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Autore: Altair13Sirio    17/06/2022    1 recensioni
[Darling in the FranXX]
Mille anni di pace non bastano a far svanire il passato. Quando dalle profondità della terra emergono dei giganti antichi, Hachi e Nana capiscono che il futuro dell'umanità è nuovamente incerto e dovranno agire per proteggere il mondo che hanno aiutato a costruire.
Formata una squadra di nuovi Parasite, i due adulti metteranno a disposizione le loro conoscenze e la loro esperienza per guidarli verso la battaglia, ma non tutto sarà facile per la nuova squadra e i ricordi di vecchi amici ritorneranno a galla dopo tanto tempo.
"Non credo che il caso possa andare così lontano... Forse il destino... E' così e basta. E ora noi dobbiamo prenderci cura di quei ragazzi!"
Genere: Azione, Science-fiction, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo, Violenza
Capitoli:
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Saki non vedeva oltre il proprio naso. Aveva deciso di restituire alla biblioteca i libri che la squadra aveva preso in prestito negli ultimi mesi, ma si erano rivelati molti più del previsto, così adesso avanzava a passo incerto con nient'altro che pagine chiuse e stropicciate davanti alla faccia, dando una voce di tanto in tanto per chiedere a chiunque fosse nei paraggi di farsi da parte ed evitare così di scontrarsi.
Certo, le avrebbe fatto comodo una mano… Ma non voleva disturbare gli altri e anche lei aveva bisogno di un po' di tempo da sola.
«Attenta!» Una voce che non riconobbe la fece sobbalzare mentre urtava qualcosa che non aveva sentito arrivare. Lei gemette di dolore quando urtò con il braccio e alcuni libri le caddero dalla pila, ma non li sentì arrivare a terra; qualcuno li aveva afferrati al volo e adesso la colonna di libri sopra la sua testa si era accorciata abbastanza da far spuntare dei ciuffi neri dietro di essa, assieme a degli occhi che, a dir la verità, la intimidirono un poco.
«C'è mancato poco.» Disse lo sconosciuto; era uno di quelli appena arrivati da Anemone. Le sembrava di averlo visto nel gruppo durante i brevi e imbarazzanti convenevoli tra le due squadre, ma non credeva di aver mai sentito la sua voce: era alto, snello, e con un'aria di chi sapeva il fatto suo.
Che figo! Le venne in mente quando lo vide sorridere, mostrando i libri che era riuscito a salvare dalla caduta.
«Scusami, ero sovrappensiero e non ti ho vista.» Disse imbarazzato, incerto sul da farsi. Saki scosse la testa arrossendo un po'.
«Scherzi? Sono io che non vedo dove vado!» Commentò tramutando una risatina nervosa in un colpo di tosse, esitando un attimo a spostarsi. Quello le fece segno di passargli un po' dei libri, ma lei oppose resistenza e per un momento si ritrovarono a reggere insieme la pila di libri e a fare il doppio della fatica, tirando ognuno verso di sé.
Alla fine Saki si arrese e ringraziò lo sconosciuto.
«Mi chiamo Yoshiki.» Disse lui tranquillo. «Dove vai con tutti questi libri? Non dirmi che anche tu sei un topo di biblioteca come la mia partner!»
Saki rise e scosse la testa. «No, per me ci vorrebbero anni a leggerli tutti. Sono una vera frana con i libri, mi addormento ogni volta che cambio pagina!» Si aggiustò gli occhiali sul volto, rendendosi conto quanto il suo aspetto contraddicesse quelle cose.
Il ragazzo rise. «Allora non andrai d'accordo con lei…» Scherzò riferendosi alla propria partner. Saki rise a sua volta tra i denti, ma non volle chiedere delucidazioni su quelle parole. Fu Yoshiki a riprendere il discorso, chiedendole se potesse accompagnarla nella sua commissione.
«Non vorrei rubarti del tempo, avrai sicuramente da fare…»
«Assolutamente no, ho già sfatto le valigie e mi annoio da morire a restare in camera!» La incalzò lui. «Anzi, se mi mostrassi un po' la zona te ne sarei grato.»
Ancora un po' spaesata dall'inaspettata disponibilità del ragazzo, Saki si guardò intorno e accettò. «Però ti conviene andare a prendere un giubbotto. Fuori si gela e non credo che voi siate abituati…»
«Tu mi sottovaluti.» Commentò ironico lui, ma accolse il suo consiglio e le disse di aspettarlo. Passarono solo un paio di minuti quando Yoshiki fu di ritorno con lo stesso giubbotto pesante che aveva indosso quando era atterrato con l'aereo, quindi il ragazzo sollevò nuovamente i libri e le disse di fare strada.
In realtà non c'era molto da mostrare: la biblioteca era dall'altro lato della strada appena lasciato il palazzo, così dovettero solamente guardarsi dalle auto in transito mentre attraversavano. Una volta giunti, furono accolti da un anziano signore che gli sorrise prendendo un grosso libro contabile; tutto in quel luogo sembrava indicare che avessero viaggiato indietro nel tempo.
«Buongiorno, Saki! Vedo che hai portato i libri dei tuoi compagni, ma avrebbero potuto portarli loro invece che farti fare tutto il lavoro.»
«Buongiorno signor Nakano! Oh, non mi dispiace; è sempre bello immergersi nell'atmosfera di questo posto…»
«Ma non dici sempre che odi i libri?» Non appena la incalzò, la ragazza si morse un labbro con nervosismo e lanciò un'occhiata verso il suo accompagnatore, che sembrava stranamente divertito dalla situazione. Cercò di rimediare con un sorriso imbarazzato mettendo da parte quella conversazione, ma ormai il danno era fatto.
«Comunque sia… Chi è il tuo amico? Non fa parte della squadra, vero?» Domandò il vecchietto poggiandosi al bancone per vedere meglio oltre la pila di libri retta da Yoshiki.
«Faccio parte di un'altra squadra Parasite, mi chiamo Ojizaki.» Rispose lui prontamente, facendo affiorare un'espressione meravigliata sul viso del signor Nakano. Dopo un po' sembrò rammentare.
«Ma sì, ricordo la tua faccia in televisione!» Disse agitando un dito in avanti. «Ma che ci fai qui? Tu dovresti essere a, ehm…»
«Anemone. Siamo qui per un addestramento congiunto.»
Incuriosito dalle parole del ragazzo, finalmente l'uomo capì il motivo della sua presenza e annuì comprensivo, quindi iniziò a sfogliare il proprio libro per segnare a penna alcune cose che nessuno dei due giovani piloti riuscì a leggere.
«Li puoi lasciare qui, caro. Provvederò io a metterli a posto.» Disse interrompendo il proprio lavoro per un secondo, riferendosi ai libri. Yoshiki obbedì e fu sollevato a sentire il carico sulle braccia sparire; i bicipiti gli rimasero intorpiditi per un momento.
Il vecchietto guardò meglio Yoshiki e sorrise. «Resterete qui a lungo?»
«Solo una settimana, ma non escludo che possa capitare qualche altra visita.»
Interessato, l'uomo annuì e mandò un'occhiata stranamente allegra alla ragazza che gli stava accanto, che iniziò subito ad agitarsi. Saki così si affrettò a tirare Yoshiki da un braccio e ringraziò il signor Nakano quasi da fuori la porta, dicendo di dovergli mostrare la zona, quindi i due adolescenti lasciarono la biblioteca.
Ci fu un attimo di silenzio tra loro e Yoshiki si sentì strappato dalla conversazione senza poterci fare niente. Si girò lentamente verso Saki, guardandola divertito e le chiese:«Così odi i libri?»
Rossa dalla vergogna, la ragazza cercò di nascondere il volto e annuì con riluttanza. «Ammetto di non essere stata del tutto onesta…» Borbottò.
Yoshiki si lasciò sfuggire una risatina. «Con questo le possibilità che tu e Naho andiate d'accordo calano drasticamente…» Commentò ironico, quindi rise con leggerezza cercando di contagiare anche lei, che nonostante l'imbarazzo si lasciò andare a un timido sorriso.
«Ma non capisco… Se odi i libri, perché ti sei occupata tu di restituirli?»
Saki sbuffò guardando verso l'edificio dove lei e i suoi compagni abitavano. «Diciamo che odio ancora di più il disordine e i ritardi.»
«Ah, ti capisco perfettamente!» Commentò lui guardando nella sua stessa direzione, quindi rimasero entrambi in silenzio come se stessero aspettando qualcosa. Alla fine Saki non riuscì più a sopportare quel vuoto lasciato dalla fine della conversazione e provò a buttarsi.
«Quindi… Ti va di fare un giro?» Rendendosi conto che il ragazzo avrebbe potuto fraintendere, si affrettò a chiarirsi:«Così ti mostro per bene la zona.»
Yoshiki rifletté sull'offerta per un attimo, poi sorrise amichevole.
«Certo, fai strada!»
 
*
 
«Apri!»
La porta di fronte a Kya non si sarebbe mossa, eppure lei, testarda come un mulo, restava ferma ad abbaiare ordini in attesa che qualcuno la sentisse. Non sapeva nemmeno se ci fosse qualcuno in casa.
La ragazza sciolse quella posa da comandante che aveva assunto e allungò un braccio verso il campanello, suonando insistentemente ancora una volta.
«Sono Nakamura, della Squadra Anemone. Ho bisogno di parlare con te di una questione molto urgente, da caposquadra a caposquadra!» Chiamò di nuovo, decisa a non lasciare quel posto fino a quando qualcuno le avrebbe risposto. La targhetta sulla porta parlava chiaro, "Shinji Kano" abitava lì.
La ragazza si fermò un momento e dopo essersi guardata intorno con circospezione, mollò quell'aria da dura e si avvicinò la porta poggiandovi sopra un orecchio per ascoltare meglio. Adesso sembrava che stesse cercando di entrare di nascosto, ma la colpa era di quell'antipatico del caposquadra che non voleva farla entrare.
Un flebile rumore di passi dall'altra parte la fece rizzare sull'attenti, confermandole la presenza di qualcuno, quindi ancora con più veemenza tornò a urlare sbattendo un pugno sulla porta.
«Fammi entrare! Devo dirti una cosa molto importante!» Sbraitò picchiando ripetutamente il dorso di una mano sul legno.
Alla fine la porta si aprì. Kya era così concentrata che non se ne accorse e rischiò di dare un pugno in faccia al ragazzo che le aprì.
«Ma insomma, che diavolo vuoi? Che cos'hai da dire di così importante?» Sbottò quello dopo essersi visto la mano della ragazza avvicinarsi pericolosamente alla sua faccia. Era visibilmente irritato dall'insistenza di Kya e non era neanche la persona che stava cercando lei.
Sorpresa di ritrovarsi di fronte qualcun altro la ragazza controllò di nuovo la targhetta sulla porta. «Scusa, il caposquadra Kano non c'è?» Domandò abbassando di molto il tono della voce.
«No, e non ho idea di dove sia adesso!» Rispose sbrigativo il ragazzo con fare burbero. Aveva i capelli arruffati e quella che aveva indosso non era certo una divisa; sembrava che si fosse appena alzato dal letto.
«Oh.» Kya controllò la targhetta per la terza volta e lesse il nome accanto a quello di Kano. «Tu sei… Yuki Tsunami?»
«Presente. Che vuoi?» Ancora una risposta fredda dal ragazzo. Cominciava a darle sui nervi.
«Ho bisogno di parlare con il tuo compagno di stanza. Sai dove potrei trovarlo?» Decise di essere diretta per non perdere altro tempo.
«Ti ho già detto che non so dove sia. Io stavo riposando, prima che una certa rompiscatole venisse a buttare giù la mia porta!» Rispose acido. Kya stava per rispondergli a tono, ma il ragazzo fece qualcosa che non si aspettava: si fece da parte e aprì un poco di più la porta.
«Senti, io sono a pezzi e non ce la faccio a darti retta; se proprio vuoi parlare con Shinji, puoi aspettarlo qui. Ma non toccare niente e non fare casino!» Disse con fare disinteressato, voltandosi dall'altra parte.
Ancora prima che potesse arrabbiarsi per i toni bruschi di Tsunami, Kya sentì i suoi sensi da competizione affievolirsi nuovamente. Nonostante l'apparente aggressività, il padrone di casa era stato inaspettatamente accomodante, possibile che lo stesse facendo solo per potersi liberare di lei il prima possibile?
Ringraziò senza discutere ed entrò nella stanza a passo di danza, seguendo il ragazzo che la osservò stranito.
«Non sono bravo a fare i convenevoli. Se ti serve da bere o vuoi qualcosa del genere, il frigo è lì…» Borbottò indicando un punto imprecisato della cucina. Il ragazzo poi guardò l'orologio che teneva al polso e seguì la stessa direzione che aveva indicato per tirare fuori una bottiglia d'acqua dal frigo e versare da bere in un bicchiere. Pensando che stesse cercando di essere gentile, Kya si avvicinò sorridendo ma invece Yuki ingoiò qualcosa in tutta fretta e bevve l'acqua ignorandola.
«Ripeto: non disturbare!» Disse a denti stretti una volta finito, posando il bicchiere. Il ragazzo si fece strada lungo la cucina e si diresse verso l'altra stanza massaggiandosi una tempia.
Anche se un po' seccata dal comportamento burbero del suo ospite, Kya sorrise:«D'accordo, Yuki! Grazie per avermi fatta entrare!»
«Non chiamarmi Yuki! Noi non ci conosciamo.» Borbottò seccato lui prima di sparire oltre la porta che conduceva molto probabilmente alla camera da letto.
Kya rimase da sola nel soggiorno a riflettere sul significato delle parole del ragazzo e a osservare la stanza; non era particolarmente diversa da quella dove alloggiavano lei e Rin, anzi era sicura che anche le camere da letto fossero identiche. Era un qualunque soggiorno di città, ben illuminato grazie alle ampie finestre e caratterizzato da un arredamento sobrio e funzionale, così come la cucina che non era esattamente separata da esso, munita tra le tante cose di una lavastoviglie che loro non avevano a Mistilteinn. Tuttavia la sua impressione era che i ragazzi della Squadra Desia non avessero molte delle comodità che invece erano presenti a casa sua, a cominciare dal verde che mancava in tutta la città…
Un momento, aveva veramente chiamato Mistilteinn "casa sua?" Significava che, in un certo senso, era come se lei e Ryo vivessero insieme?
Le guance le si colorarono di un rosa vivo al solo pensiero. Chissà se un giorno avrebbe potuto veramente vivere con il suo Ryo… Gli mancava, a dire il vero; non si erano visti per poco, nemmeno un'ora, eppure aveva voglia di vederlo. Avrebbe voluto lasciare quella stanza e andare a cercarlo, ma aveva una cosa da fare prima…
Chissà cosa stava facendo…
 
*
 
Ryo stava finendo di disfare le valigie e appena libero si sarebbe messo a riposare un po'. Meglio approfittarne ora, visto che probabilmente Kya sarebbe arrivata da un momento all'altro per trascinarlo fuori dalla sua stanza.
Quel posto era accogliente, per quanto fosse completamente diverso da Mistilteinn; riusciva a sentirsi a suo agio nonostante vi si fosse appena stabilito. Aveva notato una certa freddezza da parte dei padroni di casa, probabilmente per via dell'improvvisa invasione da parte di tutta quella gente. Sperava che questo non diventasse un problema a lungo termine, ma pensava che se si fossero comportati bene e nessuno avesse combinato guai, la Squadra Desia avrebbe presto allentato la tensione e i rapporti sarebbero diventati più civili.
Tuttavia, Ryo conosceva troppo bene i suoi polli. Normalmente sarebbe andato a vedere cosa combinasse Kya per tenerla lontano da guai, ma in quel momento…
Si gettò sul proprio letto e chiuse gli occhi giusto qualche secondo per ascoltare meglio il proprio respiro, i suoni dalla strada ovattati che arrivavano dalla finestra chiusa, le ante che cigolavano quando il suo compagno di stanza le apriva e chiudeva per mettere a posto i vestiti… Che pace.
«E' buffo che noi due non abbiamo mai parlato molto fino ad ora, non credi?» Fece Hoshi con leggerezza, voltandosi verso di lui alla conclusione della sua domanda.
Ryo aprì gli occhi e fissò le sue spalle, poi inarcò un sopracciglio. «Davvero?»
«In un certo senso…» Hoshi si buttò su una spalla la sciarpa che stava per riporre e si voltò completamente verso il nuovo compagno di stanza. «Se ci pensi, io e te siamo finiti in due stanze diverse sin dall'inizio: non abbiamo mai avuto l'urgenza di fare amicizia, non condividendo gli stessi spazi, e quando io mi sono chiuso in me stesso sono diventato inavvicinabile. Così mentre tu facevi amicizia con Matsumoto e Okagawa, io a malapena scambiavo due parole con Maruyama e Ojizaki. Non è una sorpresa che noi non ci siamo mai parlati!»
Ryo si tirò su e lo guardò un po' spaesato. «E' vero…» Borbottò, non sapendo come reagire. «Quindi immagino che questa sia la nostra occasione per conoscerci meglio?»
Hoshi sorrise e riprese ad occuparsi del guardaroba. Nessuno dei due aveva mai pensato a quel fatto in quel modo; entrambi avevano semplicemente vissuto a Mistilteinn riconoscendo l'esistenza l'uno dell'altro, ma senza mai darvi un particolare peso come invece accadeva con gli altri.
Ryo tornò a parlare, più interessato al discorso questa volta. «E adesso che cosa ti rende meno "chiuso in te stesso"?»
Hoshi girò la testa distrattamente. «Non saprei… Sono semplicemente maturato.»
«E' per via della tua partner?»
Sorpreso che Ryo stesse sollevando quella domanda, Hoshi scosse la testa. «Non so bene cosa lo abbia causato… Diciamo che è sempre stato a causa sua, se mi sono comportato nel modo in cui mi sono comportato…»
«Anche ora?»
Hoshi ci rifletté un poco, poi annuì.
«Ma dicevi che era prepotente e ti faceva paura, e che non volevi restare qui perché non hai mai scelto di arruolarti…»
Questa volta Hoshi abbassò lo sguardo con aria veramente costernata. «Ho detto un sacco di cose di cui non vado fiero… Io ho fatto l'errore di valutare Momo prima ancora di conoscerla, lei quello di volersi avvicinare a me troppo in fretta. Credo che entrambi fossimo troppo concentrati su ciò che volevamo e non riuscissimo a vedere i punti di vista dell'altro; poi abbiamo iniziato a condividere le cose, a vedere il mondo in maniera simile… E adesso vogliamo la stessa cosa, o comunque ci supportiamo l'un l'altro per raggiungere i nostri obiettivi.»
Perplesso, Ryo sorrise. «Quindi ora sei felice così?»
Un po' imbarazzato, Hoshi strinse le spalle e piegò la testa di lato come se volesse annuire, ma solo un poco. «Diciamo che non sono più infelice come prima. Adesso quello che desidero… E' un obiettivo che mi potrà rendere felice, che mi spinge a migliorarmi e ad andare avanti.»
Ryo abbassò lo sguardo pensieroso. Detta così sembrava estremamente semplice, bastava andare d'accordo con la persona con cui si doveva condividere i propri pensieri ed era fatta! Eppure, più ci pensava, più si sentiva come se quella cosa fosse diventata un problema per lui; era come se la vicinanza con Kya non lo aiutasse più a pilotare meglio, ma all'opposto fosse proprio ciò che lo avrebbe fatto affondare…
 
*
 
Suzuko si era separata da Naho solo un momento fa e già stava rimpiangendo quella scelta. Alla fine si era convinta ad occuparsi degli adulti e lasciare il ragazzo alla sua compagna e per quanto si fosse sempre sentita a suo agio a parlare con figure autoritarie, adesso sentiva una pressione schiacciante, ansia di sbagliare e rovinare tutto; principalmente si trattava del fatto che non conoscesse per niente Jun e Kyu, quindi non sapeva esattamente come comportarsi al meglio.
Ma questo non era da lei. Era cresciuta proprio imparando a gestire le interazioni tra persone e a guidare gli altri come una perfetta condottiera, cosa aveva da temere? Era abituata a trattare con elementi dal carattere difficile e sapeva muoversi bene con le parole in una conversazione per non mettere un piede in fallo anche quando il suo interlocutore aveva un vantaggio; non avrebbe avuto alcun problema!
No, non era questo che la preoccupava assolutamente! Ma quello era un momento molto delicato della loro visita a Desia; gli sviluppi nei rapporti tra le due squadre sarebbero stati influenzati in particolare dall'esito di quella sua chiacchierata con i due coordinatori. Era per questo che era così nervosa, il suo istinto le stava solo dicendo di restare all'erta!
Si fece avanti nel corridoio una volta raggiunto il piano dove gli era stato detto che si trovassero gli alloggi degli adulti e iniziò a scandagliare gli interni: c'erano due porte poste una di fronte all'altra le cui targhette riportavano proprio i nomi di Kyu e Jun, ma Suzuko esitò ad avvicinarsi pensando che ci fosse qualcos'altro lì. Invece che bussare a una di quelle porte, andò oltre notando una terza porta in fondo al corridoio lasciata socchiusa, la cui targhetta recitava: "Sala Riunioni".
Non poté fare a meno di sentire la voce adirata di uno dei membri della Squadra Desia parlare di loro. Per correttezza Suzuko avrebbe aspettato fuori e ignorato qualunque cosa si stesse dicendo in quella stanza, ma questa volta non ci riuscì.
«Ti abbiamo già detto che non si può fare! Questa collaborazione è essenziale per la riuscita della prossima missione.»
«Noi non li vogliamo! Siamo benissimo in grado di cavarcela da soli!»
«Lo sappiamo benissimo, ma questo non significa che i vostri sforzi individuali saranno sempre sufficienti.»
«Possiamo fare più test, migliorare le nostre armi…»
«Nessuna modifica alle armi ci darà la sicurezza che ci sarebbero dei piloti in salute; specialmente quando le loro condizioni sono così imprevedibili.»
«Ehi, ce la siamo cavata! Ce la siamo sempre cavata!»
«E cosa succederà quando sarete troppo esausti per riuscire ad affrontare i nemici? Se la prossima nave aliena sarà piena fino all'orlo di VIRM, come vi occuperete di un intero esercito nemico? E come avreste intenzione di difendere la città, se qualcosa andrà storto? Questo non è un gioco, Shinji. Potreste morire!»
Gli adulti stavano discutendo animatamente con Kano, Suzuko aveva riconosciuto la sua voce. Era sicura che fosse a causa loro se stavano litigando così, per questo non riuscì a starsene in disparte e finì per bussare alla porta, rivelando la propria presenza a tutti.
«E' permesso? Sono Sentakami, della Squadra Anemone… Sono qui perché vorrei parlarvi riguardo a una cosa…» Le venne a mancare la voce quando spinse un poco la porta, ritrovandosi davanti le tre sagome di Kyu, Jun e il caposquadra ferme a fissarla; se gli adulti erano solo sorpresi di vederla lì, il suo coetaneo sembrava veramente oltraggiato di quell'interruzione.
«Ci stavi spiando?» Domandò mantenendo a stento il controllo.
Suzuko balbettò. «No, io sono appena arrivata…» Improvvisamente si sentiva tremendamente timida e spaventata, non credeva di aver mai provato niente di simile in vita sua. Kano non sembrò crederle, ma lasciò perdere quella conversazione e fece per andarsene aggirando il grande tavolo al centro della stanza; l'ufficio sembrava angusto e poco illuminato, con solo un ingresso in un angolo, al tavolo da riunioni posto al centro erano affiancate diverse sedie e al centro di esso era presente un dispositivo elettronico ora spento di cui Suzuko non conosceva l'utilità.
«Scusaci, Sentakami. Forse hai sentito…» Provò a dire qualcosa Jun, ma la ragazza decise di essere assertiva e non lasciare che quella conversazione vertesse su di lei.
«Ho sentito poco della vostra conversazione, ma credo di aver inteso abbastanza. Sono qui per parlarvi proprio di questo.»
«Bene, divertiti!» Commentò sarcastico Kano sfilando verso l'uscita, pronto a spostarla con poco garbo se non si fosse tolta di mezzo. Ma Kyu lo fermò alzando la voce.
«Tu resta qua! Riguarda anche te e non abbiamo finito di parlare.» Disse con fermezza. Vedere il ragazzo obbedire senza la minima discussione fece un certo effetto a Suzuko, che subito pensò di poter trovare nella donna una buona alleata.
Kano prese posto al tavolo delle riunioni, il più lontano possibile dai due adulti in piedi a un capo di esso, quindi questi invitarono anche Suzuko a sedersi e lei obbedì.
La ragazza riordinò le idee e deglutì con convinzione per assicurarsi di non annodarsi la lingua, quindi prese una boccata d'ossigeno e prima di parlare si assicurò di aver scelto con cura le parole con cui aprire il suo discorso.
«I miei compagni hanno notato una certa… Resistenza da parte della Squadra Desia, al nostro arrivo. Non vogliamo accusare nessuno di nulla, il nostro obiettivo è lo stesso di prima: vogliamo collaborare per creare la squadra migliore che possa esserci e avevamo messo in conto che ci sarebbero state alcune resistenze all'inizio… E' per questo che sono venuta a parlarvi, vogliamo risolvere questo malinteso il prima possibile, così da poterci concentrare insieme verso un unico obiettivo!»
Kyu e Jun lanciarono delle occhiate di rimprovero a Kano, che per tutta risposta fece roteare gli occhi con esasperazione.
«Capisco che siamo due gruppi molto diversi e ci possa essere attrito agli inizi, ma non dovremmo essere in competizione tra noi quando il futuro del mondo è nelle nostre mani!» Continuò Suzuko cercando di essere diplomatica, il tempo a chiunque volesse ribattere. Fu proprio il caposquadra opposto a riprendere da dove aveva lasciato lei.
«E' vero: non abbiamo alcuna intenzione di competere con voi. Semplicemente non ci piacete!»
«Shinji…» Iniziò Jun, ma questa volta fu Suzuko a ribattere, chiedendo agli adulti di lasciare che si spiegasse.
«Credete che basti arrivare qui, far finta di essere amiconi e tutto quanto andrà alla grande? Voi non sapete niente di noi, non vi interessa minimamente se questo test andrà a buon fine oppure no! Abbiamo visto come lavorate voi di Anemone, siete un gruppo al di fuori delle regole, scriteriato ed incredibilmente fortunato; noi abbiamo un nostro equilibrio, non abbiamo bisogno che veniate a rovinare tutto in questo modo!» Il ragazzo le riversò addosso tutto questo senza fermarsi un solo istante; nei suoi occhi si potevano leggere diverse emozioni, una dopo l'altra, come invidia, rabbia, incredulità… Suzuko incassò quelle dure parole senza battere ciglio, poi rifletté un  momento e trovò la giusta risposta.
«Ho già detto che abbiamo lo stesso obiettivo. I miei compagni potranno essere anche indisciplinati e spericolati, ma non credere che la nostra squadra non sia in grado di adattarsi! Inoltre, se posso dire la mia, credo che il nostro tipo di lavoro non sia per niente individuale come tu stia insinuando, e trovo che definire la nostra squadra "fortunata" sia riduttivo e offensivo…»
«Oh, ma di sicuro avete una bella faccia tosta!» Tagliò corto Kano con un sorriso irrisorio, ma fu rapidamente zittito da Kyu.
«Shinji!» Fece la donna. Inizialmente sembrava contrariata, ma poi il suo tono si fece più dolce nel tentativo di essere comprensiva. «Perché non vuoi neanche dar loro una possibilità?»
«Perché non voglio dare una possibilità alla grande Squadra Anemone?» Rispose sarcastico lui. «Mi è bastato vedere come si atteggiano per capire che non saranno di alcun aiuto. Sembra che sono venuti qui in gita scolastica… Siamo in guerra, non avete idea di quello che abbiamo dovuto affrontare solo nell'ultima settimana! Non vi siete neanche informati su di noi e proprio il fatto che pensiate di potervi amalgamare al nostro gruppo con tanta facilità basta a capire quanto siate ingenui!»
Kano si alzò di scatto dalla propria sedia e raggiunse la porta con gli adulti che gli intimavano di tornare indietro. Non disse niente mentre lasciava la stanza, Suzuko neanche lo seguì con lo sguardo; si sentiva troppo delusa da quell'atteggiamento refrattario a tutti i costi, non riusciva a capire perché continuasse a essere così testardo.
Quando aveva conosciuto i suoi compagni di squadra, credeva che niente fosse irrisolvibile attraverso il dialogo e la comprensione, ma come poteva fare a comprendere qualcuno che non voleva aprirsi a lei?
All'improvviso le tornò in mente quello che le aveva detto Tetsuya, su come fosse troppo concentrata su sé stessa e ignorasse totalmente i suoi bisogni. Possibile che stesse facendo la stessa cosa con Kano?
Ma lì era diverso… Tetsuya era ben disposto a parlare, lei semplicemente si era concentrata troppo su ciò che andava fatto senza interpellarlo; qui continuava a incontrare muri ovunque andasse. Però… Anche se fosse stato vero, aveva qualche differenza?
Doveva trovare il modo per arrivare come minimo a un compromesso, ma non poteva farlo direttamente con i componenti della Squadra Desia, quindi avrebbe dovuto provarci attraverso i loro tutori e cercare di ottenere più informazioni possibile.
 
*
 
I passi nel corridoio si fecero più rumorosi, sempre più incerti. Naho ancora non si era convinta ad entrare; aveva girovagato un po' senza meta per il palazzo finendo inevitabilmente per trovare proprio la persona che stava cercando, ma ancora non si era decisa a fare la prima mossa e iniziare a parlare.
Il suo obiettivo sembrava occupato ad armeggiare con qualche attrezzo della palestra, era un giovane non molto alto e con un fisico sottile. Indossava solo una parte della sua uniforme, la camicia superiore infatti era legata attorno ai fianchi e le maniche gli accarezzavano le ginocchia mentre camminava. Naho era rimasta cinque minuti ad osservarlo nel tentativo di capire come approcciarlo, e la prima cosa che aveva notato era che sembrasse non perdere mai il buonumore; continuava a canticchiare tra sé e sé anche mentre faceva fatica a far funzionare qualunque cosa stesse cercando di aggiustare.
Non sembrava per niente una persona scontrosa come i suoi compagni di squadra, ma Naho non avrebbe voluto sottovalutare la situazione e rischiare di farsi raggirare, quindi doveva essere sicura di quello che faceva. Se voleva scoprire il motivo dell'astio della Squadra Desia, avrebbe dovuto superare la timidezza e presentarsi allo sconosciuto!
Datti una mossa! Si disse, convincendosi che non fosse niente rispetto a quello che erano andati a fare i suoi compagni.
Anche se la sua mente non si fosse ancora decisa, le sue gambe cominciarono a muoversi verso il ragazzo che non si accorse della sua presenza; fu velocissima, ancora prima di riuscire a formulare le prime frasi nella sua mente, Naho si ritrovò alle spalle dello sconosciuto e poté vedere che non stava lavorando a un macchinario della palestra, ma continuava a smanettare con i pulsanti di uno stereo.
«Ciao, che stai facendo?» Domandò nervosa senza prendere fiato.
Il ragazzo sembrò non accorgersi di lei e rispose distrattamente, grattandosi un orecchio. «Saitō mi ha chiesto di dare un'occhiata allo stereo, dice che non riesce a fare ginnastica senza un po' di musica, ma gliel'ho detto che io non sono un elettricista!» Sbuffò guardando con impotenza l'apparecchio. Poi il ragazzo si voltò e a quel punto si rese conto di non essere in presenza di una persona a lui conosciuta: il suo sorriso sparì per un attimo e lui si rialzò di scatto ripulendosi la divisa con fare impacciato, chiedendo scusa per qualcosa… «Tu… Sei della Squadra Anemone, ti ho vista prima!»
Naho fu sorpresa di scoprire che il ragazzo l'avesse notata e fu presa alla sprovvista da quella rivelazione. «Sì, sono della Squadra Anemone… Ci siamo, ehm… Visti prima…» Ripeté a cervello spento, facendolo sghignazzare.
«Come ti chiami?»
«Naho. Fukuda.» Disse lei, desiderando sempre di più di sprofondare.
Il ragazzo sorrise notando l'evidente impaccio della nuova arrivata e fece un passo indietro come per lasciarle un po' d'aria. «Piacere di conoscerti, Naho. Io sono Katsuki!»
Finalmente lo sconosciuto gentile aveva un nome. Naho non riusciva a capire perché fosse tanto nervosa in sua presenza, non ricordava di essere stata tanto in difficoltà quando aveva conosciuto Yoshiki e gli altri suoi compagni di squadra.
«Hai… Bisogno di una mano?» Domandò imbarazzata, cercando qualsiasi scusa per portare avanti quella conversazione. Katsuki sembrò contento, ma alla fine rifiutò l'offerta.
«No, non ce n'è bisogno; lo aggiusterò un'altra volta. Tu invece mi sembri un po' persa…» Cambiò argomento lanciandole un sorriso eloquente. Naho si vergognò ancora di più, rendendosi conto di aver completamente dato a vedere quanto fosse in difficoltà in quel momento.
«Ehm…» Balbettò arrossendo, incredula di quello che le stava succedendo. Era stata così tanto tempo in compagnia di persone con cui stava a suo agio che aveva completamente scordato come fosse incontrare nuove persone? «Stavo pensando… Mi piacerebbe fare un giro del palazzo e dare un'occhiata ai dintorni, però da sola ho paura di perdermi e così mi chiedevo se ci fosse qualcuno disposto a farmi da guida…»
Katsuki incrociò le braccia perplesso, gesto che la fece subito ritrattare.
«Ma non devi sentirti obbligato a farlo!» Disse alzando una mano. «Siete tutti molto impegnati, e a dire il vero anche io e i miei compagni dovremmo occuparci delle valigie, quindi… Ehm… Posso fare anche da sola…»
«Ehi, tranquilla!» Disse quello, leggendo l'espressione spaventata di lei e cercando di far rallentare i suoi ingranaggi. Quando Naho ebbe dato segno di essersi rilassata, riprese a parlare:«Mi fa piacere accompagnarti! Io non ho nulla da fare e dovermi occupare dello stereo è una noia. E in ogni caso, dovremmo pur conoscerci meglio se vogliamo collaborare, no?»
Il ragazzo le fece segno di seguirlo e iniziò a camminare verso l'uscita. Naho boccheggiò incredula di quanto fosse stato facile e sentì l'imbarazzo scivolarle di dosso pian piano. Come previsto, Katsuki si era dimostrato ben disposto a dialogare e avrebbe potuto essere una buona fonte di informazioni… Ma Naho avrebbe dovuto saper fare le giuste domande senza sembrare troppo ficcanaso.
Si sentì a disagio al pensiero di star sfruttando la benevolenza del ragazzo per scoprire di più su quella squadra di Parasite scontrosi, ma chi le diceva che non fosse veramente un altro modo di fare amicizia?
 
*
 
«Senti, Yuki… Pensi che io piaccia davvero a Ryo?»
Kya aveva lo sguardo fisso sul soffitto, leggermente assonnata. Inizialmente aveva cercato di restarsene ferma e zitta ad aspettare il ritorno di Kano, ma la sua curiosità alla fine aveva avuto la meglio e la ragazza era riuscita a trascinare Tsunami fuori dalla sua tana; aveva passato mezz'ora a sfiancarlo di domande, ricevendo risposte generiche e poco soddisfacenti, ma la maggior parte del tempo l'aveva passata a parlare di sé e dei suoi amici senza sosta, sentendosi sempre più a suo agio in presenza di quel ragazzo scorbutico, ma inaspettatamente cordiale. Tsunami sembrava aver accettato il proprio fato e dopo un po' aveva iniziato ad ascoltare sempre con più interesse i racconti di Kya, che adesso era finita sdraiata sul suo divano, le gambe che pendevano fuori da un bracciolo e le mani a riposo sopra il ventre; anche lui aveva preso posto vicino a lei, sdraiandosi in direzione opposta e con la testa vicina alla sua, e dopo aver fatto così sembrava essere diventato un altro.
«Da quello che mi hai detto, siete sempre attaccati. Perché non dovresti piacergli?» Domandò fissando lo stesso punto del soffitto che stava fissando lei, quasi come se stesse cercando di capire cosa trovasse di tanto speciale nel soffitto del suo appartamento.
«No, intendo… Davvero davvero!» Kya alzò poco la testa, poi sembrò imbronciarsi. «Insomma… Ho passato così tanto tempo al suo fianco da imparare a riconoscere ogni suo segnale, ogni intonazione della voce e ogni sua piccola abitudine, cose a cui nemmeno lui fa caso; riesco a capire a cosa sta pensando prima ancora che me lo dica, e lo stesso vale per lui! Ma a volte mi chiedo se gli vada bene tutto questo, o se come me desideri qualcosa di più… Io sarei felice se potessi solo dirgli ciò che provo veramente, quello che ho covato dentro di me per tutta la vita… Ma lui? Certe volte lo vedo come se cercasse di sfuggirmi, come se si vergognasse di me… Ci stuzzichiamo tanto, non è mai stato un problema; ma a volte sento come se le sue parole non fossero solamente dettate dalla leggerezza di uno scherzo ma seriamente mirate a farmi male, e questo mi fa paura…»
L'incertezza di quella ragazza solitamente così allegra lasciò sconcertato Yuki, che per qualche motivo sentì un forte disagio nascere dentro di sé. Cercò di rallegrarla, forse senza successo. «Sai, quando si vuole bene a una persona possono nascere dubbi così… Ci si chiede se si è abbastanza per l'altro, se i sentimenti saranno ricambiati… E si finisce per ignorare ciò che è ovvio agli altri.» Si sporse un poco a cercare il viso di lei; non lo trovò, ma avvistò la sua frangetta rosa e il naso che puntava verso l'alto. «Se quello che mi hai raccontato è vero anche solo in parte, la vostra relazione deve essere veramente qualcosa di speciale. Io non mi preoccuperei troppo, fossi in te.»
Kya sorrise con grande imbarazzo, ma anche sentendo un calore farsi avanti nel petto e si stropicciò gli occhi per nasconderlo; Yuki la vide stiracchiarsi e cercò di spostarsi per non prendersi un pugno in faccia.
«Basta parlare di cose tristi!» Sbuffò alla fine allungando le braccia. «Posso farti una domanda? Rispondi seriamente, però!»
Yuki sospirò e si rassegnò a rispondere a qualunque stramberia avesse ora in mente.
«Perché il tuo caposquadra è così antipatico?» In quanto a tatto, la ragazza ne era totalmente sprovvista, ma le mancava anche quel briciolo di timidezza e buon senso che le avrebbe impedito di fare domande tanto sfacciate. Yuki però non la prese a male, anzi gli venne da ridere.
«Non è cattivo… E' un tipo un po' scontroso, ma credo tu lo abbia inquadrato male.»
«Mi ha chiamata "randagia".» Borbottò offesa.
Yuki soffiò l'aria tra i denti. «Sì, quello è un soprannome che ti hanno dato alcuni Parasite, vedendo le registrazioni delle tue battaglie. Sei piuttosto sregolata, eh?»
«Cosa?!» Esclamò oltraggiata la ragazza, alzandosi di colpo e voltandosi per guardare in faccia il giovane, che istintivamente alzò una mano a coprirsi la faccia.
«Che vorresti dire con questo? Io sono forte, combatto per vincere, con qualunque mezzo!»
Ancora un po' sconcertato da quella reazione, Yuki corrugò la fronte infastidito. «Non so che dirti… Non credo lo facciano con cattiveria, forse… E' solo un modo più facile di ricordarsi di te…»
«Nessuno può scordarsi di me!» Kya saltò giù dal divano e si voltò a guardare fuori da una finestra. Yuki la seguì con lo sguardo e alzò lentamente la schiena chiedendosi quanto fosse smisurato l'ego di quella ragazza.
Dopo qualche istante, Kya si voltò con decisione e lo guardò direttamente negli occhi. «Voglio i nomi!» Sbuffò. «Chi è che mi chiama così? Voglio parlarne direttamente con loro!»
Questa volta Yuki esitò. «Io non ci darei tanto peso…»
«Ma è ingiusto! Se vogliamo collaborare, dobbiamo evitare che ci siano pregiudizi del genere tra le nostre squadre. Non voglio essere bersaglio di sbeffeggiamenti di alcun tipo, e non lo dovrà essere nessun altro!»
Yuki strinse le spalle, le labbra sigillate. Kya lo osservò per un momento, ma vedendo che continuava a non collaborare trovò una soluzione da sé.
«Ne parlerò con Kano, allora! Dovevo incontrarlo in ogni caso.»
«Ottima idea, se vuoi farti urlare in faccia.»
«Oh, andiamo! Che diamine ha che non va, quel tipo?»
«E' solo un po' rigido… Ha parecchi grattacapi, come caposquadra. Tu più di tutti, dovresti capirlo…»
Kya si imbronciò. Non le sembrava di essere tanto stressata da comportarsi come quello là; la sua squadra era la migliore che potesse desiderare e anche se a volte c'erano incomprensioni tra i suoi membri, sapeva di poter contare sulla loro collaborazione senza caricarsi eccessivamente di responsabilità superflue.
«E invece non lo capisco…» Sbuffò incrociando le braccia, rimanendo ferma per qualche momento. Yuki la osservò come se volesse dire altro, ma alla fine si limitò a sorridere mestamente, lasciandola alle sue congetture.
Rimasero in silenzio per qualche istante, Kya persa alla ricerca di un modo per affrontare il perfido caposquadra e Tsunami apparentemente rilassato, anche se ancora un po’ stanco.
«Potrei indire una riunione con tutte e due le squadre per chiarirci tutti con un dibattito dai toni equi!» Propose la ragazza, illuminandosi come se avesse avuto un’idea fantastica. Ma Yuki la guardò con timore.
«Ti prego di non farlo!» Disse digrignando i denti. «Shinji la prenderebbe come un affronto alla sua autorità, sarebbe come se stessi cercando di scavalcarlo.»
Irritata, Kya cestinò l’idea nella sua mente e sbuffò vistosamente. Era vero che Yuki lo conoscesse meglio, ma sembrava che il vero problema in tutta quella faccenda fosse proprio il caposquadra Kano e nessun altro!
Mentre Kya tornava a rimuginare, i suoi borbottii e macchinazioni furono interrotti da un rumore prodotto da Yuki stesso, che fece una smorfia e iniziò a contorcersi sul posto. La ragazza si allarmò e corse da lui per chiedergli che cosa succedesse.
Yuki rimase immobile per qualche secondo, lamentandosi molto rumorosamente mentre il suo volto diventava rosso per lo sforzo; si chiuse entrambe le mani attorno alla testa e piegò la schiena al limite come se stesse cercando di nascondersi da qualcosa. Poi, così come erano arrivati, i lamenti cessarono e lui smise di digrignare i denti, rilassando tutto il corpo all'unisono; le mani scivolarono giù fino a posarsi sulle gambe e lui tirò un sospiro di sollievo.
«Niente di cui preoccuparsi…» Borbottò rilassando i muscoli della fronte; il suo volto tornò lentamente ad avere una tonalità più pallida e le occhiaie spiccarono nuovamente su di esso.
«Lo sai che sei negato a raccontare balle, sì?» Gli rinfacciò lei, facendogli sfuggire una risata. Sin da quando lo aveva visto la prima volta, Kya aveva immaginato che Yuki non stesse proprio bene, ma qualunque cosa fosse accaduta adesso aveva appena confermato quel dubbio e il suo tentativo di minimizzare non reggeva.
Yuki si rimise a sedere e faticò a sostenere lo sguardo della ragazza, mostrando di essere stato punto dal suo commento. Gli tremavano le labbra, come se volesse dire qualcosa ma gli mancasse la forza per farlo, e con un lungo sospiro finale abbandonò del tutto quell’idea.
«Ti prendo un po’ d’acqua.» Disse la ragazza, capendo che non avrebbe ottenuto nulla. Si alzò rapidamente dal divano e raggiunse il frigorifero che ormai aveva imparato a conoscere e frugò per un momento tra i ripiani. «Forse sarebbe più adatta una bevanda zuccherata?» Disse ad alta voce, notando la varietà di bevande energetiche presenti.
«L’acqua andrà bene.» Disse lui. «Quelle le ha prese Shinji, ma non mi piacciono. Dice che sono integratori o roba del genere…» Concluse mentre Kya riempiva un bicchiere e glielo portava. Lo osservò mentre si dissetava con inaspettata avidità, quindi quando il bicchiere di Yuki fu vuoto, i due rimasero a guardarsi senza sapere cosa dire.
«Grazie.» Sussurrò alla fine, guardando verso il basso come una persona che non desiderava essere compatita. Kya stava per rispondere, ma la porta dell’appartamento si aprì con un rumore di chiavi e sulla soglia comparve proprio la testa bionda del caposquadra Kano.
«Tu che ci fai qui, Randagia?» La apostrofò nervoso.
«Proprio te cercavo!» Rispose a tono lei portandosi le mani ai fianchi con aria di superiorità.
«Yuki!» Chiamò quello subito dopo, vedendo il suo compagno seduto sul divano e apparentemente affaticato. «Cosa ti ha fatto?»
Allorché, il ragazzo che era rimasto con Kya per tutto il tempo cercò di tranquillizzarlo dicendo che non fosse come sembrava:«E’ davvero gentile, sul serio!»
Ma Kano non volle sentire ragioni. Dopo essersi brevemente assicurato che Yuki stesse bene, si voltò verso la sua ospite indesiderata e incominciò a versarle addosso tutto l’odio che aveva in corpo.
«Prima trovo quella ficcanaso a origliare la mia conversazione con i coordinatori e che cerca di farmi la predica, adesso trovo te dentro casa mia a importunare il mio compagno? Che diavolo volete da noi?»
«Io e Yuki abbiamo fatto amicizia…!» Provò a dire Kya, rimandandogli un’occhiata carica di energia, ma lui per tutta risposta le urlò di andarsene.
In un primo momento la ragazza si oppose, dicendo che avrebbe dovuto costringerla. Non le piaceva essere trattata in quel modo, altrimenti forse sarebbe riuscita a mantenere la calma e avrebbe provato a far ragionare il ragazzo, ma Kano iniziò a spintonarla con forza fino a sbatterle la porta in faccia, lasciandola da sola sul pianerottolo.
Il campanello suonò insistentemente altre due, tre, quattro volte. Nessuno però rispose a Kya, che a quel punto aveva abbandonato l’idea di ragionare con l’altro caposquadra e voleva semplicemente avere la soddisfazione di dirgliene quattro prima di tornare al proprio appartamento.
Indispettita, la ragazza decise di arrendersi e andò a cercare i propri compagni.
 
*
 
Yoshiki non avrebbe mai immaginato che una “missione” come quella sarebbe stata tanto piacevole. Passando del tempo assieme a Saki era riuscito a conoscerla meglio e scoprire una persona davvero cordiale e interessante; la ragazza cercava sempre di farlo sentire a suo agio e lo aveva accompagnato tutto il tempo in giro per l’isolato in modo da farlo ambientare, presentandogli persone che sembravano conoscere molto da vicino l’intera squadra. Così aveva capito che la Squadra Desia era ben vista nel vicinato e la città in generale la tenesse in grande considerazione, come era prevedibile; come poteva un ambiente tanto positivo far sviluppare un atteggiamento così aggressivo da parte di alcuni membri della squadra? Quando aveva provato a chiederlo a Saki, restando il più discreto possibile, la ragazza non aveva saputo rispondergli…
Sembrava che Yumu fosse a disagio nel parlare dei suoi compagni di squadra, in particolare del suo partner il caposquadra, così Yoshiki non aveva insistito, ma i suoi occhi avevano comunque colto molti dettagli nei movimenti della ragazza quando aveva ricevuto quelle domande e soprattutto si era accorto di un particolare a cui inizialmente non aveva dato molto peso: Saki usava pochissimo la mano destra, eppure a causa della propria timidezza la si poteva vedere spesso che si agitava, giocando con i capelli e sistemandosi gli occhiali. Anche quando stava trasportando i libri da restituire, aveva notato come non solo fosse particolarmente sbilanciata ma anche il suo lamento dopo essersi scontrati, esagerato per una semplice spinta. Muoveva a malapena le dita, e dubitava che si trattasse di un caso; anche se fosse stata mancina, una persona non poteva avere delle movenze tanto innaturali, sembrava che si stesse sforzando di tenerla immobile il più possibile.
«Grazie per avermi fatto da guida.» Le disse fermandosi nella sala di ingresso del palazzo, quando furono al caldo. Quel posto somigliava tanto a un albergo di lusso, anche se mancavano alcune caratteristiche proprie della categoria.
«Grazie a te per avermi aiutato con quei libri.» Gli rispose la ragazza, che era visibilmente più rilassata rispetto a quando si erano incontrati la prima volta. «E grazie per avermi fatto compagnia.»
«Probabilmente verrò a chiederti ancora qualche indicazione, devo ancora orientarmi in questo posto…» Lo sguardo gli cadde sul braccio destro di lei; Saki si teneva una mano nell'incavo del gomito, massaggiandolo delicatamente e quella sembrava una posa perfettamente normale, ma la rigidità dell'arto suggeriva diversamente.
«Oh, non c’è problema! Anche se…» Saki sembrò distratta da qualcosa, ma lui notò che stesse esitando anche solo per un attimo e temette di averle fissato il braccio troppo a lungo. Poi però si accorse che era stata la comparsa di due figure in fondo del corridoio ad attirare la sua attenzione: Naho e il ragazzo che era andata a incontrare chiacchieravano allegramente, la sua partner sembrava essere riuscita a fare colpo sulla “preda”, pur rimanendo alquanto impacciata come suo solito.
«Oh.» Ne approfittò per cambiare argomento. «Quella è la mia partner! Sei vuoi, te la presento.»
Perplessa, Saki si girò a guardare Yoshiki e accettò quando lui si era già avviato. In quel momento però, Yoshiki provò a tirarla da una manica per provare a tendere un po' la corda, e la scoprì a fare molta più resistenza di quanto si aspettasse.
«A-ahi!» Squittì Saki, che subito si divincolò dalla presa del ragazzo e si coprì il volto come se avesse detto qualcosa che non doveva. Lui la fissò costernato e confuso.
«Scusa, ti ho fatto male?»
«N-no…» Balbettò lei guardandosi il polso. «Mi hai solo presa alla sprovvista. Sto bene, sul serio!»
Il sorriso che gli rivolse non convinse per niente Yoshiki, che a questo punto si sentì anche in colpa per aver tentato una mossa così rude; normalmente avrebbe fatto finta di niente e sarebbe tornato a fare quello che stava facendo, ma sotto a quella manica, per un solo istante, Yoshiki aveva visto con la coda dell'occhio qualcosa che lo aveva scosso e per cui sentì una grande pena.
«Yoshiki!» Chiamò Naho, un po’ sorpresa di vederlo lì. Yoshiki si voltò vedendo la partner e il suo accompagnatore avvicinarsi a loro.
«Ciao…» Mormorò lui ancora distratto. Naho sorrise, ma un istante dopo sentì una certa tensione prendere il sopravvento.
«Questo qui è… Katsuki, ehm…» Si voltò. «Non mi sembra che mi abbia detto il tuo cognome.»
Il ragazzo sorrise divertito e si scusò, quindi avanzò per salutare direttamente il partner di lei e gli tese la mano. «Katsuki Suzuki. Tu devi essere Ojizaki…»
Sorpreso che lo sconosciuto sapesse il suo nome, Yoshiki accolse quel saluto e si presentò. «In carne ed ossa. Non dirmi che questa chiacchierona ti ha già detto tutto sul mio conto!» Lanciò un’occhiata di intesa a Naho, ma questa sorprendentemente evitò il suo sguardo. Suzuki rise.
«No, mi ha solo detto che sei particolarmente testardo!»
«Allora hai tutto il tempo di scoprire quanto sia veramente pessimo!»
Quello scambio di battute avrebbe potuto sembrare allegro e di poco conto, ma per qualche motivo le ragazze presenti sentirono una forte pressione mentre i loro accompagnatori si sorridevano in quello strano modo. La stretta di mano durò un po’ più del previsto, tanto che alla fine fu Saki a intromettersi per cercare di alleggerire l’apparente tensione nata nel gruppo.
«Suzuki, anche tu stai facendo da guida ai nostri ospiti?» Esordì piena di entusiasmo per dividerli. Katsuki si voltò verso di lei e sembrò accorgersi di Saki solo in quel momento, quindi la salutò.
«Bé, sì… Stavo provando a sistemare lo stereo per Saitō, ma ho incontrato Naho che ha chiesto se potessi farle vedere il posto e…»
«Quindi tu sei Naho?» Subito, l'attenzione di Saki si spostò alla ragazza appena indicata dal suo compagno. «Io mi chiamo Saki, forse hai già sentito il mio nome quando le squadre si sono incontrate…»
Speranzosa che la partner di Yoshiki fosse amichevole, Saki provò a mostrarle il miglior sorriso che avesse in repertorio e le tese la mano; l'altra ragazza fu un po' sorpresa da quella rapida presentazione, ma rispose a sua volta specchiando la sua energia.
«Sono Naho, sì… Quindi Yoshiki ti ha parlato di me?» Borbottò stringendole la mano e posando lo sguardo sul proprio partner.
«Mi ha detto che sei un vero e proprio topo di biblioteca!» Ammiccò Saki. Naho era sicura che avrebbe detto qualcosa del genere, ma si chiese come fossero arrivati a parlare proprio di lei, con tutti gli argomenti di conversazione disponibili.
«Oh, sì!» Yoshiki sembrò leggerle nel pensiero. «Ti sarebbe piaciuta la biblioteca qui di fronte, magari più tardi possiamo visitarla in tutta calma…»
Naho ritirò la mano e sorrise imbarazzata; le dava una strana sensazione il fatto che quella sconosciuta sapesse già diverse cose sul suo conto, anche se Yumu non sembrava affatto una brutta persona. Yoshiki, invece, era sempre così bravo a farla sentire a suo agio…
«Potremmo andarci tutti insieme!» Propose Suzuki. Sorrise a Naho e Saki, ma cercò anche un'occhiata di approvazione da parte di Yoshiki; per quanto questo fosse sorpreso dal suo intervento, si mostrò compiaciuto.
«Allora potremmo andare domani.» Concluse con tranquillità, non troppo preoccupato di sapere se gli altri fossero d'accordo. «Ora però io e Naho dovremmo andare… Avevamo promesso di incontrarci con i nostri compagni di squadra per parlare di alcune cose.»
Per niente sorpresi di quelle parole, sia Saki che Suzuki si fecero da parte e salutarono i loro ospiti dicendo che anche loro avevano da fare; Naho e Yoshiki salutarono i loro due nuovi amici con cordialità e si infilarono nell'ascensore in fondo alla sala senza dire nulla, guardando dritti di fronte a sé finché le porte scorrevoli non si furono chiuse.
La cabina iniziò a salire e per qualche istante nessuno dei due aprì bocca. Naho non sapeva dove guardare, Yoshiki invece sembrava assorto nei suoi pensieri e fissava un angolo in alto.
«Sembra che tu ti sia divertito…» Borbottò lei, provando a rompere il ghiaccio. Yoshiki annuì.
«Anche tu.»
«Hai scoperto qualcosa?»
«Forse, ma aspettiamo di essere con le altre per parlarne.» Fu la risposta cauta di Ojizaki.
«Giusto…»
Ancora silenzio. L'ascensore sarebbe presto arrivato a destinazione e allora non avrebbero più avuto l'occasione di stare da soli; se avevano qualcosa da dire, quello era il momento giusto. E l'impressione era che di cose da dire ce ne fossero tante, perché non era mai capitato che tra loro due si creasse una distanza così abissale. Era una situazione nuova, ritrovarsi senza sapere cosa dirsi, come se entrambi avessero qualcosa di cui vergognarsi; erano abituati a comunicare in maniera onesta e risolvere i problemi sul nascere, questo non era da loro!
«Sei gelosa!» Esclamò all'improvviso Yoshiki, voltandosi verso Naho che a sua volta scattò sull'attenti dimenticandosi dei suoi pensieri.
«Cosa? No!»
«Sei gelosa.»
«Bé, anche tu! Guarda che ti ho visto, sembrava che volessi saltare alla gola di Suzuki!»
«No, non potrei mai…»
«E allora perché dovrei esserlo io?»
«Perché appena hai visto Yumu, ti sei rabbuiata.»
Si guardarono dritti negli occhi, i loro volti quasi attaccati. La tensione era cambiata, non più qualcosa di negativo come fino a pochi secondi fa: Naho non seppe spiegarselo, era diversa dalla solita goliardia che aleggiava tra loro quando erano di buon umore, ma dopo quegli scambi la classica complicità che caratterizzava le loro interazioni sembrava essersi rapidamente trasformata in qualcosa di più competitivo, come se fosse imperativo riuscire a convincere l'altro di qualcosa…
Alla fine fu Yoshiki a distogliere lo sguardo e rise. «Non posso crederci, sembriamo una vecchia coppietta sposata!»
Naho lo fissò perplessa chiedendosi che cosa intendesse, ma poi si accorse di quanto dovesse essere sembrata buffa la loro discussione e rise assieme a lui.
L'ascensore si fermò e le porte si aprirono con loro che ancora cercavano di controllarsi, mostrandogli gli interni non molto familiari del piano dove erano stanziate alcuni dei loro appartamenti. I due amici uscirono da lì continuando a prendersi in giro finché, di fronte alla porta della camera di Naho e Sentakami, non trovarono la loro caposquadra con un aspetto alquanto demoralizzato.
Kya aveva la testa poggiata alla porta, lo sguardo spento e le braccia che pendevano senza vita verso il basso. Borbottava qualcosa di incomprensibile e si spingeva ritmicamente avanti e indietro, battendo la fronte sul legno con delicatezza.
«Kya…?» La avvicinò Naho posandole una mano sulla spalla. Quel gesto fece trasalire la giovane, che quando riconobbe l'amica sembrò commuoversi.
«Finalmente!» Esclamò sul punto di piangere. «Sono stufa di bussare a porte che non si aprono!»
Naho e Yoshiki avevano molte domande, ma pensarono prima di farla accomodare, quindi attesero che Kya si fosse ripresa del tutto per sapere cosa fosse successo.
«Bé, sono andata dal caposquadra, solo che lui non c'era e ho dovuto aspettare un po'… Ho bussato così tanto che alla fine mi ha aperto il suo compagno di stanza e mi ha lasciato entrare. Me lo sono fatto amico; è un tipo simpatico, un po' moscio… Solo che quando è arrivato quell'antipatico di Kano, mi ha cacciata! Allora io ho cercato di farmi aprire la porta nuovamente, ho bussato e suonato il campanello nella speranza di farlo irritare e stanarlo, ma niente! Così sono tornata qui e ho bussato alla porta, ma non mi ha aperto nessuno…» Dopo la sua spiegazione, Kya si rabbuiò. «E' terribile bussare a una porta che non ne vuole sapere di aprirsi…»
Per quanto fosse divertente il racconto della loro compagna, a Naho e Yoshiki importava di più l'esito della sua missione e rimasero entrambi delusi dal fatto che Kano non avesse voluto nemmeno parlare.
«Come facciamo a dialogare con una persona che non vuole ascoltare in nessun modo?» Domandò il ragazzo. «E comunque, perché ce l'ha tanto con noi?»
Una voce sull'uscio lo fece trasalire e con lui anche le ragazze che si erano sedute sul divano si voltarono di scatto.
«Lo so io perché.» Sulla porta, Suzuko li fissava tetra. Non l’avevano sentita arrivare, la porta non aveva fatto alcun rumore e solo in quel momento Yoshiki si accorse di averla lasciata socchiusa.
La ragazza osservò i volti dei suoi compagni per un momento prima di entrare finalmente nella stanza e chiudere la porta alle proprie spalle. Non sembrava infastidita né tantomeno arrabbiata, solo profondamente delusa, come se ciò che aveva appreso l’avesse scossa nel profondo.
«Ho parlato con i coordinatori della Squadra Desia. Lì c’era anche Kano, ma se n’è andato dopo avermi urlato contro…»
«Ovvio.» Sbuffò Nakamura incrociando le braccia con disfattismo. Adesso capiva a cosa si riferisse quando l’aveva cacciata dal suo appartamento, ma le dava comunque fastidio essere stata trattata in quel modo. Suzuko ignorò il suo commento.
«Per un attimo è sembrato disposto a comunicare, ho cercato di dirgli che noi vogliamo collaborare, ma mi ha risposto dicendo di non aver bisogno del nostro aiuto e che non abbiamo idea di quello che hanno passato. Quando se n’è andato, ho potuto parlare da sola con i coordinatori, ma…»
«Non ti hanno voluto spiegare la faccenda?» Domandò Yoshiki, tremendamente pessimista. Suzuko scosse la testa.
«Il fatto è che non so se sia giusto dirvelo.» Rivelò la ragazza con un filo di voce. Quell’informazione sembrò lasciare increduli i suoi compagni. Che senso aveva fare tutto quel lavoro e cercare di risolvere la faida tra le due squadre se poi decideva di tenere per sé informazioni chiave sul conto della Squadra Desia?
«Stai scherzando?» Sbottò Kya contrariata. Si alzò dal divano e affrontò a viso aperto la compagna di squadra che l’aveva sfidata per la conquista del titolo di caposquadra. Non era il momento di mettere in risalto le gerarchie tra di loro, ma Kya voleva solo capire perché Suzuko fosse così restia a vuotare il sacco.
«Non è semplice come credi…» Protestò lei. Suzuko non aveva problemi a sostenere lo sguardo della compagna, ma il fatto che la guardasse dall’alto in basso la innervosiva. La voce di Naho in arrivo dal divano sembrò voler mettere fine alle discussioni, alla ricerca di un compromesso.
«Suzuko, capiamo che possa essere un peso particolarmente grande e l’idea di svelare questo segreto potrebbe metterti a disagio… Ma se non riusciamo a capire quale sia il problema, non saremo mai in grado di collaborare con la Squadra Desia!»
Le due ragazze si fissarono intensamente e nessuna delle due sembrò decisa a mollare. Per quanto fossero sensati i discorsi dei suoi compagni di squadra, Suzuko non era ancora sicura di voler parlare a cuor leggero di quella faccenda.
«Facciamo così…» Disse a un certo punto. «Prima mi dite cosa avete scoperto voi: non lasciate da parte nessun dettaglio e ditemi quale crediate che sia il problema. Poi mi dovrete promettere di non fare parola con nessuno di ciò che vi dirò!»
Si voltò a guardare la porta, questa volta ben chiusa, e tornò dai suoi.
«Nessuno.» Ribadì a denti stretti.
Kya stava per protestare. Come poteva tenere nascosto qualcosa a Ryo, o a Momo? Solo questo sarebbe bastato a mandare all’aria le condizioni di Suzuko, ma quella faccenda era importante per tutti loro e Yoshiki si premurò di intervenire prima che agisse di impulso, trattenendola e offrendosi di parlare per primo.
Così Kya fu messa a tacere. Naho cercò di tranquillizzarla dicendole che non avrebbe dovuto tenere la bocca chiusa per troppo tempo, e così tutte e tre le ragazze furono nuovamente sedute sul divano. Yoshiki si mise in piedi di fronte a loro e iniziò a parlare mettendo in mostra le sue doti da oratore.
«Sono riuscito a trovare Yumu, la partner del caposquadra; come avevamo pensato, non sembra avere nulla contro di noi. Parlare con lei è stato facile, è una persona cordiale che vuole il meglio per la sua squadra, credo capisca l'importanza di un rapporto amichevole tra le squadre… Tuttavia diventa nervosa quando si parla dei suoi compagni e mi è sembrata un po’ tesa anche quando abbiamo incontrato Suzuki…»
«Questo perché eri tu ad essere teso.» Fece Naho, ridendo sotto i baffi. Yoshiki le lanciò un’occhiataccia, ma colse la sua ironia e sembrò d’accordo con lei alla fine.
«E’ vero, il mio incontro con Suzuki è stato un po’ particolare! Ma non è di questo che dobbiamo parlare…
«Saki è stata particolarmente schiva riguardo alle domande che le ho fatto. Non aveva alcun problema a condividere informazioni di sé, della sua routine e della zona in cui ci troviamo, ma ogni volta che provavo a spostare il discorso sui suoi compagni, lei cercava un modo per sviare la conversazione. Ha detto che la squadra è stata sovraccaricata di lavoro e impegni, il che significa addestramenti intensivi e battaglie spossanti, ed che è questo il motivo per cui siamo stati convocati noi. Ma ho anche notato qualcosa che non avrebbe dovuto esserci: fasciature.»
Quando arrivò a quel punto, Yoshiki si fece estremamente serio. Le ragazze rifletterono il suo stato d'animo senza volerlo, rimanendo in silenzio tombale.
«Quando l'ho incontrata la prima volta, ci siamo urtati; lei non vedeva dove stava andando e mi ha sbattuto contro, facendosi male. All'inizio non ci ho fatto molto caso, ma più tempo passava e più notavo come non muovesse per niente il braccio destro; è come se ce lo avesse costantemente addormentato, fiacco. Non riusciva ad afferrare le cose per bene e in generale preferiva usare il sinistro.» Yoshiki fece una pausa, lasciando il tempo alle ragazze di trarre le proprie conclusioni prima di dir loro le sue ipotesi. «Quando poi abbiamo incontrato Naho, ho cercato di approfittare della sua distrazione e ho provato a farle alzare una manica, ed è lì che ho notato che, dal polso in su, il suo braccio era bendato. Non ho voluto fare domande anche perché la cosa sembra metterla particolarmente a disagio, ma credo che Yumu si sia trovata al centro di un incidente che le abbia provocato dei danni piuttosto seri, un po' come è successo a Tetsuya qualche tempo fa.»
Suzuko deglutì nervosa mentre Yoshiki le faceva un cenno come per chiederle se ricordasse quell'episodio; certo che lo ricordava, ricordava bene anche la vergogna che lo aveva seguito. Sentì gli sguardi fissi su di sé, come se aspettassero un suo commento, ma lei rimase in silenzio.
«Non sembra essere una semplice ferita; Saki prova dolore intenso e il trauma psicologico legato ad esso sembra metterla molto a disagio, quindi escluderei che sia stato un semplice incidente in allenamento…» Continuò. «L'idea che ho avuto è che stesse cercando di ignorarlo totalmente, come se riconoscerne l'esistenza l'avrebbe resa più debole.»
Quelle erano ovviamente solo supposizioni, Yoshiki stava dando via libera a tutti i suoi pensieri al riguardo e pensava che fosse giusto non lasciare niente al caso. Quando fu il turno di Kya però, queste supposizioni iniziarono a sembrare molto più sensate.
«Anche io ho notato qualcosa del genere…» Disse con un tono ben lontano dalla sua solita allegria. «Sono andata a cercare Kano, ma non l'ho trovato.» Sì girò. «Questo perché era assieme a Suzuko e gli adulti, se non sbaglio. La sua stanza però non era vuota e ho conosciuto il ragazzo che dorme con lui, Yuki.
«Inizialmente non ne voleva sapere di me, mi ha detto che potevo entrare se facevo silenzio e di attendere il ritorno del caposquadra senza disturbarlo. Mi è sembrato un po' burbero, ma ho pensato che fosse per la mancanza di sonno: aveva delle occhiaie assurde!»
Kya si tirò le palpebre con le dita e si girò un momento a guardare i presenti, poi si schiarì la voce rendendosi conto di star divagando.
«Comunque sia, sono entrata e mi sono messa ad aspettare. Ma… Non mi piace aspettare, quindi ho cominciato a parlare e, non so per quale motivo, Yuki mi ha prestato ascolto. Mi è sembrato un ragazzo normalissimo, abbiamo anche fatto amicizia, ma a un certo punto si è sentito male. E' stato come se avesse un fortissimo capogiro, non saprei spiegarlo bene… Stavo per chiedergli che cosa avesse, ma il suo amico è rientrato in casa e mi ha cacciato urlando, come se fosse stata colpa mia!»
«Un capogiro?» Domandò Yoshiki, una mano posata sul mento.
«E bello forte anche!» Rispose lei. «Sembrava provare molto dolore. Inoltre, quando sono entrata l'ho visto prendere una sorta di pillola, come una medicina… E il suo frigo era pieno di bevande saline e integratori. A detta sua, è stato Kano a portarglieli.»
La ragazza si fermò un momento a riflettere, così come i suoi compagni. C'era questa costante all'interno della Squadra Desia riguardante la salute dei suoi membri che cominciava a sembrare troppo grande per essere una coincidenza; possibile che fosse quello il motivo della loro visita a Desia? Ma allora perché la squadra era così scontrosa nei loro confronti?
«Bé, il fatto che prendesse medicine non indica necessariamente che sia collegato a qualche incidente…» Mormorò Yoshiki distrattamente. «Ma non è da escludere. Però… Due piloti diversi? Se almeno due ragazzi appartenenti a coppie diverse sono così malconci, significa che non si è trattato di un semplice incidente, ma di un vero e proprio disastro! Potrebbero esserci altre persone che stanno male nella squadra e noi ancora non lo sappiamo.»
Kya lo fissò sperando vivamente che quell'ipotesi rimanesse infondata, ma più cose scoprivano e più la situazione si faceva grigia per i loro colleghi. Entrambi si voltarono verso Naho, che non aveva aperto bocca.
«In realtà… Io non ho scoperto molto.» Ammise imbarazzata. «Mi dispiace. Suzuki non sembra avere alcun trauma ed è molto gentile e aperto a conversare. Non sono riuscita a fargli domande troppo personali, più che altro è stato lui a parlare la maggior parte del tempo… Sembra che non ci sia nulla che lo preoccupi.»
«Va bene così.» Si affrettò a dire Suzuko, un po' sollevata. «Non tutti devono avere per forza dei segreti e non devi incolparti per non essere riuscita a indagare abbastanza a fondo.»
Naho fu contenta di sentirglielo dire, ma allo stesso tempo pensava che, in confronto al lavoro dei suoi compagni, fosse stata alquanto negligente.
Le informazioni raccolte da Yoshiki e Kya sembravano combaciare, anche se di poco. Sapevano che i loro compagni della Squadra Desia li avevano presi in antipatia, anche se non capivano perché; Suzuko sembrava saperlo, ma aveva detto di non essere sicura di poterlo dire. Ma se veramente conosceva la verità, doveva aiutarli a comprendere il problema! Lo sapeva anche lei, che pur con riluttanza si alzò dal divanetto e chiese che quella storia rimanesse tra loro.
Yoshiki si sedette al suo posto accanto a Kya e Naho che la fissavano con occhi sgranati, quindi tutti e tre lasciarono campo libero a Suzuko, che senza nascondere un certo nervosismo si portò al centro della stanza e incominciò a stringersi le mani in modo frenetico.
«D'accordo.» Iniziò, come se fosse stata costretta e non potesse più tirarsi indietro. «Adesso vi spiego… Inizialmente dovevo andare a parlare con Jun e Kyu di questa situazione e chiedere loro consiglio, giusto?»
Suzuko attese un assenso dai suoi compagni che non arrivò.
«Ma la presenza di Kano ha cambiato le cose. Dopo la sua sfuriata non c'è stato bisogno di spiegare la situazione ai coordinatori e mi sono ritrovava con tante domande… E loro mi hanno risposto su tutto. E' come avete detto: la Squadra Desia è stata sovraccaricata di impegni nell'ultimo mese. La città è stata presa sotto assedio svariate volte dai VIRM, in alcuni casi anche due o tre volte nella stessa settimana, e questo ha fatto sì che la squadra esaurisse la forze, che combattessero senza la giusta concentrazione; questo li ha portati a commettere degli errori che li hanno debilitati, e ora sono esausti!»
La stanza rimase in silenzio ancora qualche secondo, Suzuko sapeva che fossero un sacco di informazioni da processare in breve tempo e per questo li lasciò riflettere per qualche secondo.
«Quindi nei pressi di Desia c'è stata un'intensa attività di VIRM, molto più che da noi…» Mormorò pensieroso Yoshiki, che dei tre aveva reagito in maniera più composta.
«Ecco il perché delle ferite!» Esclamò Kya sporgendosi in avanti, come se dovesse indovinare la soluzione prima degli altri.
Suzuko annuì. «Ma c'è dell'altro…» Continuò, e qui trattenne il respiro per un momento.
La pausa di Suzuko durò un attimo di troppo, così che Naho le chiese cosa stesse per dire; anche Yoshiki e Kya la fissarono curiosi, chiedendosi perché ci mettesse tanto. Alla fine, Suzuko abbassò lo sguardo con rassegnazione e riprese da dove aveva lasciato.
«Giusto.» Mormorò. «Jun e Kyu mi hanno detto che c'è una sorta di invidia, nei confronti della nostra squadra ed è questo a causare la loro aggressività.»
Quella rivelazione fece sollevare diverse sopracciglia, un'idea troppo surreale per pensare che avesse portato a un tale astio nei loro confronti.
«Non so bene come spiegarlo… Alla Squadra Desia non piace dover ricevere aiuto da qualcuno che ha affrontato molte battaglie di meno; pensano che siamo stati fortunati, che se ce la siamo cavata senza danni è stato perché abbiamo avuto fortuna. Dicono che siamo troppo boriosi e che l'attenzione mediatica ci dia alla testa. Insomma vogliono dimostrare di potercela fare da soli!»
Suzuko strinse i denti alla fine della sua spiegazione, conscia di quanto sembrasse assurda. Guardò gli altri mentre cercavano di dare un senso a quella storia e il primo a contestarla fu Ojizaki, per niente convinto.
«Seriamente?» Domandò abbassando la testa. «Ce l'hanno con noi perché siamo più famosi e perché abbiamo ottenuto risultati migliori?»
Suzuko lo squadrò timorosa. «So che è difficile da credere, ma è quello che mi hanno detto i coordinatori…»
Improvvisamente quella questione sembrava essersi fatta molto meno seria di quanto avessero pensato. Certo, la Squadra Desia aveva avuto alcune difficoltà nelle loro ultime missioni e per questo loro erano là, ma quello non bastava a giustificare l'astio nei loro confronti.
«Bé, abbiamo appurato che la Squadra Desia è stata sovraccaricata di lavoro… E' normale che siano così tesi.» Provò a giustificarli Naho. Yoshiki invece fu spietato.
«Mi sembra un atteggiamento incredibilmente infantile… Ma se è questo il problema, allora ci adegueremo.» E detto questo, si alzò dal divano per raggiungere la porta, dicendo che sarebbe andato a riposare.
«Prima che andiate…» Suzuko fu presa alla sprovvista dal rapido movimento di Yoshiki e si ritrovò ad alzare inavvertitamente la voce per richiamarlo. Lo fissò mentre si voltava, fermo sulla porta. «Non avete dimenticato quello che ho detto prima, vero?»
Yoshiki sbuffò stufo. «Sì, non faremo alcun cenno a questa storia…»
«Non sappiamo come potrebbero reagire… E non gli piacerebbe sapere che andiamo in giro a chiedere informazioni su di loro.»
«Ma sì, non c'è nessun problema.» Concluse lui sbrigativo, salutando le ragazze prima di sparire nel corridoio. Era comprensibile che fosse seccato da quella storia; si era preoccupato per niente credendo che ci fosse chissà quale problema, ma aveva comunque accettato senza alcuna esitazione.
Suzuko rimase a fissare le altre due ragazze nella stanza, in silenzio. Naho era la sua compagna di stanza quindi non si aspettava che dovesse andare da qualche parte, ma sperava che Kya non avesse intenzione di restare lì ancora a lungo…
«Bé, in fondo posso capirli.» Borbottò alla fine la ragazza dai capelli rosa. «Siamo il meglio del meglio, è ovvio che siano invidiosi!»
Suzuko si trattenne dal rispondere a quell'affermazione e pensò che la sua caposquadra non si fosse smentita neanche questa volta. La pregò di nuovo di non raccontare a nessuno quella storia.
«Ma sì, tranquilla!» Le sorrise. «In ogni caso, ricordiamoci che non sono tutti uguali. Yuki, per esempio, è molto simpatico e non mi è sembrato assolutamente invidioso!»
Suzuko e Naho si guardarono e annuirono timidamente. Non avevano idea di come fosse il ragazzo che aveva incontrato Kya; nella sua imprevedibilità aveva finito per conoscere qualcuno che non avevano messo in conto, ma alla fine gli era stato utile e sembrava che non avesse causato problemi.
Le due ragazze accompagnarono Kya verso la porta e la salutarono mentre si avviava lungo il corridoio, quindi rimasero un momento ad osservarla. Prima che Kya uscisse dal loro campo visivo, tutte e tre furono attirate da un rumore dall'altro lato del piano.
«Ai, ecco dov'eri!»
Una voce femminile sconosciuta le fece trasalire e avvistarono una ragazza con lo sguardo assente in fondo al corridoio, gli occhi vitrei fissi su di loro; indossava una tuta da Parasite, sembrava pronta a salire su uno Stridiosauro, ma se ne stava lì ferma. Non rispose quando fu chiamata dalla voce.
Un'altra ragazza arrivò di corsa dalla rampa di scale vicina e la afferrò per una mano, ansante. Era stata lei a urlare, le chiese se stesse bene e le diede delle carezze prima di accorgersi delle altre.
Per un momento le due sconosciute rimasero a guardare le loro ospiti proprio come delle estranee, poi la nuova arrivata si voltò verso la ragazza dagli occhi spenti e le sussurrò:«Forza, andiamo via.»
Kya, Naho e Suzuko rimasero senza parole. Forse si stavano facendo impressionare troppo, ma furono colte dai brividi e tutte e tre furono assalite da una brutta sensazione.
   
 
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