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Autore: Severa Crouch    24/06/2022    3 recensioni
Questa storia nasce dall’iniziativa #caffésospeso del gruppo Facebook “L’angolo di Madama Rosmerta” e "Questa storia è candidata agli Oscar della Penna 2023 indetti sul forum Ferisce la penna".
Un giro. Due giri. Tre giri.
Il tempo si avvolge su sé stesso e la realtà scompare.
Orion apre gli occhi e si ritrova a Hogwarts. Al posto del campo di Quidditch c’è un labirinto.
Sorride.
È nel posto giusto.
Alastor Moody zoppica in direzione di Potter. Orion socchiude gli occhi e nota quanto sia concentrato su Potter al punto da non vedere altro al di fuori del ragazzo. Punta la bacchetta, mormora uno Stupeficium e mentre il corpo di Moody si accascia al suolo sussurra un: “Scusami, papà!”
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bartemius Crouch junior, Nuova generazione di streghe e maghi, Nuovo personaggio, Rodolphus Lestrange
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Nuova generazione
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Presente e passato

Orion Regulus Crouch

 


Un giro. Due giri. Tre giri. 

Il tempo si avvolge su sé stesso e la realtà scompare. 

Orion apre gli occhi e si ritrova a Hogwarts. Al posto del campo di Quidditch c’è un labirinto. 

Sorride. 

È nel posto giusto.

Alastor Moody zoppica in direzione di Potter. Orion socchiude gli occhi e nota quanto sia concentrato su Potter al punto da non vedere altro al di fuori del ragazzo. Punta la bacchetta, mormora uno Stupeficium e mentre il corpo di Moody si accascia al suolo sussurra un: “Scusami, papà!”

Fa levitare il corpo di Barty fino ai confini di Hogwarts, lo ricopre con il Mantello dell’Invisibilità che ha trovato in casa Crouch e quando sono fuori dalla scuola si Smaterializza fino a casa.

Se ha fatto bene i conti, la mamma sta partorendo, il nonno è morto e la casa è vuota. Il cancello riconosce un Crouch e si apre senza opporre alcuna resistenza. Il caos che lo attende oltre la porta lo lascia senza parole. La casa è completamente diversa da quella che ricordava da bambino e da quella in cui è tornato ad abitare da quando ha iniziato a lavorare all’Ufficio Misteri. Lo sa che non dovrebbe giocare nella Sala del Tempo, ma è più forte di lui. Ci sono domande che premono per ricevere una risposta da quando era solo un bambino. 

Sistema Barty sul divano e lo sguardo corre al caminetto dove la foto di lui, la mamma e il papà sul divano non è stata ancora posata. L’unico ricordo che Orion ha di suo padre non è stato ancora realizzato. Forse, però, avrà altri ricordi.

L’effetto della Polisucco sta terminando e Orion osserva il suo ostaggio cambiare aspetto: il corpo si rimpicciolisce, i capelli si accorciano, cambiano colore il rossastro di Moody cede il posto al suo stesso color paglia, il viso si affina, il naso ricresce, l’occhio magico rotola a terra, la gamba di legno si stacca, rimpiazzata da una gamba vera.

La prima cosa che Orion nota è che suo padre è la sua versione malmessa, tanta è la somiglianza. 

“Papà!” esclama non appena lo vede muoversi. Barty apre gli occhi interdetto e domanda intontito: “Non sei un po’ troppo grande per essere mio figlio?”

“Sto nascendo in questo momento al San Mungo, la mamma è lì, ma volevo conoscerti, vederti almeno una volta.”

“Una volta? Vuoi dire che non sopravvivo?”

“Stavi andando a prendere Potter, ma la Polisucco avrebbe terminato il suo effetto e tu saresti tornato al tuo aspetto perché hai finito le scorte. Il ministro Fudge sarebbe venuto a interrogarti portandosi dietro un Dissennatore.”

“Dissennato…” mormora rabbrividendo. “Ma dimmi, il piano è riuscito?”

Orion annuisce, sorride nel vedere la gioia sul volto di suo padre. “Devo andare dal mio Signore!” esclama.

“No, papà, devi andare al San Mungo dalla mamma! Devi vedermi appena nato!” protesta. Lo sguardo che gli restituisce Barty, però, è freddo e la voce lo ferisce: “Non mi sono liberato di un padre per finire a dover rendere conto delle mie scelte a un figlio. Alex aspetterà.” Orion lo osserva fare un giro su sé stesso e Smaterializzarsi. Una morsa allo stomaco gli dà un brutto presentimento, ma spera di sbagliarsi.



 

Un giro. Due giri. Tre giri. 

Il tempo si avvolge su sé stesso e la realtà scompare. 

Orion apre gli occhi, è sempre nella stessa casa. Sente un sottofondo di passetti e la sua voce allegra chiamare: “Mamma!”

“Arrivo, amore!”

Sorride mentre indossa il Mantello dell’Invisibilità per non interferire con il tempo. Guarda la versione piccola di sé stesso che corre verso il salone con in mano qualcosa. A metà tragitto spunta la mamma. Aveva dimenticato quanto fosse bella da giovane. Indossa uno dei suoi completi da ministeriale, anche se sembra più un’uniforme nera che un completo. Deve aver fatto carriera anche nel mondo dominato da Lord Voldemort.

“Dici che a papà piacerà?” domanda il piccolo Orion. I capelli sono pettinati con la riga di lato e indossa un completo da mago nero. Sembra un soldatino.

“Oh, ma è un Demiguise?” domanda la mamma mentre si avvicina per osservare meglio quello che deve essere un suo disegno. “Sì, ci sono io, tu, Dedé e il papà.”

“E questa figura nera cos’è?”

“Il Signore Oscuro, mamma! Vedi che è sempre vicino a papà?” esclama orgoglioso mostrando il disegno. La mamma annuisce convinta. Orion sorride nel sentire quei discorsi, alza lo sguardo e porta gli occhi in giro per la casa. La prima cosa che nota è quanto l’ambiente sembri più cupo. Le tende chiare non ci sono più, hanno lasciato il posto a pesanti drappi di velluto verde scuro, i mobili chiari sono diventati in mogano e sopra il camino ci sono una serie di riconoscimenti militari. Alle parteti sono appese locandine e vessilli con il Marchio Nero.

La porta si apre e Orion vede suo padre rientrare a casa e lanciare il mantello contro l’appendiabiti. Orion indietreggia appena in tempo prima di essere colpito da un lembo di stoffa. Non ha nessuna intenzione di farsi scoprire. 

“Papà!” esclama il piccolo Orion. Quello è il momento a cui ha sempre sognato di assistere. “Ehi! Piccolo!” esclama Barty passandogli una mano tra i capelli.

“Ho fatto un disegno!” esclama allegro porgendo il foglio colorato al padre che lo osserva con sufficienza e poi gli domanda: “Ti sei esercitato con la magia?”

Il bambino annuisce con l’espressione che Orion aveva ogni volta che cercava di nascondere la voglia di piangere. Adesso comprende perché la mamma se ne accorgeva ogni volta. “Bene, perché i figli di Mulciber hanno già manifestato magia spontanea e noi non vogliamo essere da meno, vero?”

Il piccolo Orion sembra spaventato dal papà, scuote la testa con vigore, mentre la mamma gli accarezza la spalla e dice a Barty: “Orion è molto bravo, Rodolphus dice che è un bambino talentuoso.”

“Mi sembra il minimo, è nostro figlio, io voglio che sia fenomenale!”

“Lo è,” cerca di difenderlo la mamma che gli domanda: “Qual è il problema? Perché ti comporti così con Orion?” 

“Come mi starei comportando?”

“Come tuo padre. Non lo vedi che vuole solo un po’ della tua approvazione? Ha tre anni, per Salazar!”

Barty sospira, prende per mano il figlio e Orion, sotto il Mantello dell’Invisibilità, si domanda come deve essere sentire quella mano nella propria. Sposta lo sguardo sulla mamma e vede la preoccupazione che prova. Fa un giro per casa. Cerca la sua stanza e quasi si sente soffocare in quell’ambiente opprimente. Non c’è il Demiguise disegnato dalla mamma che corre per la stanza né i mobili chiari che ricorda, ma è tutto verde scuro. I giochi sono pochi, relegati in un baule ai piedi del letto. 

Non è poi così sicuro che il piccolo Orion sia più felice di quanto lo sia stato lui. Torna in salone, sul tappeto Barty e il figlio giocano alla lotta. Orion ride, Barty gli fa il solletico sul pancino. Forse sì, dopo tutto. Si sente addosso la stessa preoccupazione della mamma.


Un giro. Due giri. Tre giri. 

Il tempo si avvolge su sé stesso e la realtà scompare. 

Orion è andato più avanti nel tempo. Il mondo è ancora più cupo. Si trova nel castello dei Lestrange, la casa in cui è cresciuto, e si domanda cosa sia accaduto al piccolo Orion in quegli anni. Se ha fatto bene i calcoli, ha appena compiuto undici anni.

“Guarda, Rod!” esclama entusiasta mostrandogli la bacchetta.

Sotto il Mantello dell’Invisibilità, Orion sorride nel vedere Rodolphus che si avvicina incuriosito per esaminare la bacchetta. Se chiude gli occhi, ricorda ancora lo sguardo orgoglioso che aveva quando lo ha accompagnato da Ollivander. 

“Corda di cuore di Drago in un corpo di vite, è una gran bella bacchetta, Orion! Finalmente potrai iniziare il tuo addestramento!” esclama allegro prima di alzare lo sguardo e illuminarsi nel guardare la mamma che prende posto sul divano accanto a Orion. 

“Allora, racconta, sono curioso. Com’è stato entrare nel negozio di Ollivander?”

“Sono andato con papà,” risponde Orion mentre non riesce a distogliere l’attenzione dalla bacchetta.

“Faccio servire il tè?” domanda Rodolphus.

“Non preoccuparti, ci penso io,” lo rassicura la mamma che con il suo gesto di bacchetta fa comparire il suo servizio da tè preferito, quello che Orion ha rischiato di rompere un’infinità di volte, e persino dei pasticcini.

“Papà sperava che mi scegliesse una bacchetta di noce, dice che la vite è imprevedibile.”

“Il legno di vite sceglie maghi profondi e talentuosi. Credo che tu prometta molto bene! Vuoi provare a usarla?” gli domanda. “Hai già fatto qualche incantesimo con il papà?”

Orion scuote la testa. “No, è stato richiamato dal Signore Oscuro.”

Lo sguardo che Rodolphus e Alexandra si scambiano per un istante sembra avere un sottotesto di dolore e insofferenza che entrambi scacciano prontamente. “Lo sai che il papà è molto impegnato. Per fortuna c’è la mamma, scommetto che lei ti ha insegnato qualche incantesimo.”

“Solo a far levitare una piuma…” ammette annoiato. 

Rodolphus sorride. “Dopo tutto è il primo incantesimo che insegnano a Hogwarts… Lo sai che la mamma è precisa!”

Sotto il Mantello dell’Invisibilità, Orion inizia ad ambientarsi e nota che anche il castello dei Lestrange è più cupo. Realizza che in quel mondo non esistono Roland, Roddie e Rabastan. Si domanda se Sybil esista e se, senza la latitanza in Francia, loro due si siano mai conosciuti. Nota il modo in cui Rodolphus lo mette a suo agio, proprio come ha sempre fatto e sembra che sia il suo precettore, o qualcosa del genere. Gli sembra strano che un Mangiamorte come lui sia stato declassato a occuparsi di un bambino. 

Cosa è accaduto?

La mamma e Rodolphus sembrano essere amici, parlano del percorso da mago di Orion e quando lui si allontana per andare a giocare, cala un silenzio imbarazzato che colmano parlando di politica e di programmi per l’estate. “Lo sai che Bellatrix non vuole andare da nessuna parte,” le dice Rodolphus. “Se tu e Orion volete venire qui, possiamo andare in spiaggia.”

“Allora, organizzerò uno dei miei pic-nic,” commenta la mamma e Orion quasi si emoziona al pensiero che i pic-nic sulla spiaggia della mamma esistano anche in quell’universo. 

“Ed io ti prometto che doserò meglio il vino,” esclama Rodolphus con una mano sul cuore per sottolineare l’impegno preso. La mamma scoppia a ridere: “Molto bene, perché l’ultima volta eravamo completamente ubriachi!”

Rodolphus si stringe nelle spalle: “Non ci è rimasto molto altro da fare, dopo tutto!”

“Beh, non è appropriato che una signora si riduca in quelle condizioni.”

“Stavi benissimo, e per un po’ sei stata felice,” le dice Rodolphus. Il rumore della Materializzazione lo fa alzare di scatto e andare verso la finestra, la mamma porta lo sguardo sulla tazza di tè, mentre Bellatrix e Barty entrano nel salone con le loro uniformi sporche di fango. La tensione che si respira nell’aria non è tale da non far alzare il sopracciglio della mamma alla vista delle impronte sui tappeti. Quasi gli sembra di sentire le sue urla che, in un altro universo, hanno animato quelle mura.

“Oh, ma guarda, sembrano una famigliola felice!” esclama Bellatrix.

“Forse dovrei proporre a Rodolphus uno scambio di moglie,” ghigna Barty. 

“E il marmocchio se lo accolla lui?” domanda Bellatrix, mentre la mamma sembra pietrificata. 

“Non mi pare che tu voglia fare la mamma,” la provoca Barty. “Ma l’idea ti piacerebbe?”

La mamma è indignata, si alza dal divano, prende il piccolo Orion per mano e si Smaterializza offesa. 

“Salazar, quanto è permalosa…” commenta Bellatrix annoiata.

Orion torna a casa, vuole sapere come sta la mamma e la lite che scoppia poco dopo gli dà la misura di quanto siano tesi i rapporti tra i suoi genitori. La sua versione di undici anni è chiusa in camera e se potesse rivelarsi a lui gli insegnerebbe a insonorizzare la stanza.

“Mi dici cosa ti è preso?” urla Barty sbattendo la porta.

“Tu non mi scambi come una figurina delle Cioccorane!” urla la mamma in risposta. “Vuoi Bellatrix? Prego! Va’ pure con lei! Ammesso che Lui te lo lasci fare!”

“Non sai di cosa parli.”

“Io non so di cosa parlo? Credi che non mi arrivino le voci? Credi che io e Rodolphus non sappiamo niente?”

“Tu e Rodolphus? Vogliamo proprio parlare di voi due che giocate ai genitori amorevoli?” Barty non si lascia sfuggire l’occasione per spostare il piano della conversazione su un terreno in cui pensa di essere in vantaggio.

“Oh, no!” esclama la mamma, “Non provarci nemmeno! Non è successo niente e tu lo sai! Sai benissimo che il mio comportamento è impeccabile!”

“Questo non vuol dire che non si veda il modo in cui vi guardate.” 

Orion deve dare ragione a suo padre, che la mamma e Rod siano innamorati, lo capirebbe chiunque. 

“Sai cosa ha detto Dolohov a me e Bellatrix dopo l’ultima riunione? Ha detto: fateli scopare, quei due! Ti rendi conto?” Si avvicina a lei e Orion vede il modo in cui la mamma chiude gli occhi. “Ah, ma io lo so quanto ti piacerebbe Lestrange…” Le sfiora le braccia mentre le sussurra all’orecchio, “Un mago tradizionalista, amante della famiglia, il padre perfetto per Orion, con cui prendere il tè o fare quegli stupidi pic-nic che piacciono solo a voi due.”

“Tu sei il padre di Orion! E saresti perfetto se non ti fossi trasformato nella copia di tuo padre!” ribatte.

“E tu stai diventando frigida e insopportabile come tua madre!”

La mano di Alexandra rimane sospesa a mezz’aria nel tentativo di tirargli uno schiaffo. Barty le ha afferrato il polso e ghigna nel vederla in lacrime. “Orion ha bisogno di affetto e di un modello di riferimento,” ribatte lei.

“Sono io il suo modello di riferimento! Non pensare minimamente di sostituirmi con Lestrange, Alex, non te lo permetterò!”

“Tu sei suo padre, ma se ti comporti così, Orion deve sapere che ci sono altri modi per essere Purosangue.”

“Mi fai schifo, cerchi di nascondere la tua cotta dietro Orion. Vattene da casa mia!”

Alexandra impallidisce. “Cosa?”

“Mi hai sentito. Fuori da questa casa. Scordati di vedere Orion.”

“Ma cosa dici, Barty? Ma io sono tua moglie, ti sono fedele, non ho fatto niente di male. Non puoi cacciarmi di casa.”

“Non posso?” Barty tira fuori la bacchetta e Orion vorrebbe intervenire. La mamma, però, non è così sciocca da non comprendere le intenzioni del marito, così, afferra il mantello ed esce in lacrime. In cima alle scale, il piccolo Orion ha assistito alla scena con la bacchetta stretta tra le mani. 

“Dove va la mamma?” domanda spaventato.

“Via.”

Orion vorrebbe seguire la mamma, accertarsi che stia bene, ma la preoccupazione per la sorte di quel bambino gli impedisce di allontanarsi. Sa che la mamma capirebbe e approverebbe quella scelta. In quel momento, Barty è così arrabbiato che potrebbe fare qualsiasi cosa. Intima al figlio di andare a dormire e il piccolo Orion ha il buon senso di obbedire.



 

Un giro. Due giri. Tre giri. 

Il tempo si avvolge su sé stesso e la realtà scompare. 

Orion si ritrova in una delle riunioni dei Mangiamorte. Il bambino è cresciuto, ha compiuto sedici anni. Barty lo spinge per le spalle al cospetto del Signore Oscuro, mentre la mamma si stringe nelle spalle ed è più pallida e triste del solito. Non sembra che i suoi genitori si siano riappacificati.

È la sua iniziazione. 

Osserva il giovane Orion sollevare la manica e mostrare il braccio immacolato, quasi gli sembra di sentire il dolore della maledizione, ma lo sguardo che padre e figlio si scambiano, il bisogno di approvazione del ragazzo e il modo in cui Barty gli stringe la spalla e annuisce orgoglioso gli dà la sensazione che i rapporti con suo padre siano migliorati nel corso degli anni. Osserva il modo discreto in cui poi si avvicina alla mamma che gli rivolge uno dei suoi sorrisi tristi. I due si abbracciano e la mamma gli sussurra: “Ti voglio bene, Orion.”

Rodolphus è in un angolo che aspetta il suo turno di congratularsi. Si scambiano una pacca sulla spalla un abbraccio. Orion osserva il modo in cui, anche in quella occasione, Rodolphus non perda occasione di rassicurarlo. “Sei all’altezza del compito,” gli dice, “sai che puoi contare sempre su di me.”

“Grazie, Rod, di tutto, ma da domani andrò in missione con papà.”

“Buona fortuna. La mia porta è sempre aperta. Non dimenticarlo. Ci sono sempre, per qualsiasi cosa.”

La mamma è in lontananza e ad Orion, sotto il Mantello dell’Invisibilità, si spezza il cuore nell'osservarne la tristezza. Sembra che qualcosa le abbia scavato dentro e Orion sa che è la sua assenza, lo sente nelle ossa. Riconosce l’ostinazione con cui non si avvicina a Rodolphus anche se lo vorrebbe con tutta sé stessa. 

Orion vorrebbe solo abbracciare la mamma e dirle di andare da Rodolphus, che sono fatti per stare insieme e che c’è un mondo in cui loro due sono felici e gli hanno dato dei fratelli. In quel mondo, invece, Orion è solo, circondato da altri figli unici, tenuto sotto tiro da Bellatrix, senza nemmeno la compagnia irriverente di Delphini. 

Il desiderio di suo padre gli costa tutto il resto. Orion soppesa l’uomo che lo ha messo al mondo, valuta i pregi, come il talento da mago, la scaltrezza, l’ambizione e quel fuoco indomito che arde dentro, la sua stessa passione per il sapere. Poi, valuta i difetti, come la poca compassione, la durezza verso la mamma, la competizione con Bellatrix, la diffidenza verso il mondo intero. 

Osserva se stesso e si trova debole, insicuro, bramoso di conferme, ma soprattutto solo. Non si piace, non riesce ad accettare che quello sia il prezzo da pagare per riavere suo padre.


Un giro. Due giri. Tre giri. 

Il tempo si avvolge su sé stesso e la realtà scompare.

È questione di un attimo. Si apposta dietro sé stesso e lancia uno Schiantesimo prima che l’Orion di qualche giorno prima Schianti Barty cambiando la storia. Barty va verso Harry, lo raggiunge e lo porta con sé. L’Orion steso per terra scompare, la linea temporale è stata ripristinata.


Un giro. Due giri. Tre giri. 

Il tempo si avvolge su sé stesso e la realtà scompare.

Orion torna al presente e la prima cosa che fa è correre alla ricerca di Roland e dei suoi fratelli. Arriva trafelato al castello, il cuore gli batte forte e la gola si secca quando incontra sua mamma nell’atrio.

“Orion!”

Un sorriso gli affiora sul volto nel ritrovare la mamma che ha conosciuto. “Mamma!” Si affretta ad abbracciarla.

“Devo preoccuparmi?” 

Orion la stringe a sé e sente il corpo esile della mamma. È felice, al sicuro, ignara dell’orribile alternativa che la vita le avrebbe riservato. “No, mamma, sono venuto a trovarvi, voglio vedere Roland e Roddie.”

“Roddie? Ma è successo qualcosa? Orion, mi sto preoccupando!” esclama, fin troppo cosciente di quanto lui e Roddie non siano mai andati troppo d’accordo per quella gelosia reciproca che li vedeva a rivendicare le attenzioni della mamma.

“No, mamma, voglio vedere i miei fratelli.”

“Preparo il tè?” 

“Andiamo in spiaggia?” le domanda, “mi mancano i tuoi picnic!”

La mamma alza un sopracciglio, scettica, ma decide di assecondarlo. Rodolphus compare nell’atrio, è felice di vederlo. C’è sempre stato, Rodolphus, è sempre stato il suo mentore e la sua guida, molto più di quanto potrebbe esserlo stato suo padre. Orion ne è consapevole in modo assoluto.

“Cos’è quello sguardo, Orion, è successo qualcosa?”

“No. Sono felice di essere a casa,” risponde. “Sono venuto a trovare Roland e Roddie e non fare lo stesso sguardo sorpreso di mamma!”

È così che si ritrova in spiaggia con i suoi fratelli, sui teli che la mamma ha fatto sistemare dagli elfi domestici. Ascolta i racconti di Roland, le sue avventure al confine tra legale e illegale, la sua abilità come mago oscuro, e poi i racconti di Roddie, e le cronache del Ministero della Magia. Sorride nel vedere suo fratello stare vicino alla mamma, stretta tra due generazioni di Rodolphus. 

Orion siede allegro tra Roddie e Roland, gli manca Rabastan, ancora a Hogwarts, e pensa che non vede l’ora che torni a casa per stare anche con lui e sentire i racconti dei romanzi che ha letto. I ricordi della sua infanzia ritornano alla mente, soprattutto il periodo in cui lui e Roland hanno condiviso la camera da letto. Ricorda le sere trascorse a chiacchierare a bassa voce con suo fratello per non farsi ascoltare dalla tata o dagli elfi domestici.

Il ricordo della sua versione solitaria viene relegata a un angolo della sua memoria. Ricorda lo sguardo di Barty, il modo in cui lo lusingava, quella mano sulla spalla che più che una guida era diventata un controllo e un tentativo di indirizzare la vita. Preferisce quel picnic, più di ogni altra cosa, nonostante il vento della Cornovaglia che scompiglia i capelli e le nuvole che tra un po’ si addenseranno e li costringeranno a tornare in casa. 

Al suo fianco, Roddie serve una fetta di torta alla mamma. Orion osserva il loro cerimoniale, il modo impeccabile in cui suo fratello le porge il piattino, il sorriso compiaciuto della mamma, gli occhi di Roddie che si illuminano. 

“Sai, Orion,” gli sussurra Roland, “ho una certa esperienza nelle Arti Oscure e tu hai proprio l’espressione di chi ha rischiato di combinarne una piuttosto grossa.”

Orion gli sorride: “No, sono solo contento di vedervi!”

Roland però non è Roddie, loro due sono molto più simili, si sono piaciuti fin dal primo istante in cui i loro sguardi si sono incrociati. È proprio vero che giocare con il tempo ha effetti irreversibili e che la solitudine di quella sua versione alternativa gli si è incollata addosso e non riesce a scrollarsela. 

Vorrebbe abbracciare quell’Orion, strapparlo dalla presa del padre e portarlo su quella spiaggia con la mamma, Rodolphus, Roland e Roddie e dirgli che non è solo, che la paura di non essere amato, quella differenza di cognome che nella sua adolescenza gli è pesata, non conta nulla. 

“Padron Orion!” La comparsa di Winky lo riporta al presente. “La padrona ha iniziato il travaglio!” La mamma sobbalza e fa sparire tutto il picnic.

Pochi istanti dopo, si ritrovano tutti a casa Crouch. Dal piano di sopra, i lamenti di Sybil giungono tra le parole della Guaritrice. La mamma corre da Sybil, mentre Rodolphus gli sta accanto, come sempre. 

Orion si guarda intorno e le pareti scure hanno lasciato il posto a quelle chiare, più familiari. La leggerezza che respira in quella casa è tutto merito della mamma e della sua ostinazione, della determinazione a rompere la maledizione che circondava il nome dei Crouch e rendere Orion la versione felice di Barty. Per anni Orion si è chiesto se ci sarebbe riuscita anche con il papà, se loro sarebbero diventati una famiglia felice, ma la risposta a quella domanda gli è costata cara, lo sguardo scettico di Barty gli si è incollato alla pelle e continua a sentirlo addosso, come se fosse ancora lì, tra quelle pareti.

“Sei emozionato?” 

La voce di Rodolphus lo riporta con i piedi per terra. Orion non riesce a raccontargli quanto ha visto in quei pochi giorni di immersione nella Sala del Tempo. Si limita ad annuire e nascondere l’angoscia che inizia ad assalirlo, terrorizzato dal pensiero di perdere tutto.

“Sarai un buon padre,” gli dice Rodolphus mettendogli una mano sulla spalla. È lo stesso gesto di Barty, ma Orion ne sente le differenze: c’è fiducia in lui, non quel tentativo di guidarne il percorso; c’è stima non quel continuo essere messo in dubbio. Così, si volta verso Rodolphus, osserva la barba ingrigita, le rughe che hanno iniziato a comparire sul volto preservato dalle pozioni della mamma, quegli occhi neri che non lo hanno perso di vista, nemmeno nell’universo in cui era solo, che gli hanno sempre lasciato la porta di casa aperta. 

“Ho avuto un buon esempio,” gli dice, osservando il modo in cui Rodolphus cerca di nascondere la commozione.

“Padron Orion, è un maschietto,” riferisce una Winky affaticata. Orion si scambia un sorriso con Rodolphus che gli dà un’altra pacca lo incita: “Vai, noi ti raggiungiamo dopo.”

La stanza di Sybil è un caos di lenzuola, la Guaritrice impartisce ordini, Winky cerca di obbedire inciampando tra asciugamani e lenzuola intrise di sangue e placenta. La mamma, Lizzie e Sybil sono intorno a un fagottino. Quando i loro sguardi si incontrano, Orion si sente vacillare. 

L’altro universo scompare dalla sua mente, è come se l’Orion solo avesse trovato il suo posto e il suo senso. La figura severa di Barty finisce in un angolo remoto della sua mente e Orion si sente pieno di amore mentre guarda il suo bambino.

“Dobbiamo scegliere come chiamarlo,” sussurra Sybil.

La mamma lo guarda attenta, ha paura del nome che Orion potrebbe pronunciare, ma adesso è sicuro della sua scelta. 

“Ezra, no?” propone ripensando a suo suocero, Ezra Travers. Osserva gli occhi socchiusi del figlio, il naso perfetto, le labbra ben disegnate e sente che la sua prima scelta da padre è quella di proteggere quel bambino dall’oscurità legata al nome dei Crouch. Bartemius è un nome che non risuonerà più tra quelle mura.

Il sollievo sul volto della mamma è palpabile e Orion sa che quello è il suo ultimo tentativo di scacciare l’oscurità dalle pareti di quella casa, è come un passaggio di testimone. Orion, però, è pronto. Sfiora le labbra di Sybil con un bacio leggero, mentre sua suocera Lizzie lo ringrazia commossa. 

Non è solo. 

Una voce, nella sua mente, però gli sussurra incessantemente: cosa direbbe papà se solo vedesse tutto ciò?



 

Non sempre ricordiamo gli atti che non ci fanno onore. Li giustifichiamo, li ammantiamo di bugie o li seppelliamo sotto il pesante coperchio della rimozione.

("American Gods", N. Gaiman)

   
 
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