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Autore: Danii2301    12/07/2022    0 recensioni
Caterina è una ragazza di Bologna, ha finito da poco l'ultimo anno di liceo e non sa ancora cosa vuole dalla vita. Università? Lavoro? Non sapendo bene chi è veramente e cosa la entusiasma per davvero, Caterina si lascia andare a mille pensieri e al caldo afoso che ingloba la sua amata città.
Ma all'improvviso, come una ventata d'aria fresca, arriva finalmente una risposta, o meglio, una persona. Elegante, rossa di capelli e con nessun ciuffo fuori posto, Elissa si presenta alla porta di Caterina come la governante di un posto molto particolare. La donna spiega che lei è una delle fortunate ad esser state scelte dal destino, una sorta di entità spirituale che pone alla vita della ragazza una definitiva soluzione. Caterina non è una semplice umana, è una Väalyana, una dominatrice di uno dei cinque elementi della natura e per far sì che in futuro riesca a controllarlo, dovrà seguire Elissa all'Accademia dei Väalyani, una prestigiosa scuola che si trova su una misteriosa isola a Nord dell'Europa, Lyscha. In un'avventura tra magia elementale, stregoneria e molto altro, Caterina riuscirà a scoprire chi è veramente?
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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-Mi scusi, potrebbe controllare meglio? -domandò Elissa alla guardia dei controlli. L’ultima volta che avevo visto Elissa indossava un lungo abito blu estivo, quella mattina invece la trovai con addosso un cappotto blu chiaro e con i capelli legati in una coda di cavallo. Era pronta per il viaggio.

-Come prego? -chiese  l’uomo un po’ confuso. Aveva messo in una tasca la chiave del mio diario. Elissa si riferiva a quello? Non avevo capito, ero ancora un po’ sorpresa nel trovarla all’aeroporto di Bologna e non a Copenaghen.

-Controlli la tasca, credo che ci sia stato un errore-insistette, dandomi poi una veloce occhiata. Si fece scappare un occhiolino.

Sbattei gli occhi perplessa. Cosa aveva in mente?

La guardia controllò le tasche e trovò una semplice ed innocua molla di plastica.

-Ma come, mi era sembrata di…

Era rimasto di stucco e francamente un po’ anch’io.

-È tua, giusto? -si rivolse a me ed io annuì subito. L’uomo, che nel mentre si era fatto rosso come i capelli di Elissa, senza pensarci due volte mi diede la molla ed io la presi, anche se non sapevo che farmene ora che non era più la mia chiave. Elissa afferrò la sua borsa che aveva già ricevuto l’okay dalla macchine e sorrise gentilmente al controllore, intento a darsi qualche schiaffo per darsi una svegliata. Effettivamente lo scanner non mentiva, eppure non avrebbe mai potuto immaginarsi che era stata una Väalyana a mutare quell’oggetto.

-Non si preoccupi, scommetto che sta concludendo un lungo notturno. Sono cose che capitano. Le auguro una buona giornata-concluse, passando oltre i controlli e facendosi guardare da tutti come se fosse stata una modella. Beh, come lavoro part-time avrebbe anche potuto farlo.

-Ma buongiorno cara Caterina! Dormito bene? -esclamò raggiungendomi. Insieme cominciammo a recarci verso l’interno dell’aeroporto e di tutti i negozi prima di raggiungere il gate. Avevamo tempo, erano solo le otto.

-Io pensavo che ci saremmo dovute incontrare a Copenaghen-spiegai in difficoltà. -Ho capito male, per caso?

-No, affatto. Sono stata io a dover fare un piccolo cambio di programma. Oh, ecco la tua piccola chiave!

Con un veloce giro dell’indice fece ritornare come prima la molla che avevo in mano. La infilai subito nella tasca dello zaino.

-Beh, grazie! -sorrisi un po’ impacciata.

-Ma di che-continuò con nonchalance guardandosi un po’ intorno. Cercava qualcuno? Provai a non chiedermelo più, anche perché nel corso della giornata non accennò a nessuna persona.

-Ti dispiace se prendiamo un caffè? Stamattina non ho fatto colazione.

Si fermò di fronte ad un bar ed io annuì senza problemi.

-Può essere già un modo per conoscerci meglio, no? -sorrise avvicinandosi alla porta. La seguì e lei mi chiese se volessi qualcosa. Effettivamente avevo un certo languorino.

Ci mettemmo a mangiare accanto ad un tavolino in attesa di prendere l’aereo. Elissa si limitò ad un tazzone di caffè americano, mentre io, da brava italiana che si rispetti, presi un cappuccino e un cornetto alla marmellata.

-Sei emozionata? -domandò curiosa ed io annuì pulendomi la bocca con un tovagliolo .

-Molto, in realtà. Anche un po' impaurita.

-Sarebbe strano se non lo fossi. Le cose nuove ci spaventano sempre, l’importante è andare oltre quella paura. E credo che tu lo abbia già fatto.

Arricciai il naso poco convinta.

-Tu dici?

-Lo dico e lo penso. D’altronde l’accademia suscita sempre questo tipo di emozioni. E sarà ancora più amplificato con l’arrivo dell’elemento. Ti sembrerà di toccare le stelle! Io me lo ricordo quando scoprì dello spazio, avevo su per giù la tua età.

-Sei una… scelta dal destino? -chiesi curiosa e lei annuì fieramente, sorseggiando poi altro caffè.

-Certo, non è solo perché sono la custode che mi hanno mandato qui da te.

Il discorso di Elissa non faceva una piega ed io non ne rimasi sorpresa, in fin dei conti solo una Väalyana centenaria scelta dal destino avrebbe potuto comprendere il caos che in quel momento girava nella mia testa. Un caos che man mano stava unendo i puntini.

-Come si può intuire quale possa essere il proprio elemento? -feci d’un tratto alzando gli occhi marroni sui suoi azzurri. Ero curiosa, era da mesi che me lo stavo chiedendo e domandarglielo in una lettera sarebbe stato poco esaustivo.

-Dipende da Väalyano in realtà. Io quando l’ho scoperto non sapevo cosa fosse, è successo in un giorno come tanti. Mai avrei pensato di avere qualche legame con lo spazio intorno a me, eppure certi che ho conosciuto affermano di averlo saputo. Di aver sempre sentito un potenziale sentimento nei confronti del fuoco, dell’acqua, della terra… È una cosa che saprebbero spiegarti solo coloro che l’hanno percepita, una sorta di sesto senso-abbozzò un sorriso. -Tu credi di avere già un legame con qualche elemento?

-No, non credo-dissi incerta facendo una smorfia. -Cioè, non saprei nemmeno capirlo.

-Fidati di me, se ci sarà lo capirai.

Prima di prendere l’aereo Elissa mi spiegò tante altre cose: i nati Väalyani, ad esempio, sapevano che avrebbero ereditato 99 su 100 uno degli elementi dei genitori, e solo in pochi casi ciò non accadeva. Tanto rari quanto i dominatori dello spazio, sempre di meno da quasi 30 anni. Un tempo lo spazio era inserito come un’unica materia, ma dato che di Väalyani di quel tipo sfuggivano sempre per qualche malsana legge del destino l’avevano tolta dal programma degli studenti. All’accademia Elissa, assieme alla professoressa e professor Gablin, era la sola a poter controllare lo spazio e perciò tutti gli altri elementi. Potevano farci di tutto, solo non crearli. Era meglio tenerseli buoni...

-È strano, non trovi? -chiesi ad Elissa nel mentre che ci imbarcavamo sull’aereo. -Sembra quasi fatto apposta.

La donna si limitò a sorridere per nulla preoccupata, per quanto comunque potevo intuire da quel perfetto sguardo.

-Le cose accadono sempre per un motivo. Pensa alla storia di Reyonar: i Figli del Destino sorsero nel momento del bisogno. Se oggi non ci sono molti dominatori dello spazio è perché il mondo non ne ha effettivamente bisogno. L’equilibrio di ogni cosa si basa proprio su questo principio. La natura stessa lo crea tra i suoi esseri vitali e noi ne siamo i custodi. Una delle conseguenze dei pochi Väalyani sulla Terra è proprio l’inquinamento. Un tempo eravamo di più, riuscivamo a sostenere il peso su entrambi i lati della bilancia. Adesso è dura…

Sbarrai gli occhi sorpresa.

-Sul serio?

Elissa annuì severamente.

-È come se per un lungo periodo il mondo si fosse fin troppo abituato alla presenza dei Väalyani. L’equilibrio non è nella natura di nessuna creatura umana, eccetto per noi.

-Non credevo che fossimo così importanti…-dissi quasi in un sussurro.

-Nemmeno io, ma questo finché non vidi coi miei occhi le cause della rivoluzione industriale. Lo capirai meglio con Storia dei Väalyani. Sai, si accavalla perfettamente con quella che conosci già.

C’erano così tante cose da sapere, non vedevo l’ora di segnarmele tutte sul diario. Ero certa, però, che non le avrei dimenticate, lo sguardo angustiato di Elissa me le avrebbe fatte ricordare la notte. Tutto aveva una conseguenza nel mondo, il destino aveva già stabilito ogni cosa… ma il destino era una persona? Non ebbi il coraggio di chiederglielo, anche perché non volevo sembrare una stupida.

Durante le due ore d’aereo io e Elissa fummo separate, lei era a qualche posto più avanti al mio. Scrivendo e ascoltando la musica, le ore di volo passarono piuttosto in fretta. Come sempre Giorgia aveva i gusti migliori in fatto di pop e rock. Di lei mi potevo fidare. Non riuscì a dormire, il sonno lo avevo perso da un po’.

Giunte a Copenaghen sentì subito la differenza di gradi con Bologna, infatti quel giorno in Danimarca c’erano diciotto gradi. Il giacchetto beige fu alquanto utile.

Da Copenaghen prendemmo un pullman che ci portò dritte ad Hirtshals, una città a nord della Danimarca situata sull’isola di Vendsyssel-Thy, dove avremmo preso il traghetto di quasi due giorni verso le isole Faroe. Speravo con tutto il cuore di non soffrire il mal di mare. Se mia madre lo avesse saputo, come minimo mi avrebbe preso tre pacchetti diversi di pastiglie antinausea, che io palesemente avevo dimenticato di comprare.

Nel viaggio di quasi cinque ore avrei voluto fare un sacco di domande a Elissa, d’altronde lei stessa mi aveva spiegato che avremmo approfittato del tempo per quello, tuttavia mi sentì in colpa a tartassarla di quesiti anche un po’ inutili. Mi limitai a questioni più sensate possibili, anche se sul momento non me ne venivano molte.

-Gli anni all’accademia sono estremamente relativi, dipende da quanto lo studente si applica e prende sul serio gli studi. Se passerai tutti gli esami, non avrai problemi a raggiungere il secondo anno e nemmeno il terzo. Ci sono quattro anni in genere, eppure se sei molto brava potresti farne anche solo due.

-Quindi-riflettei per qualche secondo. -Se mi applico piuttosto velocemente potrebbe volerci di meno per, beh, diventare un’effettiva Väalyana?

-Esattamente. Poi ti verranno poste un sacco di opzioni. Noi Väalyani, come ti dicevo, ci occupiamo molto del pianeta, della Terra, non solo i dominatori dell’elemento. Potresti diventare anche un’insegnante, oppure sfruttare la tua magia nel mondo dell’arte, perché no. Tanti di noi imparano anche a combattere e ad aiutare le persone.

Giorgia non aveva tutti i torti a quanto pare.

-Ci sono diversi ordini, come i Nipoti del Destino.

-Sarebbero i nipoti dei Figli del Destino? -domandai curiosa e anche un po’ ironica.

-Puoi vederla anche così. È un modo per onorarli. Loro si impegnano a mantenere il segreto del nostro mondo e anche a difenderci. Non te lo volevo dire subito per spaventarti inutilmente, ma ancora oggi esistono delle persone che ci vogliono fare del male. Si fanno chiamare gli Scelti da Dio ed è dal medioevo che ci tormentano perché credono che plagiamo la mente dei ragazzi. Però come ti dicevo non c’è nulla di cui preoccuparsi, sono vent’anni che ne sento parlare sempre di meno e poi i Nipoti del Destino sono sempre in allerta. Credo che più passi il tempo, più si rendano conto che non siamo noi il vero nemico.

Mi accigliai, stringendomi le spalle. -N0n c’è mai stato modo di spiegare che, beh, nessuno fa del male a nessuno?

-Negli anni i nostri mondi si sono sempre più separati e difesi l’uno con l’altro. Ci sono stati degli scontri, ma mai delle soluzioni pacifiche e diplomatiche. Da quando ci siamo raccolti sull’isola di Lyscha, nessun Väalyano è più stato in pericolo-concluse, dandomi un’occhiata. -L’accademia è un luogo sicuro, nessuno degli Scelti da Dio l’ha mai raggiunta. Sai, è stata fondata sull’isola di Lyscha per un motivo per ben specifico. Pochi riescono a raggiungerla senza l’aiuto di un dominatore del vento o dello spazio, ci sono delle correnti molto forti.

-E gli abitanti di Lyschstadt lo sanno dell’accademia? O meglio, loro sono tutti  Väalyani ?

-L’anno in cui è stata fondata è stato stipulato un accordo con gli abitanti: i Väalyani si sarebbero impegnati ad aiutare la comunità, mentre la gente comune avrebbe mantenuto il segreto.

Sorrisi colpita: mi sembrò un rapporto basato sul rispetto reciproco, era una bella cosa. Se avessimo fatto così anche con la natura e gli animali, il problema dell’inquinamento ambientale non sarebbe nemmeno esistito.

Alle quindici in punto raggiungemmo la città portuale di Hirtshals e da quel poco che vidi, restammo lì giusto il tempo di prendere il traghetto, rimasi meravigliata: le casette a punta e i colori brillanti come il giallo o l’azzurro mi lasciarono di stucco, d’altronde avevo sempre avuto un debole per i paesaggi nordici. Gli odori, poi, sembravano essere tinti da una spezia marittima e molto salata, fresca come un cubetto di ghiaccio.

Il viaggio in nave non si riscontrò essere tanto disastroso, fui così stanca che non appena partì mi riposai in cabina per tutto il  pomeriggio. Avevo scritto fino alle diciotto, addormentata sui fogli senza nemmeno rendermene conto. Fui svegliata da Elissa, nella cabina accanto, preoccupata di non sentirmi più. Ma quando vide che ero stremata, si limitò a darmi la buonanotte. Che carina.

Ci vedemmo il mattino seguente per fare colazione alla mensa della nave: avevo una fame!

Cercare di trovare l’equilibrio sulla nave era molto divertente, anzi, divertentissimo, specie se fuori pioveva e il mare era mosso. Mi faceva sembrare ubriaca anche se l’unica cosa che avevo bevuto era dell’acqua marcia e del caffè più brodoso del brodo di mia nonna. Mi scappò comunque qualche risata, con Giorgia sarebbe stato tutto molto più iconico.

Elissa invece non perdeva l’equilibrio nemmeno con la forza, era assurdo! Quella donna era il classico esempio di eleganza e grazia, qualità che avrei sempre voluto avere, ma che non uscivano naturalmente dal mio corpo.

-Runologia è una materia molto affascinante, la professoressa Heine è molto brava a spiegare anche se dicono che sia molto severa. In pratica insegna tutti i tipi di rune che i nostri antenati Väalyani ci hanno lasciato in giro per il mondo. Sono molto simili a quelle celtiche, però nel complesso sono anche completamente diverse.

-Saranno il professor e la professoressa Gablin a spiegarti meglio il vero significato dell’apprendimento degli elementi e soprattutto di come metterlo in pratica, mentre la teoria basterà studiarla nei corsi a parte. Vedrai, sarà tutto più facile non appena cominceranno le lezioni lunedì.

Ovvero tra meno di una settimana. Che emozione!

-Lysch è difficile come lingua? -domandai sgranocchiando qualche nocciolina, mentre Elissa aveva già liberato il piatto dal cibo. Aveva come una mania di lasciare tutti in ordine e preciso, un po’ come mia madre.

-Il lysch si può considerare come un misto tra tedesco, islandese e danese. Perciò se non parli nessuna di queste lingue potresti essere un po’ in difficoltà.

-Se mio padre ci sentisse, direbbe che aveva ragione, avrei dovuto imparare il tedesco e non lo spagnolo. Sai, lui lo parla a meraviglia, mentre io non so nemmeno dire cose banali come ciao o come stai.

Elissa parve divertita.

-Non ha importanza, d’altronde il lysch rimane comunque una lingua a parte.

Sbattei le palpebre, pensando d’un tratto ad un’altra domanda da farle.

-Quando sul foglio che mi hai mandato ho letto l’Arte dei Cinque, ho pensato alla magia elementale dei Figli del Destino e mi stavo giusto chiedendo se fosse la stessa.

-Sono felice che tu mi stia facendo molte domande, di questo passo potresti diventare un’ottima studentessa-sorrise ammirata, facendomi arrossire un po’. -Comunque l’Arte dei Cinque è un antico metodo di apprendimento, derivato proprio dai nostri antenati e dai Figli del Destino. Tecnicamente è lo studio del metodo di magia elementale, diverso sia dalla pratica che dalla teoria delle altre materie. Io lo ritengo uno dei corsi più importanti, specie per i Vä alyani che hanno appena cominciato. Ti aiuta a capire come accogliere l’elemento, come gestirlo nel modo che ritieni più adatto. Ed è anche un’ottima introduzione, il professor Bottom d’altronde è un esperto.

Il giorno dopo sbarcammo finalmente a Tórshavn, la capitale delle isole Faroe. Dio mio quanto era bella! In apparenza una delle tante città del nord, solo molto più piccola, eppure avevo come l’impressione che avesse molto di più da offrire: pulita, colorata, circondata da una natura tanto verde quanto selvaggia. Poi con la chiara luce del mattino-faceva buio soltanto due ore d’estate, non avrei osato immaginare come sarebbe stato vivere al buio-si riuscivano a vedere tantissimi particolari. I tetti circondati da quello strano muschio verde, le finestrelle bianche come dei denti smaltati e i rumori degli uccelli marini, tutto un dettaglio dopo l’altro. Si stava abbastanza bene al sole, per quanto comunque l’aria del mare di Norvegia fosse molto fredda. 

Era un peccato non rimanere per qualche giro turistico, ma Elissa aveva un orario da seguire ed io dovevo starle dietro. A Tórshavn prendemmo un altro traghetto per raggiungere l’isola di Hestur, dove avremmo incontrato un uomo che lavorava spesso tra quel porto e Lyscha. Con una nave più piccola avremmo finalmente raggiunto l’accademia.

-Sai, da quando sei venuta a casa mia e mi hai spiegato tutto questo, non faccio altro che pensare ad una cosa.

Entrambe eravamo sul parapetto del traghetto ed eravamo intente ad ammirare gli scogli verdi e rocciosi e le montagne possenti che andavano a creare dei fiordi da perdere il fiato.

-Sì, insomma-continuai, sotto lo sguardo leggermente confuso di Elissa. -Adesso che so che sono diversa, il mondo resta sempre lo stesso? Per me non è così, non riesco più a guardare le cose come prima. Fino a poco tempo fa ero scettica su qualsiasi cosa, adesso che invece conosco una realtà diversa dalla mia, penso di poter essere disposta a credere a tutto! Fantasmi, vampiri, streghe… licantropi!

Elissa abbozzò una graziosa risata, sistemandosi un ciuffo rosso dietro le orecchie leggermente a punta.

-Tranquilla, i vampiri non esistono e nemmeno i licantropi. Riguardo ai fantasmi non sono molto certa, in cento anni di vita credo di averne visti almeno un paio, ma rimango comunque alquanto restia a parlarne… Le streghe, invece, sono probabilmente esistite un tempo, nel medioevo non cacciavano soltanto i Väalyani… Non è importante, però-si rivolse seria. -Solo perché sei diversa non significa che qualsiasi cosa intorno a te non sia per forza uguale a come era prima. Sì, sei una Väalyana e un giorno scoprirai il tuo elemento, ma resti comunque un essere umano con una vita non così diversa dalle altre.

Arrossì, non sapendo come altro reagire. Forse mi stavo facendo inutili paranoie. Come mio solito, d’altronde.

Quando arrivammo ad Hestur si fecero le nove e mezza del mattino e mi stupì nel vedere altri ragazzi assieme a me. Okay, era arrivato il momento di socializzare con qualcun altro oltre ad Elissa. Ce la potevo fare, non era affatto un problema. Bastava essere se stessi, no? Certo…

Elissa andò subito a salutare un uomo di mezza età con la barba folta e i capelli grigi. Parlavano o in danese o in lysch, non ne avevo idea. Ci trovavamo al porto di una qualche cittadina, il nome non me lo ricordavo, e c’erano diversi genitori con i propri figli. Avrebbero seguito me e Elissa, che infatti si rivolse a tutti in inglese. Nel mentre che si presentava, io guardai curiosa il resto del gruppo che in totale non era più di una decina: c’era una ragazza con uno chignon un tantino cadente e dei ciuffi castani che le cadevano sulle guance tonde e dorate, indossava inoltre un outfit tutto colorato; accanto a lei c’era un ragazzone alto molto più di una come Giorgia e aveva la pelle chiara ricoperta di lentiggini; poi circa cinque ragazzi si trovavano raggruppati giusto un po’ più lontani da me, dunque non riuscì a vederli molto bene.. Notai anche un ragazzo dagli occhi a mandorla e i capelli ordinati. Non mi parve essere accompagnato da nessuno.

-Bene, direi che è arrivato il momento di salutarci e di partire sull’isola-concluse Elissa, stringendo la mano all’ultimo genitore. Io mi recai subito verso la piccola nave dell’uomo di mezza età, ipotizzai infatti che fosse lui il capitano, e portai la valigia verso l’interno. Mi andai subito a sedere evitando di stare vicino agli oblò: se le correnti erano così forti come diceva Elissa, avrei di gran lunga evitato di stare male. Per sicurezza non avevo ancora fatto colazione quella mattina.

Fui seguita da altri due, compreso il ragazzo senza genitori. Si sedette proprio di fronte a me.

Con aria un po’ persa decisi di tirare fuori il diario e scrivere qualcosa prima che la nave partisse. Mi misi a parlare del viaggio da Tórshavn ad Hestur, anche se in realtà non era successo nulla di emozionante. Eppure per me contavano molto anche i dettagli insignificanti della mia vita, quelli che non interessavano a nessuno. Da una parte ero convinta che se un giorno qualcuno lo avesse letto, avrebbe potuto pensare ‘Oh, che noia, non lo leggo più!’. Questo, però, prima che una rossa di nome Elissa venisse a bussare alla mia porta. Adesso tutti quelli che conoscevo in Italia avrebbero adorato leggere il mio diario.

-Fammi indovinare, scelta dal destino anche tu?

Alzai lo sguardo e notai il ragazzo di fronte a me sorridermi impacciato. Annuì, accennando ad una risatina nervosa.

-Così dicono.

-È una follia, vero? -chiese appoggiando le braccia lungo il sedile. Lo osservai meglio: era molto magro ed esile, la pelle bianca sembrava curata e priva di impurità. I suoi occhi erano scuri, molto grandi avrei aggiunto, e il naso parve leggermente schiacciato sul viso.

-Sono mesi che non faccio che ripeterlo. È come se non smettesse mai di sorprendermi.

-Posso capirlo. Quando Gulan è venuto a spiegarmi che sono un Väalyano, non ci ho capito più niente. Ero tipo, cosa?!

-Esattamente! -esclamai assieme a lui. Poi mi incuriosì. -Gulan chi è?

Il ragazzo voltò lo sguardò e mi indicò con la testa un uomo seduto per i fatti suoi proprio accanto alla cabina del capitano. Aveva le braccia incrociate ed un cappello di lana sulla testa che gli nascondeva parte del volto. Sembrava che stesse dormendo.

-Oh, lo vedi quel tipo laggiù? Ecco, proprio lui! È il custode dell’accademia, è stato lui a spiegarmi tutto e ad accompagnarmi fin qui. È un tipo un po’ scorbutico e che non parla molto. A te è andata meglio venire con Elissa.

-Sì, lei è molto gentile-sorrisi. -Comunque sono Caterina-gli porsi la mano e lui la strinse. Fece fatica a ripetere il nome, ma alla fine ci riuscì.

-Io sono Hyun-Shik.

Ed io ebbi il suo stesso problema. Per comodità potevo chiamarlo anche solo Hyun.

Parlammo un po’ durante il resto del viaggio, giusto anche per distrarci dalle onde che si facevano sempre più turbolenti e nauseanti. Scoprì che Hyun veniva dalla Corea del Sud, nei pressi di Seoul e come me si era un po’ perso tra i propri pensieri. Non riusciva più a studiare medicina, cosa che i suoi genitori avrebbero voluto che continuasse.

-È assurdo, però almeno so che ho un’altra possibilità nella vita. Dovevi vedere lo sguardo di mia madre quando le dissi che non avrei continuato a studiare a Seoul. Sarebbe stata meno colpita se le avessi detto che volevo diventare un cantante k-pop.

Scoppiammo a ridere senza guardarci intorno, dove sorvolavano chiacchere ancora più rumorose.

-Anche mia madre è stata difficile da convincere. È sempre stata una donna severa, un po’ come papà d’altronde. Se le avessi detto la verità sulla magia elementale e l’accademia, non credo che mi avrebbe mai dato ascolto. Probabilmente non lo avrei fatto neanche io-scossi le spalle.

-Su questo ti do ragione. Vivi da sempre una vita più grigia di una lattina usata e poi ti ritrovi un tizio che ti parla di magia, una delle cose più colorate assieme agli unicorni che sputano arcobaleni.

-Sono adorabili, ammettiamolo! -sghignazzai. -Io in quinta elementare ero sicura che esistessero. Credo che sia stata più dura convincermi dell’inesistenza degli unicorni che di Babbo Natale.

Hyun si fece scosso.

-Perché, Babbo Natale non esiste?!

Stetti al gioco mantenendomi seria. All’incirca, almeno.

-Mi spiace tanto!

-Come farò adesso a vivere?! -esclamò tragicamente ed io non riuscì a non ridere.

-Che drammatico!

Sopra le nostre teste vedemmo d’un tratto delle palle di fuoco e di acqua svolazzare come se niente fosse. Mi voltai colpita e notai alcuni ragazzi muoverle con le proprie mani come se fosse stato solo un gioco. Avevo quasi dimenticato che i nati Väalyani erano già dotati del loro elemento. Dovevano avere all’incirca quindici/sedici anni, eppure a me sembravano dei dodicenni, specie i ragazzi. Erano così piccoli!

-Non so te, ma… io mi sento vecchio-spiegò Hyun, guardandosi intorno. Beh, era difficile non far caso agli elementi svolazzanti, specie se erano di fuoco. Diavolo, era pericolosissimo!

-Anch’io. Devo ancora compierne diciannove, ma fa lo stesso. In confronto a questi ragazzini mi sento già un’adulta.

-Un’adulta appena catapultata in un modo per ragazzini.

Gulan si alzò dalla sedia nella quale sembrò essersi addormentato e sgridò immediatamente i giovani che stavano facendo svolazzare le palle di fuoco e di acqua. Battendo entrambe le mani le spense e le asciugò immediatamente. A quanto pare era un dominatore dell’aria.

-Rifatelo un’altra volta e l’accademia la raggiungerete a nuoto!

Trattenni una risata, guardando gli sguardi dei ragazzini farsi pallidi come nuvole. Il tono di Gulan era stato molto convincente, i suoi occhi glaciali avrebbero messo in soggezione chiunque.

-Per una volta sono d’accordo con l’insegnante-ribadì Hyun, che poi realizzò:

-Sì, è ufficiale, sono vecchio.

Lyscha era come una delle tante isole del Nord Europa: non piccola come le Faroe, ma nemmeno così immensa come l’Islanda. Anzi, come fattezze era piuttosto modesta. Ma io avevo visto molto poco: eravamo giusto in un piccolo porto dove non c’era traccia di anima viva.

-Allora, ragazzi! -cominciò con aria scoppiettante Elissa, nettamente in contrasto con il musone come Gulan. -Innanzitutto benvenuti all’isola di Lyscha! Vi ho fatto lasciare i vostri bagagli sulla nave perché per raggiungere l’accademia dovremo seguire un sentiero lungo qualche chilometro e assai scivoloso, perciò non sarebbe una buona idea portarsi le valigie. Ve le faremo trovare oggi pomeriggio nelle vostre stanze. Bene, questo è tutto! Forza, seguitemi! E.. Gulan! Meglio che tu stia in fondo alla fila, voglio evitare che qualcuno si perda come l’anno scorso.

Come si faceva a perdersi? Non c’era nemmeno un misero albero in giro!

Senza aggiungere altro, Gulan raggiunse il fondo del gruppo che al suo passaggio si fece rigido come un mattone.

Seguimmo Elissa come formiche in fila indiana e fu alquanto stancante, mi mancava di continuo il fiato: certi punti erano in discesa ed in salita, altri erano pianeggianti, ma ad ogni modo deplorevoli per il mio corpo. L’aria era piovosa e malgrado indossassi l’impermeabile, sentivo le goccioline farsi strada tra i miei capelli. Non vedevo l’ora di farmi una doccia.

Elissa non sembrava fare per nulla fatica, si muoveva tra una roccia e l’altra senza tanti problemi. Per certo era abituata, avrà fatto quella strada come minimo il doppio della sua rispettiva età. Ecco perché era così snella, si teneva informa in quelle strade ricoperte di muschio.

E finalmente, dopo due ore di aereo, cinque ore di pullman e quasi tre giorni di viaggio in mare, eccola lì, l’Accademia dei Väalyani.

   
 
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