Una
volta congedati i cavalieri la regina mandò via anche
il resto dei cortigiani e rimase da sola nella stanza del trono. I suoi
lineamenti di solito belli e solari si contrassero in una smorfia di
fastidio
mentre ripensava agli ultimi eventi. Dalla comparsa della cometa il suo
sonno
era diventato frammentato e agitato ed ora l’arrivo di questi
Cavalieri dei
Draghi dava a Isobel altri pensieri.
Una
figura esile emerse alle sue spalle dall’ombra - Hai
chiamato mia signora? – chiese con una voce fredda e
tagliente.
-
Sì Oliviana. Il momento è arrivato. Non esitare,
vai e
fa quello che devi - disse solo e nell’ombra la donna si
dileguò così come era
comparsa.
Isobel
si alzò dal trono e uscì per ritirarsi nei suoi
appartamenti privati. Le sue stanze erano un’area riservata
solo a pochi
addetti del palazzo, ognuno i loro era stato scelto personalmente dalla
regina per
una sua dote peculiare. Le piaceva pensare che protetti da quelle mura
potessero coltivare quelle loro doti lontano dalle superstizioni del
popolo. Al
resto degli abitanti della cittadella non era permesso entrarvi. Chi
non era
nella cerchia stretta degli adepti sapeva solo che al loro interno
avvenivano i misteri.
Così venivano chiamati i riti
si svolgevano all’interno di quelle stanze. Chi ne era a
conoscenza era tenuto
a mantenere il segreto. Le conseguenze se si fosse violato questa
regola
sarebbero state terribili. Era credenza, infatti, che la pace fosse
mantenuta
proprio grazie ai misteri. Isobel
sorrise a quelle dicerie che nonostante tutto avevano un fondo di
verità;
quindi, chiamò a sé alcuni attendenti che si
trovano nella stanza. I due uomini
si affrettarono a raggiungerla salutandola con un inchino - Chiamate il
mio
consiglio privato – ordinò loro - Ho dei compiti
precisi de affidarvi per
l’arrivo dei nostri ospiti. -
***
Jill
era seduta sulla sabbia bagnata osservando un punto
nero che da qualche minuto era comparso sulla linea
dell’orizzonte. La sua
corporatura era esile e il profilo delicato si delineava sotto il
tessuto
morbide delle sue vesti. La sua apparente fragilità non
doveva trarre in
inganno, Jill era infatti un’abile spadaccina e con un
coltello poteva fare
centro a diverse iarde di distanza. Aveva servito a lungo sotto
Galbatorix come
suo sicario personale e la sua lama si era rivelata letale per molti
incauti
che avevano sottovalutato le sue abilità. Ma quel capitolo
della sua vita
faceva orami parte del passato. Molte cose erano cambiate da allora.
Aveva
conosciuto Murtagh, si era innamorata di lui e per amore lo aveva
seguito fino
agli estremi angoli del mondo. Jill non avrebbe voluto essere da
nessun’altra
parte.
Aveva
anche trovato degli amici. Durante quei mesi di
navigazione si era molto affezionata all’Elfa dal portamento
altero ed algido.
Ora riposava appena dietro di lei. Era caduta in uno stato di profonda
quiete.
Dopo molte insistenze Jill era riuscita a convincerla a stendersi e
riposarsi. Non
c’era motivo di essere in due a preoccuparsi per i due
cavalieri pensò la
giovane passandosi una mano sulla fronte.
Si
alzò per sgranchirsi le gambe indolenzite per essere
stata a lungo nella stessa posizione e tornò di nuovo a
guardare il punto nero.
Questo
si era trasformato nella sagoma scura di una nave che
si stava avvicinandosi a loro ad una velocità
impressionante.
La
ragazza sobbalzò dalla sorpresa e corse subito da Arya.
Chinandosi su di lei la scosse energicamente da un braccio.
-
Arya presto guarda! - chiamò. L’Elfa
aprì gli occhi.
- Cosa succede,
sono tornati? - chiese e dopo un primo momento di torpore
L’Elfa sentì tutti i
sensi del suo corpo di nuovo all’erta.
-
No, ma credo che sia meglio che tu guardi con i tuoi
occhi -
Arya
guardò nel punto indicatole da Jill dove un veliero nero
come la pece avanzava inesorabile. Un vento di ponente che non aveva
nulla di naturale
gonfiava le sue vele.
Arya
aprì la sua mente e cercò di stabilire subito un
contatto con Eragon. Quando alla fine riuscì a trovalo
cercò di trasmettere
tutta l’urgenza del momento.
Eragon
venite al più presto. Una nave
si sta avvicinando e non sembrano amichevole.
Eragon
e Murtagh erano da poco ripartita dal palazzo
reale. La risposta del cavaliere arrivò subito Stiamo arrivando.
***
Eragon
aveva comunicato il messaggio di Arya e in risposta
Saphira e Castigo aumentarono la loro velocità con colpi di
ali più decisi.
Sotto di loro i soldati guidati da Xavier, che fino a quel momento li
aveva
seguiti, cercarono invano di tenere il passo ma rimasero
inesorabilmente
indietro. Eragon vide gli uomini fermarsi e dal basso guardarli andare
via, ma
non c’era tempo per poterli avvertire. I soldati non potevano
correre più
veloce di così, li avrebbe solo rallentati.
L’unica cosa che premeva ai due
cavalieri era raggiungere le loro compagne, in seguito ci sarebbe stato
tutto
il tempo per spiegare.
Eragon
si strinse più forte alla dragonessa, sotto di lui
poteva sentire i potenti muscoli tendersi allo spasimo per lo sforzo.
Dal
momento in cui aveva chiuso il breve collegamento mentale con Arya un
presentimento
si era insinuato nella sua mente. Sentiva come se qualcosa di terribile
stesse
per accadere. Quel pensiero non riusciva ad abbandonarlo mentre il
vento gli
sferzava i capelli. Cercò di mandarlo via ma il disagio
raggiunse presto anche
la mente di Saphira. La dragonessa allora gli sfiorò
delicatamente la mente.
Stiamo
correndo il più possibile piccolo mio
cercò di rassicurarlo.
Lo
so Saphira, ma sento che qualcosa non va
Spinta
anche lei dalla stessa sensazione di pericolo
Saphira superò Castigo.
Eragon
cosa succede? Chiese
Murtagh che con Castigo si erano resi
conto della loro accelerazione.
Ho
un brutto presentimento spero sia solo una sensazione
lo
informò brevemente Eragon.
Quando
Saphira e Castigo piombarono sulla spiaggia Eragon
e Murtagh si trovarono davanti il campo completamente vuoto e messo
sotto sopra.
Era come se una bufera vi si fosse abbattuta sopra.
Scesero
dal dorso dei draghi con un salto ed entrambi i
cavalieri aprirono subito la loro mente in cerca della presenza delle
due
donne. Sentirono un lieve segnale di vita provenire alla loro destra.
Eragon e
Murtagh corsero in fretta in quella direzione. Nascosta dietro dei
giunchi e
riversa in una risacca d’acqua c’era Jill. Murtagh
si chinò immediatamente su
di lei. Il suo corpo era immobile e pieno di tagli, graffi e contusioni.
-
Jill svegliati, ti prego – la chiamò Murtagh
mentre la
tirava su dalle spalle. Il petto della ragazza si alzava e abbassava in
un respiro
fievole.
Cono
cautela Murtagh prese in braccio il corpo ancora incosciente
di Jill. Un leggera smorfia di dolore increspò gli angoli
della bocca mentre il
cavaliere la tirava su.
-
Vieni portala qui - lo chiamò Eragon che nel frattempo
aveva sistemato una coperta su cui far adagiare la ragazza. Una volta
assicurati che fosse coperta e all’asciutto i due cavalieri
continuarono a
perlustrare il campo. Seguirono le tracce da dove avevano scoperto Jill
e non
ci misero molto a trovare i segni di una colluttazione. Le tracce
continuavano
verso il mare. Sulla sabbia erano ben visibili i solchi lasciati da uno
scafo insieme
alle orme di almeno di una decina di piedi. Con molta
probabilità Arya era
stata portata via sull’imbarcazioni.
Eragon
fremette di rabbia poi si guardò intorno. Un
rapido sguardo alle casse scaricate dalle navi e si rese conto che ne
mancava
una. La disperazione del ragazzo crebbe ancora di più.
Saphira
le uova, hanno preso anche loro.
Disse tramite il loro
legame. Accanto a lei Castigo proruppe in un lamento.
Rivolto
verso il mare anche Murtagh guardava disperato le
onde infrangersi sulla spiaggia. Guardando più in
là notò qualcosa che veniva
sospinto dalla corrente. Si avvicinò al punto e gli stivali
del ragazzo vennero
lambiti dall’acqua e dalla schiuma mentre si piegava per
raccogliere quello che
a tutti gli effetti era un lembo di stoffa bagnato.
-
Eragon viene, guada cosa ho trovato - disse chiamano immediatamente
il fratello che si affrettò a raggiungerlo. Anche i draghi
si avvicinarono.
Castigo annusò la stoffa dalla mano del suo cavaliere e
arricciò le labbra.
Odora
di inganno. Non mi piace
Murtagh lo guardò accigliato mentre tastava
la stoffa con le dita. - Deve essere appartenuto a uno degli
assalitori. Anche
se piccolo abbiamo un indizio da cui partire - disse porgendola ad
Eragon. Il
ragazzo prese il lembo tra le mani e ne osservò la trama
-
Una stoffa nera - aggiunse con voce asciutta. La
situazione era rapidamente precipitata ed Eragon non era in grado di
fermare il
vortice di emozioni che sentiva, amplificate da quelle provenienti dal
suo
legame con Saphira.
I
lamenti di Jill riportarono i due cavalieri alla realtà.
La ragazza aveva iniziato ad agitarsi afferrando e strattonando la
coperta su
cui l’avevano avvolta. I due Cavalieri la raggiunsero in un
attimo e cercarono
di tenendola ferma. Con sicurezza Eragon posò una mano sopra
il viso della
ragazza e chiudendo gli occhi pronunciò alcune parole
nell’antica lingua per calmarne
gli spasmi. Nel farlo si accorse di un particolare che prima gli era
sfuggito. Chiunque
aveva ridotto Jill in quello stato aveva anche usato la magia su di
lei; un
incantesimo la teneva costretta in un sonno senza sogni. Eragon vide
anche
un’altra terribile verità, l’incantesimo
era stato creato per portarla una lenta
e inesorabile morte. Se non fosse intervenuto subito
l’avrebbero persa per
sempre. Passata la sorpresa iniziale il cavaliere si mise in fretta a
formulare
una serie parole che gli permisero di svelare la struttura
dell’incantesimo, dopo
di che ne creò un secondo per scioglierlo; una volta
lanciato Eragon sentì il
sangue delle vene gelarsi mentre la magia riscuoteva il suo prezzo. La
quantità
di energia che abbonò il suo corpo lo lasciò
spossato. Chi lo aveva ordito era
molto abile nell’uso dell’antica lingua ed il suo
scopo era di infliggere il
più possibile dolore.
Piccolo
mio sono qui
intervenne Saphira sostenendolo attraverso
il loro legame.
Eragon
lasciò che Saphira gli infondesse forza e attese
che il mondo smettesse di girargli intorno prima di aprire gli occhi.
Accanto a
lui Murtagh lo osservò preoccupato. – Che cosa
è successo? -
–
Dopo te lo spiego, ora occupiamoci delle sue ferite -
si limitò a dire Eragon sistemandosi meglio accanto alla
ragazza. Non voleva
preoccupare il fratello fino a quando Jill non si fosse stabilizzata e
in
silenzio iniziò ad esaminare il corpo. Alcuni tagli erano
profondi, altri più
superficiali, tutti erano stati inflitti dalla stessa arma. Le ferite
le
avevano anche provocato una leggera febbriciattola che le imperlava la
fronte di
sudore. Eragon prese un respiro e iniziò con il processo di
guarigione.
Fu
un lavoro lungo e meticoloso. Eragon si immerse nel
compito senza risparmiarsi. Occupare la mente con qualcosa di utile lo
aiutò ad
allontanare il pensiero di Arya che minacciava di sopraffarlo. Murtagh
aveva
compreso il suo bisogno e lo aveva lasciato lavorare vegliando di tanto
in
tanto su di lui.
***
Il
ragazzo aveva quasi finito quando Xavier li raggiunse con
il drappello di soldati. Saphira emise un basso ruggito di avvertimento
quando
l’uomo si avvicinò troppo al suo cavaliere ancora
chino su Jill.
-
Credevo ci avreste seguito. Che cosa è successo qui? -
chiese avvertendo la tensione nell’aria.
Murtagh
andò incontro all’uomo - Saphira tranquilla, ci
sono io – disse volgendo lo sguardo al Capitano –
C’è stata un’irruzione al
campo. Una nave è arrivata portandosi via una dei nostri e
lasciando l’altra ferita
- disse il ragazzo senza riuscire a mascherare l’angoscia che
stava provando. -
Non siamo riusciti ad arrivare in tempo per fermarli –
-
Le sue condizioni? – chiese rivolto a div era Jill.
-
Eragon se ne sta occupando -
Il
capitano guardò verso il cavaliere. Sapeva che si
trattava di magia ma quell’ argomento era un tabù
per volere della stessa
Isobel e non gli era permesso parlarne.
-
Quando abbiamo perlustrato il capo, al nostro arrivo, abbiamo
trovato questo - continuò Murtagh porgendo al capitano la
stoffa trovata sulla
spiaggia - Vi dice qualcosa? -
Il
capitano Xavier osservò il lembo del tessuto e il suo
volto si fece torvo. Ne aveva riconosciuto immediatamente la
provenienza - Questa
trama non può che essere dalle uniformi degli Elfi Oscuri.
Non ho dubbi - disse
con voce asciutta
-
Ne sei certo? - chiese Murtagh.
Il
volto di Xavier si contrasse in una smorfia - Ho
combattuto contro quelle belve abbastanza a lungo da esserne certo
Cavaliere. Questo
attacco porta la loro firma - Disse Xavier sospirano - Non pensavo
sarebbe
successo di nuovo. Mi spiace sia capitato proprio a voi –
disse sinceramente
dispiaciuto - Con il vostro permesso i miei uomini ed io vorremmo
iniziare a
portare via le vostre cose. Non è più un posto
sicuro questo –
Murtagh
si limitò ad annuire quindi andò da Eragon che
nel frattempo si era alzato in piedi e stava prendendo un sorso di
idromele
dalla bisaccia dalla sua cintura. Era visibilmente stanco e si
appoggiò al
fianco di Saphira.
-
Vuoi spiegarmi ora cose succede? – chiese impaziente Murtagh.
Il Cavaliere aveva notato un lieve tremore nella mano del fratello e
iniziava a
preoccuparsi.
Eragon
non poteva più indugiare oltre, Murtgh doveva
sapere la verità. Riallacciò la bisaccia alla
cintura e cercò con cura le
parole – Jill è stata avvelenata da un
incantesimo. Chiunque abbia affrontato la
giù era qualcuno esperto di magia. Ho fatto tutto quello che
era in mio potere
per scioglierlo. Ora dobbiamo solo aspettare che si svegli - Murtagh si
girò di
scatto a guardò il volto di Jill, per la prima volta da
quando l’avevano
trovata era di nuovo rilassato e aveva assunto il suo colorito roseo.
Eragon
aveva deliberatamente evitato di entrare nei particolari
dell’incantesimo, ma Murtagh
immaginò che dovesse esser stato potente. Se quello che gli
aveva detto il
capitano Xavier era vero allora l’aggressore di Jill aveva
anche un nome
-
Eragon il capitano ha riconosciuto la stoffa.
Appartiene agli Elfi Oscuri - gli disse di getto.
Eragon
non rispose subito. Soppesò le parole del fratello
per alcuni istanti prima di scuotere la testa - Tutto questo non ha
senso, la
magia non appartiene più a quel popolo. Così ci
hanno detto – Murtagh annuì meditabondo
-L’ho
pensato anche io, ma Xavier ne è sicuro-
-Ti
fidi così tanto di lui? - Murtagh percepì la
diffidenza di Eragon. Non era la prima volta che si trovavano in
disaccordo su
qualcosa, ma Eragon gli stava nascondendo qualcosa o per lo meno non
gli stava
dicendo tutto e questo li stava allontanando.
-
Sì Eragon, penso che mi stia dicendo il vero - rispose
asciutto Murtagh. - Che mi fidi o no del capitano, non possiamo
rimanere qui a
lungo. Per cui, a meno che tu non abbia qualche prova del contrario, dovrai fidarti anche tu. -
Eragon scosse la
testa, non aveva prove a suo favore ma solo sensazioni. Murtagh
annuì
soddisfatto. - Dobbiamo prepararla Jill per il viaggio. Mi dai una
mano? - gli
chiese, questa volta usando con tono più conciliante.
***
Castigo
lasciò che i due Cavalieri lavorassero sulla sua
sella. Eragon sistemò delle coperte per fare in modo che la
ragazza potesse
viaggiare più comodamente possibile. Mentre Murtagh
adagiò il corpo di Jill e
l’assicurò alla sella con dei legacci, poi il
ragazzo sussurrò alcune parole
nell’antica lingua a rinforzo delle cinture.
Da
una certa distanza il Capitano li stava osservando. I
suoi uomini avevano quasi finito di caricare le casse e lui aveva degli
ordini
precisi a cui attenersi. Si avvicinò ai Cavalieri e
salutò Eragon con un cenno.
-
Mi dispiace interrompervi Cavalieri, ma sarà meglio
rientrare –
I
due ragazzi annuirono e il capitano ne fu sollevato.
-
Sono contento che vi vogliate affidare alla protezione
della nostra regina Isobel- disse - ma soprattutto che non abbiate
agito da soli-
aggiunse pensando alla delicata situazione in cui si trovavano.
-
Capitano vi seguiremo e accettiamo l’invito della
vostra regina, ma quando sarà il momento agiremo come meglio
riterremo
opportuno – fisse Eragon rivolgendo quelle parole
più che altro a Murtagh che
al capitano.
-
Naturalmente siete liberi. Ma dovete capire che senza
il nostro supporto la situazione della vostra amica potrebbe
peggiorare. -
Quel
riferimento ad Arya colpì Eragon in un modo
particolare. Il ragazzo sentì un misto di rabbia e
irritazione montarli dentro.
-
E’ forse una minaccia? - disse guardando il capitano
negli occhi.
-
Eragon, calmati - intervenne immediatamente Murtagh,
preoccupato per la reazione del fratello. – Il capitano
Xavier, vuole solo
aiutarci – gli disse poggiando la mano sulla sua spalla. Non
era da lui
rispondere con quei toni bruschi.
Ma
Eragon non aveva intenzione di calmarsi. Strattonò la mano
del fratello per liberarsi e si allontanò a grandi passi da
loro. Murtagh si
girò verso il capitano e poi verso Saphira alzando le mani
impotente.
La
dragonessa si mosse nella direzione presa dal suo
cavaliere.
Eragon,
piccolo mio. Cosa stai facendo?
Per
favore, non dirmi anche tu di calmarmi.
I suoi occhi erano lucidi
mentre si girava a guardare la dragonessa. Nel farlo Eragon lesse la
stessa
angoscia e preoccupazione. La sua rabbia scemò appena.
Scusami
Saphira, anche tu oggi hai perso qualcosa di importante.
le
disse profondamente dispiaciuto.
Sto
bene piccolo mio. Rispose
attraverso il legame. Ma ora sarà
meglio andare. Eragon
trattenne una nuova ondata di rabbia e si voltò
dall’altra parte prendendo un altro
profondo respiro.
Non
mi piace questa situazione. La sensazione di pericolo che ho sentito in
volo
non è ancora andata via. Saphira
gorgogliò preoccupata.
Anche
a me il capitano Xavier mi sembra sincero.
Lo incalzo la dragonessa
con dolcezza sostenendo la scelta di Murtagh. Il suo muso si
scontrò
delicatamente contro la spalla del cavaliere invitandolo voltarsi.
Ora
più che mai abbiamo bisogno i aiuto, di qualcuno che conosca questa terra e soprattutto
che conosca gli Elfi
Oscuri. Sensazioni di pericolo o no.
Le
argomentazioni di Saphira erano inoppugnabili ed
Eragon non trovò argomenti con cui ribattere.
Non
abbiamo scelta, vero?
le chiese con un sospiro.
Sembra
proprio di no.
Murtagh
e Xavier videro Eragon tornare verso di loro
seguito da Saphira.
-
Va bene possiamo andare - disse secco ai due uomini.
-
Hai fatto la scelta giusta- disse Xavier. Murtagh non
aveva perso di vista il fratello.
-
Vi seguiremo in volo con Saphira e Castigo. Potete
andare avanti - disse. Xavier annuì quindi fece cenno ai
suoi uomini di mettersi
in marcia verso il palazzo.
Quando
furono di nuovo soli Murtagh guardò il fratello di
traverso.
-
Eragon noi due dobbiamo parlare. Adesso. Se vogliamo
riprenderci ciò che ci è stato portato via
sarà meglio non inimicarsi le uniche
persone in grado di aiutarci. Non pensi? -
La
risposta di Eragon non tardò ad arrivare - Proprio tu
mi parli di collaborare? -Rispose stupito. - Il capitano ci ha fatto
capire che
il loro aiuto dipenderà da come ci comportiamo. Ha
minacciato Arya -
Murtagh
prese un respiro profondo - Eragon non fidarsi è
un conto. Ma questo è intestardirsi, ed è una
cosa completamente diversa -
Eragon
era sempre più esasperato. - Bene ora mi sto
intestardendo?! -
-
Tu stravolgi ogni mia parola. Ti sto solo pregando di
essere più ragionevole -
-
Murtagh… - Eragon non poteva dirgli che sentiva ancora
la sensazione di imminente pericolo, né del male che aveva
avvertito quando
aveva curato Jill ma rimase di fronte al fratello con le braccia lungo
i
fianchi e le mani stretta a pugno.
La
discussione fu interrotta da un colpo di coda di
Saphira e Castigo. I due draghi avevano ascolto il loro battibecco
senza intervenire
ma ora era arrivato il momento di interromperli
Ricordate
cosa è successo l’ultima volta che avete litigato?
gli
ammonì la dragonessa con voce brusca.
-
Va bene Saphira la smettiamo - gli rispose Eragon ed
anche Murtagh dall’altra parte annuì.
Siamo
tutti stanchi. E voi due avete bisogno di riposare. Non siete
indistruttibili.
Saphira
aveva parlato ad entrambi i cavalieri che non
poterono fare altro che riconoscere la verità delle sue
parole.
In
silenzio, immerso ognuno nei propri pensieri salirono
sul dorso dei draghi.
A
volte è veramente esasperante e cocciuto
si
lamentò Murtagh attraverso il suo legame con Castigo. Beh
siete fratelli.
Fu la risposta secca del drago rosso.
Senza
dargli il tempo di replicare il drago aprì le sue ali
e abbassandosi con le zampe posteriori spiccò un potente
salto. Le ali si
chiusero subito dopo a dare una seconda spinta che gli permise di
portarsi
ancora più in alto. Dietro di loro la sagoma di Saphira li
seguì a una certa
distanza.
Il
sole stava scendendo verso l’orizzonte e il cielo, tinto
dei colori del tramonto, mostrava già il profilo di una luna
pallida. Una
leggera brezza soffiava dal mare e sul dorso di Castigo Murtagh si
abbandonò al
dolce cullare del suo volo.
***
Jill
si mosse piano, la prima cosa che avvertì fu la sensazione
di essere sospesa nell’aria. Non riusciva ancora ad aprire
gli occhi e questo le
permise di focalizzarsi sugli ultimi avvenimenti. L’ultima
cosa ricordava era
di trovarsi immersa nel buio più totale. Ma non era solo
addormentata, qualcosa
la tratteneva in quel buio. Delle mura fatte di oscurità,
disperazione e
solitudine. Le si erano chiuse intorno soffocandola e togliendole ad
ogni minuto
che passava speranza e voglia di vivere. Jill ebbe la netta sensazione
di stare
morendo, cercò di ribellarsi ma
l’oscurità era più forte. Stava quasi
per
arrendersi al suo destino quando sentì qualcosa battere
contro le pareti della
sua prigione. Sentì quelle mura alte tremare sotto dei colpi
potenti. Qualcuno
stava lottando per liberarla. Un filo di luce si insinuò
nella sua coscienza. La
speranza si trasformò in gioia quando sentì
l’oscurità che la stava opprimendo sgretolarsi
in mille pezzi. Raggi di luce penetrarono nelle fessure per poi entrare
dirompente
con tutta la sua forza riscaldando il suo cuore. Era di nuovo libera ma
non era
ancora cosciente. Lentamente scivolò verso un ambiente caldo
e confortevole.
A
poco a poco Jill riacquistò i propri sensi. Aprì
lentamente gli occhi ma quando riuscì a mettere a fuoco
desiderò di non averlo
fatto. Si trovava sospesa nel vuoto contro qualcosa di duro e squamoso.
Lanciò
un urlo e un ragazzo si voltò verso di lei. Aveva i capelli
mori e lo sguardo
che le rivolse fu intenso. Non capiva perché ma gli
ispirò subito fiducia.
Poi
il ragazzo parlò
-Jill,
ti sei svegliata! -
La
ragazza lo guardò con aria smarrita, come faceva a sapere
il suo nome? Improvvisamente si rese conto di non ricordare nulla del
proprio passato,
solo qualche sprazzo della sua infanzia. Una fattoria nei pressi di una
città
chiamata Uru’ben, suo padre che le insegnava a combattere e
poi il vuoto.
Sentì
il suo stomaco fare le capriole mentre la creatura
dalle squame di fuoco si abbassava improvvisamente di quota per
assecondare una
corrente. Nella sua mente confusa un barlume di conoscenza si accese.
Stava volando
sopra un Drago e il ragazzo davanti a lei non poteva che essere un
Cavaliere
dei Draghi. Jill non aveva idea del perché sapesse tutte
quelle cose ma sapeva
che era così. Non riuscendo a venire a capo in tutta quella
confusione che
aveva in testa decise di accantonare i suoi problemi per un attimo e di
cercare
una sistemazione più comoda; saggiò la resistenza
delle corde che le premevano
contro il corpo, erano strette ma non così forti da
impedirle un certo
movimento. Girando il collo da un lato notò con stupore che
c‘era anche un
secondo drago, volava a pochi metri di distanza da loro e il colore
delle sue
squame era di un blu intenso.
Una
brusca virata la costrinse a girare di nuovo la
testa. Qualsiasi fosse stata la loro destinazione Jill intuì
che erano quasi
arrivati.
Sotto
i draghi il capitano Xavier ordinò ai suoi uomini
di entrare dentro il maschio del palazzo e prima di sparire anche lui
al suo
interno fece un segno ai cavalieri di avanzare oltre le mura. Castigo e
Saphira
sorvolarono una parte della città castello per poi iniziare
la loro lenta
discesa all’interno di un cortile circondato da un porticato
che gli girava
tutto intorno.
Una
volta atterrato Murtagh scese dal dorso di Castigo e
si affrettò a raggiungere Jill ancore ancorata alla sella.
La slegò dalle corde
e la fece scendere adagio.
-
Jill come ti senti? - chiese alla ragazza lasciando il
suo braccio.
-
Non lo so …- rispose Jill un po’ spaesata ma grata
di
riuscire a stare in piedi con le sue gambe. Quel ragazzo era veramente
preoccupato per lei, pensò mentre la sua frustrazione
aumentava. Se solo fosse
riuscita a ricordare il suo nome! Intanto anche l’altro drago
e il suo
cavaliere erano atterrati e si stavano avvicinando a loro.
-
Voi chi siete? Come fate a conoscere il mio nome? -
Murtagh
la guardò accigliato – Jill cosa dici, sono io
Murtagh – le parole di Jill ebbero l’effetto di uno
schiaffo sul giovane che
indietreggiò di un passo. - Non ricordi chi sono? -
-No,
non ricordo nulla. So solo che mi chiamo Jill e
che…- Jill vacillò sulle gambe e
indietreggiò di qualche passo cercando di
guadagnare tempo per dipanare la confusione che regnava nella sua
mente. Eragon
riuscì a prenderla in tempo prima che cadesse a terra.
Jill
guardò nei suoi occhi, erano di un nocciola inteso e
la scrutarono con attenzione mentre la sorreggeva tra le braccia. Anche
lui
mostrava una sincera preoccupazione per lei, ma allo stesso tempo
c’era
qualcosa che lo rendeva familiare.
-
L’oscurità non ti tiene più prigioniera
Jill, che cosa ti
trattiene ancora? - le chiese sondando la sua
mente e a quel punto
Jill capì. Era stato lui a liberarla. Jill si
sentì ancora più confusa.
-Lasciami,
ti prego – gli chiesi cercando di liberarsi
dalla sua presa. – Ho bisogno di spazio -
Eragon
annuì e la lasciò andare. Murtagh lo
guadò
smarrito, ora i due fratelli erano lontani più che mai.
Eragon avrebbe voluto
parlare con lui e cercare il sanare il divario che si era appena creato
ma l’arrivo
di Isobel glielo impedì. La regina era seguita da una
giovane donna, una delle
ancelle che le era stata accanto nel loro primo incontro; portava degli
abiti
diversi da quelli indossati la mattina, questo era rosso e stretto,
avvolto in
vita da una cintura dalla banda larga dello stesso colore della veste;
i
capelli erano
raccolti in una
acconciatura che ne rivelava il collo affusolato adornato da una
collana.
-
Il capitano Xavier mi ha appena informato di quello che
è accaduto all’accampamento - il suo sguardo
passò da un Cavaliere all’altro,
le mani giunte in grembo - Gli Elfi oscuri hanno violato la tregua per
qualche
motivo. Vorrei capire il perché. Vi hanno forse preso
qualcosa di importante? -
chiese ponendo la domanda in modo innocente.
-
Non è stato preso nulla di valore maestà - le
mentì
Eragon anticipando qualsiasi risposta di Murtagh. Il Cavaliere
cercò il
fratello con la coda dell’occhio per vedere la sua reazione
ma Murtagh lo evitò.
Se Isobel si accorse della tensione tra loro non lo diede a vedere,
invece rimase
a guardare Eragon per un lungo istante prima di tornare a parlare
– Bene -
aggiunse con voce asciutta. Quando il suo sguardo si posò su
Jill il volto
della regina ebbe una leggera contrazione che disturbò per
un attimo
l’imperturbabilità del suo volto.
-
Vedo che la vostra amica si è svegliata- disse riuscendo
a stento a nascondere una certa sorpresa.
-
Sai dirci qualcosa del tuo aggressore mia cara? –
chiese Isobel rivolgendosi direttamente alla ragazza. Jill
raddrizzò la schiena
come sentì la voce della donna e un brivido le
attraversò la spina dorsale. Scosse
la testa con vigore.
-
E’ ancora molto provata, Maestà- intervenne
Murtagh
rispondendo al suo posto per proteggerla.
Isobel
annuì poi voltò lo sguardo verso Murtagh
-
Ti prego, non usare Maestà, chiamami Isobel- disse
piegando le labbra in un sorriso privo di allegria. Quindi
proseguì - Ma noi
stiamo parlando quando voi siete molti stanchi. Le vostre stanze sono
già
pronte e i vostri bagagli sono stati sistemati al loro interno. Potete
lavarvi e
cambiarvi e domani mattina sarete ospiti di banchetto in vostro onore.
-
Dove andranno Saphira e Castigo? - chiese allora Eragon.
-
Per ora abbiamo allestito due tendoni all’interno dei
giardini del palazzo, se si alzano in volo potranno scorgere i
falò che li
circondano-
Non
ti preoccupate per noi, ce la caveremo piccolo mio
Disse Saphira.
Manterremo
il nostro contatto, non vi lasciamo soli
aggiunse Castigo. Poi i
due draghi volarono via.
La
notte era ormai scesa e in aria si potevano udire a
una certa distanza le grida dei pipistrelli a caccia di qualche
succulenti
insetti. Uno di loro si era intrufolato tra le colonne del chiostro.
Eragon udì
distintamente il rumore delle sue ali che batteva contro le colonne.
Anche la
regina si girò verso quel suono.
-
Vi lascio alle cure di Aglaia. – disse prendendo per
mano la ragazza che era venuta con lei e portandola di fronte ai
cavalieri.
-
Vi aspetto domani -
***
Solo
nelle sue stanze Eragon si stese sul letto, il
materasso era morbido e soffice e il ragazzo vi sprofondò
sopra con tutto il
suo peso. Era sfinito sia mentalmente che fisicamente Gli eventi della
giornata
lo avevano lasciato completamente svuotato. Solo con i suoi pensieri il
ricordo
di Arya e del suo rapimento lo travolse con tutta la sua forza.
La
sua voce che gli chiedeva aiuto risuonò nelle orecchie.
Eragon non riusciva a perdonarsi il fatto di essere arrivato tardi e di
non
aver potuto far di più.
Sentendosi
sopraffatto da quel turbinio di emozioni nascose
il volto tra le mani e si costrinse a allontanare quel pensiero.
Prese
un respiro profondo, il suo sguardo cadde sulla brocca
d’acqua sul tavolo accanto al letto e gli venne in mente che
avrebbe potuto
divinarla con facilità. Probabilmente l’avrebbe
vista avvolta in un alone scuro,
dato che non poteva conoscere il posto dove la tenevano, ma gli avrebbe
permesso di conoscere le sue condizioni. Spronato da quel pensiero si
alzò, versò
il liquido della brocca in una bacinella e con un sussurro
pronunciò le antiche
parole:
-Drum-koapa-
Il
volto di Arya comparve qualche istante dopo. Era
avvolta da un alone di luce azzurrina e sembrava distesa. Doveva essere
addormenta
pensò Eragon. Guardò l’immagine
riflessa nello specchio d’acqua per alcuni
minuti poi lasciò che svanisse da sola. I suoi occhi si
riempirono di lacrime
ma le cacciò via passandosi una mano sul volto. Arya non
avrebbe voluto vederlo
così.
L’Elfa
si sarebbe concentrata sul presente. Eragon sapeva
che doveva prepararsi all’incontro con Isobel. Non aveva idea
di come stesse
Murtagh in quel momento. Dal loro litigio giù alla spiaggia
non avevano avuto
più modo di chiarirsi e non averlo al suo fianco lo fece
sentire improvvisamente
solo. Anche Saphira era stranamente silenziosa.
Accantonando
per il momento quei pensieri Eragon si
lasciò il letto alle spalle ed entrò nella sala
da bagno. Non poteva certo addormentarsi
in quelle condizioni. Gli abiti e il corpo erano sudici e
impolveratati. Si spogliò
con e usò un catino per lavare via terra e sporcizia con
l’aiuto di una spugna.
Finite le abluzioni andò ad immergersi nell’acqua
tiepida della vasca.
Il
calore lo aiutò a rilassarsi e i muscoli intorpiditi
si sciolsero abbandonando tutte le tensioni accumulate. Eragon si
lasciò
cullare da quella sensazione piacevole ancora per un po’ di
tempo poi uscì e avvolgendo
il corpo con un telo fece ritorno nella stanza da letto.
Cercò
nel proprio baule
delle vesti puliti e nel prenderle notò un debole luccichio
provenire dal fondo.
Andando a rovistare con la mano Eragon scoprì con stupore
che si trattava della
collana amuleto donatagli da Gannel durante il suo soggiorno a
Celbedeil. Fece
scivolare lentamente la collana tra le dita, era da quando aveva
sconfitto
Galbatorix che non la portava più. Non poteva essere un caso
che l’avesse
ritrovata proprio adesso. Decise che sarebbe stato prudente indossarla
di nuovo.
Così se la fece passare sopra la testa sistemandola sul
petto; la sensazione dell’argento
freddo contro la pelle nuda lo fece sussultare. Eragon si
sentì subito più
sicuro nel percepire di nuovo l’incantesimo del nano scorrere
all’interno del
piccolo ciondolo d’argento. Ora se i loro nemici avessero
cercato di divinarlo,
chiunque fossero,
avrebbe avvertito. Ma
chi erano questi nemici? Si chiese sdraiandosi nel letto. Murtagh
sembrava
averli trovati negli Elfi Oscuri, ma Eragon non era dello stesso
parere. Mentre
scivolava lentamente nel sonno sperò con tutto se stesso di
sbagliarsi.