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Autore: Gea_Kristh    23/05/2005    4 recensioni
Un ragazzo, stanco della propria vita, in una giornata di pioggia.
Ma… la morte sarà la fine di tutto? La parola "vita" è sinonimo di “per sempre”? Forse…
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Due occhi più azzurri del cielo v2
Due occhi più azzurri del cielo

 Quando entrai nel locale la musica mi investì sparata dagli altoparlanti a tutto volume. Mi chiesi come avrei fatto a parlare con lei, mentre mi guardavo intorno cercando scorgere il suo volto.

 

 Tutto era cominciato circa una settimana fa. Ero nel parco, come mio solito, a guardare i bambini giocare. Hanno un’energia incredibile, i bambini. Ma improvvisamente il cielo fu oscurato da un nuvolone grigio. Cominciò a piovere, e pensai che fosse strano. Il sole che fino a poco prima brillava timido, incorniciato da poche pecorelle bianche su uno sfondo celeste, era stato coperto di pesanti coltri, impenetrabili per i tiepidi raggi di quella mattina primaverile. Neanche le previsioni avevano avvertito di un temporale. Non che io ci creda molto, nelle previsioni, in effetti; una la indovinano e due no.

 Nel giro di pochi minuti il parco era deserto, oltre me ovviamente. Non avevo voglia di rientrare in casa, se così si può definire quella specie di tugurio preso in affitto in cui vivo. C’è sempre puzza di gatto lì, e dire che io i gatti li detesto; vallo a spiegare a quella poveraccia della mia vicina di casa. Credo che sia ancora convinta di essere in guerra.

 Elucubrazioni sulla sanità mentale di una ottantacinquenne a parte, decisi di rimanere. Tanto ero già completamente bagnato.

 Solo adesso mi rendo conto di quanto avessi perso la cognizione della realtà. Non riuscivo a rendermi conto di ciò che accadeva attorno a me, intontito dall’odore della terra bagnata che mi arrivava in piacevoli ondate. Sapevo solo che finalmente ero felice. Potrà sembrare strano, molto in realtà, ma era così. Finalmente potevo essere me stesso, e tutti i miei problemi sembravano scivolare via assieme alle gocce d’acqua. Respirai l’aria a pieni polmoni. Ed ancora una, e un’altra volta. Ero libero. Libero dalle catene della vita, finalmente. Scaricai in un attimo la tensione accumulata in anni di finti sorrisi, in anni di una vita vissuta solo a metà.

 Quello che successe dopo resta tutt’ora confuso nella mia mente. Una musica riempì l’aria. Era una musica dolce, e poco dopo me ne accorsi, cantata da una voce paradisiaca. Fu un attimo; la vidi. Il corpo esile, i capelli biondi mossi dal vento, la pelle lattea. Tutto di lei sembrava appartenere ad un angelo. Teneva gli occhi chiusi e continuava a cantare, apparentemente senza che si fosse accorta di me. Indossava una semplice vestina bianca, corta fino alle ginocchia, con sottili bretelline poggiate sulle spalle minute. I piedi erano lasciati nudi e polsi e caviglie erano ornati da braccialetti.

 La pioggia che le rimbalzava addosso creava un’aura spettrale attorno al corpicino, contribuendo a farla sembrare un sogno, o una visione. Pensai che non dovesse avere più di una quindicina d’anni, ma se ci rifletto ora mi rendo conto di non esserne affatto sicuro. Si può dare età a un angelo?

 Fu allora che notai una cosa, e rimasi di sasso più di quanto non lo fossi stato prima: lei era sotto l’acqua scrosciante del temporale proprio come me; ma nonostante tutto, non era minimamente bagnata, né i suoi piccoli piedi erano sporchi del fango che ricopriva tutto il parco.

 Fui interrotto nel flusso dei miei pensieri da un lampo di azzurro vivo. Aprì di scatto gli occhi, e mi sembrò che il tempo si fosse fermato. Smisi di respirare, il mio cuore mancò più di un battito. Lei, che si era bloccata tanto quanto me, in un istante mi diede le spalle. Corse qualche passo e poi scomparve. Scomparsa. Come era arrivata era scomparsa. Nel più fitto dei misteri, in un soffio di vento. Svenni. L’ultimo ricordo che ho di quel posto sono due occhi più azzurri del cielo; poi, il vuoto.

 

 Mi sono risvegliato questa mattina. Il mio letto era caldo, confortevole. Non riuscivo più a sentire l’odore della pioggia, fuori dalla finestra brillava il pallido sole primaverile.

 Sogno o realtà? Casualità o destino? Cosa era lei? Il mio bellissimo angelo senza nome… Non saprei definirla in modo differente. Lei… semplicemente lei. Come può d’altro canto esistere una parola per descrivere l’eternità del viso di un angelo?

 Il mio cuore è diviso. Sento nel profondo che lei era lì per nessun altro che me. Ma la mia mente, i cui pensieri non posso fermare, mi suggerisce che tutto è stato frutto della mia immaginazione. Che tutto è nato dal mio profondo bisogno di libertà in questo surrogato di vita. Eppure da dentro al suo pensiero avverto un calore confortevole… Lei era vera? Io non lo so. Ma è importante alla fine? Per me, per nessun altro, lei è la fresca ventata di vita di cui avevo bisogno per tornare a sorridere. Mi sento vivo. Sento di esistere, sento il mio cuore battere.

 E sento dopo quella che mi è parsa un’eternità che non è finita. Che posso ancora fare qualcosa per rialzarmi dalla fossa in cui sono caduto.

 La puzza di gatto non è più così disgustosa ora. Mi guardo attorno e vedo una stanza spoglia, fredda. Questa non è casa mia; qui non c’è il calore dell’affetto delle persone che tengono a me. L’orologio segna le otto e ventisette del mattino. Sono in ritardo per il lavoro, ma non mi importa. Quel che conta è ciò che sento crescere in me ora. Una nuova consapevolezza. Io posso. Posso cambiare il corso della mia vita. Ora lo so.

 Grazie Angelo.

 Quello che però lui non sapeva, era che in quel momento due occhi più azzurri del cielo lo fissavano, mentre un sorriso compariva sul volto angelico di lei, che spariva dalla sua vita. Ma… la morte sarà la fine di tutto? La parola "vita" è sinonimo di “per sempre”? Forse…

   
 
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