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Autore: Lis4_88    11/06/2022    1 recensioni
"Ti amo così tanto che mi fa male" pensava Matt mentre stringeva le loro vecchie fotografie piangendo.
"Ti amo così tanto che mi faccio male" pensava Mihael reggendo quel dannato paio di forbici.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: L, Light/Raito, Matt, Mello, Near | Coppie: Matt/Mello
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
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«Self destruction»

•Goodbye, everybody, I've got to go,
Gotta leave you all behind and face the truth
Mama, oooh
I don't want to die,
I sometimes wish I'd never been born at all•
 

Ognuno di noi porta una croce sulle spalle. Di diverse dimensioni o pesantezza, ma siamo tutti responsabili delle azioni che abbiamo commesso, e se brutte, dobbiamo pagarne le conseguenze.
E Mihael lo sapeva bene, trasportando la sua enorme croce fino in Germania. La sua era pesantissima e piena di chiodi che gli perforavano la pelle, facendolo sanguinare.
Forse era per colpa di quella croce che il biondo aveva sempre cicatrici su tutte le braccia o tagli sulle gambe. Forse era per quell'enorme colpa che si portava appresso, che iniziò a fare un uso spropositato di alcolici.
Il dolore non si alleviava, anzi, cresceva e diventata più acuto. Mello sapeva che si stava autodistruggendo, ma era convinto che ormai la sua vita fosse già andata a puttane. Ed era stato lui stesso a farlo, per questo i sensi di colpa lo corrodevano sempre di più e l'idea di ripensare a quello che aveva fatto lo terrorizzava, perché sapeva che l'avrebbe distrutto. L'alcool e i tagli, aiutavano a dimenticare.
Il biondo sapeva che una volta sceso dall'aereo e messo piede in territorio tedesco, non sarebbe più tornato. Per il bene di Matt e suo, perché il dolore l'avrebbe ammazzato.
«Io non vengo» aveva detto l'ultima settimana di agosto, nella data in cui in teoria lui e sua madre sarebbero dovuti tornare in Inghilterra «Resto qua con la zia».
La donna che l'aveva messo al mondo disse cose che non aiutarono a placare la sofferenza del ragazzo, ma almeno a quelle Mihael era abituato ed erano dette da una persona che valeva meno di zero per lui.
Passò quell'anno nel piccolo appartamento della zia e del gatto Leoche erano gli unici membri della famiglia materna a cui poteva dire di voler bene.
Non si sforzò neanche di cercare una scuola in cui terminare gli studi, preferí starsene nella sua camera sottotetto a fissare il panorama nuvoloso di Berlino.
«Mihael mein Schatz*, davvero vuoi passare così il resto dei tuoi giorni?» gli aveva chiesto un giorno la zia, appoggiata allo stipite della porta.     [*piccolo mio]
Mello stava facendo l'azione citata in precedenza, guardando la capitale avvolta da un manto di nuvole minacciose. Neanche ci provò a voltarsi o a dare una risposta, non sapeva nemmeno lui se quel silenzio valeva come una conferma o un punto di domanda.
Cosa ne voleva fare della sua vita? Affogare il suo dolore e i suoi sensi di colpa in cose che lo avrebbero fatto morire lentamente? Probabilmente sì, Mihael desiderava quello.
La donna dai capelli biondi tagliati a caschetto, molto simili a quelli del nipote, più di una volta dovette rimproverare il ragazzo perché aveva di nuovo rubato una bottiglia di Dantziger Goldwasser dall'armadietto degli alcolici, o perché nuove cicatrici erano sbucate sulla sua pelle.
«Smettila di punirti in questo modo!» strillò in un giorno di pioggia, ovvero il giorno della loro litigata peggiore.
C'erano vetri sparsi per tutto il salotto che sguazzavano in un liquido trasparente e dal forte odore alcolico, di cui il tappeto ai piedi del divano era zuppo.
«Cosa devo fare con te Mihael?! Se tua madre sapesse!-»
«ALLA MAMMA NON FREGA UN CAZZO DI ME!»
Le pareti quasi vibrarono a quell'urlo così disperato. Il volto di Mello era bagnato fradicio dalle lacrime, e i suoi occhi sembravano aver guardato il sole per troppo tempo.
«Vattene da casa mia, irgendwie elend!* E torna quando avrai messo la testa a posto!»           [*razza di disgraziato]
La donna alzò un dito e indicò la porta, mentre il gatto si nascondeva dietro il divano, terrorizzato dalle forti grida.
«Ti odio! Sei esattamente come lei!»
Aveva strillato come ultima sentenza Mello, prima di spalancare la porta e scendere di corsa le scale del condominio.
Uscì in strada, dove l'acqua delle sue lacrime si mischiò a quella che scendeva a grandi cascate dal cielo, e iniziò a camminare diretto verso solo Dio sa dove.
Mihael camminò molto quel giorno, raggiungendo i posti più sperduti nelle periferie di Berlino. Fece ritorno a tarda notte, stanco fisicamente e mentalmente di sopportare quel dolore.
Aprí lentamente la porta di casa, che cigolò facendo svegliare Leo che stava dormendo sul divano. Il salotto non era più una discarica di vetri, e il tappeto color mogano era stato levato.
Mello lasciò enormi chiazze d'acqua in giro, dato che la pioggia l'avevo reso una spugna lasciata per troppe ore sotto il lavandino aperto.
Dalla porta del corridoio fece capolino sua zia, a braccia incrociate e avvolta in una vestaglia, che lo fissava con lo sguardo di chi aspetta di sentirsi dire determinate parole.
«Mi dispiace» sussurrò Mihael, tenendo la testa bassa «Perdonami tante*» [*zia]
La donna sorrise leggermente e aprí le braccia, dove il biondo vi ci fiondò scoppiando in un pianto silenzioso.
«Mi manca così tanto...» biascicava tra un singhiozzo e l'altro, con il volto appoggiato sul seno della donna.
«Adesso ti fai una doccia calda e ti preparo qualcosa da mangiare, va bene mein Schatz
Accarezzò la testa bionda del nipote con delicatezza e lo strinse forte a se.
«Ai problemi ci penseremo domani»
E il giorno dopo, a risolvere i problemi di Mihael, ci pensò qualcun'altro.
Stava camminando per le strade della città, con una felpa leggera marrone che copriva le braccia fasciate da garze bianche e dei jeans strappati sulle ginocchia. Portava anche un cappellino nero con visiera, per coprire lo sguardo spento e gli occhi cerchiati di rosso. Fumava una delle Astor di sua zia, quelle che sul pacchetto avevano l'immagine di quell'omino con i capelli bianchi.
Camminò pensando a Matt, ovviamente, ma non a quello che era successo tra di loro. Volle ripercorrere le varie tappe della sua storia con il rosso, e ripensare a quei momenti di felicità che conservava con invidia.
Il primo che gli venne in mente, e che dopo mesi lo fece di nuovo sorridere, fu la prima volta che disse "ti amo" al ramato. In realtà fu molto divertente, perché per Matt quella non fu la prima volta, dato che non capí neanche una sillaba.
Era inverno ed era una delle rare volte in cui i due si trovavano a casa di Mihael, cosa che non succedeva spesso visto il rapporto che il biondo aveva con la sua famiglia.
Mail stava sfogliando un album di fotografie seduto sul letto, avvolto in un maglione enorme di Mello, che odorava di cioccolata. Fuori nevicava tantissimo, facendo appannare i vetri di quella piccola camera. Il biondo intanto si trovava per terra a rollare una sigaretta per il suo fidanzato, perché secondo lui "con quelle manine riesci a chiudere meglio la cartina".
A un certo punto Matt scoppiò a ridere e indicò una fotografia che si trovava nell'album.
«Oddio ma guarda che denti che avevi!» esclamò vedendo un piccolo Mello sorridente con dietro un paesaggio naturalistico in cui era presente sullo sfondo un ponte di pietra.
«Vaffanculo, ho speso un patrimonio dal dentista» mugugnò Mihael sbriciolando il tabacco nel piccolo involucro.
«Dov'eri?»
Il ragazzo dai capelli d'oro si sporse in avanti per osservare anche lui la fotografia.
«Rakotzbrücke, è dove si trova quello chiamato "il ponte del diavolo"»
«Oh, perfetto per te allora»
Il biondo alzò un dito medio verso il fidanzato che scoppiò a ridere, e sentendo quel magnifico suono fu inevitabile che anche lui sghignazzasse.
Interruppe il suo lavoro di rollaggio sigaretta per ammirare quello splendore con cui stava, e per sentire ogni nota della sua risata.
«Ich liebe dich» gli uscì dalla bocca senza neanche accorgersene.
«È un qualche insulto in tedesco?» chiese il rosso scherzosamente.
Quando Mihael si rese conto di ciò che aveva detto divenne color porpora e distolse immediatamente lo sguardo dalla figura del suo fidanzato seduto sul letto.
Per fortuna questo aveva già trovato un'altra foto divertente su cui focalizzarsi, dimenticando subito quello che credeva fosse un insulto nei suoi confronti. Se solo avesse saputo che era una delle frasi più sincere che Mihael pronunciò in vita sua.
Guidato dai suoi pensieri da innamorato, Mello raggiunse un ponte che si stagliava sopra un fiume, completamente ricoperto da lucchetti di ogni genere e dimensione. Sembrava quasi che tutto quel peso avrebbe fatto crollare la struttura. Lucchetti attaccati su ogni sbarra, in ogni angolo libero con sopra scritte lettere di tutto l'alfabeto.
Mihael si fermò a fissarli e a cercare un lucchetto con due M separate da un + sopra. A fianco a lui, una coppia aveva appena girato la chiave per sigillare il loro simbolo d'amore e l'aveva gettata nel fiume, dandosi poi un bacio.
Lei era molto bella, con dei lunghi capelli neri e lisci. Lui invece aveva sempre i capelli scuri tagliati ordinatamente sopra le orecchie, e gli occhi grigio perla.
«Hai anche tu un lucchetto qui?» chiese la ragazza.
Il biondo si voltò e li guardò in silenzio, come se non sapesse se la domanda fosse rivolta a lui.
«Noi ci stiamo per sposare» aggiunse il compagno della donna, cingendole un fianco. I due si guardarono e sorrisero elettrizzati, dandosi poi un piccolo bacio a stampo.
«Congratulazioni» disse semplicemente Mello fumando la sua sigaretta.
«E tu ce l'hai una ragazza?» chiese la donna sorridendo.
«Una volta...»
Mello riposò lo sguardo sui lucchetti sperando che quei due se ne andassero al più presto.
«Oh, mi dispiace. Non era quella giusta?»
«Lui era perfetto. Io ho rovinato tutto»
La coppia fece un'espressione di stupore quando sentì il pronome maschile, ma poco dopo si sciolsero entrambi in un sorriso.
«Sono sicuro che se lui ti ama ti perdonerà. Si perdona sempre quando si è innamorati» E non poté evitare di mandare uno sguardo alla sua ancora per poco fidanzata.
«Anche se volessi provare a parlargli non posso. Vive in Inghilterra»
«E allora cosa ci fai qui?»
Il commento della donna accompagnato da una risata fece voltare Mihael parecchio confuso, fissando la ragazza corvina che stava ridacchiando.
«Sei ancora innamorato di lui?»
«Sì, ovvio»
«E allora corri a prendere il primo aereo tesoro!»
La coppia lo fissò sorridendo, e rise vedendo lo sguardo sempre più spiazzato del biondo.
«Ragazzo, se ci fosse lei in Inghilterra io mi farei tutto il Canale della Manica a nuoto» disse l'uomo indicando la sua amata, che gli sorrise dolcemente.
Mello rimase impalato ancora pochi secondi e poi lanciò la sigaretta a terra e iniziò piano piano a indietreggiare.
«V-vi ringrazio...Grazie mille!»
E a quelle parole stava già correndo via agitando la mano, sotto gli sguardi felici della coppia, che senza saperlo avevano riaperto gli occhi a un ragazzo smarrito.
«Tante, devo tornare in Inghilterra!» urlò Mihael praticamente sfondando la porta di casa.
La zia era occupata ai fornelli, e l'unica sua reazione fu sorridere ampiamente e guardare il nipote pensando: "questo è il mio ragazzo". Aiutò il giovane a fare la valigia e lo accompagnò in aeroporto quella sera stessa.
«Vatti a riprendere il tuo uomo, mein Schatz» fu l'ultima cosa che gli disse prima di baciarlo e salutarlo con la mano al gate di imbarco.
E anche Mihael la salutava, tenendo il trolley stretto con l'altra mano e gli occhi lucidi. Doveva tornare dalla persona che amava, doveva porgergli delle scuse per bene e farsi perdonare. Perché altrimenti, il suo cuore non avrebbe mai trovato pace.

***

Ich liebe dich.
Mihael era convinto che il rosso avesse subito buttato nel dimenticatoio quella frase, invece il ragazzo ci aveva pensato tutta la notte.
"Cosa cavolo vorrà dire?" rimuginava osservando il soffitto della sua stanza.
Qualsiasi cosa fuoriuscisse dalla bocca del biondo veniva immagazzinata nella testa di Matt, perché amava tutto quello che veniva pronunciato da quella voce bellissima.
La mattina dopo, alle otto spaccate, Mail frugava fra dei libri riposti sopra una cassettiera, piena di cartelle ricolme di fogli spiegazzati.
«Matt non puoi semplicemente chiederglielo?» bisbigliò L fremendo dall'ansia.
«Ormai sono già qui» rispose il rosso.
«Lo sai che non possiamo entrare in aula insegnanti! Se ci scoprono siamo fottuti, mi hai sentito Jeevas? Fot-tu-ti»
«Sta zitto e fa' il palo piuttosto!» esclamò Mail mettendo a tacere il suo amico che si stava torturando le mani dall'agitazione.
Stava in piedi sulla soglia dell'aula accessibile solo ai professori, scrutando il corridoio semi vuoto e saltellando come se dovesse fare la pipì.
«Faremo pure tardi a biologia...e quando ci chiederanno dov'eravamo non potremmo dir-»
«Cazzo lo sapevo che dovevo chiedere a Nate» si lamentò Matt continuando a sondare tutti i volumi.
«Sbrigati!» lo sollecitò Lawliet.
Finalmente il rosso trovò quello che stava cercando, e dopo aver esclamato un "trovato!" iniziò a sfogliare in fretta le pagine di un dizionario di tedesco.
«Proprio qui devi leggerlo?» domandò L con il tono di uno che voleva darsela a gambe all'istante.
«Preferisci tornare in pieno orario di lezioni a metterlo a posto?»
Il moro si zittí e continuò a sondare il corridoio, finché non vide una professoressa sbucare da dietro l'angolo e avanzare nella loro direzione.
«Cazzo cazzo cazzo, Matt dobbiamo correre!»
Il rosso lo ignorò e girò le pagine una dietro l'altra, finché non si stoppò ed esultò tutto contento.
«"Ti amo"! Mihael mi ha detto "Ti amo"!»
Lawliet raggiunse l'amico e iniziò a tirarlo per un gomito.
«Ne sono davvero felice ma adesso ce ne andiamo!»
I due uscirono correndo dall'aula, e passarono a fianco la professoressa che grazie a Dio si era fermata a parlare con un collega.
Per tutta la lezione di biologia, Matt guardava il nulla con occhi sognanti e a intervalli regolari si girava per ripetere a Nate: «Mello mi ha detto "Ti amo"»
Alla settima volta, Near non ce la fece più e rispose: «Matt, ho capito. Chiudi il becco o ritrovi i tuoi goggles nel water»
Inutile dire che dopo quello che successe il rosso mise in dubbio quelle parole che lo avevano reso così felice.
"Sarà vero che mi amava?" si era domandato più volte in quelle giornate in cui non voleva mettere piede fuori casa.
Perché se Mihael affondò i suoi dispiaceri in alcool e autolesionismo, Matt li affondò nel materasso del suo letto.
Il ramato non si alzò da lì per tutta l'estate, facendo preoccupare gravemente i suoi amici e i suoi famigliari, che lo spinsero a forza nello studio di uno psichiatra.
«Signorino Jeevas, mi dispiace informarla che lei soffre di depressione» aveva detto il medico seduto dall'altra parte della scrivania.
Matt non si sorprese, praticamente lo sapeva già di essere caduto in un abisso.
I dottori gli prescrissero delle pillole, che avrebbero dovuto aiutarlo a risollevarsi col morale.
Ma i mesi passavano, e la camera del rosso si riempiva di vestiti, piatti di cibo e milioni di cianfrusaglie sparpagliate in ogni angolo. Matt stava tutto il giorno disteso nel letto, a fissare il muro come in uno stato di trance.
Ogni tanto si sentivano piccoli battiti sulla porta seguiti dalla vocina preoccupata di Linda.
«Fratellone...la mamma ha fatto le alette piccanti, le tue preferite. Perché non vieni a mangiarle giù con noi?»
Ma come sempre, non ricevette nessuna risposta dall'altra parte del muro, e se ne tornò al piano di sotto scuotendo la testa quando incontrò lo sguardo della donna.
Ogni tanto la madre entrava per raccogliere i vestiti sporchi o provare a convincere il figlio a farsi una doccia, che questo sempre rifiutava. Più passava il tempo più i chili di Matt scomparivano piano piano, facendolo diventare più magro. La sua famiglia gli lasciava piatti pieni di cibo fuori la porta della camera, ma Mail non li mangiava tutti. Spesso quando Linda tornava a prenderli, erano freddi e intatti.
Lawliet e gli altri del gruppo venivano quasi ogni giorno a bussare alla sua porta a proporgli qualche attività per convincerlo ad uscire.
«Hanno aggiunto una nuova rampa allo skate park, dobbiamo andare assolutamente a provarla!»
«È uscito un nuovo film al cinema, vieni a vederlo con noi?»
«Matt ho comprato una tinta blu al supermercato, ci facciamo i capelli come Sailor Mercury?»
Nessuna di quelle e delle altre centinaia di richieste fece smuovere il rosso, che pensava solo ed esclusivamente a Mihael.
Si iniziò a domandare se fosse lui il problema, che forse non era stato abbastanza, forse non era stato un bravo fidanzato. Si convinse che magari non gli aveva dimostrato abbastanza amore, o che semplicemente Mello si fosse stufato di lui.
L'unica persona che Matt vide con regolarità in quell'estate di dolore, fu la sua psicologa Halle. Donna bellissima e composta, dai lunghi capelli biondi e le labbra rosate. Carattere forte e deciso, che però sapeva farti sentire al sicuro con le parole giuste. Forse a Mail piaceva perché era un versione femminile di Mello.
Piano piano iniziando a uscire con regolarità per vedere la psicologa, il rosso ricominciò ad avere una routine e a fare piccoli ma grandi passi. Si faceva di nuovo la doccia tre volte a settimana, buttava i vestiti sporchi nella lavatrice e tornò anche a mangiare a tavola con la sua famiglia.
Rivide i suoi amici, e tornare allo skate park e al cinema con loro lo fece solo stare meglio. Nessuno osò sfiorare l'argomento biondo, perché non volevano che quel piccolo sorriso che piano piano stava tornando sul viso di Matt tornasse a nascondersi.
Quando Jeevas fece ritorno a scuola a settembre, per iniziare il suo ultimo anno di liceo, sembrava che nulla fosse successo e che il rosso avesse passato un'estate come le altre.
Ovviamente i suoi compagni non potevano sapere che ogni sera, quando rientrava nella sua camera, piangeva tutte le lacrime che aveva tenuto dentro durante la giornata. Piangeva e sfilava da sotto il letto la scatola contenete le magliette che Mihael aveva lasciato da lui prima di andare e i regali che gli aveva fatto. Annusava quelle t-shirt finché erano ancora impregnate del suo odore e le riempiva di lacrime.
«Hai gettato tutte le sue cose come ti ho chiesto?» gli aveva domandato Halle in una delle ultime sedute «È il passo più importante per voltare pagina Matt»
«Sì, ho gettato tutto. Non ho più nulla di suo» aveva risposto il rosso con un sorriso tanto bello quanto falso.
Ma sapeva che se avesse buttato quelle cose sarebbe andato a ripescarle in discarica dopo neanche trenta secondi. Erano una parte di lui, una parte del suo Mihael. Il suo amore così tanto distante da lui, che stava passando le stesse pene dell'inferno.
"Ti amo così tanto che mi fa male" pensava Matt mentre stringeva le loro vecchie fotografie piangendo.
"Ti amo così tanto che mi faccio male" pensava Mihael reggendo quel dannato paio di forbici.

 

   
 
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