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Autore: Aagainst    23/06/2022    1 recensioni
“ Lexa se n’era andata senza nemmeno salutarla. L’aveva sedotta per poi abbandonarla, gettarla via come una scarpa vecchia. Le aveva preso tutto, il suo cuore, la sua anima, il suo amore e l’aveva resa un guscio vuoto, incapace di sentire qualsiasi cosa all’infuori di un insopportabile dolore. E, nella penombra della sua stanza, Clarke giunse alla più beffarda delle conclusioni. Non avrebbe mai smesso di amare Lexa Woods. Non ne sarebbe stata capace. Mai.”
Sono passati tre anni da quando Clarke si è risvegliata senza Lexa accanto, tre anni in cui, eccezion fatta che per qualche panel o intervista a cui entrambe hanno dovuto presenziare, le due attrici si sono a malapena rivolte la parola. Tre anni in cui Clarke non ha mai ricevuto risposte e in cui Lexa non ha fatto nient’altro che sfuggire qualsiasi domanda.
Eppure, il destino è dietro l’angolo
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Clarke Griffin, Lexa, Madi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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22.

 

Without you I'd die, and I don't wanna die
Not today, not tomorrow, not tonight, I don't wanna die
I need you, I need you more than life
(Machine Gun Kelly-More Than Life)

 

 

 

Madi si aggirava per il corridoio della scuola, alla disperata ricerca della sua classe. Non si era mai sentita più a disagio di così. Con Lexa e Clarke aveva convenuto che continuare a studiare sarebbe stata la cosa migliore e che, però, era necessario per lei cambiare ambiente. Frequentare la South Polis High sarebbe stato deleterio e pericoloso e Madi aveva bisogno di ricominciare da zero. Lexa aveva infine deciso di iscriverla alla Beverly Sky High, il liceo privato in cui lavorava Lincoln. Sperava che la presenza di un adulto che lei conosceva e di un buon programma di basket potessero essere uno stimolo per la ragazzina, un modo per ampliare le sue prospettive. L’idea di andare in una scuola privata non aveva convinto Madi sin dal principio e in quel momento, in mezzo a quel corridoio, la ragazzina si sentiva un vero e proprio pesce fuor d’acqua. Innanzitutto, il fatto di dover per forza portare una divisa la stava facendo impazzire. Aveva due anni l’ultima volta che aveva indossato una gonna e quella dell’uniforme le pizzicava da morire. In secondo luogo, non riusciva proprio ad entrare in sintonia con i suoi compagni. A causa del background troppo diverso era perennemente sulla difensiva e non aveva ancora conosciuto nessuno. La paura di deludere Lexa e Clarke, però, l’aveva spinta a non rivelare a nessuna delle due come si stesse effettivamente trovando. Il suono della campanella la riportò alla realtà. Controllò l’ora. Era in ritardo. Entrò nella prima aula che vide, pregando che fosse quella giusta. 

“Signorina Winter, alla buon’ora.” l’accolse il professor Shumway, il suo docente di storia. Madi deglutì. In quel momento avrebbe desiderato così tanto aver sbagliato classe. 

“Mi scusi.” mormorò. Il professore le fece segno di andare ad accomodarsi al proprio posto e lei non se lo fece ripetere due volte. Si sedette al banco e, con orrore, realizzò di non avere con sé il libro. 

“Winter, per caso non le è ancora arrivato il materiale?” chiese Shumway. Madi non sapeva cosa fare.

“Beh… Ecco, sì.” mentì. 

“Strano, di solito sono puntuali.” l’uomo rifletté. “Andrò a fare un sollecito in presidenza dopo la lezione.”. Madi dovette fare appello a tutte le sue forze per non entrare nel panico. Doveva assolutamente fermarlo.

“Non si preoccupi, ho già parlato con mia…”. Mamma. Madi stava per dire mamma. Si morse la lingua. Sua madre era chissà dove, probabilmente invischiata in qualche traffico illegale. Si chiese se, ogni tanto, Ontari pensasse a lei. Perché lei, nonostante tutto, non riusciva a smettere di farlo.

“Volevo dire, ne ho già parlato a casa. Se entro oggi i libri non arrivano, telefoneremo.”. A furia di vivere con Lexa, devo aver imparato a recitare, pensò fra sé e sé.

“Perfetto.” disse Shumway. “Per oggi, puoi guardare dal libro di Null. E ora riprendiamo la lezione.”. Madi si voltò verso il suo compagno di banco, Luca Null. Era un ragazzino simpatico, diverso dagli altri. Suo padre era un importante opinionista sportivo, mentre la madre era la proprietaria di una delle principali gallerie d’arte di Beverly Hills. Al contrario dei genitori, molto estroversi e amanti dei riflettori, Luca era un ragazzino piuttosto timido e riservato, per niente contento di stare al centro dell’attenzione. Ecco perché, non appena Shumway aveva pronunciato il suo nome, era diventato rosso come un peperone. Aprì il libro e lo spostò a metà fra il suo banco e quello di Madi, per permetterle di seguire la lezione al meglio. La ragazzina le sorrise, ringraziandolo con lo sguardo. Sospirò. Se l’era vista brutta. Ed erano solo le otto di mattina.

 

________________

 

“Clarke, è vero che hai deciso di lasciare la serie?”. L’attrice accennò un sorriso carico di nervosismo. C’era stata una fuga di notizie e ormai il mondo intero sapeva che non avrebbe preso parte alla nuova stagione di Arkadia. Forse accettare di farsi intervistare in merito alla rescissione del suo contratto da Gabriel Santiago al suo The Morning Show non era stata una grande idea, ma ormai era troppo tardi.

“Sì, è vero.” confermò, infine. 

“Ci puoi dire come mai? Sei sempre stata entusiasta della serie, cosa ti ha spinta a cambiare idea?”. Clarke giocherellava con le mani, ormai preda dell’agitazione. Cosa avrebbe dovuto fare? Dire la verità? Nasconderla? Ne andava della sua carriera e dei suoi soldi, ne era consapevole. Prese un respiro profondo schioccò la lingua. Raccontare cosa l’avesse davvero spinta a rescindere il contratto sarebbe stato folle, lo sapeva bene. Eppure, in quel momento, non le interessava. Non si trattava nemmeno di vendetta, no. Semplicemente, voleva un po’ di giustizia. Voleva che il mondo sapesse cosa lei e Lexa avevano dovuto sopportare solamente perché provavano qualcosa l’una per l’altra. Era stufa, stanca di vivere in un mondo che si mostrava tollerante verso le minoranze. Non perché giustificasse la discriminazione ovviamente, anzi. Era la tolleranza quello che non sopportava più. La trovava dannatamente ipocrita, un modo per silenziarsi la coscienza. Cos’è la tolleranza? Perché qualcuno dovrebbe sentirsi a posto in quanto tollerante? Le persone si accolgono per quello che sono, altri esseri umani. E l’accoglienza è qualcosa di così diverso dalla tolleranza. 

“Io… La verità è che adoro Arkadia. Il cast, la crew, la storia, credo di amare tutto di questa serie.”. L’uomo di fronte a lei aggrottò la fronte, confuso.

“E allora cos’è successo?” domandò. Clarke si picchiettò il naso. Poteva ancora fermarsi. Poteva ancora mentire. Eppure, se ne sarebbe pentita per sempre.

“In questi anni, ho espresso più volte la mia gratitudine nei confronti di Dante Wallace. Gli devo tanto, tutto. Senza di lui, io non sarei qui, è oggettivo. Allo stesso tempo, però, ho scoperto cose che riguardano anche me, decisioni che sono state prese a mia insaputa e che hanno influito sulla mia salute mentale. Ho capito che non sono disposta ad accettare certi compromessi, non più.”. Una bomba. Aveva appena sganciato una vera e propria bomba.

“Clarke, puoi essere più chiara? Si tratta di Lexa Woods?“. L’attrice sorrise e scosse il capo. Non voleva coinvolgere Lexa, non sarebbe stato giusto.

“Riguarda me e basta. Non dirò di più.” si limitò a rispondere, vaga. Quello che aveva appena fatto avrebbe portato a conseguenze disastrose, ne era ben consapevole. Con ogni probabilità , non avrebbe mai più potuto recitare ed era inutile girarci intorno, la consapevolezza di avere un futuro così indefinito di fronte a sé la terrorizzava. Forse era ancora in tempo per inventare una bugia e salvare la sua carriera. Sospirò. No, non avrebbe avuto senso. Non se avrebbe dovuto sacrificare tutto quello che la teneva in vita. Sì, il suo futuro era incerto come non mai. Eppure, un punto fermo c’era e non avrebbe mai potuto cancellarlo, per nulla al mondo.
 

________________

 

“Tu devi essere Madi Winter.”. La ragazzina annuì, lo sguardo fisso sulla donna davanti a lei. Indra Pine allenava la squadra femminile di basket della Beverly Sky High da ormai dieci anni e vantava la conquista di ben sei titoli statali. Tuttavia, con l’arrivo del nuovo preside, le cose si erano fatte un po’ più complesse. Lei e Jaha erano entrati sin da subito in conflitto. L’uomo aveva più volte cercato di  intromettersi nella gestione della squadra, arrivando perfino a mettere in dubbio l’autorità e la competenza dell’allenatrice. Solo l’affetto e il senso di lealtà che provava nei confronti delle sue giocatrici l’avevano convinta a non mollare il posto. 

“Coach Maple mi ha detto che sei in gamba, ma dato che finché io non vedo, non credo, valuterò il tuo accesso o meno in squadra in base all’allenamento di oggi.”. Madi fece segno di aver capito, senza parlare. Aveva lo stomaco in subbuglio. Non aveva mai giocato a basket con tutta quella pressione addosso. Il suo sguardo incrociò quello di Lincoln, che alzò i pollici per farle capire che sarebbe andato tutto bene. 

“Ragazze, in campo.” ordinò Indra. Madi raggiunse lentamente le sue compagne di squadra e si mise in posizione. Ricevette la palla e decise di provare a penetrare e andare a canestro, ma si ritrovò per terra. Si rialzò. Indra la osservava pensierosa, lo sguardo impassibile. Madi ricevette di nuovo il pallone. Cercò di tirare, ma il difensore, una ragazza bionda più o meno della sua età, le rubò la palla. Madi non poté fare altro che guardarla segnare. Indra scosse il capo, delusa da quella prestazione.

“Mi avevi detto che ci sapeva fare.” esordì.

“Penso sia agitata.” ragionò Lincoln. “Ascolta, ti assicuro che è forte. Abbiamo giocato assieme e riusciva a saltarmi come fossi un birillo.”. Indra scrollò le spalle.

“Mi dispiace, ma non mi sembra pronta.” asserì. “Winter, vieni.”. Madi si avviò verso la panchina, sconsolata. Forse sua madre aveva detto la verità, forse non sapeva davvero giocare a basket. 

“Ecco, brava, sparisci. Torna in quel letamaio che è Polis, insieme agli altri straccioni.”. Madi si fermò. Si girò di scatto, i pugni chiusi. Di fronte a lei, la ragazza bionda la guardava, con aria strafottente. Aveva il pallone in mano e continua a farlo roteare sul dito.

“Ripetilo, se hai il coraggio!”

“Cosa? Che Polis è un letamaio? O che devi tornare dagli straccioni? No, perché…”. Madi non le diede il tempo di finire la frase. Le rubò la palla e corse a canestro. 

“Questo si chiama imbrogliare!”. Madi le passò il pallone e le lanciò un’occhiata di sfida. 

“Winter! McCall! Qui, subito!” intimò Indra, temendo che le due potessero arrivare alle mani. 

“Dici che imbroglio? Allora dai, prova a segnare.” Madi provocò la sua avversaria, ignorando completamente l’allenatrice. 

“Ti sei messa contro la persona sbagliata, stracciona.” replicò la ragazzina bionda. Cercò di saltare Madi, ma quest’ultima non mollò di un centimetro. Provò a tirare. Charlotte McCall era considerata uno dei migliori talenti dello stato. Era da anni che nessuno riusciva a stopparle un tiro. Ed ecco perché, quando vide la palla infrangersi contro la mano di Madi, cadde per terra, paralizzata. Si rimise in piedi, più nervosa che mai. Nessuno poteva permettersi di umiliarla in un modo simile, soprattutto una novellina. A bordo campo, Indra aveva smesso di richiamare le due ragazzine. 

“Vuoi che vada a fermarle?” chiese Lincoln, ma la donna fece segno di no con il capo. Quella situazione si stava facendo fin troppo interessante. Non aveva mai visto una cosa simile. Più Charlotte provava ostinatamente ad affrontare Madi, più quest’ultima le rubava la palla e andava a canestro. Lay up, tiro da tre, tiro in sospensione, considerato che Madi non aveva mai giocato seriamente a basket il tutto aveva dell’incredibile. 

“Va bene, basta così. In panchina, su.”. Finalmente le due ragazzine obbedirono, stremate.

“Ottimo lavoro, Winter. Ottimo lavoro.” si complimentò. Madi ringraziò con lo sguardo, senza parlare. Era così stanca, che nemmeno si era accorta che Charlotte le si era seduta accanto. 

“Nessuno mi ha mai umiliata in questo modo.” esordì quest’ultima. Madi non rispose, restando sulla difensiva.

“Ehi, vengo in pace.” la rassicurò Charlotte. “Non sei male per essere una stracciona che viene da Polis.”. Si pentì immediatamente di quell’infelice scelta di parole. “Scusa, io non…” fece per scusarsi, ma Madi alzò la mano, interrompendola. Charlotte chinò il capo, il cuore in gola. Si diede mentalmente dell’idiota. Non sapeva nemmeno lei perché si era comportata così male. Rialzò lo sguardo. Madi la fissava, un sorriso divertito dipinto in volto. Charlotte aggrottò la fronte, confusa. Non capiva. 

“Sai McCall, nemmeno tu sei male per essere una riccona.” disse Madi. Entrambe scoppiarono a ridere, sotto lo sguardo stranito di Indra. E Madi pensò che, forse, quella nuova scuola non era il posto terribile che aveva immaginato. 

 

________________

 

“Sì, va bene. Grazie mille, Becca.”. Lexa riattaccò il telefono e si girò. Clarke era rientrata di soppiatto, probabilmente per evitare una qualsiasi discussione dopo l’intervista di quella mattina. Lexa sospirò e si appoggiò al muro, le mani nelle tasche dei pantaloni. Clarke distolse lo sguardo. Si sentiva come un bambino colto con le mani nella marmellata. 

“Ho già affrontato la questione con Marcus.” esordì. “Lo so, ho sbagliato, ma volevo…”. Lexa non la fece finire di parlare. Avanzò verso di lei e Clarke si irrigidì, temendo una sfuriata che, però, non arrivò mai. La mora la strinse a sé e le baciò il capo, con tenerezza. Rimasero così, senza parlare, l’una fra le braccia dell’altra.

“Mi ha chiamata Becca. Tra cinque giorni dovrei partire.” Lexa annunciò, rompendo il silenzio. 

“Di già?”

“Lo sai, stavano aspettando solo che io decidessi di rinnovare, ma avevano già cominciato la pre produzione della nuova stagione. Becca ha deciso di anticipare le riprese per potermi concedere più tempo libero, ma se è un problema io…”

“Tu vai.” disse Clarke. “Tu devi andare.”

“E tu?”

“Io me la caverò.” affermò la bionda. “Tanto ora non ho più niente da fare.” constatò poi, con amarezza. 

“Oh, Clarke.” mormorò Lexa, prendendola per mano e conducendola sul divano. Le due si sedettero, una accanto all’altra.

“Marcus mi ha chiesto perché ho deciso di sabotarmi da un momento all’altro.” 

“E tu che hai risposto?” chiese Lexa. Clarke si lasciò sfuggire un sorriso intriso di malinconia e, pur paradossalmente, orgoglio.

“Che non mi sto sabotando. Lexa, ho vissuto tre anni di non vita in cui la mia unica certezza è stata il lavoro. Voglio solo ripartire da zero, senza più dovermi nascondere. Senza più dover nascondere quello che provo per te.”. Lexa sentì il cuore saltare un battito. Alzò lo sguardo. Ripensò a quei tre anni che avevano passato l’una lontana dall’altra. E, quando i suoi occhi si persero nelle iridi blu di Clarke, capì che non voleva più tornare indietro. Non avrebbe avuto senso.

“Lexa, io… Io ti amo. Sono consapevole del fatto che è passato solo poco più di un mese da quando abbiamo deciso di riprovarci, ma ci tenevo a dirtelo. Ti amo, Lexa. Ti amo da quando ti ho vista sul set per la prima volta. Non ne posso più di fingere, di negare di continuo i miei sentimenti per te. Non voglio ritornare ad essere un guscio vuoto che passa le giornate sopravvivendo. Io voglio vivere e tu, Lexa, tu mi rendi viva. E nemmeno tutta Hollywood potrebbe darmi quello di cui ho bisogno.”. Lexa era paralizzata. Aprì la bocca per parlare, ma ne uscì solo un suono strozzato. 

“Ti prego, dì qualcosa.” mormorò Clarke, terrorizzata all’idea di aver rovinato tutto. Lexa le sorrise, il labbro che tremava. La baciò, come se quello potesse essere il loro ultimo bacio. La baciò, come se non avessero avuto un futuro. E, invece, un futuro ce l’avevano. Un futuro assieme. Un futuro in cui nulla e nessuno le avrebbe più separate. 

“Ti amo anch’io.” sussurrò, quasi impercettibilmente, tra le lacrime. Sentì la mano di Clarke posarsi sulla sua guancia e asciugargliela delicatamente con il pollice. E quello fu il momento in cui entrambe capirono che non sarebbero potute tornare indietro. Mai più.





Angolo dell'autrice

Allora, un capitolo di consapevolezze, se si può dire così, soprattutto per quanto riguarda Clarke e Lexa. Ero indecisa se aspettare ancora qualche capitolo per questa confessione reciproca, ma non avrebbe avuto senso. Il loro è un sentimento nato ormai tre anni prima ed è giusto che lo abbiano ammesso proprio ora che Lexa deve partire e che Clarke sta vivendo questo periodo particolare. Entrambe hanno bisogno di un punto fisso, di un mattoncino e questa confessione lo è.
Per quanto riguarda Madi, anche lei sta piano piano prendendo consapevolezza di sé, delle sue capacità e del suo valore. Solo qualche capitolo fa, con Charlotte sarebbe finita alle mani, il fatto che abbia deciso di rispondere giocando testimonia i passi enormi che sta facendo. 
Grazie mille per leggere e a chi recensisce. Purtroppo da oggi in poi non so con quanta frequenza potrò aggiornare, ma non vi preoccupate, questa storia avrà una fine.
Al prossimo capitolo. 
   
 
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