Serie TV > The 100
Segui la storia  |       
Autore: Aagainst    15/06/2022    1 recensioni
“ Lexa se n’era andata senza nemmeno salutarla. L’aveva sedotta per poi abbandonarla, gettarla via come una scarpa vecchia. Le aveva preso tutto, il suo cuore, la sua anima, il suo amore e l’aveva resa un guscio vuoto, incapace di sentire qualsiasi cosa all’infuori di un insopportabile dolore. E, nella penombra della sua stanza, Clarke giunse alla più beffarda delle conclusioni. Non avrebbe mai smesso di amare Lexa Woods. Non ne sarebbe stata capace. Mai.”
Sono passati tre anni da quando Clarke si è risvegliata senza Lexa accanto, tre anni in cui, eccezion fatta che per qualche panel o intervista a cui entrambe hanno dovuto presenziare, le due attrici si sono a malapena rivolte la parola. Tre anni in cui Clarke non ha mai ricevuto risposte e in cui Lexa non ha fatto nient’altro che sfuggire qualsiasi domanda.
Eppure, il destino è dietro l’angolo
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Clarke Griffin, Lexa, Madi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

21.

 

I don't need you to tell me who I am or what I'm meant to be
(Asking Alexandria-I Don’t Need You)

 

 

 

Clarke era in macchina, ferma ad un semaforo. Aveva preso la decisione di andare da Wallace. Aveva bisogno di affrontarlo e di rescindere il suo contratto. Il solo pensiero di aver lavorato per anni per l’uomo responsabile dell’infelicità sua e di Lexa la faceva arrabbiare come non mai. Si sentiva sfruttata, ingannata, trattata come un oggetto privo di ogni valore. Scosse il capo. Come aveva fatto ad essere così cieca? Come aveva fatto a non vedere cosa stava realmente succedendo? Era stata così frettolosa nel dare la colpa a Lexa. Avrebbe dovuto indagare, capire subito la verità. Non che non ci avesse provato. Le aveva telefonato per una settimana, tutti i giorni. Le aveva scritto messaggi, perfino una lettera. Le rare volte che era riuscita a incontrarla a qualche evento aveva cercato in ogni modo di avvicinarla, inutilmente. Lexa era diventata sfuggente, impossibile da raggiungere. Clarke imprecò. Non era stata in grado leggere i segnali nel modo giusto. Ora che ci pensava, era sempre stato chiaro che qualcosa non andasse. Lexa non era mai stata particolarmente espansiva o solare, ma da quando aveva lasciato il set di Arkadia era diventata particolarmente malinconica e il suo sguardo era sempre velato da una perenne nota di tristezza. Come aveva fatto a non capirlo? Come? Il fastidioso suono di un clacson riportò Clarke alla realtà. 

“Sì, ho capito, accidenti!” sbottò, nervosa. Odiava il traffico di Beverly Hills,

lo trovava insostenibile. L’auto dietro di lei, una Porsche Panamera blu, continuava a suonare il clacson, rendendole impossibile la guida. Clarke accostò, ormai al limite della sopportazione. Attese che la Porsche la superasse, i nervi a fior di pelle. 

“Bravo, vai!” urlò, sporgendosi dal finestrino e agitando il medio. Si rimise a sedere e posò entrambe le mani sul volante, chiudendo gli occhi per qualche momento. Inspirò ed espirò, lentamente. Non appena si fu calmata, ripartì. Arrivò a destinazione in meno di un quarto d’ora. Dante Wallace viveva in una villa enorme, situata in mezzo ad uno splendido giardino all’inglese. Oltre ad una piscina olimpionica riscaldata, il produttore aveva fatto costruire anche un campo da tennis, ed uno da calcio, sport preferito del nipote, e aveva provveduto a creare un laghetto artificiale, pieno di pesci. Clarke era stata solo un paio di volte a villa Wallace e il ricordo che ne serbava era positivo. Si era trovata a proprio agio e il produttore l’aveva pure convinta a sfidare il figlio ad una partita di tennis che, a sorpresa, l’attrice aveva vinto. Se solo avesse saputo con chi aveva a che fare realmente. Clarke sospirò. Ormai era inutile piangere sul latte versato. Non era stata in grado di salvare Lexa tre anni prima, ma poteva ancora fare qualcosa. Poteva cambiare il suo presente e il suo futuro. Doveva farlo, per sé stessa e per Lexa. Non avrebbe più lavorato per quell’uomo, anche a costo di non trovare più una singola produzione in cui recitare. Scese dall’auto e si incamminò al grande cancello verde all’ingresso della villa. Prese un respiro profondo, cercando di non lasciarsi prendere dall’agitazione. 

“Si va in scena.”.

 

________________

 

 

“Come dici? Non ho capito.” disse Lexa, rivolta ad un piuttosto vivace Ethan. Il bambino era seduto sulle sue gambe e continuava ad emettere versi, tra una risata e l’altra. Lexa gli parlava divertita e i due avevano intavolato una decisamente assurda conversazione. Ethan allungò la manina e si aggrappò ai capelli dell’attrice, facendola gemere per il dolore. A fatica, Lexa riuscì a convincerlo a mollare la presa, ricevendo un’occhiata piuttosto contrariata da parte del bambino. 

“Un giorno o l’altro te li staccherà.” commentò Anya, spuntando improvvisamente dalla cucina.

“Cavoli, spero di no.” ribatté Lexa, lo sguardo rivolto verso Ethan. Anya scoppiò a ridere e si sedette accanto all’amica, carezzando affettuosamente il capo del bambino. Ethan si girò e le sorrise, evidentemente felice di vederla. Anya gli tirò un buffetto sulla guancia. Alzò lo sguardo, fino ad incrociare quello di Lexa. 

“Hai parlato con Becca Franko?”. La mora sobbalzò, colta del tutto alla sprovvista. 

“An, io…”. Anya allargò le braccia con fare scocciato, stufa di quell’atteggiamento dell’amica. Non poteva nascondere la testa sotto la sabbia ad ogni situazione scomoda.

“No, Lexa. Quando hai intenzione di comunicarle una tua decisione?”. La mora chinò il capo. Ethan si era accoccolato al suo petto e si era portato il pollice in bocca. Lexa lo trovava adorabile.

“Non la sto evitando. È che… Mi ha fatto una proposta, okay? Mi ha detto che mi verrebbero incontro, che potrei tenere la parte e che la maggior parte delle scene le dovrei girare qui.” spiegò.

“Fantastico! Non vedo il problema però.”

“Beh, dovrei comunque stare in Nevada per qualche settimana e con Madi in queste condizioni non credo sia il caso. Solo, non so se posso permettermi di rinunciare a questo ruolo, An.”.

“Pensavo non avessi problemi economici. Insomma, interpreti la protagonista di una delle serie tv più viste al mondo, Lex!”

obiettò Anya.

“Non è un problema di soldi. Per quanto odi ammetterlo, Titus ha ragione. Sono a tanto così dal fare il salto e se mi fermo ora rischio di perdere il treno. Allo stesso tempo però, so di avere una grossa responsabilità nei confronti di Madi. Non ho intenzione di anteporre la mia carriera a lei, ma non voglio nemmeno buttare la mia vita al vento, credo sarebbe controproducente per entrambe.”. Anya sospirò. Il discorso di Lexa aveva un senso, per quanto fosse dura accettarlo. Si passò una mano fra i capelli e si lasciò scivolare lungo lo schienale del divano.

“Come sta?” chiese, alludendo alla ragazzina.

“I dolori alle costole sono molto forti, ma in qualche settimana dovrebbero passare. Sono le ferite a livello emotivo e psicologico che mi spaventano. Madi ha vissuto esperienze che avrebbero spezzato una persona adulta, Anya.” rispose Lexa. Fra le sue braccia, Ethan si era ormai addormentato, il pollice ancora in bocca. L’attrice sorrise, intenerita. Gli baciò teneramente il capo, attenta a non svegliarlo. 

“Non capisco come Roan abbia potuto fare una cosa simile. Se solo lo avessi saputo, io…”. Anya le posò una mano sul braccio, cercando di calmarla.

“Era giovane, forse spaventato dal contesto in cui viveva, chi può dirlo. Credo che, per quanto vorremmo, non scopriremo mai la verità. E, in fin dei conti, non è nemmeno importante, Lexa. Quello che conta è ciò che saremo in grado di dare a Madi oggi, tu, Clarke, io e chiunque le voglia bene.”. Lexa annuì, appoggiando la testa sulla spalla di Anya. Sono certa però che quello che è meglio per te, sarà anche il meglio per Madi, per l’ennesima volta quelle parole di Clarke le risuonarono nella mente. Già, il meglio per lei. Doveva solo capire quale fosse.

 

________________

 

Dante Wallace era seduto a bordo piscina, un bicchiere di Martini in mano, in compagnia di suo figlio Cage e di un uomo sulla quarantina che Clarke non aveva idea di chi fosse. Non appena vide l’attrice, il produttore la salutò con un sorriso, piuttosto stupito di trovarsela davanti. Dall’altro lato, Clarke avrebbe voluto vomitare. 

“Signorina Griffin, è un piacere averla qui.” esordì Wallace. “Le presento Carl Emerson, produrrò il suo primo film.”. Clarke salutò con un cenno della mano, piuttosto a disagio. Per un attimo, si chiese cosa le fosse saltato in mente. In fin dei conti, durante le riprese di Arkadia lei non avrebbe avuto a che fare con Wallace, non direttamente almeno. Strinse i pugni. No, ne andava della sua dignità. Non poteva lavorare per quell’uomo, non dopo che aveva scoperto la verità su Lexa.

“Prego, si accomodi. Le posso far portare qualcosa bere. Cosa preferisce? Le suggerisco del…”

“Niente, grazie.” tagliò corto l’attrice. “Non sono qui per una visita di piacere.”. Wallace aggrottò la fronte, confuso. Cage, che era seduto accanto al padre, alzò lo sguardo, fino a quando i suoi occhi non incontrarono quelli di Clarke. 

“È successo qualcosa, Griffin?” chiese il produttore, a denti stretti. L’uomo non era stupido e l’attrice ebbe la sensazione che avesse già intuito le sue intenzioni.

“A dire il vero, sì. Ed ecco perché mi tiro fuori. Mi licenzio, Wallace. Se vorrete girare Arkadia, dovrete farlo senza di me.”. Un silenzio assordante calò sulla piscina e nessuno dei tre uomini mosse un dito. Poi, dopo svariati secondi, il produttore scoppiò a ridere, seguito a ruota dal figlio. Clarke dovette fare appello a tutto il proprio autocontrollo per non lasciarsi andare alla rabbia. Wallace posò il bicchiere di Martini per terra e si alzò in piedi. Si passò una mano sul volto, l’aria a a metà fra il divertito e l’innervosito. 

“Vorrà scherzare, spero?”. Clarke fece segno di no con il capo.

“Le sembra la faccia di una persona che sta scherzando, signor Wallace?”. Il produttore si irrigidì, ormai conscio della serietà della situazione.

“È successo qualcosa? Problemi a casa? Sta male, signorina Griffin? No, perché vorrei sapere quale motivo lei abbia per venire qui a disturbare il mio rilassante pomeriggio in piscina comunicandomi una stronzata simile!”

“E lei, signor Wallace? Che motivo aveva lei, invece, per spingere Lexa a lasciare la serie e minacciarla? Sì, so cosa lei e quel verme di Titus le avete fatto. Non mi interessa delle conseguenze, non lavorerò mai più per lei, mi ha capito?”. Wallace era furioso. Avanzò verso Clarke, minaccioso.

“Lei lo sa che le costerà la carriera, vero? Oltre a una penale da due milioni di dollari, ovviamente.”. Clarke deglutì. Non aveva minimamente pensato al lato economico. Cercò di farsi forza. Non poteva più tornare indietro, era troppo tardi ormai.

“Pagherò. Ho già perso molto di più in questi ultimi tre anni.” dichiarò. “Buona giornata.”. Si voltò e si incamminò verso l’uscita, cercando il più possibile di ignorare le urla di Wallace. 

“Griffin, non finisce qui! Hai chiuso con Hollywood, mi hai capito?”. Clarke non lo ascoltò. Si precipitò in macchina, il cuore che batteva all’impazzata e le mani che non la smettevano di tremare. Inspirò ed espirò lentamente, nella speranza di riuscire a calmarsi. E nella solitudine della sua auto, finalmente, si concesse di piangere.

 

________________

 

 

Se qualcuno avesse detto a Lexa qualche mese prima che avrebbe invitato a cena Abby Griffin, probabilmente sarebbe scoppiata a ridere. E invece la dottoressa era lì, di fronte a lei, insieme al suo compagno, Marcus Kane. L’idea era stata di Lexa stessa. Con quello che era successo in ospedale, le era sembrato giusto organizzare una cena per ringraziare la donna di tutto l’aiuto che le aveva offerto, sia con Madi, sia con Clarke. Voleva ricominciare da capo, anche con lei. 

“Grazie per questo invito, sono felice di poterti conoscere meglio.” 

“È un piacere, dottoressa Griffin. Ed è il minimo, dopo tutto quello che ha fatto per me e Madi.” replicò Lexa.

“Chiamami Abby.” le disse il medico, sorridendole. “A proposito, come stai?” domandò poi a Madi. La ragazzina aveva deciso di sforzarsi e provare a partecipare alla cena, nonostante i dolori. 

“Un pochino meglio, grazie.” rispose. Non era pienamente una bugia, le sue condizioni stavano davvero migliorando, anche se molto lentamente. Lexa le accarezzò il braccio e si voltò verso Clarke. La bionda era stranamente silenziosa e sulle sue.

“Tutto bene?” le chiese. Clarke fece una smorfia e si massaggiò il collo, palesemente a disagio. 

“Clarke?” insistette Marcus, preoccupato.

“Uh, no, io… Sto bene, sì. Sono solo un po’ stanca.” mentì l’attrice. “Sapete cosa? Vado a prendere il dolce.”. Lexa provò a ribattere, ma Clarke le fece segno di stare tranquilla. Si alzò da tavola e, raccolti i piatti, andò in cucina. Aprì il frigo e ne estrasse la torta gelato che sua madre e Marcus avevano portato. Fece per tagliarla a fette, quando un rumore di passi la costrinse a girarsi. Sospirò.

“Marcus, io…”

“No, Clarke. Che cosa succede? Ti conosco da troppo, so che c’è qualcosa che ti preoccupa.”. L’attrice scosse il capo. Marcus Kane e suo padre erano stati grandi amici e, quando Jake era morto, l’uomo era diventato una presenza costante nella vita di Clarke e sua madre. Lui ed Abby avevano cominciato a frequentarsi qualche anno dopo e l’attrice non si era opposta. Anzi, vedere sua madre nuovamente felice le riempiva il cuore di gioia. Stimava molto Marcus, tanto da chiedergli di diventare il suo agente. L’uomo aveva diversi attori e cantanti sotto contratto e, nonostante un’iniziale reticenza, aveva deciso di accettare. Clarke si fidava di lui e lui si fidava di Clarke e quello era l’importante. L’attrice schioccò la lingua. Non poteva dirgli la verità, l’avrebbe linciata. Allo stesso tempo, però, sapeva che sarebbe stata questione di ore. Era già un miracolo che Wallace non lo avesse ancora messo al corrente della rescissione del contratto.

“È per l’inizio delle riprese della nuova stagione? So che dovrai stare lontano da Lexa e dai ragazzi per un po’, ma andrà bene, vedrai.”. Clarke avrebbe voluto scoppiare a ridere. 

“Ecco, a proposito delle riprese… Sai, penso che non se ne farà niente.” disse, infine. Marcus inarcò un sopracciglio, senza capire. 

“In che senso?” chiese. Clarke si passò una mano sul volto. Ora o mai più, pensò fra sé e sé.

“Sono andata da Wallace oggi e gli ho detto che non avrei più lavorato per lui. Io ho… Ho rescisso il contratto.”. Marcus era pallido come un cadavere. Non poteva credere alle sue orecchie. 

“Tu cosa?” 

“Marcus, aspetta, io…” provò a spiegarsi Clarke, invano. L’uomo si era già diretto in soggiorno, tra un’imprecazione e l’altra. 

“Che succede?” chiese Abby, preoccupata.

“Succede che tua figlia ha appena rescisso il suo contratto con Wallace, gettando al vento la sua carriera e perdendo chissà quanti soldi!” rispose Marcus, al limite della disperazione.

“Tu hai fatto cosa?” Lexa e Abby domandarono a Clarke, in contemporanea. 

“Non posso lavorare per lui! Non dopo quello che ho scoperto!”. Se avesse potuto, Marcus avrebbe sbattuto la testa contro il muro. Lexa fece segno ad Aden e Madi di portare Adria ed Ethan in camera. Attese che i ragazzi lasciassero il soggiorno e si voltò a fissare Clarke. La bionda era appoggiata alla parete e si mangiucchiava nervosamente le unghie, con aria colpevole.

“Quanto Clarke? Quanto ti ha chiesto di penale?“ le domandò Marcus. L’attrice chinò il capo, consapevole di averla combinata grossa.

“Due milioni.”. Abby affondò il volto fra le mani, in lacrime. “Ma li ho. Venderò la casa, riuscirò a pagare. Solo, non chiedetemi di tornare a lavorare per lui. Vi prego.”. Lexa si alzò da tavola e la strinse a sé, nel più tenero degli abbracci. Le baciò il capo e la cullò, con dolcezza. Marcus scosse il capo, le mani sui fianchi.

“Clarke, perché non me ne hai parlato? Avremmo potuto trovare una soluzione migliore, insieme.”. L’attrice riusciva a stento a trattenere le lacrime, ormai. 

“Io… Io non lo so, ho agito d’impulso. Ho sbagliato, sei il mio agente e…”

“Non te lo sto dicendo in qualità di agente, Clarke, ma come persona che ti vuole bene.” dichiarò l’uomo. Anche se non di sangue, Clarke era una figlia per lui. Era consapevole che, pur se sbagliando la modalità, aveva solo cercato di fare quello che era meglio per lei. Non poteva non essere fiero di Clarke per questo. E, a giudicare dagli occhi pieni di amore di Lexa, non era l’unico. 

“Troveremo una soluzione.” disse, infine. “Te lo prometto.”. Clarke annuì. Alzò il capo. I suoi occhi si persero nello sguardo smeraldino della sua ragazza, che ormai era per lei un vero e proprio porto sicuro. Non era di Wallace che aveva bisogno, ma di Lexa. E nulla avrebbe potuto toglierle questa certezza.







Angolo dell'autrice


Clarke l'ha combinata grossa, ma come biasimarla? Per colpa di Wallace ha perso Lexa e ha passato tre anni stando malissimo, direi che una reazione del genere era inevitabile. Dall'altro lato c'è Lexa, alle prese con una decisione difficile. Insomma, c'è un po' di confusione in vista, ma le due non saranno sole e questo è l'importante.
Volevo poi dirvi che ho scritto una one shot Clexa in inglese, il titolo è The Truth, è su Wattpad e Ao3.
Grazie mille per leggere e a chi commenta!
Alla prossima
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > The 100 / Vai alla pagina dell'autore: Aagainst