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Autore: sidphil    11/07/2022    0 recensioni
Mickey e Mandy hanno tutto quello che una persona potrebbe desiderare: tanti soldi, una bella villa, Mickey scaffali pieni di libri e una chitarra che ama alla follia, Mandy un migliore amico che le vuole bene, popolarità e orde di ragazzi ai suoi piedi. Tuttavia, entrambi portano il peso di numerosi segreti sulla loro vita e la loro famiglia. Ian, migliore amico di Mandy, è tenuto costantemente all'oscuro per essere protetto, anche se lui stesso deve convivere con amare sofferenze.
Una storia un po' diversa dal solito, dove vedremo una Mandy e un Mickey diversi ma in un certo senso sempre uguali a quelli che conosciamo e un Ian un po' perso che ha bisogno di trovare sè stesso e che ci riuscirà proprio grazie a loro, senza rendersi conto di quanto può offrire in cambio lungo la strada.
Questa storia è una TRADUZIONE, per cui ho ottenuto il permesso dall'autrice originale.
Genere: Angst, Fluff, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ian Gallagher, Mandy Milkovich, Mickey Milkovich
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Ian rigirò distrattamente i cereali e si girò quando udì dei passi sulle scale dietro di lui. Era Lip, con i capelli più spettinati del solito e due cerchi scuri sotto agli occhi stanchi. – Lunga nottata con Mandy? – gli chiese divertito, prendendo una cucchiaiata di cereali.

- Lunga nottata con Mickey? – ribatté prontamente Lip prendendo la sua tazza e il latte.

- Ehi, Mickey ha dormito per terra. Mandy invece nel tuo letto – protestò Ian per avere la ragione dalla sua, anche se una parte di lui avrebbe segretamente voluto che non fosse così.

- Non voleva russare di fianco a suo fratello – fece spallucce Lip, che si era già tuffato nella sua colazione. Il sole era sorto a malapena ma era piacevole essere seduti al tavolo della cucina a fare colazione nella quiete mattutina, come se i problemi del mondo non fossero esistessero.

- Non fare cazzate con lei, Lip. Davvero, se vuoi esserci per lei fallo, altrimenti non farlo. Ma non farla soffrire –

- Sto ricevendo consigli amorosi proprio da te? – chiese Lip con un sorriso arrogante.

- Hai qualche ragazza al college? –

- Niente di serio –

- Perché, hai mai avuto qualcosa di serio? – lo schernì Ian mettendo la tazza nel lavabo quando finì di mangiare. Tornò al piano di sopra e trovò Mandy ancora addormentata nel letto di Lip. Mickey invece dormiva sul pavimento e le coperte erano spostate da un lato. Doveva essersi agitato e rigirato parecchio per averle ridotte in quel modo. Ricordava com’era andata l’ultima volta che aveva toccato Mickey quindi cercò di ricoprirlo senza rifarlo. Quando tirò le lenzuola fin sotto il suo mento, Mickey si alzò a sedere di scatto e Ian indietreggiò sussultando.

– Gesù – trasalì facendo piano per non svegliare Mandy, che si girò dall’altra parte con un lamento. Gli occhi di Mickey si spostarono nei suoi e si liberò dalle coperte. – È domenica, puoi tornare a dormire – disse Ian, guardandolo mentre si riprendeva.

- Non sono stanco –

- Amico, dovresti dormire di più –

- È un invito a restare nella tua stanza tutto il giorno, lo sai? –

- Sì e quindi? Voglio solo vederti dormire tranquillo per un volta – rispose in tono asciutto Ian e Mickey lo guardò. Dopo un paio di minuti di silenzio, Ian decise di parlare. – Okay, non riesci a dormire a casa tua, ma qui con noi sei al sicuro quindi non farti problemi e riposati. Stanotte siamo andati a dormire alle tre, Mickey, torna a dormire –

Mickey evitò il suo sguardo ma non ribatté. – Tu sei sveglio – rispose invece, ottuso.

- Ma di notte non resto sveglio a fissare il soffitto per ore come te. Poi quando ti addormenti sembri talmente morto che ho paura che non ti sveglierai davvero, almeno fino a quando non ci provo e tu salti su… -

- Okay, dacci un taglio con le osservazioni, detective – brontolò Mickey ritornando sotto alle coperte.

- Puoi usare il mio letto se vuoi – suggerì Ian cercando di non sembrare troppo suggestivo.

- Pensi davvero che dividerò il letto con te? –

- Non ho mai detto che anche io sarei tornato a letto – sospirò Ian. Guardò Mandy che dava loro le spalle. – Ma se vuoi lo dividiamo, non è un problema –

- Puoi chiudere la bocca? Qui c’è qualcuno che vuole dormire – borbottò Mickey e si girò dall’altra parte, finendo quasi sotto al letto di Ian, scoprendosi nuovamente.

Ian lo lasciò lì e quando scese al piano di sotto trovò Lip che fumava sul divano. – Facciamo qualcosa per Natale quest’anno? –

- Con quali soldi? – bofonchiò Lip con la sigaretta tra le labbra.

- Non esistono solo i soldi – osservò Ian sedendosi accanto a lui

- Servono solo per pagare cibo, elettricità, indipendenza, riscaldamento, acqua, ma no, i soldi non sono tutto – replicò Lip spegnendo il mozzicone nel posacenere sul tavolino. Quanto avrebbe voluto non dovergli dare ragione… Era la vigilia di Natale ma per Ian era un venerdì qualsiasi. Quella settimana, con il lavoro il tempo passava più lento di quanto credesse possibile. Vance gli stava simpatico e il lavoro gli piaceva ma passare mezza giornata a scuola per poi andare a lavorare per altre sei ora lo stava trasformando in uno zombie. E come se non bastasse doveva anche fare i compiti e occuparsi delle faccende domestiche.

Gli mancava avere un po’ di tempo per sé stesso, ma questo non gli impediva di essere di buon umore al lavoro. Era piacevole stare con Vance, soprattutto sapendo che non avrebbe dovuto scoparselo, e presto anche Mickey avrebbe cominciato a lavorare lì.

Si rese conto che i suoi sentimenti per Mickey c’erano ancora. Ogni momento che aveva per pensare a Mickey gli ricordava quanto gli piacesse. Era bello pensare a qualcuno ed essere felice, ma faceva comunque schifo ricordare che era stata solo una perdita di tempo. Immaginare i sorrisi accecanti di Mickey e pensare a quei piccoli gesti che significa vano tutto per lui ma niente per Mickey non lo avrebbe portato da nessuna parte.

Cristo Santo, era stato Mickey a baciare LUI. Era ingiusto che fosse Ian a provare tutte quelle emozioni quando era stato Mickey a provocarle, anche se non intenzionalmente. Ma non riusciva a fargliene una colpa, sapendo ciò che sapeva di lui; semplicemente non ci riusciva.

Ian finì il proprio turno a lavoro e desiderò poter avere cominciato prima, così per Natale avrebbe avuto qualche soldo in tasca. Sarebbe stato un altro Natale senza regali e a malapena una cena meritevole di festeggiamenti. Naturalmente amava la sua famiglia e almeno durante le vacanze tutti facevano in modo di essere liberi per stare tutti insieme.

Guardò l’orologio; quattro ore dopo sarebbe stato Natale. Poteva ammazzare il tempo come voleva visto che sarebbe stato in vacanza per le seguenti due settimane e non sarebbe dovuto correre a casa per fare i compiti. Gli si chiusero gli occhi; avrebbe recuperato un po’ di sono finché avrebbe potuto.

Avvertì una vibrazione nella tasca e sussultò, non essendo abituato a ricevere chiamate, ma rispose comunque. – Pronto? –

- Ehi –

Era Mickey. Con una sola parola aveva risvegliato quei sentimenti nella sua testa e nella pancia. – Che c’è, Mick? -

- Dove sei ora? –

- Sono appena uscito da lavoro, perché? -. Non udì niente dall’altra parte ma poi parlò di nuovo.

- Quindi sei vicino allo studio? –

- Due strade più avanti, più o meno. Sto per arrivare alla fermata dell’autobus –

- Aspettami lì – ordinò Mickey e poi riattaccò.

Ian fissò il cellulare confuso e lo ritirò, sedendosi sulla panchina della fermata. Giocherellò con l’orologio cambiando continuamente le impostazioni per distrarsi dalla noia, finché non arrivò Mickey. - Ehi – esalò il moro.

- Ehi – ricambi Ian e fece spazio per farlo sedere.

- Ero al bar – disse Mickey mentre si sedeva. – Ho pensato che non sarebbe stato male farti un saluto veloce visto che stavi uscendo –

Ian rimase a bocca aperta ma la rinchiuse in fretta prima che Mickey lo notasse; non voleva che si accorgesse quanto fosse in estasi per quelle parole. – Grazie – rispose con voce tremante, sopraffatto dall’emozione. Mickey si guardò intorno e appoggiò i gomiti sulle ginocchia congiungendo le mani.

- Sì beh, questa settimana sei stato pieno di cose da fare, ma almeno ci sono le vacanze, così puoi respirare fino al prossimo semestre –

No, non riusciva affatto a respirare, avrebbe voluto dirgli, perché lui era così carino con le guance arrossate e la voce dolce come il miele, non dura come la pietra e con un tono difensivo.

- Mio papà è in viaggio – continuò Mickey senza incontrare il suo sguardo. – Sarà via per tutto il weekend –

Ian rimase in attesa di vedere se sarebbe andato a parare da qualche parte prima di montarsi la testa. Mickey diede un colpo di tosse, apparentemente a disagio, e abbandonò la testa contro allo schienale della panchina, rassegnato. – Vuoi venire a casa mia? –

Qualsiasi proposito di arrendersi e dimenticarsi dei suoi sentimenti per Mickey volò via con il vento. Poco ci mancò che gli saltasse addosso ma si trattenne, consapevole che avrebbe potuto rovinare il momento. Deglutì e annuì semplicemente. Mickey annuì a sua volta e calò il silenzio tra loro fino a quando non si alzarono per avviarsi in silenzio verso casa sua.

 

 

- Gran bella casa – commentò imbambolato Ian quando entrarono a villa MIlkovich. Il soggiorno era grande come l’intero piano terra di casa sua; le pareti erano coperte da quadri di valore e dal soffitto pendeva un lampadario a bracci. – Non posso credere che ora sia tu il cliché – rise Ian toccando il tessuto dell’arredamento e facendo scivolare la mano sull’isola di marmo della cucina mentre seguiva Mickey.

- Casa mia è una fogna rivestita d’oro – rispose Mickey prendendo una larga bottiglia di vetro dalla credenza.

- Puoi darmene un po’ se vuoi – ridacchiò ironico Ian vagando per la cucina per guardare le porcellane sugli scaffali.

- Vuoi questa roba raffinata o preferisci una birra? – gli urlò dietro Mickey quando Ian finì in un’altra stanza.

- Le pareti avrebbero bisogno di un po’ di colore – gridò in risposta Ian guardandosi intorno. Al centro della stanza in cui si trovava c’era un tavolo enorme di legno lucido che poteva dare posto ad almeno venti persone. Era coperto da una tovaglia color crema lunga un miglio ma a parte questo  non c’era molto altro da vedere.

- Allora, raffinato o no – chiese nuovamente Mickey facendo capolino sulla soglia.

- Sì, va bene raffinato -. Mickey sparì di nuovo e Ian si spostò in un’altra stanza. In questa trovò una grande scrivania con una poltrona di pelle e tre monitor. Sulla parete c’era una TV a schermo piatto e vari tavolini con figurine e foto incorniciate.

- Esci dallo studio di mio padre – lo avvertì Mickey e Ian obbedì all’istante, ritornando in cucina dove il moro stava riempiendo i loro bicchieri.

- Ops – sorrise timidamente Ian ma non era arrabbiato come sembrava. Ian stava per dirgli che era fortunato a vivere lì ma si trattenne. No, Mickey non era fortunato a stare lì. Era Ian ad avere una famiglia su cui poteva contare, mentre Mickey invece era costretto a stare n un posto dove non poteva sentirsi al sicuro o anche solo addormentarsi tranquillo.

Mickey si accorse che lo stava fissando e le sue sopracciglia schizzarono in alto, ma Ian gli prese semplicemente il bicchiere dalle mani. – Grazie per avermi invitato – disse bevendo. Era frizzante e il gusto forte gli bruciò la gola.

- Sei sicura di non avere impegni con la tua famiglia? – buttò fuori Mickey bevendo a sua volta.

- Domani sì, stasera no –

- Okay –

Quando i loro occhi si incrociarono, Ian si rese conto che non andava per niente bene. Desiderava Mickey più d quanto avrebbe dovuto. Doveva controllarsi quella sera se voleva avere altre occasioni come quella. - Dov’è Mandy? – chiese spostando il bicchiere dalle labbra.

- Stasera non torna, è andata a trovare nostra madre –

- Woah, cosa? Vostra madre? – esclamò Ian posando il bicchiere.

- Mandy è ancora convinta che a nostra madre importi qualcosa di noi. Convinzione errata – commentò con una risata di scherno. – Compra a Mandy bei vestiti e gioielli ogni luna nuova e poi la rimando a casa come una sorta di caritatevole gesto materno. Capisco perché se ne sia andata da mio padre ma non le interessa davvero avere qualcosa a che fare con noi. Che si fotta –

Ian non sapeva cosa dire ma per quanto quella cosa fosse orribile almeno stava parlando della sua vita. – Cosa vuoi fare? – chiese improvvisamente cercando di distrarlo dai pensieri della sua famiglia. Mickey si rilassò e finì il proprio bicchiere, riempiendolo poi di nuovo.

- Credi che sia abituato a fare queste cose? –

- Hai molta più vita sociale di me – ribatté Ian svuotando anche lui il proprio bicchiere.

Mickey lo riempì di nuovo e ebbe uno spasmo all’angolo delle labbra. – Non sei così perspicace come pensavo –

- È solo quello che penso – fece spallucce Ian bevendo di nuovo.

- Andiamo – sospirò Mickey prendendo con sé bicchiere e bottiglia. I battiti di Ian aumentano quando si alzò dal bancone su cui era appoggiato e andarono al piano di sopra.

La camera di Mickey non era da meno rispetto al resto della casa, ma non era molto arredata; c’era solo un letto esotico, probabilmente il letto dall’aria più comoda che Ian avesse mai visto, e scaffali pieni di libri. Vicino alla chitarra c’erano alcuni album da disegno e Ian riuscì sa intravedere dei disegni apparentemente intricati che spuntavano assieme ad alcuni spartiti musicali. Il portatile di Mickey era chiuso per terra di fianco al letto e davanti alla finestra era tirate delle tende scure.

- Non sapevo che fossi capace a disegnare – disse Ian a bocca aperta, prendendo l’album. Mickey sembrò lievemente scontento ma non disse niente e si sdraiò sul pavimento, nascondendosi per metà sotto al letto mentre scriveva sul computer. – È stupefacente vedere quanto sia immacolata la tua stanza, Mick –

- Sì, beh… -. Mickey continuò a scrivere ma non finì la frase. Ian ne approfittò per curiosare tra i suoi libri, cercano dei riferimenti per quando avrebbe avuto qualche spicciolo. Dopo aver memorizzato più informazioni che poteva, scivolò sotto al letto accanto a Mickey, lasciando solo pochi centimetri a separarli. Le mani di Mickey si fermarono per qualche secondo e lanciò uno sguardo ad Ian con la coda nell’occhio ma quando Ian sorrise innocentemente continuò a scrivere. – Scegli qualcosa da guardare -  borbottò il moro spostando il computer verso di lui.

- Probabilmente penserai che ho dei gusti da gay –

- Scegli e basta – ripeté Mickey posando i mento sul palmo della mano. Ian sentì le sue gambe muoversi nervosamente accanto a lui; rise, prese il portatile e cercò qualche film, girando di nuovo lo schermo verso di lui. – Vuoi guardare quel fottuto “Notebook”? – chiese Mickey non molto convinto. – Non credevo che potessi essere così gay –

- Ehi, potrebbe anche commuoverti –

- Boh, vedremo –

E finirono a guardarlo davvero, con grande incredulità di Ian. Mickey era davvero preso e staccava a malapena gli occhi dallo schermo. Ian cercò di non commuoversi nelle scene più emozionanti e sbirciò per guardare Mickey, trovando i suoi occhi asciutti anche più del solito. Quando il film volse al termine, si accorse che la testa del moro ciondolava. – Ehi Mick, è già ora di dormire? -. Era quasi mezzanotte e Ian si chiese come facesse a essere così stanco quando di solito era bello arzillo fino ad un’ora molto più tarda. Gli tirò una leggera spallata e Mickey brontolò.

- È noiosissimo –

- Scusa – sorrise Ian girandosi per guardarlo. – Vuoi andare a dormire? –

- No – rispose Mickey ma faticava a tenere gli occhi aperti.

- Forza – asserì invece Ian uscendo da sotto il Leto per aiutarlo ad alzarsi. Mickey sembrò riluttante ma si alzò e salì sul letto, buttandosi prima di faccia. Ian cercò di non pensare troppo a quanto fosse compromettente quella posizione e si sedette per giocare al suo computer, visto che lui invece non era così stanco.

Dopo aver giocato ad alcuni mini giochi per un’ora buona, sentì Mickey muoversi. Alzò la testa quel tanto che bastava e vide il moro girato verso di lui, rannicchiato e con gli occhi chiusi. Stringeva le lenzuola e stava tremando. Ian spense il computer e si inginocchiò, allungando il braccio per toccarlo e scuoterlo leggermente. – Mick, svegliati –

L’espressione sul suo viso lo spaventò. Strizzava talmente tanto gli occhi che si erano formate delle piccole rughe e dalle labbra socchiusa emetteva respiri rapidi e corti.

- Mickey – lo chiamò Ian, più deciso, salendo sul letto e prendendoli il viso tra le mani. Mickey spalancò gli occhi e si rigirò sulla schiena, guardando Ian senza fiato. – Hai avuto un incubo? – chiese gentilmente. Mickey non disse nulla, nemmeno quando Ian gli toccò dolcemente il viso per cercare di confortarlo dal panico di poco prima. – Scusa, posso… ehm – balbettò e deglutì togliendo le mani. Si era lasciato trasportare. – Volevo solo sapere se posso prendere delle coperte da mettere sul pavimento per dormire –

Quella sensazione di spossatezza fu sostituita dall’allegria quando notò l’ora. – Oh guarda, è Natale. Buon Natale, Mickey –. Mickey si mise a sedere e lo fissò. Quando Ian si rese conto di quanto fossero vicini pensò davvero di farsi indietro per non metterlo a disagio. Si ricompose. – Quindi dove sono le coperte? – chiese di nuovo.

- Resta qui – rispose Mickey e annullò la breve distanza tra loro avvolgendogli le braccia intorno e nascondendo il viso sulla sua spalla.

Ian avvertì il corpo di Mickey tremare contro al proprio e si sciolse nell’abbraccio, cingendogli la vita. Gli accarezzo gentilmente la schiena e tutte le emozioni risalirono in superficie quindi lo baciò tra i capelli, lento e affettuoso. Mickey non si allontanò, anzi, si avvicinò ancora di più e Ian riuscì a sentire le sue ciglia sbattere contro al collo in fiamme e il suo respiro solleticargli le clavicole. Gli sembrò di avere il cuore in gola mentre Mickey scivolava di nuovo nel sonno.

Quella notte, Mickey non si svegliò più e il suo respiro non si spezzò neanche una volta. Il suo corpo si rilassò, senza mai tremare mentre Ian lo stringeva. Anche quando Ian si sdraiò insieme a lui, facendo attenzione a non disturbarlo, Mickey mantenne un’espressione pacifica sul viso e non lo lasciò per tutta la notte.

   
 
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