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Autore: Soe Mame    14/07/2022    0 recensioni
C'era una volta un tritone che pensava che gli umani fossero stupidi. L'incontro con un pirata spagnolo lo convincerà di avere ragione.
[La millemilionesima rivisitazione de La Sirenetta feat. un sacco di robe pesciose e non.]
Genere: Generale, Parodia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Inghilterra/Arthur Kirkland, Nord Italia/Feliciano Vargas, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo III
Parte del xxo mondo ~ Eppure vuole sapere perché quella persona...


Forse aveva sottovalutato le parole di Gilbert. Era stato avvertito della pesantezza dell'affascinamento da sirena, ma mai avrebbe pensato che potesse invadere la mente a tal punto. Antonio si era ripromesso che non si sarebbe mai più preso gioco dei marinai e dei pirati che cadevano vittime delle sirene.
Quelle ventuno ore, tredici minuti e sette secondi trascorse dal suo incontro con la sirena maschio erano state quasi una sofferenza. Ecco perché era tornato alla Grossa Grotta Greca - O come si chiamava. Tra l'altro, aveva dimenticato di averci nascosto un baule onestamente sottratto ad una mercantile inglese, avrebbe dovuto farlo portare al castello, prima o poi - Abel, Manon e Lucilin sarebbero stati felicissimi e impegnati a contare le monete, così lui sarebbe stato libero di cercare la sirena maschio. Quella era anche l'idea con cui si era svegliato quel mattino ma, non sapendo né dove trovarlo né come, aveva deciso di tornare dove l'aveva incontrato. Ecco perché era tornato- Ah, l'aveva già pensato.
Se ne stava seduto sul bordo roccioso, gli stivali in acqua, in attesa.
Era disarmato. Non che potesse fare altrimenti - Il pugnale l'aveva gettato chissà dove, la pistola era diventata inutilizzabile dopo il bagno imprevisto e la spada sarebbe parsa un po' esagerata. Non avrebbe potuto catturare la sirena maschio ma, se lui fosse tornato, non ce ne sarebbe stato bisogno.
Non c'era nessun motivo per cui sarebbe dovuto tornare in quella grotta, in realtà. Tuttavia, se lui, Antonio, non fosse andato lì, sarebbe stato perseguitato dal pensiero che forse, invece, lui, la sirena maschio, fosse tornato. Ventuno ore, quattordici minuti e trentasei secondi. Era là dentro già da un paio d'ore. Non che avesse granché da fare. Gilbert gli aveva proposto di tornare in Spagna, Abel di privatizzare la spiaggia e far pagare un biglietto d'ingresso, Manon di tornare alla grotta almeno ventiquattro ore dopo per non sembrare troppo un disperato e Lucilin di procurarsi armi nuove attraverso il furto, ché la tesoreria faceva più eco della grotta. Nessuna di quelle proposte era abbastanza interessante. La sirena maschio avrebbe potuto fargli una qualche proposta, però, e lui l'avrebbe soppesata - D'accordo che la sirena maschio era bellissimo, ma Antonio era scemo fino ad un certo punto.
Si sentì osservato. Guardò davanti a sè. Non riuscì a trattenere un sorriso. «Sei tornato.»
La sirena maschio era immerso fino a metà del volto. Dopo qualche istante, emerse con tutta la testa. Aveva i capelli rossicci, o forse castani, difficile dirlo.
«Allora è vero.» La creatura si avvicinò, piano. «Se un umano incontra una sirena, dopo ne sarà ossessionato.»
«Parrebbe di sì.»
Aveva una bella voce. Era indubbiamente maschile anche se, quando l'aveva sentito cantare, non sembrava né maschile né femminile. Era solo bella, quando cantava. Era davvero bella, quando parlava.
Lo vide immergersi di nuovo, ma sapeva che non se ne sarebbe andato. Due secondi, e riemerse al bordo roccioso, tra le sue ginocchia. Aveva gli occhi verdi. Aveva molto di verde. Lo vide allungare le mani e posarle vicino alle sue gambe per issarsi. Lo baciò non appena fu abbastanza vicino. Ventuno ore, ventuno minuti e dieci secondi. Peccato non fossero ventuno. Sarebbe sembrato quasi destino. Scese con le mani ai fianchi e gli afferrò le code, per farlo sedere sulle sue gambe. Pesava più di quanto avesse previsto.
Forse la grotta non forniva l'illuminazione migliore, ma quelle scaglie verdi non avrebbero avuto lo stesso effetto in un luogo diverso. Sembrava quasi che si fosse cosparso di polvere di smeraldi lungo le braccia, le spalle, il collo e i fianchi, e si fosse passato le mani sul viso, sotto le orecchie. Non che avesse le orecchie, quanto delle pinne simili a piccoli ventagli. Gli afferrò il viso, e sentì quelle strane pinne sbattere una, due volte contro le dita. Le sue, di dita, erano strane, lunghe, esili e unite da una membrana sottile. Un morso sulla spalla gli ricordò che aveva anche i denti affilati. Era ovvio che fosse vittima di un qualche incantesimo, perché nessuno avrebbe potuto desiderare un mostro simile.
Però amava come rilucevano quelle scaglie verdi, e non riusciva a capire come non si potesse pensare che quel tritone fosse bellissimo.
«Me lo dici il tuo nome?» Non ci pensò neppure. Voleva solo saperlo.
Un accenno di risata. «Scordatelo.» Tornò a baciarlo. Forse voleva farlo tacere. Se quello era il modo con cui intendeva farlo, avrebbe taciuto volentieri.

*



Due settimane. Quattordici giorni senza nuovi relitti.
Se il nonno avesse capito o meno che l'ultimo fosse opera di Lovino, Feliciano non lo sapeva. L'unica cosa che importava al nonno era che - a quanto sembrava - Lovino aveva smesso di far piovere navi. Lui aveva dato il merito alla presenza imponente e imperturbabile di Ludwig - Che, a suo dire, aveva spinto Lovino a trovare altre cose da fare. La battuta scontata che avrebbe dovuto seguire quell'affermazione non era stata pronunciata da nessuno, chi perché coinvolto chi perché non ne vedeva il motivo chi perché la trovava semplicemente imbarazzante.
Feliciano, però, era piuttosto sicuro che gran parte del merito dovesse andare al povero umano finito tra gli artigli di suo fratello. Per questo, quel giorno, si era appostato per spiare i dintorni della Graffa Grotta Gratis, in attesa di vedere quel misterioso umano.
«Feliciano...» Più che esitante, la voce di Ludwig era talmente tesa da poterla usare per suonare. «Non credo sia una buona idea spiare il principe-»
«Non sto spiando Lovi!» Feliciano gonfiò le guance. «L'umano passerà da quelle parti, prima o poi, no? Non ho altro modo di individuarlo!»
Ludwig tacque. Parlò dopo qualche secondo: «Però il binocolo è uno strumento di servizio, non è il caso di usarlo per-»
Feliciano allontanò il binocolo dagli occhi e guardò il grande granchio accanto a sè. Gli fece un gran sorriso.
Uno, due, tre secondi. Ludwig capitombolò. «Va bene. Ma solo altri dieci minuti.»
«Grazie, Ludwig~» Gli regalò un altro sorriso, e tornò a guardare nel binocolo.
Entrambi erano nascosti dietro delle boe. Una boa per ciascuno, ovviamente, o Ludwig sarebbe stato troppo visibile. Feliciano era certo che nessuno li avrebbe visti - Le boe erano un segnale di pericolo, da guardare il meno possibile e con timore reverenziale, nessuno si sarebbe mai azzardato ad andare oltre le boe e così nessuno mai si sarebbe imbattuto in loro!
Mezzogiorno era passato. I riflessi del sole che si specchiavano sulle onde creavano uno splendido gioco di luci, finché una delle luci non finiva in un occhio e faceva passare qualsiasi senso di meraviglia per almeno un paio d'ore.
«Feliciano, dieci minuti sono passati-»
«Non posso perdere la priorità acquisita!» Era certo che, se si fosse allontanato in quel momento, l'umano sarebbe apparso. Non poteva sprecare tutte quelle ore dietro la boa!
«Feliciano, non hai acquisito nessuna-»
«Ah! Eccolo!»
Esattamente come profetizzato trentacinque millisecondi prima, un umano arrivò a nuoto sulla spiaggia. Era vestito di rosso, aveva i capelli scuri e la pelle più scura di quella degli umani che vedeva di solito in quella zona. Era arrivato dalla direzione della Graffa Grotta Gratis. O poco più in là c'era un punto perfetto per tuffarsi, o quello era l'umano che stava cercando. Feliciano dedusse che l'ipotesi corretta fosse la seconda: non aveva sentito nessuno tuffarsi, né aveva visto quell'umano sulla spiaggia, prima.
«In effetti,» ammise Ludwig: «sembrerebbe provenire proprio dalla grotta...»
Feliciano abbassò il binocolo. «Lo vedi anche tu?»
«Beh, sì, siamo a dieci metri dalla spiaggia.»
A ben vedere, Ludwig aveva ragione anche quella volta. Tuttavia, Feliciano gli aveva sottratto il binocolo e aveva tutta l'intenzione di restituirglielo boh. Quindi, tornò ad usarlo.
«Sembra un umano grande.» osservò: «Ma meno grande di Ludwig. Comunque più grande di Lovi.»
«Il suo abbigliamento lo porterebbe ad essere identificato come pirata.» La voce di Ludwig si fece seria. «Mi auguro non sia un cacciatore di creature marine.»
«Si chiamano "pescatori", Lud.»
«N-No, non era quello che-»
«Aspetta, ma» Seguì la figura finché non realizzò quale fosse il suo tragitto. Sentì la bocca aprirsi da sola per lo stupore. «sta andando nel castello!»
«Sì.» Era certo che Ludwig stesse studiando ogni movimento di quell'umano. «Abita lì, dunque.»
«Proprio a ridosso del mare!»
«Se è qui da ben due settimane, vedo difficile possa trattarsi di un ospite qualsiasi.»
«Quindi può essere solo due cose!» Lo vide sparire dietro una delle torri tozze e bianche. Solo allora abbassò il binocolo, per poi rivolgersi a Ludwig. Voleva urlare ma, se l'avesse fatto, il loro nascondiglio sarebbe stato scoperto. «O è un servo, o è il capo!»
«Potrebbe essere un servo con turno di notte.»
«O il capo che fa quello che vuole.» Non riuscì a trattenere un sorriso enorme. «Ma se lui è il capo e quello è un castello, vuol dire che quello è il re degli umani di Napoli?»
Ludwig mise le braccia conserte. «In tal caso, sarebbe un re molto assente. Com'è possibile che il principe Lovino non l'abbia mai visto prima?»
«Beh...» Feliciano indicò il castello. «Non è che quello è stato costruito in una notte. Abbiamo assistito alla sua costruzione, ve
«Anche questo è vero.»
Erano state quarantotto ore molto interessanti. Nessuno sapeva come avessero fatto a tirare su un castello in soli due giorni, ma tutti si spiegavano la sua planimetria affine al cubismo.
«Non sarebbe bello se quello fosse un re?» Feliciano afferrò le mani di Ludwig. «Lovi è un principe, e quello forse è un re!»
«Spero» L'altro non sembrava troppo convinto. «non porti ad incidenti diplomatici.»
Feliciano gonfiò le guance. «Sei davvero poco romantico, Lud.»
«Ora mi ridai il binocolo?»
«No.»

*



Feliciano e Ludwig si degnarono di tornare solo al tramonto. Insieme, ovviamente. Che bizzarro modo di lavorare che aveva, il capo delle guardie. Se però il nonno era tanto convinto che nessuno potesse essere alla sua altezza, buon per lui - O forse, il crostaceo crucco era tanto in vista perché le alternative erano granchi ancora più debosciati di lui. In tal caso, il Regno del Mare era messo davvero male.
Lovino osservava la gente dall'alto della sua torre - Da sopra la cupola della sua torre, sdraiato prono, in pigra attesa del ritorno del suo fratellino confettino e di quel fallimento di guardia. Probabilmente, quel giorno Feliciano si era appostato da qualche parte per vedere l'umano. Negli ultimi giorni, era stato un po' troppo insistente circa il voler conoscere il luogo e gli orari dei loro incontri. Se non altro - Ed era una sofferenza ammetterlo -, la presenza di Ludwig doveva avergli impedito di spiarli, i suoi incontri. Non che Feliciano fosse un guardone, era solo stupido. Lui, invece, più di una volta era stato obbligato a sopportarli mentre tubavano come piccioni - L'immagine rivoltante di Feliciano e il crostaceo vicini vicini, che si parlavano a bassa voce e si tenevano le mani, gli centrifugò lo stomaco e fu ad un passo dal fargli vomitare anche gli organi interni.
Sì. Doveva ammetterlo. L'umano era una distrazione piacevole, e non gli sarebbe dispiaciuto continuare ad incontrarlo. Niente Feliciano che si fingeva più imbecille di quanto non fosse solo per attirare l'attenzione del crostaceo, niente decapode teutonico che nuotava al suo fianco non appena ne aveva l'occasione, che lo guardava come un'opera d'arte, che lo-
«Argh, che schifo!» Abbattè la testa sulla roccia della cupola. Le immagini nella sua testa sfumarono un pochino. Fu abbastanza per riprendersi. Rialzò la testa. Feliciano e Ludwig erano entrati nel palazzo. Quasi sicuramente erano dal nonno.
Niente nonno e popolo che avrebbero desiderato che lui fosse il secondogenito. Nessuno gli aveva ancora chiesto di abdicare in favore di Feliciano, ma forse perché nessuno smaniava dalla voglia di parlargli. Un po' se le meritavano, le barche in testa. Di certo, se anche avesse abdicato, nessuno si sarebbe dimenticato del principe Lovino, il fondatore del Cimitero dei Relitti e temuto fautore di piogge di navi. Pensandoci bene, ormai era una collezione abbastanza corposa. Scheletri di navi, e senza nessun umano a rovinare la raccolta. Poteva dirsi soddisfatto.
Scese dalla cupola. Almeno un saluto a Feliciano poteva darlo. E far capire a Ludwig che, sì, li aveva visti tornare insieme, lui sapeva, lo sapeva che erano stati insieme troppo tempo e che doveva tenere le tenaglie al loro posto - Speranza vana ma, magari, prima o poi, le sue minacce avrebbero avuto effetto. Che tipo di effetto, non lo sapeva neanche lui.
Arrivò alla sala del trono. Nonno, fratello e intruso erano lì, come previsto.
«Oh!» Feliciano fu il primo a notarlo. «Ciao, Lovi!»
«Bentornati.» Calcò il plurale. Fece un cenno a Feliciano, diede a Ludwig un'occhiata più lunga del necessario. Il paguro, là, non abbassò lo sguardo. Pessimo.
«Ah, 'sti giorni se sta popo bene, nun trovate?» Il nonno scese dal trono e afferrò lui e Feliciano in un abbraccio un po' goffo. «Nun sarebbe bello continuà così, eh, Lovì?»
Lovino lo guardò male. Il nonno li lasciò andare, ma il suo sorriso gigante non svanì. «Mbè, c'avete fatto, oggi?»
«Ho giocato con le boe!» La risposta di Feliciano era così stupida da non lasciar dubbi circa la sua veridicità.
«Ho spiato gli umani.» Ultimamente, si metteva sugli Scogli Scomodamente Stazionati e osservava il viavai di umani sulla spiaggia. Quel giorno, era arrivato un gruppo di umani con carta, penna e strane scatole che lampeggiavano, tutti attorno a quello che aveva ormai imparato a riconoscere come il direttore del museo locale, che continuava ad indicare gli scogli e a declamare a gran voce la cronologia della formazione dei relitti.
«Parono du' cose 'nteressanti.» Sì, giocare con le boe doveva essere il passatempo più eccitante che tritone avesse mai conosciuto. «Me auguro continuate a divertivve così!»
Lovino dovette mordersi la lingua per evitare di dire qualcosa del tipo: «In realtà, stavo pensando di attirare umani qua sotto.» Così, giusto per fare qualcosa che potesse dargli fastidio. Quattordici giorni, due settimane che il nonno continuava a ribadire quanto si stesse bene senza navi in picchiata. Ne aveva i coglioni abbastanza pieni.
«Vi lascio a voi.» Di certo, il nonno e Feliciano avevano cose più interessanti - Per loro - di cui parlare, piuttosto che ripetere le stesse due battute all'infinito in attesa che lui si levasse dal cazzo.
«'ndo vai?»
Non diede la risposta più ovvio solo perché quello era suo nonno. «Non lo so.» Si voltò e se ne andò.
Probabilmente, avrebbe abdicato anche solo per non dover assistere in pianta stabile a siparietti tanto imbarazzanti.


«Mbè.» Re Romolo si voltò verso Feliciano e Ludwig. «Com'è 'nnata?»
Ludwig gli rivolse uno sguardo di pura compassione.
Feliciano fece un gran sorriso. «Un disastro completo!»
Il re sgranò gli occhi. «M-Ma-»
«Devi essere più rilassato. Parla come parli con tutti e varia gli argomenti!» Il principe gli nuotò accanto e gli prese una mano. «Puoi farcela, nonno! Non è così difficile parlare con Lovi!»
Ludwig gli rivolse uno sguardo di pura compassione.

*



«Questa andrà bene?» Alfred alzò la manina, un ramoscello rosso nel pugno.
«No, quella è gorgonia rossa.» Matthew srotolò l'alga e rilesse la lista. «Arthur ha chiesto gorgonia gialla.»
«Qui c'è solo rossa.» Alfred gli mollò il rametto in mano, per poi staccarne altri dalla paratia. «Gli diciamo che è gialla, ma che ha succhiato il sangue della nave ed è diventata rossa!»
«Le navi non hanno il sangue...»
«E Artie che ne sa?» Gonfiò le guance. «Ha fatto un'autostrada alle navi?»
«Autopsia.»
«E allora no!»
«Almeno la spo... spon...» Matthew si premette le lenti circolari sugli occhi. «Spongia officinalis possiamo prendergliela sul serio.»
«Se la troviamo.» Il fratello alzò le spalle. «Artie chiede tutte queste cose assurde!»
«Sono normali ingredienti, Al...»
«Sarebbe più facile se potessimo cercare i suoi preziosi ingredienti per tutto il mare!» Uno sbuffo. «Perché si è fissato che dobbiamo cercare 'sta roba proprio in questa nave qui?»
Ogni tanto, anche Alfred faceva domande sensate. Tuttavia, Matthew conosceva la risposta, e l'avrebbe conosciuta anche l'altro se solo avesse ascoltato Arthur. «Perché è caduta esattamente in un incrocio di linee magiche, e qualsiasi ingrediente trovato qui dentro ha un incredibile boost di forza magica.» Che poi la risposta fosse stupida era un altro discorso.
«Questa può passare per spugna?» Alfred gli mostrò un sacchetto di plastica bianco.
Matthew scosse la testa. «No, deve essere nera.»
«Uffa!»
«Però» Un'altra occhiata alla lista. «Arthur ha chiesto anche una busta di plastica bianca.»
Alfred guardò la busta, con timore quasi reverenziale. «Dunque è questo l'aspetto di un ingrediente dalla grande potenza magica...»
«No, gli serve per metterci cose.»
«E allora perché proprio bianca?»
«Dice che s'intona con i coralli del soffitto.»
«Alfred!» Una voce da fuori il relitto. «Alfred Due! Avete trovato tutto?»
Si erano quasi dimenticati che Arthur li stava aspettando fuori.
Alfred guardò Alfred Due Matthew. «Abbiamo trovato tutto?»
«No, ovviamente. Se gli portassimo questa roba e ci credesse, lo staremmo truffando.»
Alfred si avvicinò ad un oblò esploso e urlò: «Sì, Artie, ci manca solo la busta!»
«Fate in fretta!» C'era una certa urgenza, nel suo tono. «L'orario perfetto per la raccolta scadrà tra dodici minuti e tre secondi!»
Anche Matthew si era avvicinato all'oblò. I due fratelli si scambiarono una lunga occhiata.
«Ma, se è così di fretta,» disse Alfred, piano: «perché non viene a prendersele lui, le cose?»
«Perché sarebbe inutile avere dei sottoposti.» rispose Matthew, candido. «E poi, non credo c'entri, qui dentro.»
Doveva essere molto triste essere un calamaro e non potersi infilare nei relitti più piccoli del normale per paura di distruggerli.


Gorgonia rossa. Scaglie di ruggine. Almeno la busta di plastica era come l'aveva chiesta.
«Posso comprendere scambiare morbide spugne nere con affilate scaglie di ruggine marrone...» Arthur sventolò i ramoscelli rossi. «Ma confondere il rosso con il giallo?»
«E quello c'era!» sbuffò Alfred.
«Non abbiamo trovato niente di giallo, a parte i dischetti nei bauli...»
«Evidentemente, non avete cercato bene.» Gettò gorgonia e ruggine alle sue spalle. «Mi avete deluso. Siete sempre stati professionali. Forse sono stato troppo indulgente, con voi.»
«Papà Francis dice lo stess-»
«Non. C'Erano.» La voce di Alfred coprì quella di Alfred Due, e fu un bene, perché gli sembrava stesse dicendo qualcosa di irritante. «Stupido Artie!»
Eccola, l'influenza di quel gabbiano spennato! «Modera il linguaggio, signorino!» Portò i pugni ai fianchi. «Le stelle mi hanno garantito la presenza di quegli specifici ingredienti in questo specifico posto, e le stelle non mentono mai!»
«Ma Arthur» sussurrò Alfred Due: «le stelle sono globi di plasma che brillano a milioni di miliardi di chilometri di distanza, forse le hai sentite male!»
«Sciocchezze.» Gettò uno sguardo al relitto. «Le parole delle stelle mi sono sempre state cristalline.»
«Magari stavolta c'era una tempesta solare che ha creato disturbo e-»
«Taci, Alfred.» Ancora nove minuti e due secondi. Dopo, gli ingredienti avrebbero perso potere e tutta la sua tabella di marcia avrebbe perso significato. Se quei due si erano rivelati, inaspettatamente, tanto scansafatiche, era rimasta una sola possibilità. Avrebbe rischiato moltissimo - Quando gli sarebbe ricapitato un luogo di raccolta tanto conveniente? -, ma l'alternativa sarebbe stata aspettare un anno e lui aveva bisogno di quella pozione per modificare i sapori del cibo ora. Non avrebbe aspettato trecentosessantacinque giorni per far riconoscere alle due murene e al pennuto le sue indiscutibili abilità culinarie, anche a costo di arrecare danno a quell'oasi magica.
«Aspettatemi qui.» Si avvicinò all'ingresso. O meglio, al boccaporto dalle assi frastagliate dalla caduta. Era l'unica entrata da cui sarebbe stato in grado di passare. Non sarebbe stato difficile. Doveva solo cercare all'interno e lasciare i tentacoli fuori - Soprattutto, evitare di schiantarli da qualche parte.
«Sei sicuro?» La voce di Alfred era più esitante che timorosa.
«Ovvio!» Arthur sbuffò, mentre cercava di muoversi senza l'uso dei tentacoli. «Ora guardate come le trovo subito!»
Spesso si sottovaluta l'uso dei propri arti. In quel momento, lo Stregone del Mare realizzò quanto dieci tentacoli fossero indispensabili per una corretta mobilità, e si chiese come potessero le due piccole murene nuotare con un'unica coda. Lui, ormai nella stiva, poteva ragionevolmente dirsi prossimo all'incastrarsi.
C'era di tutto, là dentro: pesciolini grandi come un palmo di mano, coralli che fingevano un Erasmus dalla barriera corallina australiana per spacciarsi come specie protetta, dischetti gialli che tanto piacevano agli umani, gorgonie del colore sbagliato e creaturine marine che non valeva la pena descrivere. Tutto tranne gli ingredienti che cercava.
«Artie! Quant'è "subito"?»
Arthur sbuffò. Aveva già abbastanza problemi. «Uno yottasecondo!»
Finalmente un po' di silenzio. Alfred e Alfred Due sarebbero stati impegnati per un po' nel contare uno yottasecondo. Tornando agli ingredienti e alla stiva. Non che fosse un brutto posto, la stiva - Stretta, buia, il sogno di ogni mollusco -, ma uno scricchiolio sinistro gli ricordò quanto fosse fragile. Doveva aver mosso un tentacolo. Decise di issarsi con le mani, approfittando di qualsiasi asse rotta. Gettò uno sguardo nei piccoli fori del legno - Abbastanza grandi da infilarci solo una mano o un dito.
Una macchia gialla. Nascoste dietro un'asse precipitata da chissà dove e chissà quando, un rettangolo di legno era ricoperto di perfette, lucenti e giallissime gorgonie gialle.
«Le ho trovate!» Non riuscì a non urlarlo, giusto per sottolineare quanto lui non sbagliasse mai. Si sorresse al buco di un oblò, allungò la mano e staccò i rametti necessari. Sei minuti e cinquanta secondi. Aveva ancora tempo, non doveva essere frettoloso. I tentacoli dovevano rimanere immobili. Ripose le gorgonie nella tasca della giacca e si guardò intorno - Fosse mai che le spugne fossero nei paraggi. Caso volle che la risposta fosse sì: esattamente a pochi metri, in un angolo, un'invasione di spongia officinalis faceva bella mostra di sé. «Lo sapevo.» Non potè trattenere un sorriso soddisfatto. «Le stelle non mentono mai!» Tuttavia, mai come in quel momento doveva essere cauto: forse per le troppe spugne, forse per la tecnica di costruzione, forse per entrambe, quel punto della nave sembrava particolarmente fragile, talmente cosparso di forellini da terrorizzare un tripofobo. Avanzò a tentoni, sostenendosi e issandosi con le sole mani. Alla fine, raggiunse il suo obiettivo, che finì a far compagnia alle gorgonie nella tasca.
Aveva trovato ciò che gli serviva, ed era ancora in orario! Era proprio vero che certe cose era meglio farle per conto proprio, piuttosto che delegarle.
«Bene. Ora.» Si guardò intorno. «Come esco?» Avesse potuto flettere i tentacoli, non ci sarebbe stato alcun problema. Non fosse stato piegato come una vela gonfiata dal vento, sarebbe stato anche meglio. Tra l'altro, le braccia cominciavano a dar segno di cedimento, quindi era meglio sbrigarsi. L'unica via d'uscita - Letteralmente - era indietreggiare a tentoni, ripercorrendo centimetro per centimetro il tragitto fatto fin là dentro.
Qualcosa andò storto. Il rumore secco del legno che si spezzava, gli appigli che venivano meno, una caduta nel vuoto in barba alla pressione che sott'acqua altera la gravità, e Arthur si ritrovò insaccato in una rete da pesca.
Forse vi chiederete cosa c'entra la rete da pesca in tutto questo. Facciamo un salto indietro di qualche secondo e andiamo in superficie.

«Ah-ha! L'idea della zattera truccata era fantastica!»
«Mamma mia, quanto cazzo siamo trasgressivi!»
«Ehi, perché non facciamo un'altra cosa pazzissima?»
«Tipo?»
«Ora noi buttiamo questa rete da pesca...»
«E...?»
«E non la tiriamo su! La buttiamo e basta!»
«Sìììì, che cosa troppo trasgressiva!»



Caso ha voluto che la rete cadesse proprio addosso ad Arthur che, preso alla sprovvista, aveva iniziato a dimenarsi, salvo attorcigliarvisi meglio. Il risultato era mezzo calamaro arrotolato in una rete da pesca, un relitto con un nuovo buco di dimensioni ragguardevoli, e dieci tentacoli che giacevano dall'altro lato della barca ormai semidistrutta. Davanti a quello spettacolo, le due piccole murene non avevano parole per commentare.
«Alfred!» tuonò lo Stregone del Mare: «Alfred Due! Venitemi a liberare!»
«Ce lo dici cos'è uno yottasecondo?» urlò Alfred, di rimando.
Arthur sbattè le palpebre. «Ma che cazz-...?» Si riprese. «Sono tantissimi secondi. E ora liberatemi!»
«Ci eravamo già arrivati. Ma quant-»
«Alfred, giuro che se non mi liberate potete scordarvi la gita ai geyser!»
«Ma io che c'entro...?»
«Sei una noia, Artie!»
Nonostante le proteste, però, le due piccole murene erano intervenute. Provarono a tirare, con scarsi risultati. Poi decisero di usare i loro dentini affilati. La rete, a quanto sembrava, era più resistente e quel che ne ottennero furono delle bocche indolenzite.
«Andate a cercare qualcosa con cui tagliare la rete.» ordinò Arthur. Sbuffò, arresosi ma non per questo non a disagio. «Io non posso far altro che aspettare.» O meglio, avrebbe potuto liberarsi facilmente, ma avrebbe comportato la distruzione totale del relitto già abbastanza provato.
Alfred e Alfred Due annuirono e sparirono in una coppia di guizzi. Un altro sospiro, stavolta più irritato. Contava troppo sui suoi tentacoli. Doveva imparare a portarsi dietro delle armi - Non che, con le braccia bloccate dietro la schiena, potesse fare niente, ma almeno avrebbe potuto avvisare Alfred o Alfred Due e farle usare a loro per liberarlo. Aveva imparato la lezione. Chissà però perché le stelle non l'avevano avvisato del pericolo-
Alzò lo sguardo. Qualcuno lo stava fissando da sopra la nave.
«Ohi.» Il principe Lovino nuotò piano verso di lui. «Vuoi che ti libero?»
Un moto di stizza. «No, amo essere incastrato in una rete da pesca, è uno dei miei passatempi preferiti.» Era una risposta gratuitamente antipatica, ma la domanda era stata fin troppo superflua. Come avrebbe dovuto rispondere? «Oh, sì, ti ringrazio, mio salvatore!»?
«Ah, sei di quel tipo.» Lo stava prendendo in giro. Stava pure cercando di non ridere. «Allora ti lascio divertire, ciao!» Fece per andarsene.
«No, aspetta!» Uno scricchiolio lo avvisò di essersi mosso troppo, nello sporgersi verso l'altro. «D'accordo.» Dovette ammetterlo. «La mia irritazione per questa situazione mi ha portato a rispondere in modo eccessivamente poco gentile.» Si schiarì la voce. «Ti sarei molto grato se tu potessi liberarmi da questa rete.»
Lovino gli si avvicinò di nuovo. Stava studiando la rete. Forse non era un tritone così psicopatico, dopotutto, era anche passato sopra la sua rispostaccia e-
«Mah, non lo so.» Il principe lo scrutò. «Mi sembravi davvero convinto, prima. Sei proprio sicuro di voler essere liberato?»
Arthur si rimangiò ogni singola sillaba positiva spesa per quel piccolo mostro. «Vorresti lasciare una persona in difficoltà?» Lo chiese quasi a denti stretti. «Saresti un principe pessimo!»
«Oh.» Lovino mosse appena la mano, come a scacciare quella frase. «Temo di esserlo già. E comunque» Assottigliò lo sguardo. «mi hai riconosciuto e mi dai del tu senza permesso?»
L'erede al trono dei Sette Mari Antichi doveva solo ringraziare quel relitto che gli bloccava i tentacoli, o avrebbe assaporato l'ebbrezza di interpretare il ruolo della nave durante un attacco kraken.
Arthur inspirò a fondo, molto a fondo, prima di parlare. «Evidentemente tu non hai riconosciuto me.» Era difficile dare una buona impressione in quelle condizioni, ma contava nella fierezza naturale del suo sguardo e nell'indiscutibile timore reverenziale che incuteva in chiunque osasse porsi sulla sua strada. «Io sono lo Stregone del Mare, signore assoluto dei Sette Mari!» "Moderni", aggiunse una vocina nella sua testa troppo somigliante a quella di Alfred, ma non appartenente ad Alfred.
Occhi a mezz'asta. Sopracciglia appena inarcate. Non proprio la reazione che si aspettava. «Potresti star dicendo una puttanata...» Mise le braccia conserte. «Ma suppongo avresti detto qualcosa di un po' più credibile.»
«Non m'importa quel che credi.» Arthur alzò il mento. «È la verità.»
Lovino piegò appena la testa di lato, come se lo stesse studiando, soppesando l'ipotesi che lui fosse davvero il grande e potente Stregone del Mare. Quando si raddrizzò, diede il suo responso. «Ti credo, va.» Tuttavia, non diede cenno di muoversi. «Sai, ti pensavo un po' più» Lo sguardo andò al relitto. «maestoso? Austero? Grande e potente?»
Forse il relitto non serviva davvero. Forse avrebbe potuto trovare un altro luogo di raccolta. Forse non sarebbe stato così problematico ridurre in briciole relitto ed erede.
«Potrei liberarmi in qualsiasi momento, se solo lo volessi.» Ci tenne a precisare. «Ma poi arrecherei danni a-»
«Sì, sì, assolutamente.» Lovino non lo stava neanche più sfottendo. Si limitava a guardarlo, a metà tra la delusione e la pietà.
Cazzo se gliel'avrebbe tirata. Gliel'avrebbe tirata come mai aveva iettato qualcuno.
«Sai, signorino principe» Non riuscì a trattenere un ghigno. «temo tu mi stia mancando troppo di rispetto. Stai approfittando di un mio momento di debolezza per schernirmi. Ma pagherai caro questo affronto. Io sono il Re dei Sette Mari e-»
«Sì, ma ora siamo nel regno di mio nonno.» Il principe lo interruppe, la voce piatta. «E non ho alcun interesse a venire nel tuo.»
Fu in quel momento che lo Stregone capì. Capì quali dovessero essere gli ultimi dettagli del suo piano per la conquista dei Sette Mari Antichi: doveva entrare in legale possesso di quell'erede nello specifico, e fargli pagare ogni singola parola di troppo detta da quella sua linguaccia malefica su quel faccino da schiaffi.
«Temo che tra noi ci siano state delle incomprensioni.» sussurrò Arthur, la voce più gentile che riuscì a fare. «Chiedo dunque umilmente il vostro aiuto, principe. Siete disposto a liberarmi?»
Lovino lo guardò per un istante. Un lunghissimo istante. Poi sospirò. «Va bene.»
Ovviamente, era troppo tardi per ottenere il perdono di Arthur. Il suo piano non era cambiato di un segno d'interpunzione.
«Però» Ecco, appunto. Il principe sorrise, un sorriso un po' sinistro. «cosa mi dai per il mio silenzio?»
«Il tuo cosa?» Gli uscì un acuto imbarazzante. Serrò i denti per impedirsi di strillare ancora - O di insultare il suo interlocutore e tutta la sua dinastia fino a tre generazioni prima.
«Sei il grande e potente e superfigo Stregone del Mare, no?» Solo in quel momento Arthur si accorse che il principe stava giocherellando con le corde della rete. «Sarebbe un problema se andassi in giro a raccontare di averti trovato incastrato e insaccato.»
"You bloody son of a-" «Sì.» concesse lo Stregone, le parole scandite con cura, per assicurarsi di star dicendo quelle e non minacce di morte. «Dunque volete che compri il vostro silenzio.»
«Mh.» Lovino tirò appena una corda, e Arthur la sentì quasi tagliargli una spalla. «Sì. L'idea è quella.»
Una cosa che Arthur sapeva con certezza era che, una volta liberato, avrebbe dovuto ricorrere a tutta la propria forza di volontà per non scagliarsi su quel mostriciattolo. «Dunque cosa desiderate, maestà?»
Un'occhiataccia. Forse il principe pensava lo stesse deridendo. No, non lo stava deridendo. Stava covando il suo rancore come la più spietata delle galline.
«Non lo so.» fece lui: «Cosa puoi offrirmi?»
Stavolta, Arthur non riuscì a trattenere una risata. Ne aveva bisogno, in quel momento. «Cosa posso offrirvi? Maestà, io sono lo Stregone del Mare!» Alzò la testa in un moto di fierezza, ma uno scricchiolio gli intimò di stare fermo. «Posso darvi qualsiasi cosa!»
«Qualsiasi cosa?» Lovino si scostò dalla rete. Fluttuò davanti a lui, gli occhi ad un braccio di distanza dai suoi. «Da quanto sei qui?»
Che razza di domanda era? «Che razza di domanda è?»
Il principe inarcò appena le sopracciglia. «Non hai visto quello che ho?» Aprì appena le braccia. «Non ti sembra che io sia uno che ha tutto, ormai?» Indicò un punto in lontananza. Che stesse parlando del Cimitero dei Relitti? «Tesori, ricchezze... e una raccolta che ho fatto io.» Mise le braccia conserte. «Non credo nessuno al mondo ne abbia quanto me. Ho le cose più strane e curiose. Non ho nulla da desiderare.»
Arthur incassò il colpo. Dannazione, non era un principe avido! Quanto odiava le persone che non necessitavano di accumulare beni materiali pur possedendone più della norma!
«Se le cose stanno così...» Doveva trovare un'idea e forse quella faceva al caso suo. «Che ne dite di uno sconto su un mio incantesimo?»
Il principe aggrottò la fronte. Quello sguardo di pura sufficienza sarebbe stata una scusa accettabilissima per prenderlo a tentacoli in faccia - Tutti e dieci, su tutte e due le guance. «Come si fa uno sconto ad un incantesimo? Me ne dai mezzo?»
«Gli incantesimi sono servizi che si pagano, mia cara maestà.» Ah, i pagamenti per i suoi incantesimi. Erano la cosa che più amava del suo lavoro. «Sono solito chiedere qualcosa in cambio al momento esatto dell'acquisto. Nessun rimborso, nessuna possibilità di tornare indietro. Nessuno si è mai lamentato, devo dire.» Quali fossero i motivi per cui nessuno si fosse mai lamentato, poi, erano puri dettagli. «Vi offro la possibilità, nel caso vogliate usufruire di un mio incantesimo, di lasciarmi un pegno. Soddisfatto o rimborsato, ma solo nel vostro nobile caso!»
Lovino lo guardò. Ci stava pensando. Tuttavia, Arthur era certo non stesse pensando alla sua offerta quanto al fatto che non se ne sarebbe fatto nulla - Rendendo quell'accordo, dunque, abbastanza inutile. Ma, se si fosse rifiutato, l'avrebbe rimpianto. Oh, se l'avrebbe rimpianto!
«Senti.» Il principe si avvicinò e afferrò le corde. «Accetto perché mi stai facendo troppa pena.»
Arthur s'impedì di rispondere, perché sarebbe stato molto poco gentiluomo. E s'impedì di sorridere, perché era sicuro che il suo sorriso sarebbe apparso troppo strano. "Accetto", aveva detto il principe. La seconda cosa che amava del suo lavoro era ridere della disarmante ingenuità con cui la gente pronunciava quella semplice parola. Si dimenticavano sempre di limitargli qualsiasi libertà.
Lovino, intanto, aveva trovato il punto giusto dove tagliare - Là dove le corde si tendevano per bloccargli testa e spalla. Ora che Arthur ricordava, le sirene e i tritoni avevano denti piuttosto affilati, non sarebbe stato difficile-
Lovino estrasse un pugnale di selce dalla cintura e lo calò su di lui. L'urlo sorpreso scappò prima che potesse anche solo realizzarlo. Quando le corde cedettero, tagliate dalla lama di pietra, Arthur richiuse la bocca. Era stato molto imbarazzante. «Senti.» sibilò, alla volta del suo adorabile salvatore. «Chiunque urlerebbe se si vedesse arrivare un pugnale nel collo. Questa non conta.»
«Ah-ha.» Nessun ghigno. Nessuna presa in giro. Lo stava davvero compatendo. «Tranquillo.» Gettò uno sguardo al relitto. «Ti serve aiuto anche per uscire da lì?»
Le corde scivolarono via, sostituite da ondate di sollievo. Lo Stregone si sfregò le braccia, il sangue che tornava a fluire e i formicolii che venivano meno ogni secondo che passava. «No. Per quello faccio da solo.» Sforzò il tono più gentile che potè. «Grazie, maestà.»
«Prego, Stregone del Mare.» Stavolta il ghigno e la presa in giro ci furono tutti. Fu una fortuna che il principe considerasse quella conversazione chiusa e avesse quindi deciso di andarsene.
Una fortuna per lui, perché Arthur si era affrettato a rientrare nel relitto con due idee ben chiare in mente: recuperare l'uso dei suoi tentacoli e far ingoiare a quello scassapalle ogni lettera di scherno. L'idea di sottrargli il trono era così perfetta che sembrava assurdo l'avesse pensata prima di incontrarlo. Doveva essere destino. Ecco perché le stelle non lo avevano avvisato! Era tutto parte di un grande piano che voleva l'incontro tra lui e quel rompicoglioni, per fargli aprire gli occhi sulla sua natura di esserino irritante e spronarlo a portare avanti il suo piano con una nuova determinazione!
Si lasciò andare ad una risata, più piena della precedente, di soddisfazione al solo pensiero di vendicarsi di quel piccolo-
Alfred e Alfred Due erano dietro uno scoglio. Arthur diede un colpo di tosse. «Ce ne avete messo di tempo.»
Le due murene uscirono dal loro nascondiglio. Trascinavano un arpione gigante.
«Noi abbiamo trovato questo, ma-»
«Il principe Lovino ti ha liberato per primo.»
Un campanello d'allarme trillò nella mente di Arthur, in modo talmente ossessivo che gli tirò un pugno immaginario, facendolo saltare. «Per curiosità» chiese, piano: «da quanto siete qui?»
«E che ne sappiamo!» Alfred sbuffò. «Mica teniamo il tempo!»
«Più o meno» intervenne Alfred Due: «cinque o sei minuti.»
Hell.
«Prima che tu lo chieda.» disse subito Alfred: «Abbiamo visto credo tutto.»
Fucking hell.
«Ma, sai, Artie.» Alfred gli mise un braccino attorno alle spalle, con fare cospiratorio. «Credo che tu abbia un problema di credenzialità.»
«Credibilità.»
«... In che senso?» Nessuna delle due opzioni sembrava avere senso. Tra l'altro, stava ancora pensando se fosse eticamente corretto drogarli per cancellare loro le memorie di quelle ultime ore. Giunse alla conclusione che la risposta fosse no, ma lui faceva quello che gli pareva.
«Quegli urletti, quegli acuti...» Alfred scosse la testa. Arthur ripassò con la mente tutto ciò che aveva dietro, nella speranza di avere già a portata di mano gli ingredienti necessari. Purtroppo no. «Hai sentito la voce del principe, com'era bassa e decisa? Dovresti farla più come lui, ecco!»
Si stava davvero facendo dare consigli da una murena alta un metro e uno starnuto?
«Sono sicuro che» Alfred gli diede un pugno leggero alla spalla, con aria vissuta. «anche Francis ti prenderebbe più sul serio.»
Arthur guardò Alfred. Poi Alfred Due. Poi l'arpione. Poi di nuovo Alfred. Afferrò l'arpione con un tentacolo e lo sfilò dalle manine di Alfred Due.
«Conto fino a dieci.» Portò le mani ai fianchi. «Uno... Sei...»
«Ma il sei non viene dopo il-»
«Nove...»
Alfred Due afferrò Alfred e i due sparirono in un vortice di bolle.
«Dieci.» Abbassò l'arpione. Tanto quei due erano già troppo lontani. Si schiarì la voce. «Prova. Prova.» Sentì le guance andare a fuoco. Scosse la testa. «Io non faccio urletti acuti!»
Si fottesse, la voce del principe!

*
*



«C'è una cosa che volevo chiederti.» Lovino rimise le code in acqua. «Ma mi dimentico sempre di farlo.»
L'umano lo guardò, interrogativo. Stava finendo di rivestirsi.
«Quando hai intenzione di andartene?»
L'umano recuperò la giacca. Doveva pesare il doppio, fradicia com'era. «Non lo so.» Tornò a guardarlo. Sorrideva come un idiota. «Vuoi che rimanga per sempre?»
Lovino non riuscì a trattenere una risata. Quell'umano deficitava di intelletto, ma era senza dubbio divertente. «È questo che vorresti ti dicessi?» E, ad onor del vero, era anche l'unico che non lo guardasse male o cercasse di evitarlo, Feliciano a parte. Non esisteva nessun incantesimo delle sirene, quindi quell'umano doveva anche trovarlo la cosa più bella che avesse mai visto in maniera del tutto genuina. Sapere per quanto avrebbe avuto a disposizione qualcuno capace di farlo sentire così a proprio agio era un dubbio legittimissimo.
«Sarebbe senz'altro bello sentirsi dire che la propria compagnia è gradita.» Ecco, appunto. L'aveva capito persino l'umano scemo. «Però...» Strizzò una manica. Avrebbe potuto riempire un quarto di baule soltanto con l'acqua che ne uscì. «Non credo diresti sul serio.»
Lovino socchiuse appena gli occhi. Era indeciso. L'umano ci credeva davvero, a quella cazzata dell'affascinamento da sirena. Distruggere o no le sue convinzioni? Scelta ardua. Si sporse verso di lui, gli strappò la giacca dalle mani e la gettò in un angolo. Aveva notato che ci voleva un po' per infilare tutti i cerchietti della veste che aveva sotto la giacca, quindi si premurò di disfare il suo lavoro, apposta per dargli fastidio. «Non lo saprai mai.» Lasciarlo nel dubbio. Ecco qual era la cosa più divertente da fare. Alzò la testa. Neppure così erano alti esattamente allo stesso modo. Prese i lembi della stoffa appena aperta e lo tirò verso di sé. L'umano, obbediente, gli si avvicinò. Almeno un pregio ce l'aveva. «Non volevi catturarmi, tu?»
Una risata leggera. L'umano gli passò una mano sulla guancia - Sullo zigomo, sulla guancia, sul mento, come se stesse cercando di memorizzare i suoi tratti. Nonostante tutto, erano sempre stati vicini solo in penombra. «Credo di averti studiato abbastanza.»
«Ti sei sacrificato in prima persona per il bene della scienza.» Lovino annuì, comprensivo. «Che animo nobile.» Lo baciò, le mani alle spalle, sotto la stoffa umida. Non voleva togliergliela, voleva solo impedirgli di richiuderla, perché sì. Quando l'umano fece per approfondire il bacio, Lovino si tirò indietro. Sfilò le mani da sotto la stoffa, e lo spinse appena all'indietro. «Dunque qual è il tuo verdetto?»
L'umano sbattè le palpebre. «Cosa?»
Cercò di non ridere. Per quel giorno, l'umano ne aveva avuto abbastanza. Si lasciò scivolare in acqua - E sentì un certo sollievo, ché stava iniziando ad essiccarsi. «Il tuo verdetto.» Posò i gomiti sul bordo roccioso. «Hai detto di avermi studiato.»
«Ah.» L'umano tornò alla realtà. «Sì.» Un attimo di smarrimento. Poi scosse la testa, e sorrise di nuovo come un idiota. «In realtà, risultate ancora creature piuttosto misteriose.»
Lovino lo guardò di sottecchi. «Sei uno studioso di merda.»
«No, siete voi ad essere strani.» L'umano si riprese la giacca. «Di certo siete ben lontani dall'essere umani ma, a volte, mi sembra quasi...» Esitò. Forse non sapeva come dirlo. «... che non ci sia alcuna differenza.»
Lovino ridacchiò. «Piano con gli insulti.» Posò il mento su una mano. «Nessun tritone né sirena vorrebbe mai essere umano, fidati.» A parte una danese scema di cui aveva sentito parlare - che, tuttavia, era per l'appunto scema.
«L'aspetto non è poi troppo diverso.» L'umano sembrava non averlo sentito, o forse l'aveva ignorato. Era proprio stupido. «Anche il modo di parlare, di comportarsi, mi sembra quasi che abbiate delle emozioni effettive.»
Lovino inarcò le sopracciglia. «Non dovremmo averne?» Era davvero stupido. Ogni giorno lo stupiva sempre di più, doveva dargliene atto.
«Beh, no.» L'umano sembrava quasi sorpreso di quella domanda. «Non avete un'anima. Quindi, come potete provare emozioni effettive?»
Ah.
«Esplica» Forse aveva capito male. «cosa intendi per "anima".»
«Oh, non sai cosa sia?» No, coglione, lo sapeva benissimo. «In effetti, avrei dovuto immaginarlo, perdonami.» Doveva solo rispondergli, non girarci attorno come un imbecille. «È la parte spirituale dentro qualsiasi essere umano, ciò che gli fa provare emozioni e lo porta a vivere secondo o contro la morale.» Continuava a parlare con assoluta tranquillità. «È qualcosa di invisibile, ma che differenzia gli esseri umani dal resto delle creature viventi.»
No. Non aveva capito male.
«Dunque» Si tirò indietro, le braccia in acqua. «non c'è alcuna differenza tra me e un'alga?»
Lo sguardo del bastardo era di pura innocenza. «Tu puoi parlare.»
Lovino annuì, piano.
Era un'affermazione davvero stupida, quella dell'umano. Lo sapeva benissimo di avere un'anima - Tutti hanno un'anima, non serviva nessuno ad illuminare nessuno di tale incredibile verità. Era una cosa ovvia. Non è che ci si sta sempre a pensare. Non è che si pensa che il bigliettaio del Cimitero dei Relitti abbia un'anima, o che ce l'abbia la signora che cucina le alghe alle telline più buone dei Sette Mari, o che ce l'abbia il proprio fratello, il proprio nonno, o persino il granchio crucco. Era così, semplicemente. Erano persone. E il fatto che il primo coglione di passaggio avesse sparato una puttanata tanto grande, che chiunque avrebbe riconosciuto come Epocale Stronzata, rigorosamente con le maiuscole, non cambiava certo la realtà.
Però aveva sentito qualcosa di simile ad pugno allo stomaco, poi niente. Niente, soltanto niente. Avrebbe potuto controllare la pancia, per assicurarsi di non essere stato colpito, ma perché farlo? Non è che gli importasse davvero.
«Stai bene?» L'umano aveva continuato a parlare. Non aveva sentito niente di ciò che aveva detto. Sentì solo quella domanda. E qualcosa tornò.
Rabbia.
«Io ho un'anima.» Un sussurro, gelido.
L'umano mutò espressione. Era serio. «Purtroppo ti illudi di averla.» No. Peggio. Sembrava impietosito.
Lovino si avvicinò. Si issò sulla roccia. Gli afferrò i capelli e il viso, le unghie premute contro la carne. «O forse sei te ad illuderti.» Gli piaceva il volto di quell'umano. Davvero. In quel momento, però, sentiva solo di volergli aprire la pelle.
«Sei arrabbiato?»
Una fitta alla testa. Lovino sentì gli occhi bruciare, la gola riarsa. Scoprì i denti. «È un'emozione. Gioisci, la tua teoria è infondata.»
«Affatto.» L'umano non fece niente per liberarsi. Niente, assolutamente niente. Si limitava a sostenere il suo sguardo. «Ti ho detto una cosa che non ti è piaciuta. E tu vuoi farmi paura per farmela negare.»
Rabbia. Era rabbia, sì. Sì.
Le unghie affondarono nella pelle. «La pagherai.» Odore di ferro. «Ti giuro che la pagherai.»
Si gettò in acqua. Nuotò fino a toccare il fondale. Là era al sicuro. Si afferrò le braccia. Là nessuno avrebbe detto cazzate. Chiuse gli occhi. Aveva bisogno di ripulirsi la mente.
Ovvio che l'umano non lo disprezzava, non lo considerava neppure un essere vivente! Guardando il lato positivo, significava che tutti quelli che lo guardavano male lo consideravano un'effettiva creatura senziente. Bella merda.
Sospirò. Era un peccato. Gli aveva fatto trascorrere delle belle mattine/pomeriggi/sere - Alla fine, era tutto un po' casuale. Purtroppo, però, l'umano aveva svelato la sua natura più cogliona e Lovino non poteva non vendicarsi per l'insulto che aveva osato lanciargli. Gliel'aveva anche promesso! Che figura ci avrebbe fatto se non fosse stato in grado di vendicarsi, dopo quella dichiarazione di guerra tanto appassionata?
Gli venne da ridere. Che ridesse, allora. Aveva riso con l'umano, era giusto ridere pensando all'umano. Si sentiva a suo agio con lui, perché sentirsi a disagio ora che ripensava a lui?
Essere rancoroso e vendicativo era un lato imprescindibile della sua natura. E come si poteva essere a disagio nell'essere se stessi?

.

Note:
* I titoli del capitolo vengono da Part of your world / Parte del tuo mondo, e da Deep-Sea Girl (Shinkai Shoujo), canzone composta da Yuuyu-P e cantata dalla Vocaloid Miku Hatsune.
(Per la cronaca, la citazione intera sarebbe «Eppure vuole sapere perché quella persona che ha trovato ha incantato il suo cuore», ma faremo finta di niente.)
Una delle mie canzoni preferite di Miku, nonché piuttosto adatta a questa storia~
* Uno yottasecondo corrisponde a 1024 (1,000,000,000,000,000,000,000,000) secondi. Non ho capito se si legga "un quadrilione" o "un settilione", ma vabbè, chissene, sono tanti secondi. [0]
* La tripofobia è la paura di "gruppi irregolari di piccoli buchi o protuberanze" [cit. Kiwipedia], come ad esempio gli alveari.
* La parafrasi da Parte del tuo mondo durante il dialogo tra Lovino e Arthur credo si sia notata.


Well, that escalated quickly. Ma l'avevo detto che l'ispirazione era anche alla fiaba originale (feat. Antonio è un idiota)! In compenso, questo dovrebbe essere l'unico capitolo a concludersi con una nota più negativa. Il condizionale è perché dipende da cosa si intende per "negativa". *Soe cosa ca-*

Riguardo il capitolo di per sè. Forse gli attriti di Lovino e Arthur sembrano un po' esagerati e sì, lo sono: Arthur ha dato una rispostaccia, ma Lovino ha volontariamente continuato a fare l'antipatico perché sì, perché i pensieri che aveva avuto prima e la sceneggiata con il nonno e Feliciano l'avevano particolarmente irritato. Sì, è una ripicca che non ha alcun motivo di essere indirizzata ad Arthur, è irrazionale e infatti-

Ad ogni modo. Una volta tanto è Lovino che ha in pugno Arthur prigioniero - Di solito, nelle AU piratesche, è Arthur a fare prigioniero Lovino. In un primo momento, avrei voluto mettere più tropes ribaltati delle Pirate!Spamano, ma mi sono accorta che non ci sarebbero stati granché. (゚д゚) (Per la cronaca, io amo le Pirate!Spamano e i loro tropes. Magari non tuttissimi, MA.)

Infine, la parte a mio parere più comica non del capitolo, non della storia, ma di tutta la produzione fanmade di Hetalia: Lovino e Arthur sono doppiati da Namikawa e Sugiyama, entrambi con delle voci super belle, quindi andare a dire che uno dei due non ha una voce particolarmente incisiva è senz'altro comico, se non fantascientifico. Si vede che è una parodia! ☆

Detto ciò, spero che questo capitolo allegrissimo vi sia piaciuto~ Ciao ciao!
  
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