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Autore: Iaiasdream    25/06/2022    0 recensioni
Vincenzo Gargano, ricco novantenne proprietario terriero, muore lasciando tutti i suoi averi al figlio Diomede e ai due nipoti Stefano e Carmine, a patto che a scadenza di un anno dalla sua morte, uno dei due prenda moglie.
Per non rischiare di perdere tutto, poiché Stefano dieci anni addietro tagliò i ponti con l'intera famiglia, Diomede cerca di affrettare i tempi accettando la proposta di sua cugina Rita Ferrara, facendo sposare Carmine con la procugina Marella.
Il giovane, però, è contrario, poiché innamorato di Arianna, figlia adottiva del cugino di suo padre, da tutti chiamata Aria.
Carmine sembra propenso a non voler piegarsi a quel obbligo e decide con la sua amata di scappare insieme, ma il destino sembra essergli avverso e proprio il giorno previsto per il matrimonio, degli imprevisti inaspettati cambieranno i loro progetti.
A complicare la situazione è anche il ritorno di Stefano, il quale porta con sé un segreto che riguarda Arianna e che insieme dovranno scoprire poiché prima di morire, Vincenzo era propenso a rivelare qualcosa di sconvolgente.
Tra misteri, intrighi e passioni, non mancherà il forte sentimento che travolgerà i due giovani.
Tutti i diritti sono riservati
Genere: Erotico, Mistero, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest
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Capitolo 8
 
Ciò che era accaduto con Marella aveva scombussolato l’animo di Carmine e non perché era stato baciato da lei e lui non l’aveva rifiutata, si sentiva strano a causa dell’atteggiamento e delle parole della ragazza.
Che cosa l’era successo?
Quando la lasciò sul letto che ormai sembrava essersi calmata, rimase accanto a lei fino a che lo scoppio dei fuochi d’artificio lo riportò alla realtà facendogli ricordare di Aria e della loro “fuga”. Si assicurò che Marella stesse dormendo quieta e uscì. Per il corridoio incontrò Rita e Mina che sembravano essere state morse da una tarantola. Si avviò verso di loro con l’intento di sorpassarle senza dire nulla e permetterle di raggiungere la loro parente, ma proprio mentre si trovava alle loro spalle, Rita lo chiamò con voce stridula, di chi ha paura di qualcosa, e gli chiese che cosa gli avesse detto sua figlia.
Carmine colse subito lo strano atteggiamento e titubante ribatté chiedendo che cosa avrebbe dovuto dirgli, poi aggiunse voltandosi lentamente a guardarla: «È evidente che questo matrimonio l’abbia messa in agitazione. Conosciamo tutti l’emotività di Marella.»
Rita sospirò, scrollò le spalle e allargò le labbra carnose in un sorriso vittorioso. Incrociò le braccia al petto e disse: «In effetti hai ragione. Vado da lei, tra mezz’ora ci sarà la cerimonia e voi sposi non siete ancora pronti. Ti lascio andare a preparare».
Carmine la fissò, aveva sulla punta della lingua ciò che avrebbe dovuto dirle, ma pensò bene di tacere, voltarsi e andarsene per la sua strada.
Non ci sarebbe stato nessun matrimonio. Aria lo stava aspettando e l’unica cosa che si prefissò in quell’istante fu correre nelle scuderie e scappare via, coronando così il suo vero sogno d’amore.
Quando giunse all’aperto dove la festa stava aspettando, proseguì in modo discreto per non attirare l’attenzione dei presenti, si recò davanti alle scuderie e aprì. Al rumore che provocò il portone di ferro, i cavalli alzarono in sincronia la testa volgendola verso l’entrata.
Non c’era nessuno.
Entrò.
Si guardò intorno, magari Aria si era nascosta, forse nel box della sua Tempesta, ma nulla, mancava persino la giumenta.
Provò a chiamarla e, oltre al suo leggero eco, non udì altra voce.
Non era presto, si erano dati appuntamento alle venti ed ormai erano le venti e trenta. Le valige erano al posto dove le aveva nascoste e sembrava che nessuno le avesse toccate.
Allora dov’era?
Decise quindi di telefonarle, ma scattò la segreteria.
Non passò troppo tempo, che il giovane iniziò a sentirsi l’ansia addosso appaiata da un brutto pensiero che lo fece lottare per non fargli prendere il primo posto nella sua mente.
Gli mancò l’aria, allora uscì e principiò a guardarsi intorno ancora una volta, ma di Aria nemmeno l’ombra.
L’unica cosa da fare era chiedere a qualcuno se l’avesse vista, anche se sembrava una scelta un po’ troppo azzardata giacché a quell’ora doveva trovarsi davanti all’altarino ad aspettare la sua futura moglie; cercò comunque di non pensare al peggio. Le prime persone che vide furono i gemelli i quali sembravano intenti a bisticciare sui fuochi d’artificio: Enea incolpava Paride dello scoppio anticipato e, quando si videro venire avanti il giovane, si zittirono aspettandosi una sfuriata da parte dello sposo, giacché l’aria che aveva in volto preavvisava la tempesta.
«Ragazzi… - esordì Carmine appoggiando una mano sulla spalla di un Paride altamente spaventato – per caso avete visto Arianna?»
«Sì!», fu Enea a rispondere lasciando che suo fratello sospirasse di sollievo, attirando l’attenzione del procugino su di sé.
«E dove?»
«L’abbiamo vista uscire un quarto d’ora fa dalle scuderie, sembrava agitata. Ed è corsa via con Tempesta.»
«Corsa via…» ripeté Carmine scrollando le spalle e lasciando che le braccia cadessero ciondoloni lungo i fianchi «Perché?» sibilò. I gemelli non sentirono quell’ultima domanda e parlarono tra di loro esternando le loro opinioni, una delle quali diede conferma a Carmine che quel brutto pensiero stava diventando qualcosa di ovvio.
«Sicuramente avrà voluto non assistere alla cerimonia. In fondo, non prendertela Ca’, ma non penso che ad Aria freghi qualcosa del vostro matrimonio» disse Enea accennando un sorriso di circostanza.
«Già – aggiunse Paride che aveva lo stesso identico tono di voce del fratello – avrà pensato bene di approfittare della situazione per prendersi la serata libera.»
Carmine non sentì altro, perché stringendo i pugni, si era allontanato dai due fratelli e si era incamminato verso l’entrata di casa sua.
Un turbinio di pensieri si fece strada nella sua mente.
Era ovvio, ormai, che quella ragazza non aveva mai avuto intenzione di scappare con lui; era ovvio che fin dall’inizio per lei la loro relazione era stata solo qualcosa di passeggero, magari perché nessuno l’amava e per non sentirsi sola; era ovvio che lei non lo aveva amato veramente.
Carmine si sentiva uno stupido, possibile che in tre anni di relazione non l’avesse mai capito? Ora si spiegava il motivo per il quale tutti gli altri la odiavano: loro avevano visto ciò che lui si era prefissato di non vedere. E ormai era ovvio che doveva farla finita.
Entrando nella sua camera, si spogliò, si recò in bagno e si infilò sotto la doccia permettendo all’acqua di sovrastarlo.
Un altro pensiero gli balenò per la mente: Marella aveva agito così perché forse lo amava veramente; la donna che invece amava lui era scappata via. Marella era l’unica che meritava di essere protetta e lui l’avrebbe fatto, perciò l’unica soluzione era quella di sposarsi e mandare a fanculo tutto.
L’odio si era insinuato nel suo cuore, sapeva però che quello non gliel’avrebbe fatta dimenticare.
 
***
 
Quando arrivò alla piccola cascata, scese dal dorso di Tempesta. Anche se il lavoro più faticoso lo aveva fatto la giumenta, Aria si ritrovò ad ansimare come se avesse fatto una corsa infinita. Si sedette su una roccia per poi stendersi sull’erba fresca. Aprì le braccia e guardò il cielo. Il petto si alzava e si abbassava velocemente, il fiato non accennava a quietarsi e gli occhi non volevano cancellare l’immagine di Stefano. Lentamente si portò le dita della mano alle labbra che sentiva ancora pulsare e quell’odore inconfondibile, fresco, selvaggio, sembrava continuare a penetrarle le nari. Chiuse gli occhi lasciando che quella neonata emozione la travolgesse e immaginò per la prima volta le mani del giovane uomo su di lei, sui suoi fianchi, sul suo seno. Un gemito le scappò di bocca e riaprì gli occhi ritrovandosi a guardare il cielo stellato.
Perché quei pensieri, che cosa le stava succedendo? Lei amava Carmine!
Carmine.
Si mise a sedere di scatto.
Come aveva potuto dimenticarsi del suo amato?
Che cosa diavolo aveva combinato, perché era scappata in quella maniera?
Avrebbe dovuto respingere Stefano e aspettare l’arrivo di Carmine, perché lui doveva esserci andato all’appuntamento e sicuramente la stava aspettando.
Si alzò, non curandosi di Tempesta, iniziò a correre verso il casale e, mentre correva, pensò a come avrebbe cancellato dalla mente quell’increscioso equivoco. Quando giunse davanti ai cipressi si appoggiò al tronco intenta a riprendere fiato e quando si accinse a incamminarsi verso le scuderie, un fragoroso battito di mani catturò la sua attenzione. Si volse verso la quercia dov’era esposto l’altarino e vide quello che mai si sarebbe aspettata di vedere.
Carmine era lì, vestito di tutto punto, che baciava timidamente Marella vestita con un semplice abito da sposa bianco.
Erano lontani da dove si trovava lei, ma riuscì comunque a sentire le voci che gridavano: “Evviva gli sposi!”
Il ciottolato sotto ai suoi piedi sembrò dilatarsi in una voragine e risucchiarla al suo interno. Si sentì perdere l’equilibrio sulle gambe e si andò ad appoggiare al tronco per non rovinare a terra.
Come poteva essere accaduta una cosa del genere?
Perché Carmine si era sposato e non l’aveva aspettata? Che stesse sognando?
No, era troppo reale per essere un sogno.
Volle piangere ma non riuscì a farlo, così chiuse gli occhi e strinse un pugno al petto in reazione alla fitta che si era fatta strada nel suo cuore.
Poi d un tratto sentì una presenza alle sue spalle che le chiese: «Delusa?»
La giovane si volse di scatto, spaventata.
Diomede era davanti a lei e se ne stava ritto con le mani infilate nelle tasche dei pantaloni e sul viso aveva stampato uno sguardo che oscillava tra la malizia e la soddisfazione.
«Di cosa?» balbettò la ragazza tentando di non far trapelare il suo malessere, ma l’uomo non se la bevve e schioccando la lingua contro il palato e accorciando la distanza tra di loro continuò: «Andiamo, Arianna. Mi credi così stupido? Siete riusciti a nascondere la vostra tresca a quei quattro idioti dei miei parenti, ma non a me.»
Aria si sentì perdere un palpito e indietreggiò lentamente.
«Che cosa ti aspettavi? Che mio figlio avrebbe scelto una come te? Ne eri proprio convinta?»
A quelle parole la giovane si sentì il cuore batterle violentemente in gola e, il tremolio che la colse alle labbra, le fece intendere che presto avrebbe iniziato a piangere. Non aveva mai avuto un faccia a faccia come quello con il padre dell’uomo che fino a qualche momento fa era suo e sentirsi dire quelle parole così taglienti e offensive, la spinse a voler scappare via, lontano da tutto, ma quando si apprestò a volersi allontanare, Diomede scattò in avanti e le afferrò un polso, tirandola a sé e sbattendola di petto contro il tronco del cipresso. Si posizionò dietro di lei impedendole ogni via di fuga e spinse il busto contro la sua schiena facendole sentire quello che davvero cercava.
«Per Carmine sei solo stato un passatempo, un oggetto con cui sfogarsi.»
Preda allo spavento, Aria tentò di dimenarsi in tutti i modi, cercò anche di urlare, ma l’uomo le aveva tappato la bocca premendo le dita sulle labbra. «Non essere dispiaciuta – le sibilò in un orecchio – potrai sfogarti quanto vuoi con me.» e dopo quelle parole iniziò a baciarle la nuca lasciandone scie viscide e ripugnanti.
La ragazza strinse gli occhi e digrignò i denti al solo pensiero disgustoso che provò in quel preciso istante. E finalmente pianse. Pianse perché nessuno sarebbe andata ad aiutarla, pianse perché Carmine non era più con lei.
Ignorò persino le mani dell’uomo che volevano esplorarla intimamente. Il pensiero di aver perso la persona che amava l’attanagliò. Fu come se si fosse arresa a ciò che sarebbe stato il seguito. Poi però qualcuno arrivò in suo aiuto, fermando l’atto abominevole dell’uomo.
«Che cazzo stai facendo?» esclamò una voce alle loro spalle.
Aria aprì gli occhi e si sentì le labbra e il corpo liberi da quella stretta. Non si volse a guardare chi l’avesse salvata, scivolò sul ciottolato ormai conscia di non avere più controllo sulle gambe, mentre Diomede si girava sospirando nel constatare che era solo Rita. Vide nei suoi occhi un luccichio indescrivibile, si accorse che tremava e di sicuro non si trattava per il freddo.
«Che ci fai qui?» le domandò passandosi una mano tra i capelli per ricomporsi.
«Rispondi alla mia domanda! – ribatté furiosa la donna – che cazzo stavi facendo con quella lì?»
L’uomo decise di non rispondere; aggiustandosi i gemelli sorpassò sua cugina mormorando seccato: «Non sono affari che ti riguardano.»
Non contenta della risposta, Rita lo fermò per un braccio e lo voltò intenta a colpirlo in viso, ma il cugino fu più abile e le bloccò il gesto a mezz’aria, fissandola poi con occhi truci «Non azzardarti mai più» le disse con voce calma ma che celava intenzioni pericolose. «Hai avuto ciò che desideravi, accontentati e non immischiarti mai più nei miei affari, intesi?», poi la lasciò bruscamente e le voltò le spalle per andarsene.
La donna barcollò all’indietro per riprendere equilibrio. Non si era ancora arresa, così gli disse con voce cattiva: «Mi stai invitando a rovinarti l’esistenza?»
Diomede si fermò, ma non si volse.
«Ti avverto, pezzo di merda – aggiunse sua cugina affiancandosi a lui – non azzardarti mai più a trattarmi in questa maniera, se non vuoi che ti rovini. Non dimenticare che ti ho in pugno... affondo io, affondi tu.»
L’uomo girò il capo quel che bastava per poterle scoccare un’occhiata torva, la vide sorridere e cambiare totalmente espressione «Gli sposi stanno aspettando il brindisi con i genitori. Andiamo?», e detto questo, lo lasciò indietro esibendo la sua sensuale camminata.
Suo cugino rimase a guardarla per un po’ sfoggiando un sorriso beffardo di chi ignora la pericolosità della situazione, poi repentinamente le sue labbra si tramutarono in una linea dura e i suoi occhi fiammeggiarono di rabbia. Nonostante questo si incamminò lentamente verso la direzione che aveva preso la donna.
Intanto Arianna era rimasta lì, in ginocchio, sul freddo ciottolato, con le mani strinte a pugno e la testa abbassata.
Piangeva in silenzio e i lievi sussulti delle spalle facevano intendere che stava singhiozzando.
Si sentiva sporca per quello che aveva tentato di farle quell’uomo viscido, disperata, tradita e disprezzata, triste perché consapevole che aveva ormai perso l’amore.

 
   
 
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