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Autore: FrancescaTelesca    02/07/2022    0 recensioni
[Altri attori/telefilm]
Can Divit ha tutto quello che si potrebbe desiderare: è bellissimo, gentile ed è l’erede di una delle più potenti e ricche famiglie di Istanbul. Le donne farebbero qualsiasi cosa pur di attirare la sua attenzione, ma un’ombra nel suo passato lo rende inquieto e gli impedisce di lasciarsi andare all’amore.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Zurigo (2004) <> la voce di Emre è piena di aspettative, mentre sale insieme a Hüma la scaletta dell’aereo che li sta riportando a casa. Lo attendono due ore e cinquantatré minuti esatti di volo, che ha diligentemente impostato sul nuovo cronografo che lei gli ha a comprato a Zurigo. A tredici anni, non è più il bambino che era partito con la mamma anni prima, lasciando il fratello e il papà. Ora è un ragazzino biondo con gli occhi azzurri, colori rari in Turchia ma molto comini in Svizzera, dove di giovani come lui ce ne sono a bizzeffe. Ha sentimento contrastanti rispetto a questo ritorno. Da una parte lasciare i suoi amici è molto doloroso, dall’altra sente la mancanza di Can e la protezione che suo fratello, puri così diverso da lui, gli dava. Pensa anche a suo padre e un senso di imbarazzo lo colpisce, come sei sua madre, seduta al suo fianco con in mano un bicchiere di scotch, potesse leggergli i pensieri e restarne delusa. Lui ama suo padre, ma quello che Hüma gli ha raccontato durante tutto quel tempo lontano da casa gli ha confuso idee e sentimenti. <> Quella frase, ripetuta molte volte, gli si era cementata nella mente ma aveva faticato a farsi spazio nel cuore. Gli piaceva pensare che Aziz fosse orgoglioso di lui, di quel figlio che studia in Svizzera e che ha quasi dimenticato come si parla in turco, ma che ora, più di un ragazzo, conosce correttamente atre due lingue. Adora immaginare che quella lontananza sia stata un tormento anche per suo padre e che, non appena si fossero rivisti, quella lunga separazione sarebbe diventata solo un brutto ricordo. Provava nostalgia per la Turchia, nonostante l’avesse lasciata quando era troppo piccolo per comprendere appieno cosa significasse quella terra per lui. Anche se non ricordava la lingua aveva però vividi ricordi di alcuni sapori e odori inconfondibili, che custodiva gelosamente nella memoria nonostante fossero stati pian piano sostituiti dai piatti elaborati e dai profumi costosi che aveva trovato a Zurigo. Adesso è quello che si può definire un giovane promettente rampollo della società europea. Non sfigurerebbe in Inghilterra o in Italia, anche se a un piatto di sushi o a uno di pasta preferisce le köfte che gli preparava la tata a Istanbul. Un ricordo lontano ma vividissimo, così come quello delle carezze di Aziz e dei giochi con Can. <> aveva sentito la madre confessare di nascosto a un’amica. Quella frase, un tarlo che picchiava forte sotto le perfette acconciature, a quanto pare era diventata un vero e proprio scopo da perseguire visto che stavano tornando: sicuramente per riconquistare il terreno perduto. Quando il cronografo gli ricorda che sono passate due ore e quaranta minuti dalla partenza, la voce del comandante richiama puntuale l’attenzione dei passeggeri: <>. Hüma posa il bicchiere, in cui restano sole poche gocce del liquore che aveva sorseggiato per tutto il tempo, si lecca le labbra e guarda Emre scompigliandoli affettuosamente i capelli: <>. Giardino degli Aksu – Istanbul Vedere Esel è lo scopo di ogni mia giornata. Finita la scuola mangio di corda e mi precipito sempre a casa di Polen. A volte viene anche Metin, che con noi si diverte. Però preferisco quando sono da solo e lascio a Esel un bigliettino in un punto preciso della strada, su un muretto, ver avvertirla dell’ora in cui ci vedremo. Voglio stare con lei, sono sempre impaziente di ascoltare i suoi discorsi, di vederla ridere e qualche volta anche di prenderle la mano facendola arrossire. Quando Polen è con noi finisce sempre per separarci e, sebbene sia impossibile non rimanere incantati dai suoi occhi verdi, nulla può essere paragonabile a quelli nocciola di Esel. Nel grande giardino della famiglia di Polen ho trovato un rifugio solo per noi due: una vecchia capanna abbandonata dove un tempo venivano riposti gli attrezzi. In quell’improvvisato luogo segreto, lontano dagli occhi di tutti, ho costruito il nostro piccolo mondo portando coperte e cuscini. Spesso ci arrivo carico di biscotti e cioccolato per farle una sorpresa, mentre di lei di solito è in cucina con la madre a sbrigare faccende. Poi, con la scusa di andare a studiare in giardino, mi raggiunge il più in fretta possibile per non farsi vedere da nessuno, soprattutto da Polen, che ha nei suoi confronti un atteggiamento particolarmente odioso. Non è sempre una bugia, a volte studio davvero con lei aiutandola a fare i compiti. Essere il primo della classe è per me un gioco da ragazzi: la mia capacità di apprendimento è sorprendente, tanto che dopo l’Alta Scuola hanno consigliato a mio padre di mandarmi in qualche college all’estero per perfezionare la mia istruzione. Altre volte passiamo il tempo a raccontarci cose divertenti, altre ancora ci sdraiamo sopra le coperte e guardiamo le nuvole e gli uccelli attraverso l’enorme buco sul tetto del capanno. È in momenti come questui che le mie mani, prima a farmi da cuscino sotto la testa, scivolano piano lungo i fianchi di entrambi e le dita si muovono come fossero calamitate dalle sue. Quando le sfioro la sento dapprima irrigidirsi e poi, lentamente, muoversi per cercarmi. Quel contatto crea tra di noi una sorta di corrente elettrica, qualcosa che si irradia nei nostri corpi passando dal mio al suo. Il cielo sopra di noi si sposta e così fanno i nostri occhi, fino a che non incrociamo l’uno lo sguardo dell’atra e rimaniamo lì immobili, incapaci di fare un passo in più per paura che anche un solo battito di ali di uno degli uccelli che volano sulle nostre teste possa rovinare la magia del momento. È uno di questi giorni che, ternando dal giardino di Polen dopo aver incontrato Esel, entro in casa e li vedo. Sono nel salone, abbracciati, occhi negli occhi. Mio padre e mia madre. <> la voce di Emre in inglese mi sorprende alle spalle, mi giro e rimango senza parole. Chi è questo ragazzo biondo che ho difronte?
   
 
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