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Autore: Aagainst    05/07/2022    1 recensioni
“ Lexa se n’era andata senza nemmeno salutarla. L’aveva sedotta per poi abbandonarla, gettarla via come una scarpa vecchia. Le aveva preso tutto, il suo cuore, la sua anima, il suo amore e l’aveva resa un guscio vuoto, incapace di sentire qualsiasi cosa all’infuori di un insopportabile dolore. E, nella penombra della sua stanza, Clarke giunse alla più beffarda delle conclusioni. Non avrebbe mai smesso di amare Lexa Woods. Non ne sarebbe stata capace. Mai.”
Sono passati tre anni da quando Clarke si è risvegliata senza Lexa accanto, tre anni in cui, eccezion fatta che per qualche panel o intervista a cui entrambe hanno dovuto presenziare, le due attrici si sono a malapena rivolte la parola. Tre anni in cui Clarke non ha mai ricevuto risposte e in cui Lexa non ha fatto nient’altro che sfuggire qualsiasi domanda.
Eppure, il destino è dietro l’angolo
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Clarke Griffin, Lexa, Madi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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23.

 

Now I got a hand to hold
Don't ever let me, ever let me, ever let you go
(Mega-Let Me Let You Go)

 

 

 

“No, no, fermate tutto!”. Lexa sbuffò. Non ne stava andando una dritta. Non riusciva a concentrarsi, nemmeno lei sapeva perché. E, di conseguenza, la sua recitazione era davvero pessima. 

“Mi dispiace, non so cosa mi sia preso.” si scusò. 

“Beh, cerca di scoprirlo presto. Di questo passo, ci vorrà almeno un mese per finire di girare tutto.” ribatté in malo modo Maya Vie, la regista. Lexa sobbalzò. 

“Un mese?” Ma avevamo detto che…”

“Va bene, basta così, facciamo una pausa!” intervenne Becca, prima che la situazione potesse degenerare ulteriormente. “Lexa, vieni con me.”. L’attrice non replicò e obbedì, la testa china. Era conscia di non star dando il massimo e non era da lei, decisamente. Lei e Becca camminarono per qualche minuto, per poi sedersi a terra, noncuranti della terra che avrebbe sporcato i loro pantaloni. Il clima era gradevole e il cielo era coperto da qualche nuvola. 

“Sono felice che abbiamo deciso di girare questo mese, almeno non fa troppo caldo.” esordì Becca. Lexa annuì, senza parlare. Non era dell’umore giusto, per niente. Prese un sassolino da terra e lo lanciò lontano. Lo osservò ricadere e sparire fra i rami di un arbusto al lato della strada. 

“Lexa, che succede? Se non ti senti pronta per girare, possiamo…”

“No, io… non è quello, anzi. Non vedevo l’ora di ricominciare a lavorare.” disse l’attrice. “È che… Credo di avere la testa un po’ altrove, ultimamente.”. Becca si passò una mano fra i capelli. Guardò Lexa con dolcezza, invitandola ad aprirsi con lei. 

“È per i ragazzi, vero?” provò ad indovinare. Lexa sospirò. Si massaggiò il collo, senza osare guardare la produttrice negli occhi. 

“Da quando vivono con me, non li ho mai lasciati per così tanto tempo.” spiegò. “E poi c’è Clarke. Prima che io partissi noi… Insomma, noi ci siamo confessate cosa proviamo davvero l’una per l’altra.”. Lexa sentì la mano di Becca carezzarle la schiena. 

“Non riesco a smettere di pensare a quello che è successo. Clarke ha perso tutto per colpa mia. Non ha più un lavoro, dovrà vendere la casa per pagare la penale imposta da Wallace, ha…”

“Lexa, basta.” la interruppe Becca. “Non puoi continuare così. Non puoi sentirti in colpa per tutto, non è giusto né nei tuoi confronti, né in quelli di Clarke.”. L’attrice si morse il labbro, non del tutto convinta dalle parole della donna seduta accanto a lei.

“Mi sento questo senso di responsabilità addosso e… Becca, non riesco a smettere di chiedermi cosa sarebbe successo se tre anni fa non fossi scappata e avessi affrontato Titus e Wallace. Clarke non avrebbe sofferto così tanto, la sua carriera non sarebbe allo sfacelo e…”

“E magari voi due non stareste insieme con la consapevolezza che avete ora.”. Lexa deglutì. Becca le strinse le mani e le sorrise. L’attrice inspirò ed espirò lentamente, cercando di calmarsi. 

“Ascoltami, sai che non posso darle una parte. Ne ho parlato anche con il resto della produzione, ma purtroppo è infattibile. Ho delle conoscenze però, posso chiedere a loro.”

“Becca, non…” provò a dire Lexa, ma la produttrice le fece segno di lasciarla finire.

“Quello che devi fare tu, invece, è imparare a lasciarti il passato alle spalle. Quello che è successo ormai è successo, non lo puoi cambiare. Sai, non sono di quelle persone che crede nell’utilità delle cose brutte. Il male che ci capita è semplicemente male e, di per sé, non porta a nulla di buono. Siamo noi Lexa, siamo noi che dobbiamo imparare a capire come sfruttare il dolore e trasformarlo in qualcosa di utile per la nostra vita. Tre anni fa sei scappata, ma ora sei qui. Hai un’altra occasione, non gettarla via vivendo nei rimpianti e nella paura. Non ne vale la pena.”. L’attrice non rispose, consapevole del fatto che Becca avesse ragione. “Bene, è ora di tornare al lavoro.”. La produttrice si alzò in piedi e aiutò Lexa a a fare lo stesso. Le diede una pacca sulle spalle, ridacchiando. Si incamminarono insieme verso il set, in silenzio.

“Possiamo riprendere?” chiese Maya, abbastanza scocciata per quella situazione. Becca si voltò verso Lexa, in attesa di una risposta. L’attrice annuì. Mentre si metteva in posizione, ripensò a quanto Becca le aveva appena detto. Aveva un’altra occasione. E questa volta non l’avrebbe sprecata. 

 

________________

 

“Mi va bene qualsiasi ruolo, anche second-… Pronto? Ehi!”. Clarke si lasciò cadere sul divano e lanciò il telefono contro un cuscino, l’aria sconfitta. Estrasse un foglietto dalla tasca e barrò con una penna l’ultimo dei nomi di un lungo elenco. 

“Sai Ethan, pare proprio che io abbia finito le persone da chiamare.” disse, rivolta al bambino seduto accanto a lei. Per tutta risposta, Ethan gorgogliò qualcosa di incomprensibile.

“Forse dovrei lasciar perdere e accettare che la mia carriera è ormai arrivata al capolinea. D’altronde, me la sono andata a cercare io. Non sarei dovuta andare da Wallace, né dire quelle cose a Santiago durante l’intervista. Chi mai sarebbe così sciocco da sfidare il più importante produttore del mondo?”

“Dah.” dichiarò Ethan, muovendo il dito verso di lei.  

“Esatto, io. Dio, che situazione.”.

“Bah dah.” replicò il bambino. Clarke lo strinse a sé e gli baciò i capelli. Ethan si accoccolò al suo petto, il pollice in bocca. L’attrice sospirò. Si era ficcata proprio in un bel pasticcio. Le speranze di trovare qualcuno che la ingaggiasse anche solo per una piccola parte in un episodio di qualche serie televisiva erano sempre meno. Nessuno voleva inimicarsi Wallace e Clarke poteva capirlo. Guardò Ethan. Il bambino si era addormentato, ignaro di tutto quello che stava capitando all’attrice. Clarke sorrise e gli carezzò il capo. In quel momento, avrebbe voluto essere lui. Come tutti i bambini, non conosceva la cattiveria di cui il mondo era capace. Era puro, immacolato. E l’attrice avrebbe voluto che restasse così per sempre. 

“Siamo a casa!” esclamò Octavia, ridestandola dai suoi pensieri. Clarke non fece in tempo a voltarsi che Adria le fu addosso, un disegno in mano. 

“Piano, attenta.” le sussurrò l’attrice, per evitare che svegliasse il fratello. Appoggiato al muro, Aden le osservava con aria malinconica. Clarke immaginò dovesse star pensando a sua madre e avvertì una stretta al cuore. Gli chiese con lo sguardo di raggiungerla, ma lui fece segno di no con la testa e si avviò alle scale che conducevano al piano di sopra. 

“Scendo più tardi per andare alla partita.” annunciò. Clarke annuì. La partita, come aveva potuto dimenticarsene? Madi era stata convocata per la prima volta e forse sarebbe scesa in campo come titolare.

“Sono un disastro, O.” asserì. Octavia si accomodò accanto a lei e le carezzò la schiena, con dolcezza. 

“È andata male?” chiese.

“Marcus mi aveva dato una lista di persone a cui telefonare che si erano mostrate interessati a lavorare con me. Beh, non ce n’è una che non mi abbia attaccato in faccia.” spiegò. “È finita, O. Ieri ho venduto la casa, ho un mese per traslocare, poi andrò a vivere da mia madre. E, per quanto riguarda il lavoro, Wallace li tiene tutti in pugno. Forse a questo punto dovrei raccontare al mondo la verità, ma non voglio rovinare la carriera anche a te e a Raven.”

“Non rovinerai nulla, Clarke.” la rassicurò Octavia. “Noi saremo qui per te, sempre. Ti sosterremo, qualunque sia la tua decisione.”. Clarke appoggiò il capo sulla spalla dell’amica. Era esausta. 

“Ti manca, vero?” le domandò Octavia, dal nulla. 

“Non posso farne a meno, O. La amo, come mai ho amato nessun altro.” ammise la bionda. “Ma non posso darle altro a cui pensare. Conoscendola, sarà già in apprensione di suo per i ragazzi.”. Octavia si lasciò sfuggire un sorriso. Si voltò verso Clarke e la costrinse a guardarla negli occhi. 

“Lei ti ama e lo sai. Non fare il suo stesso errore, non tagliarla fuori.”. Clarke chinò il capo. Ethan continuava a dormire beato fra le sue braccia. L’attrice sospirò. Octavia aveva ragione. Non poteva tagliare fuori Lexa, non dopo averle promesso di provare a costruire una famiglia insieme. Doveva solo trovare un pizzico di coraggio. 

 

________________

 

Madi si guardava intorno, terrorizzata. Una partita. Non aveva mai giocato una vera partita. Il campo le sembrava enorme, molto più del solito. Si girò verso gli spalti. Aveva provato in tutti i modi a dissuadere Clarke dall’andare a vederla, ma l’attrice aveva insistito così tanto. Accanto a lei, Madi vide i suoi fratelli e Anya, Raven ed Octavia. Deglutì, l’ansia che ormai si era prepotentemente impadronita di lei. Clarke ed Aden le sorrisero, cercando di infonderle quanto più coraggio possibile. Madi si morse il labbro. Si chiese cosa avesse fatto per meritare un fratello come Aden. Il ragazzino avrebbe avuto tutto il diritto di trattarla male, in fin dei conti lei era entrata nella sua vita all’improvviso, prova inconfutabile di una vita che loro padre aveva cercato di tenere nascosta. Invece, Aden se l’era inspiegabilmente presa a cuore e Madi non era mai riuscita a capire perché. Non sentiva di meritarlo, per niente. 

Il fischio dell’arbitro la riportò alla realtà. Si ritrovò la palla in mano, nemmeno lei seppe come. 

“Tira!” esclamò Charlotte. Madi non se lo fece ripetere due volte. La palla toccò il ferro e rimbalzò fuori dal campo. Madi scosse il capo e corse in difesa. Si sentiva le gambe molli. L’avversaria la saltò con facilità e andò a canestro. 

“Winter, che ti prende? Andiamo!” la esortò Indra. Madi inspirò ed espirò profondamente. Le veniva da vomitare. Charlotte le passò nuovamente la palla. Madi penetrò in area e provò ad appoggiare a canestro, ma sbagliò nuovamente. Le veniva da piangere. Era consapevole di saper giocare meglio di così, ma più provava a segnare, più commetteva qualche pasticcio. Indra la richiamò in panchina, per niente contenta di quella prestazione. Alla fine del secondo quarto il risultato era di 25-37 per la squadra avversaria. 

“Mi dispiace, non so perché sto giocando così.” si scusò Madi. La donna scosse il capo. Fece segno a Lincoln di occuparsi lui del resto della squadra e si sedette accanto alla ragazzina. 

“Winter, cosa provi quando giochi a basket?” le chiese. Madi inarcò un sopracciglio, confusa da quella domanda. 

“Oh, insomma, ci sarà un motivo per cui ti piace questo sport.” insistette l’allenatrice. 

“Beh, io… mi fa sentire libera di restare a testa alta.” rispose la ragazzina. Indra capì. Anche lei aveva avuto un’infanzia difficile. 

“Non permettere a nessuno di farti credere di doverla abbassare, mi hai capita? Cerca di liberare la mente.”

“È che… Non voglio… Io non voglio che la squadra perda per colpa mia.” confessò Madi, quasi sottovoce. Indra sospirò. 

“Ascoltami, siamo una squadra. Capitano le giornate no ed è per questo che non giochiamo da soli, Winter. In campo ci si copre le spalle a vicenda, a prescindere dalla quantità di errori che si possano commettere. L’unica cosa che ci è chiesto di fare è giocare, mettercela comunque tutta.” disse. “Sii consapevole delle tue capacità. Noi crediamo in te, ma anche tu devi provare a credere un po’ in te stessa. Lo meriti, Winter. Meriti di sapere che ci sarà sempre qualcuno pronto a prendere un rimbalzo offensivo quando sbaglierai. Cadrai, ma non dovrai rialzarti da sola. Mi hai capita?”. Madi annuì, i suoi occhi azzurri fissi su quelli scuri di Indra. “Perfetto. Torniamo in campo.” disse infine la donna, alzandosi in piedi. La ragazzina fece lo stesso e la seguì, fino ad uscire dagli spogliatoi. Chiuse gli occhi e prese un respiro profondo. 

“Vai Madi!” sentì urlare dagli spalti. Sorrise, riconoscendo la voce di Anya. Si ritrovò nuovamente la palla in mano. Fintò un passaggio, per poi correre verso il canestro. Si fermò all’improvviso, disorientando il difensore davanti a lei. Fece un’altra finta e passò a Charlotte, che tirò. Il pallone roteò per aria, per poi colpire il ferro. Madi aveva il fiato sospeso. La palla entrò, quasi insperatamente. E quando vide Charlotte congratularsi con lei con lo sguardo, comprese realmente cosa avesse cercato di dirle Indra. Non stava giocando da sola. Non avrebbe mai più dovuto farlo.

 

________________

 

“E vissero tutti felici e contenti.”. Clarke chiuse il libro di fiabe che teneva in mano e carezzò delicatamente i capelli di Adria, ormai fra le braccia di Morfeo. Dall’altra parte della camera, nel suo letto, anche Aden stava dormendo della grossa. 

“Buona notte.” sussurrò l’attrice, per poi uscire dalla stanza e dirigersi verso la sua. Entrò piano, attenta a non svegliare Ethan. Il bambino era raggomitolato su un lato, i pugni chiusi vicino al viso. Clarke si appoggiò al box culla e sospirò. Sentì il cellulare vibrare, segno che qualcuno la stava chiamando. Lo estrasse dalla tasca dei pantaloni e sorrise. Sbloccò lo schermo e rispose.

“Ehi.” esordì.

“Ehi? Tutto qui?” ribatté Lexa, fingendosi offesa. Clarke si lasciò sfuggire una risatina divertita e si appoggiò al muro, senza staccare gli occhi da Ethan. 

“Come stai? Come sta andando?” chiese poi, a bassa voce.

“Procede. Ho avuto alti e bassi, ma ora va meglio. È che tu e i ragazzi mi mancate così tanto, non vedo l’ora di tornare a casa. A proposito, come è andata la partita di Madi? Mi è dispiaciuto non esserci stata.”

“Ha faticato un po’ all’inizio, ma ha giocato una grande seconda metà di gara.” raccontò Clarke. “Ora è da una sua compagna di squadra. Ha legato molto con Charlotte ultimamente e sono contenta per lei, merita di vivere una vita normale.”

“Tu, invece? Come stai?” le chiese all’improvviso Lexa. “Ti ha risposto qualcuno?”. Clarke avrebbe così tanto voluto mentire. Il pensiero di aggiungere a Lexa altre preoccupazioni e sensi di colpa la terrorizzava. Lei ti ama e lo sai. Non fare il suo stesso errore, non tagliarla fuori, le parole di Octavia le risuonarono nella mente, cosi vivide. No, non poteva tagliarla fuori. Non sarebbe stato giusto.

“No, nessuno.” rispose, sempre sussurrando. “Credo sia finita, Lexa. Ho venduto la casa, tra un mese torno da mia madre.”

“Clarke…”

“No, Lex. Non darti la colpa, ti prego. Sono io che ho sfidato Wallace e, onestamente, non ho rimpianti. Sono felice, Lexa. Sono felice per la prima volta dopo così tanto tempo. Sono felice perché ora posso essere me stessa. E tu, Lexa, tu mi aiuti ad essere me stessa più di qualunque cosa. E io non posso non amarti per questo.”. Clarke prese un respiro profondo, cercando di fermare le lacrime che, ormai, scendevano incontrollate bagnandole le guance. “Non potrei scambiarti con nulla al mondo.”. Il cuore le batteva all’impazzata e aveva le gambe molli. Decise di sedersi sul letto, prima di finire per terra. Non si era mai aperta così tanto con qualcuno prima, nemmeno con Finn. Si sentiva così piccola, così vulnerabile.

“Ti amo anch’io.” replicò Lexa con un tono di voce così dolce, che Clarke non poté fare altro che abbandonarsi definitivamente al pianto. “Ed è per questo che devi continuare a fare l’attrice. Ho un contatto, me l’ha passato Becca. È un regista agli esordi, ma ha idee molto valide. Sta girando un film indipendente e quando Becca gli ha detto di te, sembrava entusiasta all’idea. Potrebbe valerne la pena.”. Clarke non sapeva come rispondere. Si limitò ad annuire, come se Lexa fosse stata lì con lei.

“I-io…” balbettò, totalmente incapace di articolare una frase di senso compiuto.

“Tu meriti di fare quello che ami.” le disse Lexa. “Avrai sempre il mio supporto, Clarke. Sarò sempre con te.”. Clarke pregò che quella fosse la verità. Non sarebbe stata capace di vivere senza Lexa. Non di nuovo.










Angolo dell'autrice 

E rieccomi qui. Scrivere questo capitolo non è stato facile. Rimanere sola, non avere più nessuno è una delle mie paure più grandi. Credo tuttavia che scoprire quotidianamente quanto, invece, siamo circondati da persone che ci vogliono bene sia una delle sensazioni al contempo più spiazzanti è più belle che ci siano. 
Grazie per leggere e commentare e a chi recensisce. 
Alla prossima!
   
 
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