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Autore: FreDrachen    27/06/2022    1 recensioni
Luca aveva davvero tutto nella vita. Era una promessa del calcio, popolare tra i suoi coetanei tanto da essere invitato a ogni festa, ed era oggetto di attenzione di ogni ragazza e non.
Insomma cosa si poteva volere dalla vita quando si aveva tutto?
Basta, però un semplice attimo, un incidente lo costringerà a una sedia a rotelle, e per questo sarà abbandonato dalle persone che un tempo lo frequentavano e veneravano quasi come un Dio.
Con la vita stravolta si chiude in se stesso e si rifiuterà di frequentare la scuola. Sua madre, esasperata da questa situazione, riesce a ottenere la possibilità, dalla scuola che Luca frequenta, di lezioni pomeridiane con un tutor che avrà lo scopo di fargli recuperare il programma perso.
E chi meglio di uno dell'ultimo anno come lui può riuscire nell'impresa?
Peccato che Luca sia insofferente agli intelligentoni e non sembra affatto intenzionato a cedere.
Peccato che Akira non sia affatto intenzionato ad arrendersi di fronte al suo carattere difficile.
Due ragazzi diversi ma destinati ad essere trascinati dall'effetto farfalla che avrà il potere di cambiare per sempre le loro vite.
[Storia presente anche su Wattpad, nickname FreDrachen]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
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Capitolo 27


Convincere i prof che stessi male fu una bazzecola. Feci finta di dover rimettere sulla cattedra a cui mi ero affiancato, simulando un mal di pancia di proporzioni epiche.

Come avevo immaginato la prof indietreggiò inorridita dalla possibilità che le potessi rimettere sul suo maglioncino bianco e mi fece firmare la giustificazione d'uscita. Che bello essere maggiorenni.

Chiamai in fretta un taxi in modo da poterlo trovare appena uscito da scuola. Raccolsi le mie cose, nessuno si premurò di aiutarmi a parte Gianbattista e non appena uscì dalla classe, sotto lo sguardo timoroso della prof e incuriosito dei miei compagni, finsi ancora un po'. Se dovevo farlo era meglio in grande stile.

Appena uscito dell'edificio ruppi ancora una volta le scatole allo Stronzo per farmi rivelare dove fosse seppellito Fabio e anche in quel caso, dopo futili manie di protagonismo, riuscì a strappargli quella preziosissima informazione, la mia meta dove avrei trovato Akira.

Non dovetti aspettare molto prima che il taxi si fermasse proprio di fronte all'entrata e subito mi incamminai verso la vettura. Sulle prime l'autista mi fissò male pensando che fosse uno scherzo ma quando si rese conto che ero io il suo cliente non abbandonò il suo atteggiamento burbero. Mi fece salire e con malagrazia piegò la sedia a rotelle quasi gettandola nel bagagliaio. Speravo che non me l'avesse rotta sennò addio alla semi indipendenza che avevo acquisito, almeno fino a quando non avrei imparato del tutto a muovermi con le protesi.

La destinazione era il cimitero degli Angeli, appena poco distante da quello per adulti della Castagna, abbastanza infilato su per i bricchi.

Speravo che la struttura non avesse barriere architettoniche che mi impedissero di girare con tranquillità.

Giunti a destinazione pagai il taxista che prese i soldi con malagrazia prima di sgommare via.

L'entrata del cimitero non era proprio come quella che si vedeva nei film e neppure si respirava quell'aria pesante satura di morte. Di certo questo non sarebbe stato il massimo come scenario da horror, eppure si avvertiva che non fosse un luogo di piacere.

Appena prima della mia prima meta erano presenti quattro piccoli banchetti che vendevano fiori, più crisantemi ma anche altre specie di fiori che le persone potevano acquistare per i propri cari.

Non appena mi avviai verso l'entrata subito fui preso d'assalto da questi venditori che quasi facevano a gara per vendermi i loro prodotti. Tranne l'ultimo, un ragazzo dai capelli bianchi e una benda di stoffa a coprirgli gli occhi. Forse portare dei fiori non sarebbe stata una cattiva idea. Presi coraggio e mi avvicinai a quest'ultimo.

Subito avvertì gli altri bisbigliare alle mie spalle commenti del tipo: «Ma davvero vuole andare a comprare dal Mostro dell'a...» mormorando l'ultima parola talmente piano che me la persi. Vabbè.

Prima che potessi avvisarlo della mia presenza sbuccò da dietro il banco un labrador nero con una struttura particolare al posto del comune guinzaglio, che mi si avvicinò talmente in fretta da farmi sussultare.

«Cosa c'è Nemo?» domandò il ragazzo perplesso. La sua voce era leggera, doveva avere al massimo ventitré-ventiquattro anni.

Feci due carezze dietro alle orecchie del cane che si allontanò soddisfatto prima di parlare.

«Vorrei acquistare dei fiori. Ma non saprei...»

Il ragazzo si voltò completamente verso di me e potei vedere così il volto deturpato da impressionanti cicatrici che gli solcavano il volto come fossero lacrime, e una di queste increspava anche l'angolo della bocca. Avevo visto solo in una foto che il prof di chimica si era azzardato a mostrarsi quando avevamo parlato degli effetti di acidi e basi. Quelle erano ustioni da acido.

Se il volto era così non potevo immaginare cosa si celasse dietro alla benda sugli occhi.

«...piacere?» lo sentì dire e intuì di essermi perso la prima parte di frase.

«Mi scusi, potrebbe gentilmente ripetere?» gli domandai, dandomi dello sciocco.

Lui non se la prese e stirò le labbra in un sorriso gentile.

«Dicevo, che tipo di fiori piaceva al tuo o tuoi cari?»

Stava pensando che stessi per andare a trovare un parente?

«In verità si tratta di un conoscente...di un amico» mormorai inceppandomi sull'ultima parola.

Lui annuì comprensivo e con fare esperto recuperò i crisantemi, creando un mazzo da otto, avvolgendoli in una carta sottile dal colore tenue.

«Mi butterei sul classico, in modo da essere sicuro di mostrare il pieno rispetto per la persona che si va a visitare» spiegò la sua scelta e mi ritrovai d'accordo. Pagai il mazzo, era abbastanza economico per essere un fiorista, e lo ringraziai. Lui mi scoccò un altro sorriso. «Fa parte del mio lavoro aiutare la gente a trovare la pianta o il fiore giusto per l'occasione». Lo si vedeva che lo faceva con passione. Vedeva? Che pensiero pessimo che avevo fatto. Ma a proposito di pensieri...come accidenti faceva a riconoscere i vari fiori se era...era cieco no? Il cane, che era al suo fianco, doveva essere, quasi senza ombra di dubbio, un cane guida.

Se avessi avuto tempo gliel'avrei chiesto ma non potevo permettermelo. Dovevo trovare Akira.

Spinsi il corrimano ed entrai ufficialmente nel cimitero. Non c'ero mai stato ma non doveva essere molto grande, per cui speravo di trovare Akira al più presto. Ma mano a mano che avanzavo avvertivo crescere l'angoscia. In un cimitero per adulti potevano si, esserci ragazzi troncati neanche a un quarto della loro esistenza ma l'età minima era la mia, se non mi fosse andata bene ci sarei potuto essere anch'io. In quel luogo era diverso. L'occhio mi cadde su una piccola lapide bianca. Apparteneva a una bambina che era vissuta...quattro giorni. Non aveva avuto neanche quasi il tempo di affacciarsi alla vita che era già sfumata via.

Affrettai l'andamento. Dovevo uscire di lì al più presto, e portare via con me Akira.

Girai ancora per un tempo che mi parve interminabile e, quando arrivai a pensare che non l'avrei mai trovato, lo scorsi inginocchiato davanti a una lapide bassa e quadrata. Il nome dalla distanza a cui ero era ancora illeggibile ma dalla mia posizione vedevo il volto di Akira rigato di lacrime mentre tra le mani stringeva, manco fossero i suoi peggiori nemici, dei gigli.

D'istinto mi sentì di troppo e mi pentì di essere andato lì e invadere quel momento così personale.

Ma ormai ero lì e non mi ero fatto un giro con il taxista bipolare senza avergli almeno fatto le condoglianze per quel momento.

Mi avvicinai e finalmente potei leggere il nome sulla bara.

Fabio Parodi. Era morto tre anni prima, l'ultimo giorno di scuola dell'anno che Akira aveva perso.

E fu allora che ebbi la piena conferma dei fatti accaduti. Le prove c'erano tutte ma vedersele schiaffare così in volto era tutta un'altra cosa.

Feci per fare dietro front ma la mia ritirata fu interrotta da un ramoscello che scricchioló sotto una delle ruote, un rumore secco che mi parve quasi riecheggiare attorno a noi come in eco lontano eppure assordante.

Vidi le spalle di Akira irrigidirsi e alzare di scatto la testa verso di me e mi sembrò che le sue pupille si dilatassero piú di quanto lo fossero. Oppure era il color ossidiana delle sue iridi a farle sembrare tali.

Lo vidi sillabare con le labbra il mio nome e mi sentii in colpa di aver profanato quel momento per lui importante e privato.

Ma anziché andarmene mi avvicinai a lui sempre sotto il suo sguardo ardente e vibrante di emozioni.

Mi fermai solo quando fui ad un soffio da lui e stavolta a guardare dall'alto in basso era il sottoscritto dato che Akira non si era ancora smosso di un millimetro dalla sua posizione.

Avevo tante cose da chiedergli eppure non avevo la piú pallida idea da dove cominciare.

«Quindi é vero? Sei gay?» domandai involontariamente dandomi del completo cretino a cominciare in quel modo la conversazione.

Come temevo Akira s'irrigidí e distolse lo sguardo.

Bella mossa Luca. Davvero splendido.

Allungai una mano verso di lui ma si sottrasse, alzandosi in piedi.

Senza degnarmi di una risposta e di uno sguardo fece per andarsene ma fui piú veloce ad afferrarlo per il polso.

Lui cercò di divincolarsi dalla mia presa.«Lasciami Luca». C'era tanta disperazione nella sua voce che quasi mi convinsi a lasciarlo andare. Ma non potevo.

«Non voglio» dissi semplicemente. «Perché se ti lasciassi andare farei lo sbaglio peggiore della mia vita».

Smise di liberarsi e, immobile com'era, pensai che avesse smesso persino di respirare.

Alla fine dopo un tempo che mi parve un'eternità incrociò lo sguardo con il mio.

Iridi ossidiana contro il colore della tempesta.

Non parlò subito ma avvertivo tra noi una forza simile alla carica elettrostatica. Dopo le mie parole sembrava quasi che si fosse aperto un canale tra le nostre due menti, un filo invisibile che si era allacciato attorno ai nostri cuori.

«Parlami Akira. Ti prego»riuscì solo a dire.

L'incantesimo s'infranse.

Akira riuscì a liberarsi ed indietreggiò. «Non abbiamo nulla da dirci. Ti prego, torna a casa Luca».

Feci per riafferrarlo ma lui si sottrasse alla mia portata. «Non rendere le cose più complicate. Ti prego».

Il suo tono fu la cosa più straziante di tutta la mia vita. Sembrava annientato, e sembrava che tutto dipendesse dal passato che gravava sulle sue spalle.

Non potevo lasciarlo solo. Mi spinsi avanti con la sedia a rotelle costringendolo a indietreggiare, fino a quando lui non si trovò con le spalle contro un loculo.

Mi posizionai di fronte a lui ma tanto sapevo che se avesse voluto sarebbe potuto scappare a gambe levate in qualsiasi momento.

Eppure non lo fece, forse perché sopraffatto dal momento, che pure io facevo fatica a comprendere.

Lo vidi cadere in ginocchio di fronte a me e fui rapido ad accompagnare la sua testa verso le mie gambe, su cui gli feci poggiare la fronte.

Sentì provenire da parte sua dei lievi sussulti e capì subito che stava piangendo. Non ero mai stato granché a rincuorare le persone ne sapevo come farlo, in questi momenti mi sentivo non poco in imbarazzo.

Mi limitai ad affondare le dita tra i suoi capelli morbidi, a contatto come la seta, e neri come la notte.

Rimanemmo così per qualche minuto buono, e sperai che nessuno arrivasse a interrompere lo sfogo di Akira.

Alla fine lui alzò lo sguardo, gli occhi rossi e gonfi di pianto, un aspetto che strideva con il ragazzo che avevo conosciuto fino a quel momento. Anche Akira come me si nascondeva dietro una corazza che gli si era annientata di fronte al sottoscritto, lasciandomi la possibilità di leggere nel suo animo tutto il dolore che provava.

«Perché?» domandò con un filo di voce.

Aggrottai le sopracciglia. «Perché cosa?»

«Perchè non mi urli tutto il disprezzo che dovresti provare nei miei confronti? Perché non mi riversi addosso tutto il tuo disgusto?»

Ma che cazzo stava dicendo?

«Smettila Akira».

Smettila di farti del male.

Smettila di darti colpe che non hai.

«Perché dovrei? So di essere sbagliato. Anche il mondo l'ha capito. Altrimenti perché sarebbe così palesemente contro...quelli come me?» Si passò una mano sugli occhi prima di continuare. Non l'avevo mai visto in quello stato. «Non posso essere davvero me stesso perché gli altri mi ripudierebbero per quello che sono e per quello che ho causato».

«Non è vero» ribattei con determinazione.

Rimase in silenzio per un attimo.

«Mi stai forse dicendo che per te non è un problema che sia...gay?» domandò a voce bassa come se temesse la mia risposta.

Tempo prima, quando ero uno stronzo patentato, avrei detto di sì, senza neanche pensare al vero significato di quelle parole, solo per il gusto di farlo soffrire.

Ma adesso era tutto diverso. Lui mi aveva cambiato, aveva scatenato un uragano incontrollabile nel mio cuore e che stava distruggendo pezzo a pezzo ogni grammo della mia anima.

Mi chinai verso di lui poggiando la fronte sulla sua.

«No, non lo è. Perchè se lo fosse sarebbe come rinnegare una parte importante di te. Sarebbe come odiarti, e questa non sarebbe la verità».

Avvertí il suo respiro farsi irregolare come se cercasse di trattenere le sue emozioni. Ma non gliel'avrei permesso. Non dopo tutto quello che provavo per lui.

Prima che cambiassi idea o che lui decidesse di scappare annullai i millimetri che ci separavano e lo baciai. A contatto le sue labbra erano ben diverse da quelle di una ragazza, eppure sembravano perfette per le mie. Gli stuzzicai il labbro inferiore e con la lingua gli chiesi un muto permesso di poter approfondire il bacio.

Ma ciò non accadde.

Lui si staccò come se si fosse bruciato e si portò una mano alle labbra rosse per via dei miei morsi. Il suo volto era arrossato e le pupille erano dilatate, sembrava uno che aveva appena fatto la maratona di New York.

Pure io dovevo apparire scapigliato e preda di emozioni struggenti che mi ruggivano dentro di afferrarlo nuovamente e tornare a baciarlo.

Akira mosse appena le labbra e mi chiesi se me lo fossi immaginato da quanto era stato fulmineo.

Inclinai la testa di lato confuso e lui deglutì prima di parlare, pronunciando una sola parola carica di significati celati.

«Perché?»

Perché lo avevo fatto? L'osservai attentamente registrando con gli occhi il volto spigoloso e gli occhi a mandorla taglienti, la bicca semichiusa e il petto ansante.

"Perchè penso di provare qualcosa per te" pensai ma le parole mi si incastrarono in gola

Mai prima d'ora qualcuno aveva esercitato un tale potere su di me, talmente intenso da farmi quasi smarrire.

Dovevo dirglielo ma avevo paura che i miei sentimenti lo mettessero in allarme e si allontanasse ancora di piú chiudendosi a riccio e tornando a essere il ragazzo che teneva per sé i suoi pensieri logoranti.

Volevo dirglielo con le parole giuste, volevo cercare di fargli capire che quello che provavo era un sentimento vero, autentico e non uno scherzo. Doveva aver sofferto in maniera disdicevole in passato, non volevo essere causa di altro.

«Tu...ecco...». Cazzo. Ero davvero a corto di parole. Era così che ci si sentiva quando si era...innamorati? Ero davvero innamorato di Akira? Avevo ancora questi dubbi?

Lui inclinò la testa di lato, un ciuffo corvino gli finì sopra l'occhio.

D'istinto allungai la mano per rimetterglielo a posto e non appena entrai in contatto con il suo viso avvertì il suo respiro accelerare ma continuò a fissarmi negli occhi, come in cerca di risposte a quella situazione.

Mi lasciò fare quando gliela sistemai dietro l'orecchio e non si scostó quando gli poggiai il palmo della mano sulla guancia destra.

Chiuse gli occhi come a bearsi di quel tocco, e pure io avvertivo qualcosa all'altezza del cuore. L'istinto di avvolgerlo tra le mie braccia era prepotente ma nella posizione in cui ci trovavamo era piuttosto difficile realizzarla.

Passammo qualche minuto così, il silenzio rotto dai nostri respiri e i nostri cuori che battevano all'unisono.

«E adesso cosa succederà?» domandai e Akira mi guardò intensamente.

Accidenti! La vista di quei straordinari occhi doveva essere illegale.

Sospirò ma continuò a rimanere con la mia mano poggiata sul viso. «Non lo so. So solo che...» s'interruppe innumidendosi le labbra, un gesto semplice ma che il mio povero cervello malensante classificò cone il gesto piú erotico mai visto in tutta la mia vita.

Ma cosa mi stava facendo quel diavolo travesrito da angelo dagli occhi a mandorla?

«Che cosa?» lo incitai. Odiavo quando qualcuno lasciava in sospeso le frasi. Lo avevo fatto anch'io poco prima ma poco importava quello che non riuscivo a dire. In quel momento i miei occhi e pensieri erano solo e unicamente per Akira.

«Tra noi non sarà più come prima, lo sai questo vero?»

Scostai la mano e mi raddrizzai sulla sedia. «Sinceramente parlando non me ne frega un cazzo del prima ma di adesso. Il mio bacio ti ha forse...dato fastidio?»

Lui ignorò la domanda e si sporse, per quanto poteva, in avanti.

«Perché mi hai baciato?»

Di fronte all'intensità del suo sguardo cercai di distogliere lo sguardo ma lui fu rapido a bloccarmi il viso tra le sue mani calde.

Era finalmente giunto il momento.

«Perché da qualche tempo ormai provo qualcosa per te. È un sentimento nuovo, mai avuto in vita mia. Con te sto bene e provo una calma mai provata prima. Con te sembra quasi che il futuro non sia più tanto...nero» confessai parlando quasi a raffica come se temessi che interrompesse il flusso di parole che non ne volevano sapere di essere zittite.

Lui non parve turbato dal mio discorso ma non mi sembrò neanche particolarmente colpito. Mi sentì un completo cretino.

Ma prima che potessi dirgli di dimenticarsi tutto fu lui ad azzerare le distanze tra noi. Se il bacio di prima poteva essere paragonabile alla leggerezza di una piuma, questo fu devastante come il fuoco. Il mio corpo si accese frenetico a contatto con le sue mani, le sue labbra. Pareva che dentro di me scorresse lava. La sua lingua si insinuò tra le mie labbra e...cazzo pensavo non fosse così pratico in materia baci. Quasi baciava meglio di me...quasi.

Ci interrompemmo quando fummo a corto di fiato ma tra noi l'aria sembrava carica di un'insolita energia che ci teneva connessi.

«Credo che per ora sia meglio fermarci qui che dici? Il cimitero non è proprio il luogo esatto dove...limonare».

Aveva ragione ma...aspetta! Quella doveva essere una battuta?

Annuì con convinzione in completo accordo con le sue parole e gli permisi di rialzarsi.

Lui gettò un'occhiata alla lapide e mi sentì di troppo. Quello era parte del passato che gravava sul cuore di Akira e che avevo voglia di spazzare via.

«Posso rimanere?» domandai e inaspettatamente annuì.

Ci facemmo largo tra le tombe e ci fermammo nuovamente di fronte a quella di quel ragazzo, Fabio.

D'istinto presi la mano di Akira e lui la strinse come se temesse di essere trascinato via dal suo passato.

E questo non l'avrei mai permesso.


 

Angolino autrice:

Ta taaannnn ecco finalmente il momento (spero) tanto atteso :D

Vi aspettavate che fosse Luca a fare il primo passo? ^^

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, e ringrazio tutti voi che seguite la storia <3

A presto (almeno ci provo)!

FreDrachen
 

P.S. il fioraio che vende i fiori a Luca è un ennesimo pg che avrà una storia sua (si, sono tanti ^^" XD)

P.P.S. esiste una pagina instagram legata alle mie storie (in particolare in questo momento sono concentrata su questa), in cui pubblico estratti, curiosità ecc.
Il mio nickname è fredrachen_stories
   
 
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