Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: sissir7    30/06/2022    0 recensioni
Jimin è il rivale di sé stesso, un ballerino che ancora non mette la testa apposto, e al suo fianco c'è Jungkook, un ragazzino che ha tra le mani non solo anelli d'oro, ma tutta Seoul, e cerca di dargli ogni cosa al suo angelo, tutto quello che ha. Il destino però ha inserito in quello di Jimin anche Yoongi, il produttore più freddo e affascinante di Seoul, che in realtà ha alla spalle tenebre che Jimin, nella sua noiosa e perfetta vita, brama di assaporare.
Non si tratta di scegliere, si dice sempre Jimin, si tratta di zittire i rumori di fondo fastidiosi e monotoni per finalmente trovare l'armonia adatta alla sua anima.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Taehyung/ V, Min Yoongi/ Suga, Park Jimin
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Threesome
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Sentiva un calore fastidioso su tutto il corpo.
Si rigirò per qualche secondo nel letto prima di aprire gli occhi e venire come preso a martellate sulla testa.
“Dannazione.” imprecò con un filo di voce.
La pelle era imperlata di sudore.
Quel rosa delicato era bellissimo tutto luccicante.
Sembrava di guardare la luce che emanava un angelo.
“Che caldo.” disse con più forza, notando la figura di Yoongi davanti alla cassettiera mentre piegava dei vestiti e li riponeva dentro.
“Scusa, pensavo avessi freddo e ho acceso la stufa elettrica."
La spense subito, sorridendogli.
“Che…ore sono?”
“L’una. Ti Ho lasciato il pranzo nel forno.” gli disse tranquillo continuando a piegare dei pantaloni.
Jimin alzò le lenzuola e vide che era nudo.
Si passò la mano sulla fronte accaldata asciugandosi il velo di sudore.
Il sole accecante gli dava fastidio.
Le lunghe finestre erano aperte, ma non passava un filo d’aria.
Aveva bisogno di una doccia fredda e di un’aspirina.
Si tirò su mettendosi a sedere e rimase così per un po', con gli occhi chiusi sperando che le forze gli tornassero magicamente.
“Magari prima un caffè? Che dici?” gli disse, ridendo piano, il maggiore.
Lui si limitò ad annuire.
Sentì la porta della camera aprirsi e chiudersi.
Aprì piano gli occhi.
Portò una mano alla sua apertura, dietro, che però non sentiva come immaginava che fosse.
Si sentì avvampare.
Ricordava del vino della sera prima, di un abbraccia dato a Yoongi e poi loro sul letto e il pompino che gli aveva fatto e poi solo buio.
Altre volte, quando aveva fatto sesso da ubriaco, la mattina dopo sentiva che lo aveva fatto, ma quella mattina no.
Tuttavia, non ne era certo, poteva essere accaduto di tutto.

La porta si aprì e Yoongi gli porse la tazza.
“Ho pensato che non lo volessi molto caldo.”
“Grazie.” gli disse non incrociando lo sguardo.
Yoongi sentiva a un metro di distanza il nervosismo di Jimin e sapeva anche il perché.
“Non abbiamo scopato.”
“Lo so.” rispose, cercando di essere il più convincente possibile.
Il maggiore alzò le sopracciglia sorpreso.
“Lo sai, mh?”
Jimin bevve un sorso e gli disse che era buono cercando di cambiare discorso.
Il maggiore incrociò le braccia e iniziò a parlare.
“Eri ubriaco fradicio. Roba che non ti reggevi neanche sulle ginocchia. Ed eri mezzo addormentato.”
Jimin si fece piccolo piccolo portando le gambe al petto.
Sembrava una vera e propria ramanzina di un genitore.
Yoongi sospirò gettando la testa all’indietro.
“Spero non ti abbia causato troppi problemi, hyung.”
La voce sinceramente dispiaciuta di quella testolina castana lo faceva incazzare perché odiava come i nervi gli si rilassavano.
“No, no, non iniziare a scusarti okay?”
Lo disse più duro di quanto voleva suonare.
“Jimin, io voglio solo tu sappia che non farei mai una cosa del genere. E non lascerei che nessuno ti tocchi in quello stato. Volevo solo…
solo dire che mi dispiace vedere che ti riduci così. E per cosa? Eh? Cosa cazzo hai guadagnato?”
“Te.”
Si guardavano e per la prima volta Yoongi capì che forse lui non era un capriccio per quel ragazzino.
Che forse, forse, davvero contava qualcosa e davvero aveva visto qualcosa in lui.
“Mi avresti anche se non ti ubriacassi, idiota.” disse con voce flebile e quasi dolce.
Sul volto di Jimin apparse un sorriso.
Se ne andò non approfondendo quel discorso anche se quel “te” gli ronzò nella testa per tutto il santo giorno. 


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Hotel Venus, 24esimo piano, suite Gold.
Nove e quarantacinque.
Jungkook stava per perdere la pazienza che non era mai stata un suo pregio, anzi.
Si mise anche un completo quella sera per Taehyung, per fare un buon lavoro e convincerlo davvero ad aiutarlo, con tutti i mezzi possibili.
Se doveva scoparlo voleva farlo in gran stile così che quel pretenzioso di Tae non avrebbe avuto nulla da ridire.
L’Hotel era il più costoso della città, vini costosi quasi quanto quella suite brillavano sul tavolo di marmo di carrara bianco al centro della camera
di fronte al letto; poi calici di cristallo, lenzuola di seta pura, e dio sa chissà cos’altro.
Tutto per Taehyung.
Ed effettivamente quel capolavoro di ragazzo non si meritava niente di meno.
La sua bellezza avrebbe messo in ombra tutto quel lusso comunque, pensò.

Si stava per togliere la cravatta quando bussarono alla porta.
Lui, sempre sicuro di stesso che quasi mai si dava un’ultima occhiata prima di uscire per quanto era consapevole della sua bellezza, si guardò allo specchio per aggiustarsi i capelli e la giacca.
“Buonasera,  hyung.”
Tae notò quanto si era messo in tiro e la bocca gli si seccò.
“Ciao, piccolo bastardo.” disse, facendosi spazio entrando.
Jungkook alzò gli occhi al cielo mordendosi l’interno della guancia.
Sapeva che quella sera sarebbe stato ancora più insopportabile del solito avendo Tae il coltello dalla parte del manico e proprio non riusciva
a farsene una ragione.
Il maggiore era una visione, come sempre d’altra parte.
Indossava un cappotto lungo fino alle caviglie, nero, con ricami damascati di velluto.
Non era abbottonato, ma al colletto aveva una catenina argentato che collegava i due estremi per non farlo scivolare così che era solo poggiato
sulle spalle.
Sotto si intravedeva un completo in seta verde smeraldo, pantaloni con taglio a palazzo da cui spuntavano i mocassini Gucci, la sua firma distintiva.
La camicia era color panna, trasparente, senza bottoni e con uno scollo a V che lasciava intravedere quelle bellissime clavicole
su cui si poggiava una catenina color argento con un ciondolo rosso, un rubino, regalo della nonna a cui Tae era molto affezionato.
Lo aveva cresciuto praticamente lei.

“Mi fissi sempre in quel modo.”
Jungkook, mezzo imbambolato, mise  nervosamente le mani nelle tasche dei pantaloni.
Le labbra del maggiore si curvarono un po' con espressione soddisfatta.
“Ti piace il mio completo.”
“Sei bellissimo, come sempre.”
Si limitò a dire, anche se davvero era rimasto senza fiato.
“Verso del vino.” disse, per poi aprire la bottiglia preferita dal suo amico.
Taehyung si guardò in giro, era tutto perfetto, come in quelle foto da catalogo che ti fanno sempre sognare.
“Non ero mai stato in questa suite. In quella Polaris sì, ed è molto bella. Più semplice.”
“Se preferisci quella io”
“No, JK, questa è più che alla mia altezza.”
“Niente è alla tua altezza.” gli rispose sincero porgendogli il calice, e lo sguardo di Tae si addolcì un po'.
“Jeon Jeon Jeon, si dice di tutto pur di raggiungere il proprio scopo.”
Il minore sospirò alzando gli occhi al cielo.
“Stai facendo lo stronzo sarcastico saccente istigatore e superiore del cazzo di proposito perché io i complimenti te li faccio sempre.”
E finì con un’alzata di spalle.
“Uno a zero per te allora.” rispose calmo l’altro, accavallando le gambe una volta seduto sul letto.

La sua espressione si incupì un po' e grattando nervosamente l’osso sporgente del ginocchio, confessò a Jungkook che in realtà era stanco
di quella facciata forte che si metteva su spesso quando era con lui e che per una volta voleva essere lui quello debole,
quello  con la faccia triste e non perfetta, quello solo, quello che di bello non aveva proprio niente.
Quello che dietro quell’aura d’oro celava solo tante paure e cicatrici di guerra interiore.
Quello che in quel momento era come se stesse esalando un grido d’aiuto, un <>
Un po' si odiava per tutto quello. 

“Ti ho visto poche volte esitare ed essere quello debole, Tae. Forse solo due. Ma se vuoi esserlo, con me sei al sicuro e non devi fare nessun preambolo e darmi nessuna giustificazione. Forse ti rendo le cose più difficili essendo così gentile perché so che non sai cosa rispondere
e odi non avere l’ultima parola. Ma questo…quello che vuoi fare, il modo in cui ti vuoi sentire, va bene. Siamo solo io e te, voglio dire, Tae, andiamo.
Ti voglio troppo bene per farti sentire a disagio, è l’ultima cosa che voglio. Tu…dimmi solo cosa e come vuoi farlo ed io farò il mio meglio.”
Gli era seduto a fianco e gli aveva preso la mano.
Taehyung poggiò la testa sulla sua spalla e dopo qualche secondo mosse piano il volto, baciandogli il collo piano.
“Sono fortunato ad avere te in questo mondo senza pietà. Tu ne ha tanta per me, in modo positivo.”
Jungkook gli accarezzò la guancia.
Quegli occhi scuri color mogano erano così difficili da reggere.
“JK…”
Il minore si sentì inebriato da quel suono, da quel profumo.
“Ho la persona che può fare questo lavoro nel modo giusto.”
Si scostò e si alzò veloce, aggiustandosi la giacca.
“C-come scusa? Non…non vuoi”
“No.”
“Era…una sorta di test o qualche tuo stratagemma per vedere come mi sarei comportato? Perché, cazzo Tae, io ero serio.”
“Lo so e no, nessun giochetto. Ho capito che...” Gli tremò la voce e si fermò.
“...che siamo già perfetti così come siamo, non ho bisogno di nient’altro da te.”
“Mi fai venire il mal di testa.”
Si sorrisero.
“Mi volevi scopare, mh? Aish, che ragazzino vivace che sei.” disse, guardandogli il cavallo dei pantaloni che mostrava una presenza interessante.
Il minore lo uccise con lo sguardo e si buttò sul letto.

“Alzati. Non vorrai farti una sega proprio ora”
“Come se non l’avessi già fatta davanti a te.”
“Quella volta eri ubriaco. Dio, puoi concentrarti?”
JK si alzò contro voglia.
Quasi non gli interessò più di pedinare Jimin, di tappare la bocca a quel Yoongi, perché aveva il suo migliore amico lì con quel culo da paura e lui non scopava da quando Jimin se n’era andato e si stava chiedendo come faceva a non essere ancora impazzito.
“Si chiama MinHee” disse Taehyung serio.
“Che devo sapere di lei?”
Si versò un altro bicchiere di vino per reggere quella conversazione.
“Sai cosa significa il suo nome?”
“No.”
“Astuzia. Questa è l’unica cosa che devi sapere.”
“Quanto vuole?”
“Ho patteggiato per un buon prezzo, mi conosci.”
Jungkook finì il vino e iniziò a togliersi quel completo costoso ma scomodissimo.
“Voglio più dettagli, che ha intenzione di fare.”
“Chiedilo a lei.”
E bussarono alla porta.
“Cristo” disse disperato JK, incamminandosi verso la porta con la camicia fuori dai pantaloni e mezza aperta.

“Ciao. MinHee, giusto?”
Entrò così silenziosamente che pareva volare.
Era bassina, magra, vestita tutta di nero con un cappellino con la visiera e una sciarpa le copriva il volto.
Poteva avere anche 13 anni per JK.
“I soldi spero siano già dove ti ho detto che voglio trovarli finito questo incontro tedioso.”
Jungkook alzò le sopracciglia e disse piano:
“Mi ricorda proprio qualcuno.” riferendosi a Yoongi.
“Vuoi un po' di vino?”
“No grazie.”
“Sei almeno maggiorenne?”
“Sei almeno intelligente da fare qualche domanda più utile?” 
E quando si tolse la sciarpa scoprendo il pallido volto, Jungkook per poco non cadde per quanto sentì le ginocchia deboli.
Tae rise di gusto e poi disse:
“Cosa c’è meglio di una sorella con sete di vendetta per mettere al suo posto una volta per tutte Min Yoongi? Due gocce d’acqua.
Ma lei è più cazzuta.” 
   
 
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