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Autore: ArielSixx    18/06/2022    0 recensioni
In una società post-moderna in cui guerre e carestie dilagano una società segreta porta avanti dei misteriosi esperimenti utilizzando dei ragazzi come cavie. Selena è una di loro e si ritroverà per necessità ad avere a che fare con un esperimento che cambierà per sempre le sorti della sua vita.
Genere: Fantasy, Guerra, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Uhm... sei combattuta. Vedo molte cose che ti danno il tormento, una decisione difficile forse”, dice la donna che mi ritrovo davanti. 

È agghindata con una bandana viola sul capo e delle monete di bronzo cucite sui bordi le ricadono sulla fronte, ha un trucco piuttosto vistoso il che è raro trattandosi di merce di contrabbando. Mi è capitato raramente di trovarne qualcuno al mercato nero, ma il loro costo è esorbitante anche per chi ha la fortuna di lavorare tutti i giorni. In un certo senso il suo aspetto le dona un non so che di superiorità, come se in questo modo le sue parole valgano di più. Per quanto mi riguarda mi limito ad annuire alle sue frasi sforzandomi di non perdere il filo del discorso. 

“Hai fatto qualcosa che non dovevi e adesso i sensi di colpa si stanno facendo sentire”, dice.  

Il modo in cui non sbatte minimamente le palpebre è quasi inquietante: “ma non c’è solo questo... vedo un’azione, una brutta azione di cui ti pentirai profondamente”. 

Quest'ultima frase mi scuote dal mio senso di pace apparente facendomi tirare indietro sulla sedia. Tutte sciocchezze mi ripeto, un dollaro sprecato. Smetto di dar corda a quella serie di stupidaggini che non possono avere niente a che fare con la mia vita, trascorrendo il resto del tempo a divagare tra i miei pensieri. Ogni tanto colgo qualche parola fugace o una premonizione di sventura.  

“Ti andrà bene in amore” mi dice, e questa è la conferma che si tratta solo di una marea di sciocchezze. 

Alla fine della seduta sono più innervosita che sollevata, mi limito a ringraziare con un finto sorriso stampato sulla faccia e uscire velocemente dal quel magazzino. È arrivato davvero il momento di lasciare questo posto, vorrei salutare Roxy e ringraziarla ma non riesco a trovarla da nessuna parte. Alla fine rinuncio semplicemente e mi dirigo fuori.  

La luce del sole mi costringere a sbattere le palpebre più volte, la differenza con l’interno è notevole. Mi ero quasi persa per arrivare qui e ora non mi rimane che continuare a vagare in cerca di una via conosciuta. Una pozzanghera riflette il mio volto che è sempre lo stesso negli ultimi tempi, eppure ho la certezza di non sentirmi più la stessa persona. Sono successe troppe cose in troppo poco tempo.  

Appena giro l’angolo dell’ennesimo vicolo Wynona mi è immediatamente davanti e devo fare uno sforzo immane per non prenderla in pieno, con pochi risultati.  

“Ai! Guarda dove vai!” esclama, prima di prendersi conto di chi ha davanti. 

“Scusami” le dico, massaggiandomi un fianco che ho appena sbattuto per terra. Ci diamo una mano a vicenda per rimetterci su, come sempre.  

“Dov’eri finita?”, mi chiede. Effettivamente questa mattina mi sono dileguata senza neanche perdere troppo tempo a cercarla, volevo così tanto trovare un lavoro per la giornata che ho affrettato decisamente i tempi. 

“Una storia lunga, non ho trovato nulla oggi”, sospiro. Di tutta risposta lei alza le spalle e mi guarda con aria compassionevole, segno che ancora per una volta ci troviamo sulla stessa barca. 

“Kyle come sta?” mi chiede all’improvviso mentre ci dirigiamo verso la meta conclusiva di questa giornata, è sempre molto affettuosa quando si tratta di lui. 

“Gli antibiotici stanno facendo effetto, dovrebbe stare meglio almeno per qualche settimana”, rispondo.  

Cerco sempre di fare il possibile, ma stargli lontana tutte queste ore non agevola la situazione; dovrei imparare ad andarmene di meno in giro e ad occuparmi di più di lui. Quando non ci siamo lui e Mad passano le giornate insieme, per i bambini ci sono delle camerate completamente vuote in cui sono ammassati mucchi di giocattoli prettamente rotti e malandati, ma a loro basta poco per vederli tornare sorridenti. A volte sono convinta che Kyle si ricordi ancora com’era vivere in un altro distretto, eppure non ne parla mai neanche per sbaglio. Non mi chiede dei nostri genitori o di tutti i nostri parenti, non racconta eventi passati, non dice mai che vuole tornare a casa... è un atteggiamento insolito per un bambino e ancora oggi non ho capito come interpretarlo. Ho provato a spronarlo diverse volte, ma tutti i miei tentativi sono andati vani. A un certo punto mi sono arresa all’idea che una parte di lui abbia accantonato il passato per fare spazio a questo insolito presente.  

“Non c’è una cura, vero?” chiede ancora, neanche a lei piace l’idea di vederlo stare male così spesso.  

“In un altro posto ci sarebbe” dico, ed è l’unica verità che conosco.  

La fila per entrare è sempre chilometrica anche ore prima della chiusura dei cancelli, ci tocca stazionare con fare nervoso attendendo lo scorrere delle persone che si accalcano imperterrite davanti a noi. C’è posto per tutti se siamo in orario, ma la gente ha comunque paura di poter rimanere fuori quasi più che morire di fame. Questa sera siamo entrambe troppo taciturne, eppure in ogni caso la confusione intorno a noi ci impedirebbe di affrontare tranquillamente qualsiasi dialogo. Adesso che mi ritrovo di nuovo qui i pensieri di stamattina sono sempre più incessanti. Se avessi davvero l’occasione di uscire da questo distretto attraverso quella piccola falla nel sistema? Potrei sfruttare chiunque o qualsiasi cosa e ritornare a casa in men che non si dica. Certo, con Kyle sarebbe tutto più difficile però potrei comunque trovare il modo. Mentre sono persa tra i miei pensieri mi accorgo che la folla mi ha praticamente trascinata all’entrata. Chissà, continuo a pensare... chissà se posso. Mi giro d’improvviso verso Wynona, quasi come a ricordarmi che c’è anche lei lì con me, ci guardiamo entrambe e per riflesso sbatto le palpebre tre volte. Giusto un attimo prima di venir spinta ulteriormente in avanti, è arrivato il mio turno. La prassi è sempre la stessa: braccio sotto al lettore e poi dentro. Mi accorgo appena che il momento indicato non è il mio e sono già stata catapultata oltre la soglia. Ma no, volevo solo provare, non l’ho fatto di proposito mi dico. Non succederà nulla. Uno, due, tre bip, il cip di Wynona non passa sotto allo scanner. La gente la sposta di lato e il suo nome mi esce smorzato in gola, per l’ennesima volta non riesco a gridare. Chi passa mi fa segno di proseguire oltre il tunnel, non posso rimanere a bloccare l’ingresso. Non posso neanche lasciarla lì fuori. Non posso neanche rimanere lì fuori.  


   
 
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