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Autore: Martin Eden    11/06/2022    1 recensioni
Ciao a tutti! Dopo anni di latitanza, mi è venuta voglia di tornare su questo Fandom, che ho tanto amato...e lo faccio con una vecchia storia LOTR che ho ripreso in mano ultimamente, dopo aver rivisto i film della trilogia de Lo Hobbit...mi è venuta voglia!
Scommetto che molti di voi, come me si sono posti questa domanda: ma Legolas e Aragorn dove si saranno conosciuti?! :D
Questa fanfiction cercherà di dare una risposta...allora voi leggete e commentate! :)
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aragorn, Legolas, Thranduil
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Compagni di Sventura'
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Legolas

 

La prudenza di Aragorn aveva un suo perché e io sapevo che avrei dovuto ascoltarlo prima di condannarlo. Ma ci ero andato talmente vicino, talmente vicino che davvero mi era sembrato di poterla toccare con un dito, e mi ero lasciato prendere dall’entusiasmo.

Non so quanto tempo avessi passato imbambolato davanti a quei fiori, come se ogni sfumatura argentea potesse richiamare il suo viso o il suo spirito dall’aldilà. Perchè era morta, io lo sapevo, nel mio cuore. Ma il mio cuore si rifiutava di accettarlo.

Aragorn aveva spezzato questo circolo vizioso posando la sua mano giudiziosa sulla mia spalla.

Andiamo via.

Era doloroso voltare le spalle a quella che era stata la mia speranza, la cosa che mi aveva tenuto in vita fino a lì, nei momenti di peggior panico. Era difficile dover ammettere di aver fallito, ora che più che mai mi sentivo prossimo all’obiettivo. Ma non rimaneva altro da fare. Di fronte a me c’era soltanto muta pietra.

Dovevo arrendermi all’evidenza.

Mi divincolai in maniera scostante, ma era il mio modo per dargli ragione. Aragorn lo capì fin troppo bene.

Insieme ci incamminammo verso l’ultimo bagliore del giorno che tramontava, nascondendosi tra le montagne.

Non riuscii a voltarmi. Se avessi posato ancora gli occhi su quelle rocce o su quel muro di fiori, probabilmente non avrei più avuto il coraggio di tornare; la mia anima avrebbe dimorato lì, persa tra mille crucci, e forse sarei morto di stenti, alla fine. Perché ero sicuro che non avrei trovato null'altro se non la morte per mia stessa mano.

Mi chiesi se quel giorno di tanti secoli prima, mia madre avesse formulato anche solo uno dei miei pensieri, mentre si sentiva stretta in quella morsa senza una via d’uscita. Senza futuro e senza amore, l’amore mio o di mio padre, accanto a lei. Mi chiesi se i suoi ultimi istanti di vita sarebbero stati come i miei prima di impazzire.

Non riuscii ad immaginarmela.

Desideravo con tutte le mie forze che almeno uno di quei fiori mi riconducesse a lei. Nonostante ci fossimo allontanati, il loro odore penetrante giungeva fino alle mie narici e mi impediva di dimenticare. Avevo l’impressione che da quel momento in avanti quel profumo mi sarebbe rimasto addosso come un ricordo.

Avvertivo i passi rassicuranti di Aragorn dietro i miei, a difendermi le spalle da quel dolore. Pensai a mio padre, e anche se non ne avrei mai avuto il coraggio, desiderai ardentemente di potergli parlare a cuore aperto. Di quello che era accaduto, di quello che non era accaduto, e di quello che sarebbe accaduto poi. Avrei voluto che lui fosse al mio fianco, senza corazze a proteggerci. O a dividerci.

Quando avevo posato gli occhi su quel monumento ai caduti, mi era sembrato che il mondo si schiudesse davanti a me, nella sua vera natura, per la prima volta nella mia esistenza. Nella mia mente, avevo rivisto il mio genitore piangere ai piedi di quelle spade, sporco di sangue, sporco di sconfitta, e avevo cercato di capire il suo dolore. Una barriera inesorabile lo separava in quel momento da mia madre, dalla sua gloria e dal coraggio dei suoi soldati.

Era stato solo, come forse non lo era mai stato nella sua vita.

Era solo davvero, in maniera totalmente diversa da quello che avrei potuto essere io. Avrei voluto tirare fuori quel Thranduil dalle grinfie del passato e abbracciarlo, dirgli che avevo compreso e l’avevo perdonato. Non si può sopravvivere a tutto quel dolore restandone illesi.

Ai piedi di quel monumento era nata la speranza di me, e si era perso qualcosa di lui. Quella era una cosa tra noi due.

Sovrappensiero, riposi le mani nel tascone del mantello, al caldo. Sotto le dita trovai qualcosa che non mi aspettavo.

Tastai delicatamente prima di poter capire che cosa fosse quella cosa morbida, senza stringere. Avevo paura di spezzare quell’attimo così strano.

Trassi fuori dal tascone tre piccoli gioielli profumati: davanti ai miei occhi vibravano i fiori dell’orchidea, fragili come l'aria.

Davvero non capivo come potevano essere finiti nella mia tasca. Non ricordavo di averli raccolti.

Mi fermai a guardarli, impietrito. Aragorn mi raggiunse e sbirciò da sopra la mia spalla. Avvertii la sua sorpresa, per non dire sgomento. Ci scambiammo un’occhiata che tutto diceva, ma nessuna parola. Non era necessario confrontarsi su quel dettaglio. I

Eppure, io mi sentivo tranquillo, come non mai, come se qualcuno mi avesse già suggerito la soluzione a quell’arcano. O meglio, quei fiori erano la soluzione all’arcano, anche se ancora non potevo rendermi conto di quanto.

Qualunque cosa fosse successa, mi avrebbe accompagnato per il resto della vita, come avevo sempre desiderato. Avevo qualcosa che mi sarebbe appartenuto per sempre, come i miei simili.

Rimisi i fiori in tasca e in silenzio ricominciai a camminare, seguito dal mio compagno di viaggio. Stavolta, ogni passo appariva più leggero e andava sempre meglio man mano che mi allontanavo da quei luoghi, con la mia orchidea in boccio a portata di mano.
Non sapevo quanto avrebbe potuto resistere prima di marcire; se davvero avesse significato qualcosa; in ogni caso, io la riconoscevo come una parte di mia madre, dell’unica donna che avessi mai amato veramente.

E lei sarebbe rimasta come eterna primavera nel mio cuore.

 

Dopo quell’esperienza, non posso dire che tutto tornò come prima. Una diversa consapevolezza mi investì di nuova linfa, dandomi quella forza che mi era mancata per molto tempo.

Era come se una parte di me avesse tirato un invisibile chiavistello e avesse finalmente chiuso una porta. Come se fosse stata rimessa al suo posto e non ci fosse più bisogno di interpellarla. Non importava non essere riusciti a trovare il bandolo della matassa: quella fase si era oramai conclusa, donandomi tutto ciò che poteva essere donato. Dovevo ringraziare e non chiedere di più.

Era ora di tornare a casa.

Aragorn mi vide mentre ancora una volta raccoglievo le mie cose e mi bardavo per un nuovo viaggio. Stavolta non mi chiese dove andavo, forse perchè era ovvio; così come era ovvio che il mio ruolo, nelle terre di Angmar, era finito.

La sera, durante la cena, gli annunciai che partivo verso casa mia, verso i miei alberi, da mio padre. Era la prima volta che pronunciavo il suo nome di fronte ad altre persone, un po’ come se con lui avessi fatto pace. La notte precedente lo avevo sognato, dopo tanto tempo, che mi sorrideva.

Un sorriso si accese anche sul volto di Aragorn nel sentirmelo dire:

- Ed io verrò con te.- mi promise.

Nei giorni seguenti si prodigò molto nell'organizzare il nuovo gruppo di Dunedàin. Lasciò il comando a un suo fedele, ma al contrario di quanto pensassi, non lo fece con rammarico. Anzi, anche Aragorn sembrava aver trovato la sua personale pace con il mondo, dal quale non faceva più così fatica ad accomiatarsi.

Come mi aveva anticipato, partì con me quando fu ora. Prendemmo due cavalli e ci lanciammo al galoppo nella nebbia della mattina, con il mio destriero che faceva strada.

La via pareva tranquilla e scevra di pericoli. Ripercorrere quella distanza all'indietro, verso la Terra-di-Mezzo, mi faceva uno strano effetto: era come ripercorrere all'indietro la scia del tempo, come se tutto dovesse ancora accadere. In verità, così come non è possibile ridare alla cenere le forme di ciò che è andato bruciato, ero certo che nemmeno io sarei più stato l’elfo che conoscevo e che aveva percorso quelle leghe verso l’ignoto.

Ero grato di poter andarmene. La mia vita era molto lontana da lì.

Passarono molti soli e molte lune prima di raggiungere un paesaggio a me più familiare. Avevamo proseguito verso sud, trovandoci in poco tempo nei pressi di Brea, il “crocevia delle razze”: una cittadina nota per essere patria e rifugio di molti forestieri, che lì si incontravano da tutte le contrade e bevevano birra assieme.

Non ci avvicinammo alle luci delle locande, al contrario. Ci fermammo poco distanti dalla palizzata che proteggeva l’entrata in città – la prudenza non è mai troppa –, in un luogo riparato. Né io né Aragorn avevamo voglia di dividere le nostre poche ore di riposo con un branco di sconosciuti e schiamazzi tutt’intorno. Inoltre, non avevamo denaro con noi, nessuno dei due.

Mentre eravamo accampati, intenti a ristorarci, notammo che nonostante tutte le nostre precauzioni, per la prima volta dopo molti giorni non eravamo più soli:

- Chi si rivede!- esclamò una voce – Sapevo che sareste passati di qua!-

La figura di Gandalf fece capolino da alcuni cespugli, avvicinandosi con grazia al nostro fuoco. Aragorn saltò subito in piedi per salutarlo e abbracciarlo, come era suo solito fare. Io mi alzai e gli dedicai un inchino di deferenza.

- Ho sognato della vostra venuta in queste terre...- spiegò lo stregone – Tanto valeva venire a controllare.-

Ci strizzò l’occhio.

Ovviamente, non ci dissuase. Di certo i poteri di Gandalf superavano la nostra fantasia, ma ogni volta che scrutavo lo stregone non riuscivo a liberarmi dell’idea che in verità ci fosse sempre molto di più di quanto non ci raccontasse.

- Quali nuove dalla Terra-di-Mezzo?- gli chiese Aragorn.

- Non molte, e nessuna di queste è buona.- bofonchiò lo stregone – Allietatemi la gola con la vostra acqua, e ripresa la voce vi metterò al corrente.-

Gli concedemmo un sorso. Gandalf si mise comodo, trangugiò quel poco che ci era rimasto, prima di pulirsi la bocca e tossicchiare:

- Sono pronto.-

Immaginai che fosse più interessato a parlare con Aragorn che con me; presi quindi le borracce e feci per andare in cerca di acqua fresca, lasciandoli un po' da soli.

- Resta, Legolas Verdefoglia – mi fermò lo stregone – E' bene che anche tu sia a conoscenza delle ultime notizie.-

Lasciai perdere le borracce e mi sedetti, prestando la mia attenzione. Aragorn era accanto a me.

- Non siamo ancora riusciti a trovare Gollum – brontolò Gandalf – Che sia maledetto! Ogni volta che mi concentro su di lui, le visioni sono distorte, come se ci fosse uno specchio malvagio che con il suo riverbero acceca la mia preveggenza. Arriviamo sempre troppo tardi ai suoi nascondigli e non riusciamo ad anticipare le sue mosse. Forse qualcuno lo protegge: è assolutamente necessario trovarlo prima del nemico! Aragorn, ho bisogno di te e della tua esperienza. Devi aiutarmi a cercarlo, come prima cosa. Inoltre, è imprescindibile che tu ti faccia un po' di amici in questo mondo: una volta trovato Gollum, lo affideremo alle cure di re Thranduil e tu andrai nel Mark alla corte di re Thengel sotto falso nome, per servirlo e tentare di ricucire un po' di vecchie alleanze.-

Il piano era già predisposto, senza soluzione di continuità. Sembrava pure un buon piano. Aragorn aveva un bel daffare e il tempo era tiranno: gli sarebbe servito almeno qualche annetto per portare a compimento quei propositi. Dopo quella sera, ero certo che non l’avrei rivisto a breve. Non mi restava altro che accettarlo.

Mi doleva il cuore al pensiero di doverlo lasciare andare così presto. Speravo di poter godere ancora a lungo della sua compagnia, e di mostrare a mio padre di aver portato a termine la missione. Ma tant'è, che mi sarebbe toccato rimettermi al destino.

Lo stregone parve aver decifrato perfettamente i miei pensieri:

- Non ti biasimare, Legolas Verdefoglia – mi disse – Tuo padre capirà. E ti amerà lo stesso, più di quanto tu non creda. La sorte ormai ti unisce ad Aragorn più di qualsiasi altro legame di fratellanza o di amicizia. Vai e aspettaci a Bosco Atro. Torneremo.-

Non c’era bisogno di rassicurarmi. Mi sentivo molto meno angosciato rispetto all'inizio ed ero certo che le parole di Gandalf avrebbero trovato corrispondenza nella realtà molto presto. Unica cosa, se così doveva essere, desideravo allontanarmi subito, per non dover patire quell’addio alla luce del sole. Inoltre, avevo di nuovo fretta di essere a casa, che non vedevo ormai da molto, molto tempo.

Mi alzai e senza aggiungere nulla a quel discorso mi diressi a preparare il cavallo. Aragorn comprese al volo e mi seguì, mentre Gandalf si tenne in disparte.

Il mio amico mi si strinse al fianco:

- Namarie.- mi congedò – Ci rivedremo.-

Mi voltai e lo abbracciai al colmo della gratitudine, prima che potesse indovinare l’espressione del mio viso. Senza di lui non avrei mai potuto affrontare i mille pericoli che incombevano nella mia mente e fuori. Potevamo essere i nuovi Beleg Cùthalion e Turin Turambar, di cui molto si era cantato e tramandato; magari senza la cattiva stella di Turambar, che li portò alla morte.

Fu un momento molto toccante, persino per me.

Aragorn mi disse:

- Vai pure a casa...ti raggiungo lì.-

Gli credetti.

A mio padre avrei trovato una buona scusa.





**Nda**
E' sempre più difficile trovare il tempo di aggiornare le stories! Scusatemi: questa estate ha l'aria di essere più incasinata delle altre :P
Questo capitolo segna decisamente un checkpoint, un punto dal quale non si ritorna indietro: finisce qui la prima parte della nostra storia, spero vi sia piaciuta! Ma non è finita: ancora qualcosa è rimasto da dire.
Chi ha voglia di scoprire come sarà il ritorno a casa di Legolas?? Tra poco tornerà in scena pure Thranduil, e ho in mente per voi alcuni colpi di scena!
Fatemi sapere cosa ne pensateeeee: ho bisogno del vostro supporto ora più che mai!
A presto

  
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