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Autore: mrsstilinski__    15/06/2022    3 recensioni
Scorpius è incastrato in una festa di fidanzamento, Rose è appena tornata da un viaggio in giro per l'Europa.
Tra cugini impiccioni, amici squinternati e una nonna "fata madrina", allo scoccare della mezzanotte niente sarebbe più stato come prima, tra i due.
[...]
"Non appena lo vide il suo cuore prese a battere all’impazzata come non accadeva da anni. Lo vedeva così sereno, felice, che non poteva che sentirsi fuori luogo; perché era così evidente, ai suoi occhi, che lui l’avesse dimenticata e che fosse pronto ad iniziare un nuovo importante capitolo della sua vita, in cui lei, però, non era contemplata. La logorava pensare di essersi imbucata a quella festa, come una ragazzina sciocca che tenta di conquistare la sua cotta infantile, eppure dall’altro lato era felice di vederlo, perché vederlo lì a pochi metri da lei la rasserenava. Avrebbe soltanto voluto andare da lui, abbracciarlo, baciarlo davanti a tutti. Perché potevano passare anni, poteva conoscere migliaia di gente, ma nessuno sarebbe mai stato Scorpius, nessuno le avrebbe mai scombussolato i sentimenti come faceva lui, senza neanche saperlo."
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dominique Weasley, Molly Weasley, Rose Weasley, Roxanne Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Cenerentola a Malfoy Manor
Per questa volta
Per una volta
Prometti non mi seguirai pure stanotte
Perché stanotte non si ritorna
Perché io non ho posto lassù
Perché amarsi è ammalarsi quaggiù
Perché in fondo stavolta
Non c'è una carrozza
Stanotte moriamo quaggiù

Achille Lauro & Boss Doms, Cenerentola
07 settembre,
la Tana
Rose Weasley, nei suoi anni ad Hogwarts, era stata una studentessa brillante: appartenuta alla casa di Grifondoro, aveva ricoperto l’importante ruolo di caposcuola e di capitano della squadra di quidditch, dove aveva giocato nel ruolo di cacciatrice. Rossa di capelli – marchio inconfondibile della sua famiglia – e cipiglio determinato, era poi diventata una giovane donna in carriera e felice, soprattutto da quando aveva superato l’esame di abilitazione come magiavvocato e aveva iniziato a lavorare presso il Wizengamot, il tribunale dei maghi al Ministero della Magia, realizzando un sogno che rincorreva fin da quando si era approcciata per la prima volta al mondo della legge magica, subendone il fascino. Dopo il diploma presso la prestigiosa scuola di magia e stregoneria si era quindi buttata a capofitto sui libri di legge magica, nazionale e internazionale, aveva studiato carte processuali centenarie, passato notti insonni a focalizzarsi su ogni virgola che potesse condurla verso la strada giusta e, infine, ce l’aveva fatta; era diventata la prima magiavvocato della famiglia Weasley, e questo riempiva tutti di orgoglio.
Dopo l’esame, ciò che le si era prospettato era stata l’estate più bella della sua vita: per festeggiare l’ambito traguardo raggiunto aveva girato per tutta l’Europa in solitaria, aveva visitato castelli che celavano mondi magici, musei che racchiudevano al loro interno opere d’arte babbane che l’avevano tanto affascinata, aveva fatto il bagno nel mar Mediterraneo, aveva passeggiato in mezzo alla natura, si era interfacciata con nuove culture, nuovi modi di fare incantesimi, piatti prelibati che sperava di poter replicare una volta tornata a casa, aveva conosciuto maghi e streghe che avevano studiato la seconda guerra magica e che conoscevano la fama della sua famiglia; aveva vissuto davvero, per la prima volta.
Ma il viaggio - della durata di un mese - era giunto al termine, e la realtà di tutti i giorni era prepotentemente tornata, con nuove scartoffie, nuovi casi da studiare, nuovi processi, nuovi magiavvocati con cui litigare.
Se non altro era finalmente tornata alla Tana, la casa dei suoi adorati nonni, nonché il luogo per lei più bello e felice che ci fosse sulla faccia della terra, il suo posto sicuro dove aveva trascorso, assieme ai numerosi cugini, tutte le estati della sua vita.
E così, quell’1° settembre, dopo settimane intere a balzare da una nazione all’altra con le passaporte più strane e i camini più putridi, era di nuovo a casa, a mostrare a nonna Molly le fotografie scattate in Grecia, all’Acropoli di Atene, dove, proprio sotto quei magnifici templi che attiravano turisti babbani da tutto il mondo, c’era la numerosissima e altrettanto misteriosa comunità magica greca, che si fondava su millenni di mitologia che affascinavano maghi e babbani. Era rimasta affascinata dal mondo magico greco, così tanto legato alle leggende, ai poemi, alle tragedie teatrali, al folklore e ai temibili quanto straordinari Dei dell’Olimpo, di cui neanche i maghi e le streghe più potenti erano riusciti ancora ad accertarne l’esistenza.
Sua nonna Molly si mostrava curiosa di vedere quanti bei posti e quanti nuovi volti sua nipote avesse conosciuto in quelle quattro settimane in viaggio per l’Europa, l’affascinava molto vedere quante cose cambiassero di paese in paese. «E questo ragazzo chi è?» chiese, notando poi tra le foto un giovane dai tratti mediterranei che sorrideva in camera.
«Lui è Elios» le rispose «mi ha detto di essere un discendente di Hermes, che secondo la mitologia greca è uno degli Dei dell’Olimpo, ma credo stesse solo flirtando» ridacchiò, cambiando pagina «ha detto che mi scriverà, gli ho lasciato il mio indirizzo, chissà…»
«È un mago?» chiese Molly, curiosa.
Rose annuì «si, lavora al Ministero della Magia Greco, si occupa di Diritto dell’Unione Magica Greca, veramente affascinante.»
«Dove lo hai conosciuto?»
«A Santorini. Una graziosissima isola tutta bianca e azzurra! Un sogno!»
Molly sorrise, continuando a sfogliare l’album. «Devi esserti divertita molto con Elios, è in tante foto.»
«Sì, infatti» confermò Rose «è stato la mia guida in giro per la Grecia, è un ragazzo simpatico.»
Elios era stato tutto, in quei giorni in Grecia: non solo la sua guida, ma anche un amico, un amante, un confidente; le lunghe passeggiate, l’intimità tra gli scogli, le serate a guardare le stelle e parlare delle costellazioni e raccontarsi le leggende. Ma Rose aveva giurato a sé stessa che quello che era successo in Grecia sarebbe rimasto lì, un meraviglioso ricordo custodito in quella terra in cui lei aveva lasciato un pezzo di cuore.
«Potresti invitarlo in Inghilterra» propose Molly, come a leggerle nel pensiero.
Rose fu colta di sorpresa, non riuscì a trattenere un sorriso, ma per fortuna era una donna con i piedi per terra, e quella proposta non la scalfì poi tanto. «Magari più avanti, adesso ho altre priorità, devo pensare al lavoro.»
Molly le sorrise, facendole una carezza affettuosa; era consapevole di come il cuore della nipote non fosse del tutto libero ad accogliere un nuovo amore, non dopo che la storia tra lei e il giovane rampollo Malfoy, Scorpius, era finita. Era stata una storia travagliata, iniziata dapprima in segreto, dopo anni a litigare per i corridoi di Hogwarts, poi erano usciti alla luce del sole, e tra lo scetticismo generale erano stati una bella coppia, si erano voluti bene. Finché non avevano deciso, a malincuore ma di comune accordo, di separarsi per pensare ciascuno alla propria vita e alla propria carriera. Sapeva che la nipote non aveva ancora superato quella storia, ma chissà che quel ragazzo greco non potesse aiutarla.
In ogni caso, capiva anche il suo desiderio di volersi concentrare sulla carriera; d’altronde, Rose era una ragazza intelligente, sapeva che avrebbe fatto la cosa giusta.
«Meglio così» le disse infatti, dandole un bacio sulla fronte «di tempo ce n’è per pensare agli uomini. Ma ora vado a dormire» concluse «buonanotte, stellina.»
«’Notte» rispose Rose, chiudendo poi l’album.
Aspettò poi che la nonna salisse in camera, dove nonno Arthur già dormiva da un pezzo, e si distese sul prato; le era sempre piaciuto stare dai nonni, era sempre stata l’ultima nipote a lasciare la casa dopo la fine delle vacanze estive, anche quando ancora tutti frequentavano la scuola; era bello, la notte, nel buio della campagna inglese, ammirare le costellazioni e cercare le stelle cadenti a cui esprimere un desiderio, bearsi dei rumori degli animali notturni, osservare le lucciole che danzavano nella notte.
Le piaceva la tranquillità della notte, se non fosse che riaffioravano i pensieri, i ricordi. E i ricordi con Scorpius Malfoy, in particolare, tornavano prepotenti. Le loro notti estive alla Tana, quando la andava a trovare di nascosto, le notti nascosti nella torre di divinazione o accucciati nelle stalle del Malfoy Manor. Erano passati due anni da quando tutto ciò era finito, eppure la mancanza di quei momenti non la abbandonava mai.
 *
Il giorno dopo si svegliò sul divano della Tana avvolta da una coperta che sua nonna aveva sapientemente cucito quando era una bambina con le voci delle sue cugine Dominique e Roxanne in sottofondo.
«Ehi Rosie? Sei sveglia?» riconobbe la voce delicata con un leggero accento francese di Dominique.
«Ma non vedi come dorme? Chissà a che ora si è addormentata!» Roxanne. L’energica della famiglia, anche dal tono di voce lasciava trasparire tutta la sua dinamicità.
«Dovremmo svegliarla.»
«Russa peggio del trattore del nonno!»
Rose ridacchiò, bofonchiando un “sono sveglia”, ancora presa però dal sonno profondo in cui era caduta la notte precedente. Peraltro, ricordava di essersi addormentata fuori in giardino, ma era probabile che uno dei nonni l’avesse fatta levitare fino al divano per non farla dormire al freddo tutta la notte.
«Rosie!» trillarono all’unisono.
Si mise a sedere, emettendo un sonoro sbadiglio «buongiorno» biascicò, con la voce ancora impastata dal sonno, assottigliò gli occhi per abituarsi alla luce e le cugine la strinsero in un abbraccio, ripetendole infinite volte quanto avessero sentito la sua mancanza, in quel mese di assenza e raccontandole a loro volta quello che si era persa: il primo dentino di Evangeline, la figlia dei cugini Teddy e Victoire, l’ammissione di Lucy – la cugina più piccola e neodiplomata ad Hogwarts – come stagista alla Gazzetta del Profeta, la prima partita di loro cugino Albus come cercatore titolare nei Falcons, la squadra di quidditch favorita per la vittoria del campionato inglese.
«È ancora arrabbiato con me per non essere venuta» disse rammaricata, ascoltando il racconto della partita durante la colazione «non risponde alle mie lettere.»
Dominique si spalmò della marmellata sul pane imburrato «non sentirti in colpa, cherie» le disse, addentando poi la sua colazione «hai fatto una così bella esperienza!»
«Si, Rosie» diede manforte Roxanne, seppur più titubante «avrete modo di parlare… in fondo, sei tornata solo due giorni fa!»
Le cugine, che già avevano sbirciato l’album di fotografie lasciato lì sul tavolino, la incoraggiarono a raccontare loro della vacanza, e così Rose tornò ancora una volta metaforicamente indietro nel tempo, quando passeggiava per i musei di Parigi o per la Rambla di Barcellona, quando esplorava i monumenti di Roma, o quando nuotava nel cristallino mare della Sicilia, chiaro come degli occhi che lei ancora, dopo anni, non aveva dimenticato e che la notte alla Tana avevano riportato alla mente.
«Quasi dimenticavo!» disse poi all’improvviso, ridestandosi dai suoi pensieri e appellando con la magia due disegni «in Provenza ho incontrato questa strega francese, Marie, che ha abbandonato la vita magica per dedicarsi all’arte… e vi ho fatto fare dei ritratti!»
Due disegni fatti con i pastelli raffiguravano le cugine Weasley: Roxanne, con la pelle olivastra e i capelli neri, gli occhi castani e il suo sorriso malandrino che tanto ricordava lo zio Fred, mai conosciuto; Dominique, con i capelli biondi, la pelle chiarissima e gli occhi azzurri, con un’espressione ammaliante che non tradiva la sua discendenza veela.
«Mi è bastato descrivervi e lei ha fatto tutto da sola, è un genio!» continuò a raccontare, entusiasta.
«Rosie, è magnifico! Grazie» la abbracciò Roxanne.
«Davvero stupendi, grazie tesoro.»
Continuarono la loro colazione in tranquillità: erano sole in casa, i nonni erano dalla bis-nipote, come di consueto la domenica, e i cugini erano ognuno a casa propria, ormai rientrati a pieno nella routine quotidiana del lavoro, dal momento che ormai erano tutti diplomati.
Ma Roxanne e Dominique erano irrequiete, perché di lì a qualche settimana ci sarebbe stato un evento destinato a far parlare il mondo magico per mesi, e Rose non ne sapeva ancora nulla.
«Dobbiamo dirglielo!» squittì Dominique, una volta che la cugina salì in camera sua «non ce lo perdonerà mai se dovessimo tacere!»
«Abbassa la voce!» sussurrò Roxanne, guardando verso le scale che Rose non stesse tornando «hai ragione, deve saperlo, tanto lo scoprirà in un caso o nell’altro.»
«Ne soffrirà tanto…» rispose l’altra «mi piange il cuore a pensare che saremo la causa della sua tristezza.»
«Non piagnucolare! Noi non siamo la causa di niente e non abbiamo nulla da rimproverarci.»
«Avremmo dovuto mandarle un gufo quando ci sono arrivati gli inviti, Rox!»
«Le avremmo solo rovinato il viaggio» la rimbeccò la mora «hai visto, no, quanto è felice? Se lo avesse saputo mentre era in Europa -»
«Saputo cosa?» si intromise Rose, tornata in quel preciso istante senza che le due, prese dalla discussione, se ne accorgessero «niente di grave spero» ridacchiò, facendosi subito seria notando gli sguardi colpevoli delle cugine. «Mi state spaventando, volete dirmi cosa è successo?»
Roxanne esitò, guardando poi Dominique in cerca di un cenno di assenso, e tirò fuori dalla borsa una lettera, che portava il marchio dei Malfoy come sigillo.
Notando il dettaglio che riconduceva alla famiglia del suo ex fidanzato storico, Rose allontanò la mano della cugina che tendeva quel pezzo di carta: «non ho intenzione di sapere niente che lo riguardi» disse seccata «la nostra storia è finita due anni fa. Non voglio sapere più nulla di lui.»
«Tesoro…» le disse dolcemente Dominique, accarezzandole il braccio «noi crediamo che tu debba saperlo, ma se preferisci non ti diciamo nulla.»
«Però è molto probabile che tu ne venga comunque a conoscenza» la avvertì Roxanne «poi, decidi tu.»
Rose si liberò in una risata isterica, perché era riuscita a non pensare a lui, se non in rari momenti sporadici, ma aveva conosciuto tanta gente, era stata libera, felice. Ma in un modo o nell’altro, Scorpius Malfoy sarebbe tornato sempre, ed era meglio che si abituasse e scendesse a patti con l’idea che sì, dimenticarlo era possibile, ma rimuoverlo dalla sua vita no.
«Si sposa?» azzardò, indicando col mento la lettera, ancora nelle mani di Roxanne.
Le cugine risposero in maniera negativa, ma dai loro sguardi preoccupati, Rose capì che sotto c’era qualcosa di simile ad un matrimonio.
Le strappò la lettera dalle mani, iniziando a leggere:
Scorpius Hyperion Malfoy ha il piacere di invitarvi alla festa per il suo ventitreesimo compleanno, che si terrà giorno 30 settembre al Malfoy Manor.
Date la vostra conferma e la famiglia Malfoy si premurerà di mandare un mezzo di trasporto magico alla vostra abitazione.
Cordiali saluti,
Draco e Astoria Malfoy,
Scorpius Hyperion Malfoy
Rose inarcò il sopracciglio, scettica: «beh? Tutto qui? Era ovvio che non mi invitasse, non ci vediamo da due anni, sicuramente non mi scandalizzo se i miei cugini saranno presenti e io no.»
«Non è questo, Rosie» disse Dominique «cioè, anche. Voglio dire, da parte nostra sarebbe uno sgarbo troppo grande partecipare e -»
«È una festa di fidanzamento» interruppe Roxanne, seria «il vero scopo della festa è che Malfoy trovi una moglie, pullulerà di ragazze di famiglia purosangue che si proporranno in moglie, e Scorpius dovrà… ecco, insomma, dovrà sceglierne una.»
Rose iniziò a ridere, stavolta seriamente divertita, perché Scorpius, quello che conosceva lei – ed era più che sicura di conoscerlo bene – non avrebbe mai acconsentito ad una cosa del genere; doveva essere uno dei soliti scherzi tra cugini, ne era convinta.
Eppure, le facce serie di Dominique e Roxanne non lasciavano presagire a nessuno scherzo, erano tutt’altro che divertite. Se fosse stato uno scherzo architettato per darle il bentornato se ne sarebbe accorta, anche perché loro due non erano proprio le più adatte per fare scherzi, ed erano troppo serie, tanto da non riuscire a reggere il suo sguardo confuso.
«Non ti stiamo prendendo in giro» la rassicurò Roxanne «è stato Al a dircelo, i Malfoy stanno mantenendo la cosa segreta, solo le famiglie purosangue sono a conoscenza del fidanzamento e tutto il resto, Scorpius ha provato a ribellarsi, ma da quando suo nonno è uscito da Azkaban le cose sono cambiate.»
«L’unica cosa in più che sappiamo è che non è vincolato a dover scegliere una futura moglie» proseguì Dominique «ma rimane il fatto che lo scopo prioritario della festa è quello.»
Rose era allibita, mai avrebbe pensato che una situazione così retrograda potesse riguardarla così da vicino, essere una realtà che poteva toccare con mano, e che riguardasse soprattutto l’amore della sua vita in prima persona. Ricordava bene la scarcerazione di Lucius Malfoy, quando era una praticante magiavvocato, era presente durante l’udienza del Wizengamot che aveva sentenziato la libertà di uno dei mangiamorte più fedeli di Voldemort, ricordava lo sguardo che le aveva riservato, sprezzante e disgustato, di chi nonostante gli anni in quel carcere così duro non aveva cambiato le sue idee.
«Voi andrete? Alla festa.»
«Oh, assolutamente no Rosie!» rispose Dominique, ferma «non esiste.»
«Non possiamo garantire per Al… è il suo migliore amico» disse ancora Roxanne.
La rossa annuì, avrebbe voluto sprofondare; quella notizia la sconvolgeva: il fidanzamento in pompa magna, la festa, i suoi parenti, il matrimonio combinato. È tutto così assurdo.
Si era abituata da tempo all’idea che non sarebbero mai più tornati insieme, che non avrebbero vissuto in quella graziosa villetta nella campagna scozzese che avevano visto una volta, sapeva bene che non avrebbero viaggiato insieme, come tanto avevano desiderato. Da questo punto di vista era serena, perché la sua vita stava andando avanti e proseguiva bene, nonostante la sua assenza. Ma tutte quelle informazioni nuove e soprattutto inaspettate l’avevano rigettata nel burrone in cui era caduta dopo che si erano lasciati, l’inverno di due anni prima.
E se era vero che la decisione di prendere due strade diverse era stata presa di comune accordo, era altrettanto vero che lei se ne era pentita l’attimo dopo, ma il suo stupido orgoglio Grifondoro, misto all’ambizione di voler avere una bella carriera senza che la vita privata interferisse, le avevano impedito di tornare sui suoi passi.
La stanza era calata nel silenzio: nessuna delle cugine aveva più proferito una parola, temendo di dire qualcosa di troppo che avrebbe potuto ferire Rose, sebbene alla fine lei stessa interruppe quel momento di imbarazzo.
«È giusto che andiate» disse, accennando un sorriso malinconico «per spettegolare un po’, poi mi fate sapere.»
«Ma Rose, non è il caso» le rispose Dominique, trovando l’approvazione di Roxanne. «Potremmo andare nella Londra babbana, al cinema, quella sera! Uscirà il nuovo film di -»
«Davvero» la interruppe Rose «tanto, se conosco bene la famiglia Malfoy, sarà tutto sulla Gazzetta del Profeta del giorno dopo; quindi, meglio avere le spie già lì, non trovate?»
*
30 settembre,
Malfoy Manor

I preparativi per il suo ventitreesimo compleanno avevano preso più tempo del previsto, ma per fortuna lui se ne era occupato poco, lasciando che fossero sua mamma e sua nonna – ma soprattutto gli elfi domestici, la sua ex non ne sarebbe stata felice – a lavorare giorno e notte per allestire il maniero per la festa. Scorpius, dal canto suo, si era limitato soltanto a scegliere i fiori: rose rosse e bianche, come il roseto del giardino di quella villetta in Scozia in cui, un tempo, aveva sognato di abitare con Rose.
Già, Rose. Chissà se è venuta a conoscenza della festa. Chiese tra sé e sé. Probabilmente sì. Spero non l’abbia presa male. L’ultima cosa che Scorpius voleva era ferire Rose, colei che era stata – e probabilmente lo sarebbe stata sempre – l’amore della sua vita; non sapeva come avrebbe potuto reagire ad un invito (né, in effetti, sapeva come aveva reagito quando le era stato detto della festa, perché era ovvio che glielo avessero detto), ma d’altronde, che poteva fare? Invitare la sua ex fidanzata storica ad una festa di compleanno organizzata dalla sua famiglia, la cui unica finalità era trovargli una fidanzata purosangue? Era fuori discussione.
Anche perché difficilmente avrebbe retto il suo sguardo per più di tre secondi senza correre da lei implorandola di tornare insieme e perdonarlo per non averci pensato prima, anzi, per non averci pensato l’attimo dopo la loro discussione sul prendere strade diverse e concentrarsi sulle loro carriere. Stupido, stupido Scorpius.
Ma ormai era andata diversamente, le loro strade si erano divise per davvero, e non si erano più visti né sentiti, se non ai compleanni di Albus o in altre rare occasioni in cui si ritrovavano agli stessi eventi, ma anche lì oltre ad un semplice saluto di educazione non c’era nulla, né uno scambio di parole, né uno scambio di sguardi. O almeno, non nello stesso momento. Scorpius la cercava quando la vedeva distratta, intenta a parlare con altri o a stare da sola, sperando che non se ne accorgesse; lei dal canto suo faceva lo stesso, desiderando di andare verso di lui, parlargli, sorridergli. Ma niente di tutto ciò era mai successo, e così erano passati due anni di indifferenza apparente.
A questo, si aggiungeva il viaggio in Europa da cui Rose era appena tornata. Viaggio in cui pare avesse avuto una tresca con un ragazzo greco di cui faticava perfino a ricordare il nome; era stato Albus ad accennare la cosa, dopo che Rose era andata a trovarlo a casa sua reclamando il suo perdono per non essere stata presente al suo esordio nel campionato inglese di quidditch. Scorpius aveva finto diffidenza, mentre Al faceva un breve sunto dei racconti della cugina, cercando di captare in lui una qualche reazione, un sintomo di gelosia, un’occhiataccia, qualsiasi cosa. Ma Scorpius era pur sempre un Malfoy, e ancorché per fortuna avesse molto ereditato dal ramo materno, quantomeno caratterialmente, riusciva comunque a fingere una certa freddezza e un certo distacco, quando temeva di poter risultare troppo emotivo agli occhi degli altri, specialmente se “gli altri” era Albus Severus Potter, colui che dell’emotività aveva fatto il suo tratto principale.
I suoi pensieri furono interrotti da un “pop” che materializzò di lì a pochi passi i suoi tre migliori amici: Albus Severus Potter, Xavier Nott e Jareth Zabini.
«Buongiorno festeggiato!» esordì quest’ultimo, allegro «dormito bene nella tua ultima notte da scapolo?»
«Una favola» rispose Scorpius «non si vede?» chiese retoricamente, indicando le occhiaie.
«Tieni fratello, ti aiuterà» Xavier gli porse una fiaschetta di whisky incendiario «lascia che ti -»
«Assolutamente no!» intervenne poi Albus, strappandogli la fiaschetta dalle mani «questa roba fa male, è la peggior qualità proveniente da Nocturn Alley! E Scorpius deve rimanere lucido!»
Xavier sbuffò, sorseggiando lui un goccio dalla fiaschetta mentre Gareth e Scorpius se la ridevano.
«Zia Astoria come sta?» chiese Gareth «emozionata?»
«Più di quanto non lo sia io, sicuramente» rispose serio Scorpius, reclamando poi un sorso di quel whisky incendiario. «Silencio» recitò poi con la bacchetta all’indirizzo di Albus, per non sentire le sue proteste. «Sarà una lunga giornata, ne ho bisogno» si giustificò poi, non riuscendo però a nascondere un’espressione disgustata dopo aver assaggiato la bevanda.
«Ben ti sta!» gli disse Albus, una volta liberato da Gareth dall’incantesimo.
«Povero Scorpie» lo canzonò poi quest’ultimo «lui sognava fiori d’arancio con la rossa Weasley nel giardino di quella casa diroccata» continuò, ignorando l’espressione offesa di Albus per il riferimento alla Tana «e invece…»
«E invece pazienza» concluse per lui Scorpius, infastidito «io e Rose ci siamo lasciati due anni fa.»
«Quindi vuoi dirmi che è un caso che i fiori della festa siano tutte rose? Rosse e bianche, per giunta? Come le rose di quel giardino che -»
«Basta» lo interruppe ancora Albus «anzi, fuori tutti e due! Non siete d’aiuto!»
«Ma io che ho fatto?!» protestò Xavier.
«Pietrificus totalus!» recitò allora Albus puntando la bacchetta in direzione dei suoi due amici, trascinandoli poi fuori dalla porta «vi sblocco dopo, così imparate ad essere inopportuni!» concluse poi. Scorpius ridacchiava in sottofondo per questa scenetta esilarante.
«Grazie, Al» gli rispose, sinceramente grato «quei due mi faranno impazzire.»
Albus fece spallucce «Puoi dirlo Scorp, sono più fastidiosi di due schiopodi sparacoda velenosi!» esclamò. Poi, vedendo l’espressione pensierosa dell’amico, prese di nuovo la parola. «Stai bene?»
Scorpius annuì «sono solo un po’ pensieroso» esordì «penso a come sarei adesso se le cose fossero andate diversamente.»
«E chi può dirlo» gli rispose Albus, in un tentativo di rincuorarlo «la storia non si fa con i se e con i ma» recitò, convinto di aver letto questa frase da qualche parte, forse sui libri di storia della magia o in qualche rivista babbana di sua sorella.
Scorpius sospirò «già, è vero» rispose «lei sta bene?» chiese poi. La domanda, tuttavia, ne sottintendeva un’altra: lei sa della festa? E soprattutto, come l’ha presa?
«Lavora moltissimo» rispose Albus «e francamente non credo abbia neanche il tempo di pensare alla festa» gli disse, capendo il vero significato della domanda.
Tuttavia, mentiva sapendo di mentire, perché aveva visto Rose pochi giorni prima e non gli erano sfuggiti i suoi tentativi, morti sul nascere, di fargli delle domande che, con ogni probabilità, vertevano proprio sulla festa. L’aveva vista aprire la bocca più volte con fare interrogativo, richiudendola subito dopo e rimanendo in silenzio. Lui, dal canto suo, aveva preferito far finta di niente, sia con la cugina che col suo migliore amico; aveva provato a far da cupido dopo la rottura già un anno prima, senza successo. Era arrivato il momento di farsi da parte e smetterla di interferire, tanto quei due si sarebbero cercati sempre, ma l’orgoglio di entrambi avrebbe sempre e comunque prevalso, era inutile intromettersi, era una battaglia persa.
«Che ne pensi di liberare quei due e andare ai Tre manici di scopa a bere del whisky vero?» gli propose poi, sperando di poter archiviare l’argomento.
Scorpius annuì «aspettatemi di sotto, mi preparo e arrivo» gli disse, mentre i pensieri su Rose, la festa di compleanno, il fidanzamento e tutto il resto tornavano prepotenti.
 
La Tana
Il 30 settembre arrivò senza neanche accorgersene.
Rose era presa dalle sue prime cause al Wizengamot come magiavvocato, aveva carte da studiare, arringhe difensive da preparare, non aveva tempo per pensare ad altro che non fosse il lavoro, e questo era un bene perché le teneva la mente impegnata e oltre a dormire, mangiare e lavorare non aveva la benché minima voglia di concentrarsi su altro, non guardava più neanche il quidditch, tanta era la mole di lavoro.
Quel giorno, in cui i suoi pensieri erano incentrati su un’unica cosa, decise di andare dai nonni, una volta finita l’ultima udienza della giornata, per stare un po’ lontana dal traffico della città e trascorrere il finesettimana tra le confortevoli e familiari mura della Tana, l’unico luogo al mondo in cui sapeva di poter essere serena, nonostante quel che accadeva a poche miglia di distanza.
Si materializzò nel camino grazie alla metropolvere, tossendo violentemente per via di tutta la fuliggine.
«Ehilà» salutò la nonna, che stava preparando una delle sue celebri zuppe.
«Rosie, cara!» la abbracciò affettuosamente, poi le puntò la bacchetta addosso, per toglierle la cenere dal tailleur color prugna «sto preparando la zuppa di castagne, la tua preferita! Il nonno è in cantina a maneggiare con un non so cosa babbano, una toppa pane, forse? Non ricordo proprio.»
Rose ridacchiò «un tostapane?»
Molly annuì «sì, credo di sì.»
La nipote si mise a leggere i documenti per la causa del giorno dopo, lasciandosi cullare dal rumore della zuppa che bolliva e dal dolce canticchiare della nonna Molly; diede uno sguardo all’orologio che segnava la posizione esatta di tutti e dodici nipoti, la sua lancetta stava su “lavoro”, mentre Albus, Dominique e Roxanne, essendo gli unici cugini coetanei di Scorpius, stavano su “festa” e tutti gli altri erano affaccendati ognuno per i fatti suoi, tra lavoro e tempo libero. Beati loro che non hanno un pensiero. Rifletté. Io non solo devo lavorare come una matta, ma non riesco neanche a non pensare a quella miseriaccia di festa! Quando si dice oltre il danno la beffa.
Ormai mancava poco più di un’ora all’inizio della festa, sicuramente si stavano preparando, e Albus – in quanto migliore amico del festeggiato col quale viveva in simbiosi fin da quando avevano undici anni - con tutte le probabilità era già lì.
A Molly non sfuggì lo sguardo spento e sconsolato della nipote, che dopo aver guardato l’orologio era tornata sulle sue carte, senza però darvi la dovuta attenzione.
«Stai bene, cara?»
Rose scrollò le spalle «mentirei se dicessi di sì, ma mentirei anche se dicessi che sono ancora legata sentimentalmente a lui, ormai è passato tanto tempo.»
«È stato il tuo primo amore, cara, è normale» le rispose, dandole un’affettuosa carezza sulla guancia «e dunque, che hai intenzione di fare?»
Rose la guardò interrogativa «che dovrei fare?»
«Ma andare alla festa, è ovvio!» esclamò «non puoi startene qui a pensare tutta la serata a lui e alla sua sciocca festa di fidanzamento. Affrontalo! È la tua occasione per capire definitivamente cosa provi e andare avanti.»
Rose sbuffò, perché sua nonna aveva ragione e lei non aveva mai minimamente preso in considerazione l’idea di imbucarsi alla festa, col rischio di rovinargliela, far infuriare la sua famiglia o peggio, fare una brutta figura davanti a tutti i suoi ex compagni di scuola. Ma teneva anche al suo orgoglio, alla sua dignità: andare alla festa significava far credere che volesse, in qualche modo, riprovarci. E quello non era di certo il suo obiettivo. Lei stava bene, era felice, col suo lavoro e il viaggio appena trascorso.
Non voleva un fidanzato, men che meno un ritorno di fiamma con Scorpius.
«Non credo sia una buona idea» azzardò «e non ho neanche un vestito, o le scarpe…»         
Il classico rumore della materializzazione impedì una risposta di Molly, con sommo sollievo di Rose, che non intendeva proseguire quella conversazione. Si materializzarono in cucina Dominique e Roxanne, entrambe bellissime e agghindate a festa: la prima con i capelli biondi acconciati in una lunga treccia, era fasciata in uno stretto abito da sera verde bottiglia, con uno spacco laterale e alti tacchi argentati, in ricordo della casa Serpeverde a cui era appartenuta, e la seconda con i capelli ricci e neri lasciati sciolti e un abito lungo giallo a fiori, perfetto per il suo incarnato scuro, con una cintura nera in vita e la gonna a balze.
«Oh mie care» esordì Molly, vedendo le nipoti «come siete belle! Un incanto!»
Le due ringraziarono, abbracciando stretta la nonna. Poi fu Dominique a prendere la parola: «e tu che fai vestita da lavoro?» chiese all’indirizzo di Rose «ti abbiamo portato un abito, indossalo e andiamo!»
Rose la guardò dapprima confusa, dopodiché vagamente infastidita: «ho già detto alla nonna che non intendo andare alla festa, non metteteci anche voi vi prego!»
«Rosie» esordì Roxanne con calma, temendo l’ira della cugina «io e Domi ci abbiamo riflettuto a lungo sul coinvolgerti o meno, ma alla fine pensiamo che non ci sia niente di male. È così ovvio che muori dalla curiosità di vederlo e sapere come sarà questa dannata festa!»
«Esatto» diede manforte Dominique «non hai più niente da perdere ormai, anzi può anche darsi che vedendolo finisce la magia e ciao tu e ciao io, non ci pensi più!»
Se da un lato non poteva che dare ragione alle cugine e alla nonna, dall’altro lato il suo orgoglio – tutto eredità di entrambi i suoi genitori – la frenava, tenendola incollata al divano sgangherato della Tana.
«Davvero vuoi rimanere col rimorso?» la incalzò ancora Roxanne «io lo so che sei orgogliosa, lo sappiamo tutte, ma non lasciare che l’orgoglio ti freghi un’altra volta» concluse, alludendo al modo in cui aveva rifiutato di tornare sui suoi passi, due anni prima.
«Sei una Grifondoro o no?» aggiunse Molly, sorridendole affettuosamente.
Rose si trovava ad un bivio gigantesco: assecondare il suo orgoglio o sfidarlo. Scegliere se, ancora una volta, vivere col rimorso, o rischiare e prendersi le conseguenze di una follia. In lei combattevano la parte razionale e quella irrazionale, e non era così sicura di voler lasciare dominare per l’ennesima volta la prima, non adesso che realmente si avvicinava ad un punto di non ritorno.
«E va bene» si arrese «facciamolo.»
Dominique emise un gridolino entusiasta, cercando poi nella sua borsetta – sapientemente incantata con un incantesimo di estensione irriconoscibile – l’abito che aveva portato. Peccato che dell’abito non vi fosse nessuna traccia. «Eppure avrei giurato di avercelo messo» piagnucolò infastidita «per Salazar e ora che facciamo?!»
Roxanne sbuffò sonoramente «sei una tonta, te l’avevo detto di assicurarti di averlo messo!» la rimproverò, mentre Rose lo prese come un segno del destino, che forse non era ancora arrivato il momento per fare una follia, o che forse era meglio metterci una pietra sopra, su Scorpius e tutto il resto.
«Non litigate, su!» si intromise Molly «mi è venuta un’idea! Aspettatemi qui, torno immediatamente!»
Pochi minuti dopo, nonna Molly scendeva le scale coperta e interamente infagottata da un abito bianco con una gonna ampia e tutta in tulle, un corpetto ricamato e due enormi maniche a palloncino.
«Eccolo qua, più bello che mai!»
«Ma quello è il tuo abito da sposa, nonna?» chiese Dominique retoricamente, sperando che la nonna non intendesse fare andare la cugina alla festa con quell’abito indosso. Era indubbiamente vintage, troppo vintage, per quei tempi.
«Non è graziosissimo? Nonno Arthur quasi svenne quando arrivai all’altare! Certo, ci vorrà qualche piccola modifica.»
Qualche enorme modifica. Pensarono le tre cugine, osservando attentamente quell’enorme meringa di stoffa. Rose sarebbe sprofondata lì dentro, ne erano certe.
«Ma nonna, non voglio che rovini il tuo abito. È un così bel ricordo del vostro matrimonio» disse Rose, sperando davvero che quella non fosse l’ultima spiaggia.
«Oh, bazzecole! Tanto non lo indosserò più, quindi piuttosto di fargli prendere polvere nell’armadio!»
Con un colpo di bacchetta, l’abito era ora sospeso in aria, senza nulla che lo sorreggesse, in tutta la sua grandezza e imponenza.
«Sembra una nuvola» esclamò divertita Roxanne.
«Mmh… vediamo un po’» ragionò Molly, osservando il vestito da tutte le angolazioni «proporrei di eliminare il tulle, è troppo pomposo, non trovate?»
Rose annuì, ancora titubante e non del tutto convinta sul da farsi. «Cambierei anche il colore» azzardò «bianco è troppo… equivoco.»
«Hai ragione. Blu? Si intonerebbe benissimo col tuo incarnato, risalta i capelli rosso-Weasley!» esclamò.
Puntò poi la bacchetta all’abito e «diffindo» pronunciò, e tutta la stoffa in eccesso e i ricami antichi vennero tagliati via, lasciando spazio ad un abito stretto sul corpetto e che scendeva morbido, con due spalline sottili che ricadevano delicate; e poi ancora «hyacinthum» e il vestito si trasfigurò, da bianco divenne di un bellissimo blu notte.
«È bellissimo» disse Rose, incantata dal lavoro fatto dalla nonna; anche Dominique e Roxanne erano sinceramente ammirate.
«Mica ho finito» trillò entusiasta nonna Molly, uscì poi in giardino con una boccetta vuota, che di solito usava per tenere la marmellata.
Tornò dieci minuti dopo con tante lucciole intrappolate nel barattolo in vetro e, puntando la bacchetta sulle minuscole creature, le trasfigurò in delle piccole pietre luccicanti.
«Queste lo abbelliranno ancora di più» disse, prima di farle volteggiare e attaccarle delicatamente all’abito, sul corpetto e sulla gonna. Davanti alle quattro donne campeggiava in aria un abito meraviglioso e sbrilluccicante al punto giusto.
«È un incanto» disse Rose, sinceramente ammirata per quel capolavoro che nonna Molly era riuscita a fare in pochi minuti.
«Rosie, va’ su ad indossare l’abito, ora vengo e ti acconcio i capelli.»
Dominique prese due vecchie ciabatte e le trasfigurò in splendide scarpe color bianco perla, mentre Roxanne le sistemò i capelli in un’acconciatura semplice, con due piccole trecce ai lati che si univano al centro, scendendo morbide in un’unica treccia, in mezzo ai capelli sciolti.
«Siete bellissime, bambine» sussurrò la nonna, commossa «ora andate, dove vi prende la carrozza dei Malfoy?»
«Proprio qui davanti» rispose Dominique, assottigliando poi gli occhi per guardare fuori dalla finestra, dove una carrozza grigia, trainata da due cavalli, campeggiava in mezzo al vasto giardino della Tana «è appena arrivata! Andiamo ragazze.»
Rose si guardò un’ultima volta allo specchio, incastrando poi accuratamente la bacchetta nella scarpa destra.
«Ragazze» disse Dominique, prima di salire sulla carrozza «stanotte devo immancabilmente prendere una passaporta per Lione, ho una riunione di lavoro, a mezzanotte si va via.»
Le due ragazze annuirono e si diressero verso la festa.
 
Malfoy Manor
L’enorme parco di Malfoy Manor si estendeva imponente davanti ai suoi occhi, proprio come lo ricordava: un vialone immenso circondato da abeti, piccole lanterne che volteggiavano tracciando un percorso luminoso che conduceva fino all’immenso portone in ciliegio, portante lo stemma di casa Malfoy.
Rose percorse lentamente il sentiero, con Dominique alla sua sinistra e Roxanne alla sua destra; regnava un insolito silenzio tra loro, che erano le chiacchierone della famiglia. Semplicemente, Rose rifletteva, si guardava attorno, cercando dei dettagli di quel luogo che potevano essere cambiati in quei due anni, mentre le cugine temevano di dire la cosa sbagliata al momento sbagliato, ben comprendendo il momento di tensione di Rose che, come era solita fare quando era nervosa, si arrotolava una ciocca di capelli tra le dita, arrotolandola e poi facendola cadere.
Nel tragitto incontrarono la gran parte dei loro compagni di scuola durante gli anni di Hogwarts, tra chi guardava stranito e confuso la figura di Rose e chi invece tradiva un’espressione maliziosa; sicuramente, erano già tutti pronti a spettegolare, come se quegli anni non fossero mai passati.
Arrivate dinnanzi al portone, spalancato per l’occasione così da far entrare tutti gli ospiti (più qualche imbucato, come notò Rose, ringraziando il cielo di non essere l’unica), le tre cugine si fermarono un attimo ad osservare l’interno dell’enorme salone addobbato a festa. A Rose mancò un battito, notando le rose bianche e rosse che padroneggiavano per tutta la sala, dando un tocco di colore a quello che era sempre stato un ambiente cupo che le aveva sempre dato un profondo senso di inquietudine. Sentì le cugine stringerle le mani e sorriderle, come a rincuorarla, e si addentrarono assieme nella sala.
Rose, guardandosi attorno, poté notare gruppi di famiglie purosangue che si isolavano rispetto al resto degli invitati. Quelle devono essere le aspiranti signore Malfoy. Pensò, focalizzandosi bene sulle giovani donne tentando di riconoscerle: c’erano le gemelle Morgana e Gwynne Montague, rispettivamente ex Corvonero e Serpeverde; Yvonne Macnair, ex Grifondoro che era stata peraltro sua compagna di stanza e amica negli anni di scuola, Eileen O’Connor, altra ex Serpeverde, e altre ragazze di cui non ricordava il nome o che non conosceva proprio, probabilmente ex studentesse di Beauxbatons o Durmstrang appartenenti a famiglie purosangue.
«C’è Al!» trillò ad un certo punto Dominique, distraendola dalle sue osservazioni.
Quest’ultimo, dopo averle notate, dapprima si lasciò andare ad un’espressione sorpresa e confusa, dopodiché si guardò attorno e raggiunse le cugine. «Che ci fai qui Rosie?»
«Oh, ciao anche a te» borbottò Roxanne.
«Non posso?» chiese Rose, infastidita ma anche leggermente punta sul vivo.
L’espressione di Albus si intenerì «ma no» rispose imbarazzato «è che non voglio casini, e dubito che i familiari di Scorp scoppierebbero i fuochi d’artificio se ti vedessero.»
«Ci sono tantissimi imbucati» lo rimbeccò Dominique «o vuoi dirmi che Scorpius ha invitato persone con cui non ha mai scambiato una parola in sette anni di Hogwarts?»
«Rose non è un’imbucata qualunque!»
«Sentite» fu Rose stessa a interromperli «ci sto un attimo ad andare via, uso il camino della stanza degli ospiti, so come arrivarci senza dare nell’occhio, se la mia presenza qui non è gradita» azzardò guardando Albus, che era l’unico in grado di rispondere ai suoi dubbi.
Quest’ultimo sapeva, in realtà, che probabilmente la sua presenza era l’unica gradita, là dentro, almeno per quanto riguardava il festeggiato. «Cerchiamo solo di star tranquilli, ok?» concluse, sperando di non suscitare ulteriormente le ire delle cugine.
Rose annuì, e mentre le cugine si dileguavano in cerca del festeggiato per fargli gli auguri, si mise in un angolo, sorseggiando della prelibata acquaviola, cercando Scorpius con lo sguardo. Con un colpo di bacchetta usò un incantesimo, imparato grazie a uno dei libri della sezione proibita della biblioteca di Hogwarts, che la mimetizzasse con l’ambiente circostante, così da passare inosservata. Da quella posizione, in un angolo e protetta da quell’incantesimo, aveva un’ottima visuale della sala nel suo complesso, e non fu così difficile individuare Scorpius.
Non appena lo vide, intento a scherzare con Xavier e Gareth, il suo cuore prese a battere all’impazzata come non accadeva da anni. Lo vedeva così sereno, felice, che non poteva che sentirsi fuori luogo; perché era così evidente, ai suoi occhi, che lui l’avesse dimenticata e che fosse pronto ad iniziare un nuovo importante capitolo della sua vita, in cui lei, però, non era contemplata. La logorava pensare di essersi imbucata a quella festa, come una ragazzina sciocca che tenta di conquistare la sua cotta infantile, eppure dall’altro lato era felice di vederlo, perché vederlo lì a pochi metri da lei la rasserenava. Avrebbe soltanto voluto andare da lui, abbracciarlo, baciarlo davanti a tutti. Perché potevano passare anni, poteva conoscere migliaia di gente, ma nessuno sarebbe mai stato Scorpius, nessuno le avrebbe mai scombussolato i sentimenti come faceva lui, senza neanche saperlo.
Proseguendo la sua panoramica della sala, in un palchetto allestito per l’occasione riconobbe il gruppo preferito di Scorpius, i Vampire’s, che suonavano i pezzi più recenti della discografia magica.
Individuò la famiglia dell’ex fidanzato solo in un secondo momento, quando si sentì uno sguardo pressante addosso, come se avesse oltrepassato la barriera creata dall’incantesimo di mimetizzazione: Astoria Grengrass-Malfoy guardava nella sua direzione con la sua solita espressione fiera ma contemporaneamente dolce. Probabilmente era solo una sua impressione, perché l’incantesimo era stato eseguito perfettamente e chiunque, lì dove c’era lei, vedeva solo un vaso con delle rose rosse. Ben presto la donna fu comunque distratta dal marito e distolse lo sguardo dalla sua direzione, concentrandosi nella conversazione con alcuni ospiti che si erano avvicinati ai coniugi Malfoy.
Si avvicinò alle cugine non appena le individuò, intente a guardarsi attorno e cercarla. «Finite incantatem» disse, arrivata vicino a loro, così da terminare l’incantesimo.
«Rosie! Eccoti!» squittì Roxanne «scusa se ci abbiamo messo tanto, c’era la fila per fare gli auguri a Scorpius.»
«Grande idea, quella dell’incantesimo!» esclamò Dominique, addentando una tartina al granchio.
«Quindi, voi non mi vedevate?» indagò, spiegando loro come si era sentita osservata da Astoria. Alla loro risposta negativa tirò un sospiro di sollievo. «Era solo una coincidenza, allora.»
 
Rose non poteva sapere di essere stata vista da Astoria Grengrass-Malfoy ben prima dell’incantesimo, e l’aveva osservata tutto il tempo, finché non si era mimetizzata davanti al vaso di rose rosse; non poteva sapere quanto Astoria fosse stata felice di vederla e quanto sperasse che lei e il figlio si incontrassero. Così fu lei stessa ad avvicinarsi al giovane rampollo di casa Malfoy, cercando di tastare il terreno per vedere se anche lui si fosse accorto della presenza dell’ex fidanzata.
«Come va, tesoro?» gli chiese «hai visto qualcuno di interessante?»
Scorpius fece spallucce, sistemandosi la cravatta «sono tutti ex compagni di scuola o persone con cui giocavo da bambino, li conosco già bene.»
Decisamente no, non l’aveva vista.
«Beh, speriamo allora in qualche sorpresa» ammiccò, tornando al suo tavolo e lasciando un bacio sulla fronte di Scorpius.
Si stava divertendo abbastanza, per fortuna c’erano i suoi amici che gli ronzavano attorno facendolo divertire e il suo gruppo preferito che intratteneva gli ospiti con dell’ottima musica. Attorno a lui, le giovani donne delle più ricche famiglie purosangue d’Europa e di Inghilterra lo osservavano di sottecchi, sperando che chiedesse loro un ballo o un qualsiasi segnale che rendesse sensata la loro presenza lì. Ma a lui non interessava. Non gli interessava lo sguardo insistente dei suoi nonni, non gli interessava trovare moglie, voleva solo godersi la festa dei suoi ventitré anni, e lo stava facendo.
«Ehi Scorp» lo raggiunse Xavier «senti, non per allarmarti, ma qua dicono di aver visto la Weasley.»
Scorpius finse di non capire, perché non poteva essere lei, era troppo assurdo anche solo pensarci, specialmente da quando aveva scoperto della sua tresca con quel mago greco. No, decisamente Rose non poteva essere lì. «Ce ne sono ben due, una è anche stata il tuo primo bacio» gli rispose, alludendo a Dominique e Roxanne.
Xavier lo guardò sospettoso «non fingere di non aver capito» gli disse «io non l’ho vista, ma più di una persona mi ha detto che è qui, e non te lo riferisco per agitarti, spero solo che per te non ci siano problemi.»
«Se dovesse essere qui, la saluterò e poi ognuno per la sua strada» concluse Scorpius, sapendo che decisamente no, se l’avesse vista non sarebbe mai potuta finire così.
Dopo questa breve conversazione con Xavier si guardò attorno, cercandola tra la folla, sperando di individuare in mezzo a tutti quegli invitati i suoi inconfondibili capelli rossi. Ma la sala era gremita di persone, era pressoché impossibile trovarla, senza contare che quello poteva tranquillamente essere uno stupido scherzo architettato da Xavier e Gareth. Anzi, ne era sicuro, probabilmente era solo un loro scherzo. Dio mio, sono così prevedibili.
Continuò a pensare che fosse uno scherzo fino a che non riuscì finalmente a individuarla, l’esatto momento in cui la band aveva fatto partire un lento e si erano formate tante coppie, in tutta la sala, che avevano un po’ smaltito la confusione.
Lei era lì davanti a lui, bellissima, con un abito blu che luccicava e i capelli rossi, generalmente disordinati, questa volta acconciati perfettamente. Aveva un’espressione pensierosa, chiacchierava con sua cugina Roxanne, mentre Dominique volteggiava per la pista con un loro ex compagno di casa. La vedeva sorridere e guardarsi attorno, ma soprattutto non poté non notare il suo tipico gesto di nervosismo: arricciarsi una ciocca di capelli per poi lasciarla cadere.
«Oh diamine!» esclamò Albus, affiancandolo «quindi alla fine l’hai vista.»
Scorpius strabuzzò gli occhi «tu lo sapevi?! E perché non mi hai detto niente?»
«Non volevo turbarti» ammise Al, raccontandogli come l’avesse vista e quel poco che le cugine gli avevano detto su come l’avevano convinta a presentarsi alla festa.
«Senti» riprese la parola Al, vedendo che il suo amico non proferiva una sillaba «lei è qui, e conoscendola posso solo immaginare quanto abbia lottato con sé stessa per decidersi. Va da lei, parlate, perché lei non ti è indifferente e non è normale che alla tua festa di fidanzamento tu stia ignorando qualsiasi ragazza accorsa qui per questo; come non è normale stare qui a fissare l’unica donna che ti interessi come un pesce lesso senza farti avanti.»
«Ma perché è qui? Perché vuole rovinare tutto?»
Albus si stupì di quella reazione quasi arrabbiata, nei confronti della cugina. «Lei non voleva rovinare niente» la difese «ascolta, se tu non vuoi che lei stia qui le dirò io personalmente di andarsene, a costo di causare una crisi familiare se dovesse offendersi; ma se – come credo – tu non vedi l’ora anche solo di parlarle, dovresti farlo. Perché sennò continuerete a cercarvi sempre e non andrete mai avanti.»
Scorpius ci rifletté, ma Albus aveva ragione e odiava ammetterlo. E non poteva negare che vedere Rose aveva del tutto cambiato le sue emozioni, in quella festa. Quindi si diresse verso di lei, che nel frattempo si era spostata vicino alle scale. Il cuore gli batteva all’impazzata e sentiva mancargli la terra sotto ai piedi, ma la sensazione di riaverla lì a pochi passi da lui era un’emozione così forte che difficilmente l’avrebbe dimenticata.
 
Se solo non avesse rischiato di fare la figuraccia più grande della sua vita, dopo aver notato Scorpius che le si avvicinava, Rose sarebbe scappata a gambe levate. O forse, più probabile, si sarebbe immobilizzata su se stessa, incapace di muovere anche solo un muscolo. Eppure, lui era lì, andava verso di lei, l’aveva vista, e lei non riusciva a pensare a niente, e perfino Roxanne, accanto a lei, era immobile e incapace di proferire parola.
«Ciao», le disse Scorpius, guardandola dritto negli occhi «pensavi davvero che non ti avrei vista?» il suo tono non era arrabbiato, non era canzonatorio, era il suo tono giocoso, quel tono di voce che usava solo con lei.
Rose accennò ad un sorriso «beh, ci ho provato con l’incantesimo di mimetizzazione» gli rispose, alludendo all’incantesimo che avevano scoperto assieme, quella notte in biblioteca «in ogni caso, buon compleanno.»
«Grazie» le sorrise di rimando, imbarazzato. «È bello vederti» le disse poi, facendola arrossire «inaspettato, ma bello.»
«È tutta colpa di quelle squinternate delle mie cugine e di mia nonna» ridacchiò imbarazzata «ma sono sincera quando ti dico che sono felice di essere qui.»
Scorpius la guardò dritta negli occhi, quegli occhi castani che ricordava bene, che non riusciva a dimenticare, quegli occhi castani di cui lui si era innamorato durante i sette anni ad Hogwarts, e che non aveva smesso di amare neanche dopo.
«Ti va di ballare?» le chiese d’impulso.
Rose, spiazzata da quella domanda, si guardò dapprima intorno, perché ballare con il festeggiato non era proprio quel che si diceva passare inosservata. «Oh, andiamo!» la rimbeccò il biondo, vedendola irrequieta «chi non ti doveva vedere, e cioè io, ti ha vista. Cosa vuoi che siano gli altri trecento invitati?» la rimbeccò dolcemente, tendendole la mano.
Incerta, ma indubbiamente felice, Rose prese la sua mano, seguendolo sulla pista da ballo. E iniziarono a volteggiare per la pista da ballo, inizialmente timidi, quasi impacciati – Scorpius se non altro aveva partecipato a decine di balli nella sua vita, lei invece contava solo matrimoni di decine di parenti dove ballava improvvisando degli strani balletti con i suoi cugini; si sciolsero piano piano, dimenticandosi degli occhi di tutti gli invitati su di loro, noncuranti di chi ballava accanto a loro. Ridevano assieme, chiacchieravano, lei arrossiva e si scusava quando gli pestava i piedi, mentre lui la osservava intenerito e desiderava baciarla lì seduta stante, e portarla via da quella ridicola festa. Poi Rose appoggiò la testa sul suo petto, in un gesto spontaneo e naturale, mentre continuavano a ondeggiare sulle note suonate dai Vampire’s. Scorpius si beò di quel contatto, accarezzandole delicatamente la schiena. Avrebbe tanto voluto che quel ballo non finisse mai.
«Vieni con me» le sussurrò poi, prendendola per mano e trascinandola via dalla folla, portandola nel terrazzino della sua stanza da letto, che si affacciava sull’enorme parco del Malfoy Manor.
«Qui possiamo stare più tranquilli» le disse, quasi giustificandosi per averla portata via «e lontani da occhi indiscreti.»
Rose annuì: «non mi sentivo così da quando siamo usciti allo scoperto per la prima volta, alla festa di Halloween del sesto anno.»
Scorpius rise, ricordando quell’episodio. «Tuo cugino James mi avrebbe volentieri preso a colpi di mazza da quidditch.»
«Ne è valsa la pena, però» si fece scappare Rose «siamo stati bene, in quegli anni.»
«Sì, è vero» confermò Scorpius. «Come va con il lavoro?» le chiese poi, nel tentativo di evitare qualsiasi discorso nostalgico che potesse sfociare nell’imbarazzo.
«Mi distrugge, ma sono soddisfatta. È molto stancante, ma ne vale la pena» gli rispose «e a te?»
«Beh, sai quanto mi ha sempre affascinato l’ufficio misteri» iniziò «ma è tutto molto statico e monotono lì; quindi, sto pensando di farmi spostare all’ufficio per la cooperazione magica internazionale, vedremo.»
«È un bel dipartimento» commentò Rose «ho conosciuto, in Grecia, un ragazzo che -»
«So tutto» la interruppe Scorpius, tradendo un tono infastidito, ma corresse subito il colpo «lo sai che Al è un gran pettegolo.»
Rose ridacchiò «avrei dovuto immaginarlo.»
Piombarono in un silenzio innaturale, spezzato dalla musica proveniente dalla sala al piano di sotto e dai rumori della natura del parco: il fruscio degli alberi, i gufi che volavano per il parco e i grilli che cantavano. Scorpius le prese poi la mano destra, dove un tempo, all’anulare, stava un anellino in argento che le aveva fatto fare in un’antica oreficeria di Diagon Alley e che le aveva regalato per il suo diciassettesimo compleanno. Le accarezzò il dorso della mano, in un gesto che in quel momento sembrava loro così familiare tanto da non suscitare alcun imbarazzo, sebbene non si vedessero da anni.
«Ce l’ho ancora» gli disse Rose, alludendo all’anello, quasi a leggergli nel pensiero «in una scatola nella mia stanza assieme a tutto il resto.»
Tutto il resto: i biglietti della prima volta che lo aveva portato al cinema; una piuma del suo gufo la prima volta che le aveva spedito una lettera; il libro di pozioni che gli aveva rubato l’ultimo giorno di MAGO, con tutti i suoi appunti scritti ordinatamente nelle varie pagine; un pezzo della sua divisa di quidditch di Serpeverde, ricordo dell’ultima partita in cui avevano giocato contro; le lettere che le aveva spedito in quegli anni; la bustina di caramelle tutti i gusti +1 che le aveva regalato una volta; perfino una ciocca di capelli che gli aveva prelevato di nascosto, vergognandosene come una ladra. Era tutto lì ben custodito.
Scorpius sorrise a quella piccola confessione, e istintivamente le prese il viso tra le mani e si chinò su di lei a baciarla; dapprima incerta, Rose si lasciò subito trasportare da quel bacio, stringendosi ancor di più a lui e abbracciandolo stretto, come non faceva da anni. Scorpius si beò di quel contatto a cui non aveva mai smesso di pensare negli anni, ritrovando la dolcezza e contemporaneamente l’irruenza di Rose nel baciarlo. Lei, dal canto suo, si diede mentalmente della cretina a comportarsi come un’adolescente col suo primo amore, ma non poté che godere appieno di quel momento, tenerlo stretto a sé come a temere che lui potesse scappare.
Tuttavia, il rintocco della mezzanotte dall’orologio giù in sala ridestò entrambi da quel momento così intimo, facendo drizzare Rose. «Godric, è tardi!» esclamò, sistemandosi le pieghe del vestito e i capelli spettinati, pettinandoli alla bell’è meglio con le mani.
Scorpius la tirò a sé «tardi per cosa? È solo mezzanotte!»
«No, lo so» sospirò lei «ma devo andare, Domi ha una passaporta tra poco e devo scappare!» gli rispose, affacciandosi poi e vedendo le due cugine che la aspettavano. «Devo andare», poi lo guardò e gli sorrise «è stato bello» gli disse infine, smaterializzandosi poi al piano di sotto, correndo via con le cugine, senza accorgersi che la bacchetta le era scivolata via ed era rimasta lì, nel terrazzino di Scorpius.
Quest’ultimo prese la bacchetta della ragazza, fiondandosi di sotto sperando di poterla trattenere. Che, d’altronde, a chi importava che sua cugina avesse un impegno? Avrebbe potuto riaccompagnarla a casa dopo!
Fu bloccato da Gareth, che lo prese per un braccio: «ma sei impazzito Scorp?! Che fine avevi fatto?!» gli chiese «in sala ti cercano tutti! I tuoi nonni sono su tutte le furie!»
Scorpius sbuffò: «e chi se ne frega» disse solo, tornando dentro.
Si rigirò la bacchetta tra le mani, tornando in sala dove tutti lo fissavano insistentemente; ignorando la sua famiglia, si diresse nella sua stanza, dove – fino a poco fa – c’era lei. E se da un lato era infastidito da questa sua fuga improvvisa, dall’altro se non altro aveva la scusa per rivederla e riportarle la bacchetta.
 *
01 ottobre,
la Tana

La sera precedente le era sembrata un sogno, sogno da cui era stata bruscamente svegliata a causa del rintocco dell’orologio a mezzanotte. E la notte successiva non era stata più tranquilla, visto che si era girata e rigirata cercando di riuscire a dormire senza successo; aveva pensato tutta la notte a Scorpius, al bacio, alle carezze, ai suoi occhi che l’avevano guardata con amore e nostalgia, sembrava una fiaba.
Ciononostante, il risveglio era stato tutt’altro che una fiaba, specie quando si era accorta dell’assenza della sua bacchetta magica. «Dove cavolo l’ho lasciata?! Stupida me! Eppure, ero certa di averla con me ieri quando siamo tornate!»
Scese al piano di sotto, credendo di averla potuta appoggiare sul tavolo della cucina o sul divano, ma anche lì non vi era traccia della sua bacchetta, c’era solo la colazione che sua nonna Molly le aveva preparato prima di andare a trovare la bisnipote assieme a nonno Arthur, come erano soliti fare ogni domenica mattina.
Rose tentò di tornare mentalmente indietro alla sera prima, sperando di avere un flashback che le ricordasse dove potesse aver appoggiato la bacchetta, finché non fu distratta da un lampo di luce verde proveniente dal camino, che rivelò la figura di Scorpius.
La ragazza, dalla sorpresa, lasciò cadere la tazza col latte caldo, che si frantumò per terra gettando tutta la bevanda. «Oh, che sciocca!» si rimproverò, perché ancora una volta stava facendo la figura della ragazzina infatuata e questo non le faceva onore.
Scorpius rise e, puntando la bacchetta sul disastro combinato da Rose, recitò: «gratta e netta» pulendo i cocci di vetro e le chiazze di latte. «Sapevo che ti avrei trovata qui» le disse poi «sei sempre qui il finesettimana.»
«Già» rispose lei, grattandosi la testa «certe abitudini non cambiano mai.»
Scorpius annuì, avvicinandosi alla ragazza: «ti ho riportato la bacchetta» gliela porse «nella fretta di smaterializzarti ti è scivolata.»
«Oh, grazie al cielo» esclamò, sollevata «temevo di averla persa per sempre e di dover tornare da Olivander a farmi scegliere da un’altra bacchetta!»
«Sei sempre così melodrammatica» la prese in giro Scorpius, facendosi poi serio. «Perché sei scappata, ieri sera?»
«Te l’ho detto: Dominique aveva una passaporta e-»
«Cazzate» la interruppe «potevi tornare in qualsiasi momento e lo sai; sei scappata da me.»
Rose sbuffò, presa dalla frustrazione. «Non sapevo cosa stessimo facendo» ammise «è accaduto tutto così in fretta che mi sono spaventata, e il fatto che Dominique dovesse andar via mi è sembrato una buona scusa per svignarmela.»
«Poco Grifondoro da parte tua» scherzò Scorpius «ma in realtà è stato strano anche per me. Insomma, sono passati due anni… solo che quando ti ho vista, dopo tutto quel tempo, non so cosa sia successo, è stato come essere tornati a quei tempi, quando eravamo felici.»
Quella dichiarazione, così improvvisa e sincera, l’aveva spiazzata. Perché mi dici questo, se tra qualche minuto andrai via da quella porta e torneremo ad essere due estranei?
Rose balbettò qualcosa di incomprensibile, lasciando che fosse Scorpius a riprendere la parola: «io lo so che tu sei venuta per un motivo, ieri. Perché la Rose che conosco io non fa qualcosa a meno che non abbia uno scopo. Qual è il tuo?»
«V-Volevo solo vedere se mi facessi ancora qualche effetto» ammise «non volevo rovinarti la serata, lo giuro. Se tu non mi avessi visto non mi sarei mai avvicinata a te.»
«Lo so» le rispose «sei ancora troppo orgogliosa.»
«Spero che i tuoi non ce l’abbiano con me. Insomma, dubito ieri tu abbia trovato moglie» ridacchiò, cercando di stemperare la tensione.
«No, infatti» le rispose «mia mamma e mio papà sono piuttosto sollevati in realtà, i miei nonni…» si fermò «…beh, se ne faranno una ragione. Anche se ancora non ci ho parlato e temo mi aspetti la strigliata del secolo.»
«Mi dispiace.»
«A me no» ammise Scorpius, che poi si fece pensieroso. «Senti, Rose, io non credo di essere ancora disposto a vivere in questo limbo con te.»
«Che vuoi dire?»
«Che due anni fa abbiamo commesso un errore» disse «e lo so che anche tu, come me, te ne sei pentita un attimo dopo, ma per orgoglio non sei voluta tornare indietro. E io in questi anni ti ho pensata così tanto, mi chiedevo come stessi, se anche tu sentissi la mia mancanza come io sentivo la tua. Chiedevo informazioni su di te ad Albus sperando di non sembrare troppo ossessivo, è stato snervante. E non sono più disposto a vivere questa situazione. Voglio riprovarci.»
Rose strabuzzò gli occhi, fece per rispondere quando Scorpius riprese la parola. «Perché mi sei mancata e quando ti ho rivisto ieri ho capito che quel che pensavo fosse semplice nostalgia o abitudine è in realtà un sentimento che non sono mai riuscito a mettere da parte. E sono disposto a ricominciare, con te, ma solo se anche tu lo vuoi.»
Rose non rispose, si limitò ad avvicinarsi e abbracciarlo, stringendolo più che poteva e dandogli delicati baci sul collo; sentiva, sotto il tocco delle sue labbra, che Scorpius rilassava i suoi muscoli, stringendola a sua volta. «Mi sei mancato così tanto» gli disse, beandosi del suo profumo e sentendosi, di nuovo, finalmente a casa.
  
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