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Autore: DanzaNelFuoco    13/06/2022    4 recensioni
Severus Snape/Harry Potter
future fic
COW-T #12
--- “Non ero sicuro saresti venuto,” Potter gli dice, sorseggiando la Burrobirra.
Severus ordina un tè perché non può bere niente di più forte, non quando dovrebbe vigilare, almeno in teoria, sugli studenti. Un vero peccato.
Inghiotte il ventaglio di secche e velenose risposte che gli sono salite alle labbra. Troppe opzioni e nessuna accettabile.
“Perché sono qui, Potter?” chiede invece, sciogliendo il nodo della sciarpa. Non che voglia restare seduto a quel tavolino per più di quanto non sia strettamente necessario, ma il calore della sala è troppo per restare completamente vestito - e poi sarebbe da idioti pensare di cavarsela in dieci minuti. Non quando il Salvatore del Mondo Magico chiede udienza.
“Non posso semplicemente avere voglia di vederti?”
Severus inarca le sopracciglia in quel cipiglio che fa chinare gli occhi a tutti i suoi studenti, pregando di non ritrovarsi con i punti della clessidra decimati. Su Potter ovviamente non ha più alcun effetto, sempre che mai l’abbia avuto.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Potter, Severus Piton | Coppie: Harry/Severus
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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COW-T #12, w5, m5 - Neve

 

- Don't you fear the sun - 

 

Le strade di Hogsmeade sono innevate e piene di studenti. 

Severus nasconde il naso aquilino nella sciarpa di lana, l’unica nota di colore con il suo verde e il suo argento sul nero delle sue vesti. 

Di tutte i privilegi che aveva avuto come Preside di Hogwarts, quello di non dover più supervisionare i weekend nella cittadina magica è quello che gli manca di più. Un ragazzino del terzo anno gli sfreccia accanto e Severus deve trattenersi dall’afferrarlo per la collottola e togliere cinque punti a Corvonero. Sarebbe un buon modo per sfogare il suo malumore, ma ha smesso di rovesciare la frustrazione sui suoi studenti adesso che il suo ruolo di spia è stato accantonato per sempre. 

Severus marcia verso i Tre Manici di Scopa, schivando i cumuli di neve sulla sua strada, attento a non scivolare sul ghiaccio. Non appena apre la porta l’aria calda gli colpisce la faccia, arrossandogli le guance. Ovviamente il locale è fin troppo pieno e Severus odia essere lì, e soprattutto odia essere lì in un weekend di Hogsmeade, circondato da studenti che non faranno altro che sparlare. 

Potter è seduto in un tavolino all’angolo, un bicchiere di Burrobirra calda davanti a lui. 

Severus potrebbe voltare sui tacchi e andarsene - potrebbe, certo, ma poi Potter alza gli occhi e lo vede e Severus non è mai stato un codardo. 

Il ragazzo non alza una mano per fargli cenno di avvicinarsi, è Rosmerta che lo spinge dentro con cipiglio determinato perché così impalato sulla soglia fa soltanto entrare il freddo e la neve e Severus non può fare altro che andare a sedersi di fianco a lui. 

“Non ero sicuro saresti venuto,” Potter gli dice, sorseggiando la Burrobirra. 

Severus ordina un tè perché non può bere niente di più forte, non quando dovrebbe vigilare, almeno in teoria, sugli studenti. Un vero peccato. 

Inghiotte il ventaglio di secche e velenose risposte che gli sono salite alle labbra. Troppe opzioni e nessuna accettabile.

“Perché sono qui, Potter?” chiede invece, sciogliendo il nodo della sciarpa. Non che voglia restare seduto a quel tavolino per più di quanto non sia strettamente necessario, ma il calore della sala è troppo per restare completamente vestito - e poi sarebbe da idioti pensare di cavarsela in dieci minuti. Non quando il Salvatore del Mondo Magico chiede udienza. 

“Non posso semplicemente avere voglia di vederti?” 

Severus inarca le sopracciglia in quel cipiglio che fa chinare gli occhi a tutti i suoi studenti, pregando di non ritrovarsi con i punti della clessidra decimati. Su Potter ovviamente non ha più alcun effetto, sempre che mai l’abbia avuto. 

“Non so quale assurda idea tu ti sia messo in testa, ma no, non puoi.” 

Potter giochicchia con il bicchiere, a disagio. Bene. Forse questa farsa finirà prima del previsto. Severus davvero non riesce a capire cosa voglia il ragazzo da lui - averlo salvato nella Stamberga Strillante, aver ripulito il suo nome, avergli fatto riavere la sua cattedra, la sua casa ad Hogwarts… sarebbe dovuto essere fin anche troppo. E invece Potter continua a cercare la sua attenzione, a chiedere il suo tempo. 

“Sarebbe davvero così assurdo?” 

Severus torna presente alla conversazione. Assurdo? Che Potter abbia voglia di vederlo? Ovviamente. 
“Per quanto abbia sempre avuto dubbi sulla tua intelligenza, Potter, mi chiedo se questa volta non sia il caso di preoccuparmi e farti visitare al San Mungo…”

“Tu ti preoccupi sempre.” 

Severus non è sicuro di aver sentito bene, non quando le parole di Potter non sono state altro che un sussurro tra le risate e le conversazioni a voci troppo alte che li circondano. 

“Come, prego?” 

“Non ti sei sempre preoccupato per me?” 

La domanda di Potter è retorica, ovviamente, lo sanno entrambi. Eppure Severus sente il bisogno irrazionale di negare. 

“Irrilevante,” Severus sorseggia il suo tè, “Il fatto che mi prema tenerti in vita esula dalla necessità di starci vicendevolmente simpatici.” 

Potter alza gli occhi al cielo. “Davvero?” 

“Sì.” 

“Sono stato nelle tue memorie, Snape. Ha smesso di riguardare mia madre molto tempo fa.” 

Severus è stato una spia per la maggior parte della sua vita, è sopravvissuto ad un Signore Oscuro e ad Albus Dumbledore ed è solo grazie alla sua preparazione che non lascia cadere la tazza, rovesciandosi addosso il suo contenuto. Le sue nocche sbiancano notevolmente attorno alla ceramica, comunque. 

“Non so cosa tu voglia insinuare…” 

“Oh per Merlino, Snape, non voglio insinuare nulla!” Potter incontra il suo sguardo, occhi verdi che sembrano attraversargli l’anima. “È così assurdo pensare che voglia passare del tempo con la persona che mi ha tenuto in vita per quasi un decennio?” 

“Sì, quando la persona che ti ha tenuto in vita si è piccata di far sì che ogni secondo di quella vita fosse miserabile,” Severus sibila e Potter scuote la testa, come se fosse Severus quello irragionevole. 

“E quanto di quell’odio era vero, quanto facciata?” Quella è una domanda a cui Severus non può rispondere perché non lo sa nemmeno lui.   

Lo odiava quel ragazzino, così uguale a James Potter, così poco simile a Lily, lo aveva voluto odiare fin dalla prima volta che aveva posato gli occhi su di lui. Ma Harry non era James, qualsiasi cosa ne pensasse quell’idiota di Black. Se deve essere onesto, c’era stato un momento, durante il suo quinto anno, prima che violasse il suo Pensatoio, in cui essere civile con il ragazzo non gli era risultato così difficile.  Ma avevano un Signore Oscuro a cui pensare e Potter era sufficientemente in grado di farsi odiare per sé stesso. 

“Non ha importanza, Potter. La guerra è finita.” 

Potter si alza, lascia sul tavolo abbastanza galeoni per pagare la consumazione di tutti gli avventori del locale, e si infila il cappotto. Severus non si era nemmeno tolto il suo. Tutto sommato una conversazione più breve di quella che si era aspettato. 

Eppure Potter lo sorprende. 

“Andiamo,” dice, posandogli una mano sulla spalla. 

“Non ho finito il mio tè,” Severus temporeggia, la tazza vuota in mano, cercando di ignorare il suo tocco e tutte le possibili implicazioni, perché per quanto Potter non si più un suo studente da almeno un anno, Severus non può fare a meno di pensare che qualsiasi forma di contatto fisico tra loro sia inappropriata. 

“A me sembra di sì,” Potter lo spinge leggermente e Severus si ritrova ad alzarsi in piedi e allacciarsi la sciarpa attorno al collo. 

Potter ha una mano attorno al suo braccio, mentre lo guida fuori dal locale, e Severus sente su di sé gli sguardi di un tavolo di Tassorosso. Dannazione quanto odia quei mocciosi pettegoli, Severus quasi rimpiange la guerra, quando gli studenti non avevano così tanto tempo da perdere. 

Fuori fa ancora più freddo, sta calando la sera nonostante siano a malapena le cinque del pomeriggio.  Continuano a camminare e Potter non lascia la presa sul suo braccio, nonostante adesso siano fuori dalla folla e non abbia più bisogno di guidarlo. Severus lo lascia fare, forse perché non è più così bravo a negarsi quello che vuole adesso. 

Potter dovrebbe odiarlo, dovrebbe guardarlo con disgusto. Ha visto i suoi ricordi - ha visto Lily e Petunia, ha visto suo padre e Sirius Black, lo ha visto diventare un Mangiamorte e condannarli a morte tutti. 

“Non ti capisco,” dice Potter e, sì, il sentimento è reciproco.  

Severus sbuffa, derisorio, ma non lo interrompe. Nemmeno lo spinge a continuare. 

“Pensavo che avresti avuto pace, adesso che Voldemort è morto. Pensavo avresti smesso di…” la sua voce si spegne, perché non sa nemmeno lui come continuare. 

“Essere me stesso?” Sopperisce Severus, le labbra si piegate in un ghigno, “Potter, non sono un cavaliere in scintillante armatura.” 

Potter sembra sul punto di controbattere, ma Severus continua. 

“Non sono un eroe e non sono un Grifondoro. Sono l’untuoso bastardo che vive nei sotterranei e lo sono sempre stato a prescindere da quanti strati di Occlumanzia abbia usato per distorcere la mia immagine.” 

“Lo so,” Potter si stringe nelle spalle e nel movimento sfiora le sue, “solo non capisco perché tu non possa provare ad essere felice.” 

“Chi ti dice che non lo sia?” Severus replica, “Cosa ti importa poi che io lo sia?”  

“Cosa mi importa-?” Harry schiocca la lingua, “Non puoi essere serio.” 

“Ero un tuo professore, Potter. E tu non sei più un mio studente. Qualsiasi rapporto interpersonale è cessato quando hai lasciato Hogwarts.” 

“Stronzate,” Potter non si lascia ingannare, “non sei mai stato soltanto un mio professore, e lo sai benissimo.” Severus vorrebbe ribattere e ridergli in faccia, “E poi, ho visto i tuoi ricordi,” il ragazzo continua e il tono nella sua voce è determinante. 

Severus sente il ghiaccio invadergli il petto. Sperava che Potter fosse un idiota, sperava che certe sfumature non fossero trapelate, evidenti solo a sé stesso che già sapeva. Dopotutto quando il ragazzo gli ha restituito la fiala con le sue memorie, Severus si era accertato che non ci fosse nulla di compromettente dentro. 

Una parola di troppo, certo, forse uno sguardo che indugia qualche secondo in più del necessario. Severus ha passato una vita a provare forti emozioni nei confronti di quel ragazzino, anni a renderlo il cardine della sua esistenza, ad assicurarsi che rimanesse in vita, che non si mettesse in troppi guai, che fosse in grado di sopravvivere là fuori. Severus si dice che Potter è l’eccezione, che in vent’anni di carriera non si è mai invaghito di nessuno studente, e che con tutto il sangue sulle sue mani, quella è un amoralità che può permettersi fintanto che non vi agisce. 

“Ho visto i tuoi ricordi,” Potter insiste, si ferma in mezzo alla strada e si piazza davanti a lui, ”ho visto quello -“

“Hai visto cose che non avresti dovuto vedere,” Severus scuote la testa, “Stavo morendo, Potter, non stavo esattamente scegliendo quali memorie darti.” 

“Quindi non è vero?” 

Severus potrebbe negare, ha mentito per tutta una vita, una bugia in più non fa alcuna differenza. 

“Non so cosa tu credi di aver visto -“

“So quello che ho visto.” 

“No, non lo sai.”  

“No, forse non lo so, perché pensavo che adesso che non ci sono più ostacoli, avremmo potuto…” 

“Avremmo potuto? Potter, sei un ragazzino!” Severus sbotta incredulo, “E io potrei essere tuo padre…” 

“Ma non lo sei,” Potter scuote la testa, “E io non sono solo un ragazzino.” 

“Hai diciannove anni-” 

“E ho già vinto una guerra. Penso di sapere quello che voglio.” 

“E vorresti me?” Severus lo deride, perché è assurdo, un segno di pazzia evidente. Forse dovrebbe davvero portarlo al San Mungo. 

“Devi sempre rendere tutto così difficile.” 

“Te l’ho detto, non so quale immagine mentale tu ti sia costruito di me, ma non sono un eroe.” 

“Io penso che tu lo sia,” Potter si lascia scappare una risatina senza gioia, amara. “Ma ti taglieresti un braccio piuttosto che ammetterlo.” Scuote la testa con quell’espressione di disappunto sul viso, come se Severus davvero gli dovesse qualcosa.

“Non mi conosci affatto.” 

“Ti conosco fin troppo bene,” replica, puntandogli un dito contro il petto, “ti conosco meglio di chiunque altro.” 

Forse è vero, dopotutto Severus non ha mai lasciato entrare nessun altro nella sua testa. Non vuol dire che sia disposto ad ammetterlo. 

Potter lo fissa, sfida il suo cipiglio e le sue braccia conserte, sfida il gelo che gli si infiltra nelle ossa e la neve che ha ricominciato a scendere attorno a loro. Severus scuote la testa, anche se non sa esattamente cosa stia negando. Tutto, probabilmente, perché le persone come lui non ottengono mai ciò che vogliono; nemmeno dopo aver espiato; e soprattutto se ciò che vogliono è sbagliato. 

“D’accordo,” Potter capitola alla fine. “D’accordo, sei un bastardo e io mi sono fatto un’idea sbagliata.” 

Sulle sue labbra il sarcasmo stona, e Severus si dice che non sente qualcosa costringergli il petto, nel punto dove una volta probabilmente c’era il suo cuore. 

Potter fa per girare sui tacchi e andarsene, ma scivola su uno strato di neve compattato dai passi di troppe persone prima di lui e per Severus è un riflesso innato evitargli di cadere e rompersi l’osso del collo. 

Lo afferra di scatto e lo tira contro di sé, prima che perda l’equilibrio, ritrovandoselo premuto addosso in quello che potrebbe sembrare un abbraccio. Sente il fiato caldo sulla guancia, le mani che si aggrappano alla stoffa del cappotto nero come ad un ancora e Severus dovrebbe spingerlo via adesso, staccarsi da lui come se ne fosse rimasto fulminato, ma non ci riesce. 

Harry è troppo vicino, i suoi occhi verdi incorniciati da lunghe ciglia nere si fissano nei suoi e poi scendono a fissargli le labbra. 

Severus si chiede come abbia mai potuto pensare che quelli fossero gli stessi occhi di Lily. 

“Se mi dici che me lo sto immaginando, potrei lanciarti addosso una maledizione,” la voce di Harry è un sussurro roco e Severus sente un brivido scorrergli lungo la schiena. Per qualche motivo non pensa sia colpa della neve. 

Scuote la testa, no, non può negare il momento, non può negare la tensione, il desiderio negli occhi del ragazzo, uno specchio di ciò che è riflesso nei suoi e oh, vadano al diavole le vestigia della sua moralità, si è dannato l’anima per molto meno. 

Severus chiude finalmente la distanza irrisoria tra le loro labbra. 

Intorno a loro, cade la neve. 

  
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