuro gridò stringendo gli occhi mentre un’esplosione di luce bianca e un rumore assordante come l’ululare del vento di un uragano riempivano l’aria intorno a loro. Un attimo dopo tutto si fece ovattato e Byakuran sfilò la falce producendo un orrendo suono umidiccio. Barcollò all’indietro, ansimando.

Il Velo era spettrale come la volta precedente. Posò lo sguardo sulla figura sfocata, inconsistente del bambino che era rimasto dall’altra parte, chiedendosi probabilmente che cosa fosse successo e dove fossero finiti i due combattenti. Non avrebbe mai voluto che assistesse a una guerra, e ancora meno che vedesse due figure importanti per lui uccidersi a vicenda.

Un gemito seguito da un colpo di tosse distrasse Byakuran dai suoi pensieri. Mukuro era caduto in ginocchio, tenendosi le mani sulla ferita, tremante. Fissava lo sguardo sulla figura bianca con rabbia e con paura: era stato colpito da un avversario che credeva ormai inerme e trasportato in un ambiente mai visto, inquietante, surreale.

«C-cosa… hai fatto… Emperor?»

«Non l’ho fatto io.»

Le ferite interne si stavano lentamente rimarginando, Byakuran lo sentì già dal modo in cui riusciva più regolarmente a prendere il respiro. Ma era consapevole che il Velo era una dimensione inospitale per umani come loro e che restandoci avrebbero solo aggravato le condizioni di entrambi.

«Questa dimensione è fatta per gli spiriti… Fallen Angel ci ha portati qui. L’entità che vive dentro questa falce.»

Mukuro cercò di replicare qualcosa ma tossì sputando un rivolo di sangue e si accasciò con un respiro roco. Byakuran scattò per correre in suo soccorso, ma venne bloccato da mani forti sulle braccia; mani che conosceva già.

«Non ancora, Ran» gli sussurrò la voce. «Per rompere il flusso devi lasciare che si indebolisca ancora. Aspetta… fidati di me, Ran, aspetta ancora.»

«Morirà!» urlò nel vuoto del Velo.

«Ho dell’interesse per la vita del ragazzo… quindi ora sta’ buono e aspetta

Mukuro emise un gemito sofferente tentando invano di puntellarsi sul gomito e Byakuran oppose di nuovo resistenza alla presa di Fallen Angel, senza risultato.

«Mukuro, ti prego, resisti… usciremo di qui tra pochissimo e torneremo a casa» gli disse, senza esserne per nulla certo. «Mi dispiace, Mukuro, non me ne sono mai reso conto!»

Sentì la presa allentarsi e Byakuran depose la falce.

«La Charlotte… la vendetta… credevi che avessi ucciso Helena… che avessi ucciso la tua mamma… perché sei tu, vero? Sei il bambino di Helena…»

Byakuran si inginocchiò e gli sollevò con delicatezza la testa. Ora che aveva finalmente collegato gli elementi notava qualche somiglianza tra di loro: lo stesso naso, le stesse labbra, gli occhi erano molto simili con quel taglio molto occidentale. Troppo poche, comunque, per biasimarsi di non aver capito prima la loro parentela.

«Tu sei Rin… in mia presenza ti ha sempre chiamato così…»

Gli venne spontanea una breve risata tesa e gli accarezzò i capelli.

«Ma lo sei sempre stato… gli altri bambini della casa-famiglia ti chiamavano Mukurin…»

Mukuro tossì debolmente.

«Ho sempre pensato che fossi con tua madre sulla Charlotte… e invece eri a Kokuyo ad aspettare il suo ritorno…»

Lo strinse un po’ contro il suo grembo, con la vista offuscata di lacrime.

«S-se soltanto me lo avesse detto… se me lo avesse detto ti sarei venuto a prendere… e per tutto questo tempo non avresti pensato di essere il figlio indesiderato… e-eri tutto per lei…»

Mukuro posò uno sguardo sorpreso su Byakuran; aprì e richiuse la bocca più volte come sul punto di parlare ma non lo fece. Byakuran attese che si decidesse, ma ci riuscì solo quando le lacrime gli scesero dagli occhi.

«B-Byakuran…»

Il fatto che usasse il suo nome lo emozionò, quasi come se suo figlio neonato avesse pronunciato la sua prima parola.

«Cosa c’è, Mukuro?»

«Puoi… portare un messaggio a Kyoya… per me? Non lo rivedrò più, m-ma…»

«Io… non so se potrò farlo… sono allo stremo e forse, aspettando qui con te, svanirò anche io consumato dal Velo.»

Mukuro sembrò sprofondare nel dolore ed emise un singhiozzo, nascondendo il volto appoggiandosi al torace di Byakuran. Era certo che ricordasse il suo amato compagno, quindi cercò la figura di Fallen Angel per avere da lui un qualche cenno. Non lo vide, se non nella sua forma di arma, e prese da solo una decisione. Prese alcuni lenti e profondi respiri e forzò l’apertura delle ali bianche, seppure fossero solo due e di apertura inferiore ai due metri totali, ma erano sufficienti per il suo intento. Controllando minuziosamente il respiro impose le mani sulla ferita di Mukuro iniziando a rimarginarla.

Man mano che procedeva le ali si rimpicciolivano a vista d’occhio; non aveva mai sperimentato una perdita così rapida di energia e suppose dipendesse dal Velo. Prese a pregare sottovoce che bastasse a salvarlo, che bastasse a farlo uscire dal Velo e restituirlo alla vita che meritava.

«B-Byakuran…»

«Devi vivere.»

«S-sto morendo» esalò con un filo di voce lui. «Lo sento…»

«Devi vivere, Mukuro, non ti azzardare a mollare adesso! Non importa come vivrai, non importa se canterai, o combatterai, o nessuna delle due cose! Devi continuare!»

Con maggior sforzo e tenacia continuò a rimarginare senza preoccuparsi di risparmiare energie per sé: era il figlio di Helena e doveva sopravvivere, non gli importava di sacrificare tutti i suoi progetti e desideri per lui. Era prezioso abbastanza da scommettere i suoi sogni.

«Non devi morire qui… non devi morire perché io ho fallito nel salvare tua madre! Non devi morire perché io sbaglio, sbaglio, e sbaglio ancora! Questa volta no!»

Non era in grado di rimarginare del tutto la ferita, ma ritenne che fosse sufficiente a garantirgli la sopravvivenza per abbastanza tempo da essere curato anche da un medico con le attrezzature standard. Lo tirò su sollevandolo di peso e afferrò l’impugnatura della falce con una mano. Il respiro gli diventava pesante come stesse correndo in alta montagna.

«Non sono stato… la figura della quale avevi bisogno… né quella che Helena avrebbe voluto che fossi per te, ma mi ha reso felice comunque conoscerti… e riconoscerti…»

Con un immenso sforzo sollevò la falce fendendo il Velo e uno scorcio colorato apparve davanti a loro.

«Abbi… abbi cura…»

Non aveva più il fiato per parlare né la forza di spingere Mukuro dentro la fenditura. Le ginocchia ondeggiarono indebolite, poi cedettero e Byakuran si accasciò sul fianco, privo di sensi.

«R-Ran… Ran!»

Mukuro gattonò fino a lui e lo scosse, ma non ottenne risposta. Lo girò sulla schiena e appoggiò l’orecchio al suo petto per sentirne il battito quasi impercettibile.

«Non risponderà, ragazzino.»

Questa volta Mukuro sentì la voce maschile e la riconobbe: era la stessa che aveva sentito parlare con Byakuran quando erano in infermeria. Alzò gli occhi per cercarne la fonte, ma non vide niente se non l’arma posata sullo sfondo bianco.

«Usare tutto il potere residuo per guarirti è stata una pessima mossa… una delle sue molte pessime mosse, in effetti. Non ha neanche cercato di proteggere i suoi sogni, no, ha pensato soltanto ai tuoi.»

Un sospiro mosse lievemente le piume che adornavano la falce.

«Una volta scomparse le ali il Velo ha cominciato a nutrirsi della sua essenza vitale, e tra poco, puff! Svanirà completamente.»

«Nemmeno per idea!»

Mukuro sfidò la sua ferita semiaperta per cercare di sollevare Byakuran, ma era troppo debole per riuscirci. Se quello sproloquio sul Velo era reale allora doveva supporre che stesse divorando anche la sua energia.

«Come si esce da qui?!»

«Perché dovrei dirtelo?»

«Sei idiota?! Ran morirà!»

«Sì… e credo sarebbe più gentile lasciarlo qui.»

«Cosa?!»

Mukuro sentì dei passi alle proprie spalle, ma non riuscì a voltarsi: una mano dalle dita ferree gli teneva la testa in modo che guardasse in avanti. La voce di uomo si accostò al suo orecchio.

«Ran non avrà mai più il potere che ha avuto prima dell’UTX. Non sarà mai più il Wing Emperor capace di salvare chiunque, di curare all’istante, di volare e combattere. Quella figura è morta la notte in cui Ran è stato preso dagli americani e non può ritornare.»

«L’ho appena visto combattere contro di me!»

«Lo stava facendo con un mio gentile prestito, sciocchino~»

Mukuro vide l’altra mano dell’uomo posarsi sul petto di Ran e sfiorargli il collo.

«La domanda è… Ran può vivere senza essere più quel simbolo? Può perdonarsi di essere egoista e vivere per sé stesso? Perché, sai, decidendo di salvare te è come se avesse confessato di non potercela fare.»

«Ran vivrà» rispose ostinato Mukuro. «Ran è un uomo divertente. È una persona che ama la vita anche se la sua è continuamente tormentata… anche piangendo, anche sanguinando lui ricuce gli strappi e lava le macchie. Non cederà.»

Un silenzio meditabondo seguì quell’affermazione.

«Mhh… ma finora aveva sempre avuto Wing Emperor. Quella facciata ridicola lo proteggeva dal vuoto che sentiva.»

Mukuro sbuffò e spinse da parte la mano, chinandosi su Ran. Il cuore batteva ancora, anche se si sentiva a malapena. Con un sorriso incerto gli diede una breve carezza.

«Tu vivrai per te stesso e i tuoi cari, da adesso… hai combattuto fin troppo a lungo.»

Si rialzò barcollando e scavalcò le gambe di Byakuran per dirigersi dov’era deposta l’arma. Quella li aveva portati lì e quella era la chiave per uscire, così si chinò per prenderla.

«Lui non vorrebbe che tu lo facessi… sei così ribelle da disobbedire a tutti e due i tuoi papà, Mukuro~?»

«Sono un adulto. Decido io quali battaglie combattere.»

Con decisione prese l’arma, che gli risultò molto più leggera di quanto credesse.

«Wing Emperor ha fatto la sua parte… ha combattuto per quindici anni. È ora che riposi… Indigo raccoglierà il suo testimone.»

Dall’impugnatura della falce veniva una strana energia, come una lieve corrente elettrica. Il respiro dentro il Velo divenne più facile da prendere e un flusso iniziò a scorrere fuori da lui dentro l’arma e da essa all’interno tramite le sue mani.

L’uomo apparve davanti ai suoi occhi: magnetico, inquietante e affascinante, con un boa di piume viola come quelle della falce. Gli sorrideva con malizia, con una perversa gioia.

«Ahh, sì, sì… tu sei diverso da Ran» gli disse, e si passò la lingua sulle labbra. «Io e te possiamo fare davvero uno spettacolo unico…»

L’uomo si chinò su di lui stringendo le mani sulle sue, il volto così vicino che parlando gli sfiorò le labbra. Dall’arma l’energia scorreva impetuosa come una cascata e Mukuro faticava a trattenerla.

«Tu puoi usarmi come nessun altro uomo potrebbe» gli sussurrò, senza mai sbattere le palpebre su quegli occhi scarlatti. «Non resistermi… accettami e usami~»

«A quale prezzo?» chiese Mukuro a denti stretti.

«Non chiedo la tua anima, non m’interessa… quanto alle forme di intrattenimento… diciamo che sono flessibile sui pagamenti~»

Mukuro distolse lo sguardo dagli occhi rossi solo un istante per guardare Ran ancora incosciente. Non ebbe bisogno di dire nulla: come se avesse percepito la sua arrendevolezza l’uomo scomparve e la falce emise un’enorme fiammata di colore nero e viola; quando si dissipò Mukuro non aveva bisogno di alcuna spiegazione. Fendette il Velo dal basso in alto con un gesto noncurante, afferrò Ran con una sola mano e lo trascinò con sé nella spaccatura colorata.

Riemerse nello stesso punto, con l’incendio più vicino di prima. Bel era ancora lì, da solo, con le ali afflosciate sulla schiena e la faccia sporca di sangue rappreso e fuliggine. Si scambiarono sguardi sbalorditi l’un l’altro.

«Kuro-nii!»

«Andiamo, Bel, sbrigati. Reggiti forte a me, dobbiamo portare Ran da un medico.»

Nonostante l’accaduto di poco prima Bel si aggrappò alla sua gamba, come se ai suoi occhi fosse una persona completamente diversa da quella che aveva provato a ucciderlo. Mukuro aprì un nuovo passaggio nel Velo e ne riemerse nello spiazzo del presidio medico, tra tende chirurgiche bianche e quelle verdi del ristoro.

«Bel, ascoltami bene» disse al bambino che si guardava intorno incuriosito. «Ora devi andare laggiù e metterti a urlare. Sai farlo benissimo, no? Devi portarli da Ran in modo che lo curino.»

«Devo urlare?»

«Sì.»

Mukuro adocchiò una figura facile da distinguere e sorrise.

«Vai da lei. Dalla ragazzina con i capelli azzurri.»

Belial la guardò e poi guardò ancora lui.

«E tu, Kuro-nii?»

«Vado a finire la guerra. Andrà tutto bene, okay?»

Gli diede un buffetto sul mento.

«Tu rimani con Ran finché non ritorno, hai capito? Proteggilo.»

«Okay~»

«Allora fai come ho detto.»

Belial schizzò via – con le ali ormai appassite che svolazzavano come un mantello inquietante – e lanciò uno dei suoi strilli acuti. Mukuro depose a terra Ran con riguardo e si allontanò in una zona al sicuro da sguardi indiscreti, dove si appoggiò di schiena a un container e strinse la falce con due mani.

«Quello sei tu.»

«Mh? Quello chi?»

«Quel bambino sei tu. Avete la stessa vibrazione.»

«Kuahah! Questa poi! Io vibro molto, ma molto più forte di un bambino~»

Mukuro scosse la testa e appoggiò la fronte contro l’asta, chiudendo gli occhi per concentrarsi. Le sensazioni e le percezioni erano amplificate, innaturali: gli sembrava di vedere centinaia di luoghi dal basso e dall’alto, di sentire migliaia di voci come un brusio e il respiro di infinite creature.

«Allora, Kuro~» fece la voce con irritante confidenza. «Ora disponi di tutto il mio potere. Come vuoi usarlo? Andiamo a massacrare tutti i Ribelli? O tutti i Civil Heroes? O magari entrambi e–»

Mukuro spalancò gli occhi all’improvviso. Senza dare spiegazioni alla voce tagliò l’aria e sparì nel Velo, sfuggendo ad Azure Miracle per pochi secondi.

   
 
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