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Autore: Reginafenice    30/06/2022    2 recensioni
[The Marvelous Mrs. Maisel]
[The Marvelous Mrs. Maisel]Midge e Lenny prima e dopo la Carnegie Hall. Chi l'avrebbe mai detto che Lenny Bruce sa anche cucinare?
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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«Tu lo sapevi che qui fanno un’ottima cheesecake

«Un piatto tipico della cucina cinese, certo. Per chi mi hai preso?» Lenny sorrise cercando di non soffocarsi con l’ultimo boccone di involtino primavera.

Midge annuì, «Beh, ne sono lieta. Un perfetto connubio tra le tradizioni di due culture molto simili. Anche se la mia cheesecake non la batte nemmeno il miglior chef di Pechino.»

Lenny si guardò intorno circospetto, «Non vorrei che quei due ti avessero sentita. Ci scommetto venti dollari che sono poliziotti in borghese. Potresti finire in galera per quello che hai detto, lo sai Midge?»

Si finse indignato.

«Dici quei due signori lì in fondo? Piantonare un locale così carino solo perché il regime comunista cinese vanta una cucina decisamente migliore della nostra! Cosa si aspettano, che il Presidente mangi hamburger ogni santo giorno?»

«E se invece fossero delle spie in incognito? Li capirei se la notte non sopportassero più la loro vita americana e sgattaiolassero fuori a mangiare qualcosa di commestibile. Io lo farei.»

«Lo stai già facendo.»

Lenny scrollò le spalle, annuendo. Posò il tovagliolo sul tavolo e rimase lì a guardarla con le braccia conserte per più di un minuto, in assoluto silenzio.

«Questa è la seconda cena che mi offri. Non ti nego che dopo tutte quelle cauzioni pagate ai tuoi amici temevo rimanessi al verde.  Sei stato tu a farmi saltare uno dei pasti più importanti della giornata. Quindi, non te lo avrei perdonato mai e poi mai.»

«Ehi! Anch’io stavo morendo di fame!»

«Ne è valsa la pena aspettare.» La malizia nel suo sguardo rifletteva perfettamente ciò a cui anche lui stava pensando. Allungò il braccio di fronte a sé, invitando Lenny ad afferrare la sua mano. Cosa che lui accettò ben volentieri.

«Verrai a vedermi venerdì?» Le chiese con dolcezza, quasi intimidito dalla sua risposta.

«Non avrai difficoltà a notarmi.»

«Perché non ci sarà nessun altro?» Scherzò lui.

«No. Perché indosserò l’abito più bello che possiedo e ti assicuro che ne ho parecchi.»

Intrecciò le dita nelle sue, stringendole forte. Era ormai notte inoltrata, ma Midge non aveva alcuna intenzione di tornare a casa. Il clima si era placato e ora rimaneva soltanto la soffice distesa bianca sull’asfalto a testimonianza della bufera di neve che aveva fatto loro da Galeotto.

«Il mio ex marito avrà un altro figlio. L’ho saputo qualche ora fa.»

Non capiva perché le fossero uscite dalla bocca proprio quelle parole. Era un pensiero che aveva accantonato per tutta la serata fino a quel momento. Probabilmente voleva processarlo con Lenny. Da quella notte la barriera era caduta e l’accesso al suo cuore era completamente libero. Anche gli angoli più oscuri, sapientemente nascosti alla luce, adesso rivelavano il loro contenuto.

Lenny alzò dal suo posto per accomodarsi vicino a lei. Lasciò che appoggiasse la testa sulla sua spalla e le accarezzò la schiena, incurante del giudizio di quei quattro gatti presenti nella stanza oltre a loro.

«Come ti senti?»

«Cambiata.»

«Mhmm…»

Si raddrizzò per guardarlo meglio, «Se questo fosse successo qualche anno fa non avrei reagito così. Oggi, invece, mi sento in pace con l’idea di vivere su una strada parallela rispetto a Joel. Il mio treno corre secondo il mio tempo e lui non ne è più un passeggero. Ovviamente, è un uomo a cui voglio bene, ma non detta più il percorso e gli orari della mia vita.»

«A me piace come conduci il tuo treno. Mi piace molto, in effetti. E adoro il posto che mi hai tenuto da parte.»

«Non ho sentito lamentele da parte tua, almeno per il momento.»

«Dove credi che andremo dopo questa tappa? Intendo noi due. Solo noi due.»

Midge lo baciò teneramente, premendo una mano sul suo petto. Lenny la sollevò e fece in modo di averla sul suo grembo. Poi, le accarezzò la gamba con una calza bucata per via dell’attività svolta precedentemente nella stanza “molto blu” del suo hotel.

«Dopodomani saremo alla Carnegie Hall. Ti consiglio di essere puntuale.»

Lenny scoppiò a ridere, «Farò del mio meglio per non mancare.»

 

 

Passarono diverse settimane prima che Midge e Lenny si incontrassero di nuovo. Questa volta fu a casa di Lenny, dopo la discussione che avevano avuto riguardo alle numerose scelte sbagliate di Midge, nonché al modo cieco in cui aveva condotto la sua carriera e la sua vita fino a quel punto. Aveva scoperto che non era per evitarla che era sparito dalla circolazione per un tempo così fastidiosamente lungo, lasciandola a meditare sulla scomoda verità delle sue parole.

A New York era diventato difficile arrivare a fine serata senza l’intervento della polizia. Perciò, lavorare a Los Angeles era stata quasi una scelta obbligata. Lì, però, viveva Kitty e Lenny adorava sua figlia. Con meno favore, invece, tollerava la costante presenza di sua madre nella sua vita californiana.

Tuttavia, le cose stavano migliorando e allora in lui si era fatta strada l’idea di comprare un nuovo appartamento nella grande mela. Sarebbe stato considerevolmente più vicino a una persona che amava molto – di sicuro molto di più di quanto amasse se stesso – e Kitty sarebbe cresciuta nel luogo in cui era nata.

Suonò il campanello e Lenny si precipitò ad aprire la porta. Quando la vide sentì gli occhi inumidirsi, ma fece di tutto per nascondere l’emozione. Si scostò per farla entrare e Midge oltrepassò l’uscio senza staccargli gli occhi di dosso. Aveva una bottiglia in mano.

«Martini per un uomo che purtroppo non avrà olive da aggiungere nel mio bicchiere.» Gliela mise in mano.

«Bella tattica. Vuoi farmi ubriacare così domani mattina non mi ricorderò nessuno dei tuoi commenti sui ciò che avrai mangiato?»

Midge scosse la testa, «Grazie, ma non si abbina a quello che avevo intenzione di offrirti.»

«Stai scherzando? Non c’è nulla che non stia bene col Martini.»

Lenny le tolse il cappotto dalle spalle, indugiando qualche istante di troppo sul suo corpo. Era esattamente quello che desiderava Midge.

«Devo farmi regalare un appendiabiti per il mio compleanno.»

«Non puoi comprartelo da solo?»

«Vado a poggiarlo sul letto.»

Indicò con la testa la sua stanza e poi sparì, insieme al suo sorriso, in fondo al corridoio.

Nel frattempo, Midge si avventurò verso la cucina. Lei adorava le cucine. Prima di varcare la soglia di quell’ambiente accogliente, però, si fermò attratta da un particolare: sulla consolle addossata al muro era aperto il portafogli di Lenny, dalla cui tasca sbucava una foto in bianco e nero di una bambina adorabile accoccolata tra le sue braccia. Erano su una spiaggia e davano le spalle al mare. Sembravano molto spensierati.

Lenny la raggiunse da dietro e osservò la fotografia, preferendo lasciarla nelle mani di Midge, «Quel giorno avevo l’orologio rotto. Non so quanto tempo siamo stati lì a rincorrerci e a riempirci i capelli di sabbia.»

«Il tempo era irrilevante, vero?» Depose la foto e poi si voltò a guardarlo, «Vorrei che avessi più spesso quel sorriso. Mi è mancato oltre ogni immaginazione.»

«È riservato solo a te e a Kitty.»

«Ma di recente ti ho fatto piangere.»

«Sì, lo hai fatto.»

«Non me lo sarei aspettato da te.»

«Eppure, è successo.»

Midge si morse la lingua, chiaramente intenta a impedire alle lacrime di scorrere sul suo viso. Lenny la condusse in cucina guidandola con le mani sulle spalle, «Ho preso tutti gli ingredienti che ho letto su quella rivista. Se ti avessi chiesto la ricetta ti avrei rovinato la sorpresa.»

Midge guardò ogni cosa disposta accuratamente sul tavolo con gli occhi sgranati, «Non ci credo! Lenny Bruce nei panni di una casalinga dell’Upper West Side! Vuoi rubarmi la professione?»

«Ehi, qui siamo al Greenwich Village! E poi tu non sei più una casalinga, Cristo! Con tutto il rispetto per le casalinghe…»

Midge lo osservò con uno scintillio negli occhi, senza nemmeno provare a nascondere l’eccitazione che le suscitava il pensiero di Lenny seduto di fronte allo schermo del Gordon Ford show. Era la comica fissa del venerdì sera dall’inizio della stagione. Era a quello che si riferiva?

«Mi hai vista in televisione…»

Lenny annuì.

«E allora? Come ti sono sembrata?»

«Te lo dirò dopo cena. Ma non hai bisogno del mio parere.»

«No, però ho voglia di conoscerlo.»

Ecco. L’aveva fatto di nuovo: era riuscita a renderlo vulnerabile un’altra volta.

«Hai anche un grembiule più bello del mio. E questo non è giusto!»

«Facciamo a cambio?»

«Oh no! Tu con il mio grembiule rosa ricamato?»

«Potrei sorprenderti.»

Midge ammiccò elegantemente, ma Lenny si affrettò a sollevare il palmo della mano e ad aggiungere, «Un passo alla volta, Midge. Per ora, direi di partire dalla cheesecake

Si rimboccò le maniche della camicia, pronto ad essere iniziato alla difficilissima arte della pasticceria.

 

 

«Te ne sei ricordato.» Affermò Midge mentre assaggiava con un cucchiaio la crema al formaggio avanzata. Si era seduta sul tappeto vicino al forno, con le gambe incrociate, in attesa che la torta si cuocesse a dovere.

«Non ho nemmeno quarant’anni! Me lo riesco a ricordare quello che è successo da quando ho quattro anni a questa parte. Grazie per la preoccupazione.» La raggiunse sul pavimento della cucina. Erano uno di fronte all’altra. Lenny aveva tutta la camicia macchiata e i pantaloni pieni di impronte di burro, in quanto aveva scelto di sacrificare se stesso pur di salvaguardare l’outfit di Midge cedendole il suo grembiule e stringendoglielo in vita,

«Posso assaggiarla anche io? Lo so che sei tu che comandi in cucina, ma mi pare di aver fatto la mia parte!» Indicò i segni della battaglia ben evidenti su tutto il suo corpo.

Midge prese della crema e avvicinò il suo cucchiaio alla sua bocca. Dopo averla mangiata, Lenny rimase con la mano sul suo polso.

«Mhmm… Mao Tse-tung avrebbe ucciso per questa!»

«Avrebbe ucciso per un prodotto culinario della società consumistica americana? Nah, probabilmente lo avrebbe fatto per altre ragioni.»

«Midge?»

«Sì?»

«Sono fiero del lavoro che stai facendo. La prima volta che ti ho vista seduta sulla poltrona di Ford ho esultato come un bambino.»

Si sollevò da terra per accostarsi a lui, addossando la schiena al muro e appoggiando la testa sulla sua spalla.

«Sei tu il mio trampolino di lancio. Lo sei sempre stato. Soprattutto quando non c’era nessuno che potesse aiutarmi veramente. Susie non sapeva come farlo, eppure ti giuro che ci ha provato. Dio sa quanto ci ha provato!»

«Sono solo uno dei tanti che hanno annusato il tuo fottutissimo potenziale. Prima è venuta Susie, però.»

«Non è una gara a chi l’ha scoperto prima.»

«Dovrò comprare un altro grembiule.»

Midge sorrise, «Hai intenzione di cambiare lavoro? Agevoleresti la concorrenza.»

«Questo è sicuro!»

Midge gli tirò una leggerissima gomitata nel fianco fingendosi risentita, ma invece di ritirare il braccio preferì avventurarsi verso la sua coscia. Lenny appoggiò la mano sulla sua.

«Si brucerà…»

«Ma se sei indecente! Vuoi imbrattare ancora di più la tua reputazione?»

«Sono in grado di spogliarmi da solo, Midge. Non sono un bambino.»

«Ah beh, non mi sembrava quando ti sei fatto imboccare da me proprio qualche secondo fa. E comunque ho davvero pochissimi dubbi sul fatto che tu sia un bambino. Ma oggi c’è qualcuno che vorrebbe toglierti i vestiti di dosso tutta da sola e sarebbe molto scortese impedirglielo.»

Lenny la baciò appassionatamente e prese fiato, «Dovremmo spegnere il forno?»

Le dita di Midge proseguirono incautamente verso la cintura dei suoi pantaloni, mentre lo guardava languidamente negli occhi, «Solo se non vuoi causare un incendio e distruggere il tuo nuovo appartamento.»

«Mi basta l’incendio che vedo nei tuoi occhi.»

Quella notte finirono per mangiare fuori, proprio nello stesso ristorante cinese dell’ultima volta.

 

   
 
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