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Autore: BibooZeta    27/06/2022    1 recensioni
"Se lui crede che il tempo con te sia sprecato allora perché insistere perché tu vada con lui?" Dani alzò le spalle "non ha senso no? Ryan tiene a te, siete disgustosamente fatti l'uno per l'altra."
"Eppure sta per partire per il college senza di me." Sorrise, mascherando il dolore.
"Si, probabilmente è impazzito e ha bisogno che suo migliore amico gli spieghi un paio di cose riguardo al modo in cui ti sta trattando." Bevve un sorso di birra prima di parlare di nuovo. "Non ci sa fare con le donne, è proprio un coglione"
"Tu invece sai tutto no?" Dani sorrise di nuovo, questa volta l'erba stava facendo effetto, lasciando trapelare sempre meno dolore tra un commento e l'altro "Sciupafemmine..."
“Se, come no.” Trattenne una risata sarcastica “Come se qualcuno volesse uscire con Eddie Lo Svitato Munson.”
“Io uscirei con te.” Eddie si strozzò con la birra che stava bevendo, sputandola davanti a sé, cercando di fermarla inutilmente con la mano davanti alla bocca e Dani rise di gusto.
“Cazzo! Non ridere, scema, non puoi dire cazzate del genere da strafatta.
I primi capitoli sono precedenti alla 4 stagione, poi andranno in pari.
Buona lettura!
Genere: Angst, Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
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Suo zio era uscito per il lavoro da un paio d’ore. Avevano ordinato una pizza, i cartoni ancora appoggiati sulla penisola del cucinino, avevano mangiato facendo della breve e inutile conversazione. Eddie era ancora arrampicato sulla poltrona del salotto mezzo sdraiato, con una gamba a penzoloni dal bracciolo e un quaderno in mano. Stava abbozzando il design delle magliette per il club: un ragazzino a scuola aveva un progetto per il corso di moda per cui doveva produrre le divise di uno dei club scolastici. Eddie sapeva che era altamente improbabile che tra le varie proposte prendesse in considerazione la sua, ma valeva la pena provarci. 

“Non esci?” Suo zio stava prendendo le chiavi, indossava già la tuta di lavoro. 

“Nah, stasera no.” Abbassò gli occhi sul foglio mentre parlava. 

“Prendo il van allora. Comincia a fare fresco per farsela a piedi.”

“Ok.” Annuì senza guardarlo. 

“A domani.” 

“mmh, mmh.” 

Wayne uscì chiudendosi la porta della roulotte alle spalle. Avrebbe dovuto studiare in realtà. Era talmente indietro che non era neanche più divertente provarci sinceramente. Ryan e Dani si sarebbero diplomati quest’anno, sarebbero partiti per il college, New York. Di questo passo le sue opzioni raschiavano il fondo. Il suo curriculum scolastico era un disastro, una lista di F, un paio di D in matematica e educazione fisica, che non l’avrebbero salvato di certo. Sì, era quasi sicuro che avrebbe varcato la soglia della Hawkins High anche l’anno prossimo. 

Questa volta da solo, per la prima volta. Sbuffò pizzicandosi naso all’altezza degli occhi. Aveva cercato di leggere i capitoli di storia americana che la O’Donnells aveva assegnato, ma l’unica cosa che aveva capito era che le sue speranze di passare il compito senza l’aiuto di Dani erano rasenti allo zero. Chissà se sarebbe venuta martedì mattina. L’aveva avvisato nel pomeriggio che domani sarebbe rimasta a casa a badare suo fratello. Il fegato di suo padre era praticamente da buttare, era ancora ricoverato. Sua madre lavorava molto ultimamente, e l’unica in grado di controllare che il mocciosello delle medie non desse fuoco alla casa era lei. Si era offerto di farle compagnia, ma le aveva detto di non preoccuparsi. Non preoccuparmi. Già, è un po’ tardi per quello. Stava passando un momento di merda, Ryan era troppo impegnato a preparare la domanda per l’università per accorgersene, a quanto pare. Dani saltava la scuola spesso, non che fosse una studentessa modello prima, ma di solito erano i due ragazzi a trascinarla lontano dai corridoi ad ogni data occasione. I voti degli ultimi mesi erano stati quasi al livello dei suoi, e questo era un chiaro segno che qualcosa non andava. Eppure, Ryan continuava a far finta di niente. Eddie sbuffò passandosi una mano tra i capelli prima di ammirare lo sketch sul suo quaderno. Nah, senza speranza. Il telefono al muro squillò, e il ragazzo si alzò dalla poltrona, lanciandovi lo scempio che aveva disegnato. Prese la cornetta rispondendo apaticamente.

“Munson…?”

“Eddie, ehi, sono Ryan.” Sembrava spaventato, o meglio preoccupato. Era successo qualcosa, e una brutta sensazione prese a crescere nello stomaco del ragazzo.

“Hey amico, tutto bene?”

“No, Munson, va di merda in effetti.” Immagino Ryan passarsi la mano sul viso dall’altra parte della cornetta. “Senti, Dani è da te? Penso… Penso di averne combinata una delle mie, amico, io…” Lasciò andare un respiro tremolante. “Penso di essermela giocata, amico.”

Eddie si appoggiò al muro accanto al telefono con la spalla, la sensazione nel suo stomaco sempre più presente. Cosa aveva combinato? L’aveva ferita? Non l’avrebbe mai perdonato se le avesse fatto del male.

 

“No, non è qui.” Rispose alla domanda che riteneva più importante. “L’ho sentita nel pomeriggio, doveva venire a cena dai tuoi. Non è da te?”

 

“Lo era, ma… Abbiamo litigato…” Voleva bene a Ryan come se fosse suo fratello, ma Dani era… Dani. E da qualche parte, nella sua testolina bacata, si accese qualcosa che puzzava tremendamente di speranza alle spese della felicità dei suoi migliori amici. “Tu lo sapevi che vuole lasciare la scuola?”
 

“Cosa?!” Eddie sgranò gli occhi.

 

“Esatto! Vuole buttare via la sua vita e iniziare a lavorare qui, a Hawkins, prima delle Vacanze di Primavera! Mi ha detto che non ha intenzione di diplomarsi quest’anno, e che appena trova lavoro rinuncerà al diploma. E’ la cosa più merdosamente egoista che io abbia mai sentito provenire da Dani.”

 

“Hey, dalle tregua, amico.” Eddie prese le difese della ragazza, come sempre. “Suo padre è ricoverato da due settimane, i medici hanno detto che si è letteralmente bevuto il cervello. Sua madre lavora su tre turni. Credo che tu possa capire quanto deve essere difficile per lei.” 

 

“Io non capisco come può farmi questo, amico.” Cosa? “Dovevamo partire assieme per il college, pensavo mi sarebbe stata accanto, sai? E’ davvero una stronza.” 

“Ma hai sentito quello che ti ho detto?” Eddie strinse la mascella. Se ce l’avesse avuto davanti probabilmente gli avrebbe spaccato la faccia contro un muro. “Suo padre sta morendo, amico. Chi cazzo se ne frega della tua stupida carriera da attore.”
 

“Hey, vaffanculo Munson. Scusami se voglio andarmene da questo schifo di posto il prima possibile, mi sembrava di farle un favore a portarla via da qui.”

“Sì, benvenuto nel club.” Rispose con acidità. Eddie si interruppe per un secondo, iniziando a sentire l’assordante assolo di chitarra di Master of Puppets avvicinarsi alla roulotte per poi spegnersi bruscamente assieme al rumore di un motore. “Senti amico, non fare lo stronzo okay? Cerca di starle vicino e di tirare fuori la testa dal culo, altrimenti finirai per farle male sul serio.”

“Io fare male a lei? E’ lei che…” 

“Devo andare.” Riattaccò senza stare ad ascoltare le fesserie dell’amico, per poi aprire la porta prima che Dani potesse bussare. Il cuore gli si strinse nel vedere la ragazza. Gli occhi erano rossi e gonfi, il viso arrossato probabilmente dal pianto. Era distrutta.

 

“Hey…” fece un passo indietro invitandola ad entrare nella roulotte. La ragazza mise piede nel salottino, dove il caos regnava sovrano, come sempre. Ma a Dani non importava, e anzi, lo trovava confortevole. La roulotte dei Munson era come casa sua, lo era sempre stata. Wayne era stato amico di suo padre, un tempo. Erano compagni di scuola, al liceo di Hawkins, e colleghi alla fabbrica, prima che tagliassero metà del personale, costringendo l’altra metà a turni massacranti. Era un uomo burbero, di poche parole, ma voleva bene al nipote, e lo dimostrava a fatti, non parole. Si guardò attorno, e si rese conto che era la prima volta che entrava qui dentro da sola, senza Ryan. Siamo solo io e Eddie. Siamo soli.

Eddie chiuse la porta dietro di lei, improvvisamente cosciente del casino infernale che c’era in giro.

“Uuh… Fammi solo…” iniziò a raccogliere l’immondizia dai ripiani della cucina, raccogliere i vestiti buttati sul divano e sulla poltrona. Tentò di sdrammatizzare “… Scusa, questo posto è una discarica. La cameriera è in vacanza.”

“Non importa,” La sua voce sembrò scottarlo. Era bassa, rauca, come se avesse strillato tanto da rovinarsi la gola. “non sono un ispettore sanitario, Munson.” 

Eddie sorrise mascherando la preoccupazione. “Siediti,” la invitò, prima di prendere una bottiglietta d’acqua dal frigorifero. Ci penso un attimo, osservano il secondo armadietto a destra sopra il lavandino. Sì, sì. Decisamente. Tirò fuori la biscottiera di alluminio dallo sportello per poi aprirla e tirare fuori una canna già fatta su. “Per la gola,” le disse porgendogli la bottiglietta, tenendo l’altra mano nascosta dietro la schiena, fino a quando non ebbe bevuto il primo sorso d’acqua. “E per il resto.” Accese l’estremità con uno zippo raccolto dal tavolinetto da caffè, per poi passarla alla ragazza e sedersi di fianco a lei. Il divano era un due posti molto stretto e leggermente sfondato. Non che volesse dire molto se non che i due erano molto vicini, gambe e braccia praticamente appoggiate l’une alle altre. Rimasero così per un po’, in silenzio, a fumare.  

“Allora, Goodman?” Eddie fu il primo a cercare il suo sguardo, ma non lo trovò. “Dai Dani, parlami. Che succede?”

“Lascio la scuola.” Disse, senza guardarlo, inspirando il fumo e trattenendolo nei polmoni fino a sentire dolore. La sua testa cominciava ad essere più leggera, le sillabe difficili da articolare. “Non mi diplomo quest’anno” Passò la canna ad Eddie che la prese tra l’indice ed il medio.

“Mmh, mmh” Eddie le rispose senza guardarla, concentrandosi sulla canna tra le sue mani “Per i tuoi?”. 

Dani annuì. “Mamma non ce la fa da sola. Gareth è un ragazzino sveglio, si merita di meglio che un futuro di merda in questo schifo di posto.” Scuote la testa guardandosi le scarpe. “Il primario dell’ospedale dice che non crede che papà uscirà dalla terapia intensiva. Il fegato è praticamente andato, e cominciano ad esserci anche segni di degenerazione a livello neurologico.” Inspirò il fumo, il dolore sordo dei suoi polmoni la distraeva dalla crepa della sua voce. “Ieri pomeriggio non, lui…” Eddie sentì il cuore spezzarglisi in petto. Posò una mano sulla spalla. Sono qui, piccola. “Lui non si ricorda di me, Eddie.” Le lacrime le rigarono gli occhi. “Uh-… Non riesce più a parlare. Non riesce più a chiudere la bocca sai, quindi, mmh- “. Fece un altro tiro, prima di continuare “… Quindi io e mamma gli dobbiamo pulire la bava dalla faccia quando andiamo a trovarlo.” La voce le si spezzò alla fine, e fece giusto in tempo a togliersi gli occhiali e buttarli sul tavolino prima di prendersi la faccia tra le mani e scoppiare in un pianto disperato, singhiozzante, che Eddie non riusciva a sopportare. Il ragazzo sembrò scattare, spegnendo il mozzicone nel posacenere e scivolando in ginocchio sulla moquette posizionandosi davanti alla ragazza, per poi avvolgerla tra le braccia. Dani nascose il viso nel suo collo, aggrappandosi a lui come se fosse l’unica cosa che potesse impedirle di sprofondare. 

Eddie la strinse forte. Avrebbe voluto farla sparire dentro il suo petto, prendere tutto il male che stava provando e tenerlo lontano da lei. Avrebbe voluto poterla aiutare, avrebbe voluto curare suo padre con un tiro di dado, e riportare tutto a un anno prima. Avrebbe voluto averla invitata a uscire prima di Ryan. “E’ tutto okay.” La voce gli tremava. “Cazzo, Dani, mi dispiace.”. Le prese il viso fra le mani, cercando i suoi occhi. “Hey? Guardami, Dani-“ La ragazza alzò lo sguardo su quello di Eddie, arrossato dalle lacrime dall’erba. “’Fanculo il liceo. ‘Fanculo il college, ‘fanculo New York e ‘fanculo il diploma. Fai quello che devi fare per sopravvivere, per la tua famiglia. Senza rimpianti, senza rimorsi, okay?” Dani guardò i suoi occhi scuri puntarsi nei suoi, in attesa di una risposta. Annuì lentamente.

“M-ma Ryan… Lui…”

“’Fanculo Ryan. Ryan è uno stronzo, si sta comportando come un moccioso di merda.”

“Come lo sai?” La ragazza tirò su con il naso

“Ha chiamato per chiedermi se eri qui, prima che arrivassi.” Eddie si morde il labbro inferiore. “Pensavo fosse una cazzata ma quando è sceso nei dettagli,” il ragazzo scosse la testa. “Dio, cosa cazzo gli è preso?”

“Non lo so. Non posso fargliene una colpa però. E’ la sua vita… N-non… Come faccio a impedirgli di partire? Come potrei essere così stronza?”

“No, no…” Eddie sentì la rabbia salirgli in gola. “No lo stronzo è lui. E’ lui che se ne va.” Si alzò dirigendosi verso la cucina, premette play sul mangiacassette che tenevano nel salotto, e la voce di Klaus Meine riempì la roulotte. Tornò poco dopo con 6 birre e una bottiglia di jack Daniel’s di una mano, mente con l’altra passò una scatola di fazzoletti alla ragazza.

“Cosa dovrebbe fare, rinunciare a tutto perché io non posso andare con lui?!” La ragazza parlò prima di soffiarsi il naso.

“Sì.” Dani lo guardò, stupita dalla velocità della risposta. “Sì, Cristo Santo, un qualsiasi pezzo di merda ci sarebbe arrivato. La tua ragazza sta passando un momento di merda con M maiuscola. Il college può aspettare un anno.” 

"No, non può aspettare. Un altro anno qui è un altro anno sprecato in mezzo al nulla." Un altro anno sprecato assieme a me, Dani pensò, abbassando lo sguardo.

"Hey," Eddie si era seduto sulla poltrona, buttando a terra il quadernetto che vi aveva lasciato, "piantala. So a cosa pensi."

Dani sbuffò una risata sarcastica "Tu non sai proprio niente Munson,"

"Se lui crede che il tempo con te sia sprecato allora perché insistere perché tu vada con lui?" Dani alzò le spalle "non ha senso no? Ryan tiene a te, siete disgustosamente fatti l'uno per l'altra."

"Eppure sta per partire per il college senza di me." Sorrise, mascherando il dolore. 

"Si, probabilmente è impazzito e ha bisogno che suo migliore amico gli spieghi un paio di cose riguardo al modo in cui ti sta trattando." Bevve un sorso di birra prima di parlare di nuovo. "Non ci sa fare con le donne, è proprio un coglione"

"Tu invece sai tutto no?" Dani sorrise di nuovo, questa volta l'erba stava facendo effetto, lasciando trapelare sempre meno dolore tra un commento e l'altro "Sciupafemmine..."

“Se, come no.” Trattenne una risata sarcastica “Come se qualcuno volesse uscire con Eddie Lo Svitato Munson.” 

Io uscirei con te.” Eddie si strozzò con la birra che stava bevendo, sputandola davanti a sé, cercando di fermarla inutilmente con la mano davanti alla bocca e Dani rise di gusto. 

“Cazzo! Non ridere, scema, non puoi dire cazzate del genere da strafatta.”

“Strafatta?! Io strafatta?” Si alzò, cercando di rimanere in piedi su un piede solo, fallendo miserabilmente “Visto? Sono – whoa.- … Sono perfettamente in equilibrio e sana come un pesce.” Il pavimento sembrava muoversi sotto di lei “Stupido Eddie Munson con la sua stupida moquette oscillante.”

Eddie voleva sorridere, a non era abbastanza ubriaco per passare sopra a quello che la ragazza gli aveva detto. È completamente fuori, Munson, non alzare l’asticella delle tue patetiche speranze.

“Non c’è niente che non va con la mia moquette,” Anche lui stava iniziando ad inciampare tra le sillabe, l’alcool e l’erba stavano facendo effetto. Si alzò avvicinandosi a lei, prendendola per i fianchi appena prima che inciampasse perdendo l’equilibro. Dani rise, ma non si allontanò, lasciò le mani attorno alle spalle del ragazzo, appoggiando la testa sopra il suo petto, i battiti del suo cuore impassibilmente veloci. Eddie si sentì come immobilizzato dal tocco della ragazza e senza un vero motivo di concentrò sulla canzone in sottofondo.

Babe, it wasn't easy to leave you alone
it's getting harder each time that I go
If I had the choice, I would stay

 

E vaffanculo anche agli Scorpions, l’ennesima canzone che non avrebbe più ascoltato in vita sua. Non si era accorto di come avevano iniziato ad ondeggiare, completamente fuori dal ritmo della musica, ma comunque. Eddie soffocò l’impulso di tirarsi un pizzicotto. Cosa stavano facendo? Cazzo, lei era la ragazza di Ryan, era la ragazza del suo migliore amico da tempi delle elementari! Era la sua migliore amica. Il ragazzo chiuse gli occhi, spostando le mani dai suoi fianchi alle sue spalle, stringendola più a sé. 

Chi voleva prendere in giro? Era dal secondo anno del liceo che Dani non era più solo una amica. Abbassò il viso sulla testa della ragazza, inspirando profondamente e lasciando che il profumo fruttato della sua tinta lo investisse completamente. Sempre lo stesso profumo di ciliegia e caramello che lo mandava fuori di testa come un maledetto quattordicenne. Si lasciò scappare un verso quasi impercettibile, che salì direttamente dal cuore alla gola.

Eds.”  Gesù Cristo, il suo nome con quella voce, il modo in cui aveva fatto rotolare le lettere dalle sue labbra… Smettila, Munson. Devi fermarti prima di fare qualcosa di cui pentirtene domani.

“Mmh?” La ragazza alzò le spalle, prima di proseguire.

“Sei un coglione.” Il ragazzo alzò le sopracciglia senza capire. “Sei uno stupido!”.

“Grazie, bel ringraziamento.” Ridacchiò. 

“Sono seria,” Alzò lo sguardo ancora umido verso il suo. Potrei affogarci seriamente questa sera, “Perché non me lo hai chiesto tu, di uscire, quella sera al lago?” Ad Eddie gelò il sangue. “Se me l’avessi chiesto tu, se ti fossi accorto di come ti guardavo, sarebbe stato tutto più semplice”. Abbassò lo sguardo, appoggiando la fronte sul petto dell’amico. “Tu non mi avresti abbandonato, vero Eds?” Abbassò la voce, quasi parlando tra sé e sé, lasciando che l’alcool e l’erba che aveva consumato annullassero qualsiasi inibizione. “Il mio Eddie non mi avrebbe mai abbandonata ora.” 

Aveva lanciato un macigno. Eddie aveva smesso di respirare, aveva chiuso gli occhi serrando le palpebre e l’aveva stretta di più al suo petto. Perché sono uno stronzo, perché non ne faccio una giusta, perché lui è arrivato prima. Deglutì, ingoiando il nodo che gli attorcigliava la gola. Non sapeva come risponderle, senza ferirla, senza combinare un casino e perderla per sempre. Respirò cercando di calmarsi.

“Per nessun motivo al mondo. Dani.” Sussurrò. “L’ho visto, come mi guardavi, e mi sono dovuto girare dalla parte opposta quando Ryan mi ha detto che gli piacevi.” Dani alzò lo guardò incontrando gli occhi ancora chiusi del ragazzo. “Mi sono dovuto girare dall’altra parte per tre cazzo di anni, Streghetta, non hai idea di come-“.

Fu un attimo: Dani si alzò sulle punte quel tanto che bastò per incontrare le labbra del ragazzo in un bacio. Eddie rispose istantaneamente, come se non stesse aspettando altro. Il nodo che aveva in gola sembrò sciogliersi e dividersi in centinaia di piccole esplosioni sotto la sua pelle. Non doveva, non poteva. Spostò le mani sulle spalle di Dani, allontanandosi lentamente da lei. 

Entrambi avevano il fiato corto, nessuno dei due sembrava voler parlare, non ne avevano bisogno. Eddie spostò una mano sul viso della ragazza, sfiorandole appena la guancia con la punta delle dita prima di chiuderla serrando il pugno, stringere i denti e portare la mano al suo volto, strofinandosi gli occhi. “Cazzo.”.

“Scusami.” 

“Merda, Dani.” Si voltò dandole le spalle, si passò una mano tra i capelli, chiudendola tra i ricci spettinati. “Cristo, che cazzo casino!!” Alzò la voce tirando un calcio alla sedia da campeggio accanto alla cucina. 

"È colpa mia -'

"Senti, io no-" Eddie si voltò verso di lei, e Dani percepì il panico nel suo sguardo, oltre che nella sua voce. Unì le mani davanti a sé "Siamo marci, ok? Quella è la seconda botta in meno di due ore." Indico il secondo mozzicone nel posacenere, "E -uh-… e abbiamo fatto fuori quante, tre birre a testa? Ti dico cosa faremo" si avvicinò alla ragazza "ti fai una bella doccia, ti schiarisci le idee e di metti a dormire di là," indicò la porta della sua camera. "Domani mattina sarà tutto passato, ok?” 

“Tutto passato?” La sua voce era quasi un sussurro, e si chiese se Eddie l’avesse sentita nonostante il suo continuo vociferare tra sé e sé, interrotto solo dall’occasionale imprecazione. Se non l’avesse conosciuto da una vita, probabilmente l’avrebbe spaventata, ma Dani sapeva che era il suo modo di processare quanto era successo. 

Che cosa era successo? 

Tre anni passati a guardare indietro a quella sera a Lover’s Lake, ecco cosa era successo. A come gli occhi del ragazzo le erano parsi improvvisamente più scuri, più grandi, più vivi, illuminati dalla luce calda del falò tra di loro. Non sapeva come o perché, ma si era ritrovata a guardare le mani del suo amico per tutta la sera, rapide occhiate per non farsi scoprire, vergognandosi di come il modo in cui le sue dita che si chiudevano attorno al collo della bottiglia di birra la stavano facendo sentire, del salto che il suo stomaco aveva fatto guardandolo alzare il volume dello stereo portatile posato sul cofano del van di suo zio, salire con agilità sul tetto assieme a Ryan, e iniziare a riprodurre perfettamente l’assolo di Paranoid, suonandolo su strumenti immaginari. Eddie aveva finito a goccia la sua birra e aveva lanciato la bottiglia verso la boscaglia. Si era piegato leggermente all’indietro, gridando verso il cielo in un urlo quasi primordiale. I suoi occhi avevano incontrato quelli della ragazza per un secondo, e per un attimo Dani vi aveva visto qualcosa, qualcosa che assomigliava a quello che stava provando lei. 

L’ho visto, come mi guardavi, e mi sono dovuto girare dalla parte opposta.

 

E così, quando prima dell’alba era scesa dal van del ragazzo all’incrocio prima di casa sua, Ryan l’aveva seguita. Ti accompagno, provo a smaltirla facendo due passi, le aveva detto. Come se cambiasse qualcosa, con tutto quello che avevano bevuto, fumato, provato in riva al lago, quella calda notte di luglio. 

Tutti e tre sapevano che i genitori del ragazzo, John e Debra Smith, avrebbero dato più di matto se avessero scoperto le amicizie che il loro figlio perfetto intratteneva, piuttosto che per i veleni che consumava. Edward Munson era uno svitato, Danielle Goodman era la figlia di un ubriacone. 

Il primo era un caso disperato: i genitori erano due poco di buono, avevano abbandonato il figlio di sette anni sul groppone del fratello del padre e se l’erano data a gambe una decina di anni fa. Wayne Munson aveva fatto del suo meglio con il piccolo, abitava in una roulotte nel camping di Forrest Hills ma aveva trovato il modo di prendersi cura del ragazzino. Il giovane era però completamente all sbando: cresciuto nell’ambiente sbagliato, ascoltava la musica del Diavolo, ne fumava l’erba del prato, e si vestiva come un clown per attirare l’attenzione.

I Goodman erano sempre stati una famiglia per bene, non avevano molti soldi, ma abitavano nella periferia di Hawkins, in una casa piccola ma ben tenuta, con un bel giardino e due bei bambini. Carl Goodman aveva da poco perso il lavoro alla fabbrica in periferia, e di questi tempi si vedeva poco in giro, quasi e sempre solo al bar di Benny, con una birra in mano e uno sguardo assente. Sua moglie Josie aveva cominciato a lavorare da Big Buy come cassiera, ed era risaputo quanto fosse maldestra. Inciampava spesso e sbatteva le braccia contro spigoli e finestre, indossava occhiali da sole anche se sole non ce n’era, e non parlava molto. Avevano due figli, un ragazzino paffutello e una figlia, la maggiore, che aveva un carattere ed un aspetto decisamente eccentrico, e frequentava la gente sbagliato.

No, il loro Ryan non avrebbe mai sprecato la sua vita così. Era nel team di nuoto, uno dei migliori amici del figlio maggiore degli Harrington. Un ragazzo dall’aspetto ben curato, con i capelli tagliati corti e gli occhi verdi, un così bel ragazzo, che sembrava un divo del cinema. 

Eppure quella sera, mentre i genitori di Ryan erano nella casa in Michigan con la sua sorellina più piccola, il loro figlio perfetto, rimasto a Hawkins per gli allenamenti di nuoto, aveva baciato la figlia maggiore dei Goodman sulle labbra, e le aveva chiesto un appuntamento.

Nessuno dei due aveva visto il modo in cui Eddie li aveva guardati scendere dal van, di come era ripartito sgommando sull’asfalto, stringendo talmente le mani sul volante da far diventar bianche le nocche, osservando i suoi migliori amici diventare qualcosa in più che amici, fissandoli nello specchietto fino allo svincolo per uscire dalla città. 

 

Tutto passato. Eddie stava cercando degli asciugamani nell’armadio del corridoio, si muoveva velocemente, non riusciva a stare fermo. Era nervoso, le stava parlando senza guardarla ma Dani non sentiva quello che le stava dicendo. Tutto passato. Suo padre in quel letto di ospedale, sua madre che piange di notte in cucina, suo fratello che le parla sempre meno. Tutto passato. Ryan che se ne va a New York, Eddie che la allontana spingendole le spalle. Tutto passato. Chrissy Cunningham che ride quando le sue nuove amiche la chiudono negli spogliatoi della palestra, dimenticandosi della loro amicizia. Tutto passato. La scuola di fotografia a cui non andrà mai, il futuro fuori da Hawkins che sbiadisce sempre di più, fino a dissolversi nella nebbia.

Tutto passato. 

Eddie non la sentì uscire, ma sentì la porta della roulotte sbattere.

“Dani -cazzo!" inciampò nella sedia che aveva calciato prima. “Dani aspetta!”

Il pick up si allontanò dalla roulotte, verso la città.

“GESÙ SANTO, CRISTO!” Eddie cercò le chiavi del van, imprecando di nuovo quando ripensò a quel coglione di suo zio, che aveva preso la macchina per andare al suo cazzo di lavoro, perché cominciava a fare freddo, porca puttana! 

"Porca troia!" Infilò le Reebok bianche uscendo dalla roulotte, perdendo l'equilibrio e inciampando nei lacci lungo il vialetto. "Cazzo, pezzo di-!" Non riusciva quasi a stare in piedi per quanto era fatto, e lei stava guidando. Iniziò a correre, fino a quando la macchina non sparì dalla sua vista.

 

---

“Andiamo, andiamo…” Stava praticamente saltando accanto al telefono, stringendo le mani attorno alla cornetta. “Andiamo, cazzo! Rispondi!” Sbatté la mano aperta sul muro accanto al telefono un paio di volte, tremando e praticamente quasi in lacrime. Ok, forse l’erba l’aveva reso più paranoico del dovuto, ma Danielle aveva bevuto, fumato, ed era uscita come un fulmine da casa, si era messa alla guida chiaramente alterata e lui non era riuscito a fermarla. Oddio, e se si fosse schiantata. Strinse gli occhi cercando di allontanare quel pensiero, ma era inutile. Continuava a vedere vecchio pick up azzurro, piegato contro un tronco. Chiuse la mano a pugno e colpì la parete, rompendola. “VAFFANCULO!”

“…Goodman?” una voce roca e nasale rispose dall’altra parte e Eddie trattenne il fiato. Non la riconobbe subito, ma con il signor Goodman in ospedale l’unica altra voce maschile poteva essere solo la sua.

“Gareth?!”  gli tremò la voce, “Uh-sono… Sono Eddie. Munson.” 

Rispose dopo qualche secondo, scocciato. “E’ l’una di notte.”

“Sì, sì lo so uh- Tua sorella?” Si morse l’interno della guancia. “Tua sorella è rientrata?”

“Un’ora fa. Era incazzata come un ratto, ha sbattuto la porta così forte che mi ha svegliato.”

Ad Eddie sembrò di respirare per la prima volta da quando la ragazza era uscita da casa sua. Le ginocchia cedettero, e si sedette a terra, abbassando la cornetta. “Ah- Cristo Santo.”

“…Pronto?” Prese un paio di respiri profondi, “…Hey, amico, ci sei?”

“Sì!” Rispose. “Oh- Sì, sì, solo, uh- Volevo sapere se era arrivata a casa. Grazie.”

“Uhm, ok.” Aspettò un secondo prima di continuare. “… Quindi… Uh- Vuoi che te la chiami?”

“No!” Scattò. “No, n-non serve. Scusa ancora. Buona notte.” 

“…Ok.” Il ragazzino riattaccò il telefono. Eddie rimase seduto a terra, respirando profondamente. L’adrenalina stava lentamente scendendo. Sta bene. Sta bene, è arrivata a casa e sta bene. Ripensò a quello che era successo, chiudendo gli occhi e appoggiando la testa al muro dietro di sé. Staremo bene. Si sistemerà tutto. E’ stato solo un errore, uno stupido minuscolo errore. Si alzò, per andare verso la sua stanza e collassò sul letto. Domani mattina ci sveglieremo e tutto sarà come prima. Prima di addormentarsi il fantasma di un profumo dolciastro gli passò sotto il naso.

Ciliegie e caramello.

 
   
 
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