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Autore: Mue    08/09/2009    7 recensioni
Luna è solo una bambina quando si chiude in camera con il pigiama di sua madre e si nasconde dentro una grande coperta.
Ma Rolf non è tipo da farsi intimidire da pigiami e coperte.
Una storia dolce e zuccherosa da gustare con una bella tazza di cioccolata.
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Luna Lovegood, Rolf Scamandro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
- Questa storia fa parte della serie 'Menta e Bisque Burley'
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Ho già detto che sono pessima con le one-shot? E anche con le storie sentimentali? E allora come mai siete ancora qui a leggere? Oh, be', contenti voi.
Questa fanfiction, scritta per il Pigiama Party di Fanworld, con tema, ovviamente, “Pigiama” e betata da whateverhappened, che ringrazio per la pazienza, è una storiella piccina e insignificante con sottofondo di violini e distribuzione di caramelle e peluche.
Puro zucchero, insomma.
E poi non dite che non vi avevo avvertito.
Disclaimer: I personaggi e gli elementi creati da J.K. Rowling presenti in questa fanfiction sono suoi e solamente suoi, il resto della storia è tutto una mia invenzione. Questa storia non è scritta a scopo di lucro.

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Profumo di sogni


Erano sette giorni che Luna era rintanata lassù.
Rolf la andò a trovare in una soleggiata mattina di maggio: aprì piano la porta ed entrò con cautela nella stanza buia. Le imposte delle finestre erano chiuse e solo pochi fili di luce riuscivano a penetrare tra le fessure, insinuandosi sul pavimento polveroso.
Quando un’asse scricchiolò sotto il piede di Rolf, l’ammasso di coperte nell’angolo più oscuro della stanza si mosse e due enormi occhi azzurri lo scrutarono dalle pieghe di stoffa.
«Luna, sono io, Rolf» disse lui, avvicinandosi.
«Che cosa vuoi?» disse la vocina ostile della bambina.
Rolf si fermò nel centro della stanza, colpito dal tono astioso della sua amica. «Sono sette giorni che non esci da casa, e… be’, volevo vedere come stavi» borbottò. In realtà avrebbe voluto dire “Mi manchi”, ma Rolf era sempre stato un bambino orgoglioso, e i bambini orgogliosi non dicono certe cose.
«Vai via.»
«Cosa?» fece lui, stupito.
«Vai via» ripeté un po’ più forte la voce da sotto le coperte.
Rolf era sbalordito: Luna era la sua migliore amica, e mai si era comportata così con lui. «Come sarebbe a dire “Vai via”? Cacci così il tuo migliore amico?» domandò, offeso.
«Vai via» ripeté ancora Luna.
A quel punto Rolf si arrabbiò sul serio. «Ah, è così che mi tratti dopo che sono venuto a trovarti? Va bene, vado via. E non ti parlerò più, contenta?»
Si voltò con piglio deciso e la bile in subbuglio, ma prima che raggiungesse la porta sentì qualcosa tirarlo per una manica. Guardò in basso e vide che l’ammasso di coperte l’aveva inseguito e dalla stoffa era spuntata una manina a prendergli un lembo del vestito.
«Che cosa c’è, adesso? Me ne sto andando, vedi? Non era quello che volevi?» disse, forse un po’ troppo aspramente.
Il viso tondo di Luna spuntò dalle coperte in lacrime. «No, non volevo dirlo. Scusa. Non andare via anche tu. Non lasciarmi da sola.»
Rolf stava per darle un’altra risposta cattiva, ma poi vide i lucciconi negli occhi di Luna e sentì qualcosa smuoversi dentro di lui. «Oh, va bene» borbottò, guardando da un’altra parte. «Resto.»
E si lasciò cadere sul pavimento, sedendosi a gambe e braccia incrociate.
Il mucchio di coperte esitò, ma poi si accucciò vicino a lui e si aprì, rivelando la testa color grano della bambina, le spalle esili e il corpicino ricoperto da quella che sembrava un’enorme vestaglia da notte.
Rolf la guardò stupito. «Che cos’è quel coso che hai addosso?»
«Il pigiama della mamma» disse Luna con semplicità.
Rolf serrò le labbra e un silenzio strano calò tra i due bambini. Lui avrebbe voluto dire qualcosa, consolarla. Una settimana prima, quando aveva visto Luna l’ultima volta al funerale di sua madre, non ne era stato capace.
E non lo fu nemmeno ora.
Si limitò a chiedere: «Perché ti sei messa il pigiama di tua mamma?»
«Perché profuma.»
Rolf scosse la testa. «I pigiami non profumano. A parte il profumo di detersivo.»
«Certo che profumano» ribatté Luna. «Profumano di sogni.»

*

Rolf aprì gli occhi e la stanza buia della Luna di tanti anni prima fu sostituita dal sole che si gettava dall’ampia vetrata accanto al letto. Chiuse gli occhi, abbagliato, ed emise un mugugno infastidito. Poi si rivoltò nel grande letto matrimoniale e sbadigliò.
Allungò un braccio e non trovò niente. Perplesso, aprì gli occhi e vide di essere solo: sul letto, accanto a lui, c’era solo un pigiama a fiorellini blu abbandonato vicino al cuscino sfatto.
Rolf lo guardò battendo le palpebre, poi lo prese in una mano.
«Certo che hanno un profumo. Profumano di sogni.»
Rolf esitò qualche secondo, poi se lo portò al volto e inspirò. Sentiva un odore insolito, estraneo eppure familiare. Era fresco e gli ricordava… gli ricordava la menta.
Sorrise.
«Buongiorno» disse una voce molto diversa da quella del sogno: la voce di una donna adulta.
Rolf si voltò e vide una ragazza dai lunghi capelli biondi e scompigliati già vestita per uscire. Le fece un cenno per farla avvicinare. «Come hai fatto ad alzarti prima di me?»
Lei lo raggiunse e si sedette sulla sponda del letto, lasciandosi abbracciare. «Stamattina non avevo sonno» rispose con quel suo tono sognante di sempre.
Rolf affondò il viso nei suoi capelli e inspirò. Menta.
«Sai, una volta mi hai detto che i pigiami profumano di sogni» disse, discorsivo.
Lei lo fissò negli occhi con un sorriso strano, uno di quei suoi sorrisi che lo facevano sentire di nuovo il bambino scorbutico di tanti anni prima e che lo confondevano, annebbiandogli la ragione.
«Sì, ne sono sicura.»
Rolf le passò lentamente una mano tra i capelli. «Allora dev’essere anche vero che i sogni si avverano.»
Luna inclinò la testa. «In che senso?»
Rolf sorrise e la baciò senza rispondere.
Ho qui con me il sogno di una vita. Un sogno che profuma di menta.

   
 
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