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Autore: Altair13Sirio    15/07/2022    1 recensioni
[Darling in the FranXX]
Mille anni di pace non bastano a far svanire il passato. Quando dalle profondità della terra emergono dei giganti antichi, Hachi e Nana capiscono che il futuro dell'umanità è nuovamente incerto e dovranno agire per proteggere il mondo che hanno aiutato a costruire.
Formata una squadra di nuovi Parasite, i due adulti metteranno a disposizione le loro conoscenze e la loro esperienza per guidarli verso la battaglia, ma non tutto sarà facile per la nuova squadra e i ricordi di vecchi amici ritorneranno a galla dopo tanto tempo.
"Non credo che il caso possa andare così lontano... Forse il destino... E' così e basta. E ora noi dobbiamo prenderci cura di quei ragazzi!"
Genere: Azione, Science-fiction, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo, Violenza
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Attraversò il corridoio dell'ospedale con la gola che le bruciava, la mascella stretta in una morsa talmente forte da farle male ai denti. Se avesse allentato la presa per un solo istante, Naomi sarebbe crollata a terra e non si sarebbe più rialzata.
Sapevano già che le cose non sarebbero migliorate, sapevano già che non c'era più molto tempo, eppure quando uno dei suoi collaboratori era arrivato a chiamarla di corsa sotto richiesta di Ikuno, aveva pregato di poter riavvolgere il tempo e provare ancora e ancora a trovare una soluzione!
Non era giusto.
Varcò la soglia della camera dove riposava da diverso tempo ormai, le finestre non avevano mai lasciato entrare così tanta luce durante il suo soggiorno lì dentro, come se nella sua ultima giornata su quella terra Ikuno volesse godersi per l'ultima volta il vastissimo cielo terso che dominava la città in costruzione.
Ma che razza di pensieri le saltavano in mente? Si sarebbe presa a schiaffi, se non fosse già stata lì! Naomi scosse la testa con decisione e avanzò verso il lettino, dove Ikuno riposava con lo sguardo posato verso la finestra.
Le sue condizioni erano peggiorate ancora, giorno dopo giorno diventava sempre più debole e il suo corpo invecchiava come se appartenesse a un altro mondo; era ingiusto che tutte le sue ricerche avessero aiutato tanta gente, ma non avessero potuto salvare lei.
Avanzò piano, sentendo i propri passi riecheggiare nella stanza spoglia e attendendo la reazione della sua compagna. Sapeva già che avrebbe pianto; Ikuno odiava vederla triste a causa sua, ma questa volta non avrebbe potuto farne a meno.
Naomi si sedette al fianco del lettino e rimase in attesa, lo sguardo fisso sul corpo inerte della sua amata, l'unico segno di vita proveniente da esso era il ritmico movimento del suo petto; si alzava e si abbassava debolmente, un fischio impercettibile era il suono dei suoi respiri.
«Ikuno…» Troppo impaziente, si rimproverò. Ma non riusciva più a sopportare quella tensione. Se era vero che gli restava poco tempo, non voleva passarlo senza averle detto tutto quello che voleva.
Ikuno si voltò lentamente, sorrideva. Gli occhiali sul volto erano leggermente appannati – una cosa che aveva sempre odiato – ma le sue iridi verdi splendevano come quando era giovane.
«Credo che sia arrivato il momento di andare.» Mormorò con tranquillità. Naomi sentì un peso enorme schiacciarle il petto e le labbra incominciarono a tremarle, mentre gli occhi già umidi andavano da una parte all'altra, alla ricerca di un appoggio sicuro.
«Non puoi… Non abbiamo ancora provato di tutto…» Protestò sapendo di sembrare una illusa. L'altra distolse lo sguardo e assunse un'espressione divertita; ignorando le parole di Naomi, Ikuno tornò a guardare fuori dalla finestra.
«Forse, se avessi avuto più cura della mia salute, avrei avuto ancora un po' di tempo. Diciamo un anno, magari poco più… Ma i dottori non seguono mai i propri consigli, non è così?» Si girò nuovamente verso di lei e sorrise. «Anche tu hai sacrificato molto per me.»
«E con questo cosa staresti insinuando?» Le domandò Naomi tra le lacrime, quasi offesa. Ikuno sapeva bene che non ci fosse altro posto dove avrebbe voluto stare se non al suo fianco, glielo aveva detto tante volte di non provare a usare quel tipo di retorica con lei.
Ma Ikuno rimase calma. «Niente. Sono contenta che tu mi voglia così bene.»
Naomi le prese una mano e la baciò, poi vi affondò il volto nascondendo il proprio sguardo alla compagna. Iniziò a singhiozzare in silenzio; Ikuno le aveva detto che non c'era bisogno di disperarsi così, ma lei non riusciva proprio a trattenersi.
«Sai, non mi pento di quello che ho fatto.» Sussurrò lentamente. Naomi non capì a che cosa si stesse riferendo finché non ebbe aggiunto:«Quando sacrificai la mia forza per gli altri, durante la nostra corsa verso lo Strelitzia Apath. Allora sapevo quali sarebbero state le conseguenze di un gesto così estremo, ma non ci pensai neanche per un istante; il bene dei miei compagni era troppo importante perché potessi avere dei dubbi. E anche con questa disabilità sono riuscita a vivere a lungo e felice…»
Naomi scosse la testa debolmente mentre Ikuno sorrideva con gentilezza, come una madre che aveva perdonato il figlio per qualche marachella. Avrebbe voluto dirle che doveva smetterla di pensare di dover ripagare qualche debito, che non c'era bisogno che si sforzasse così tanto per aiutare tutti gli altri; per una volta nella vita, le disse, poteva vivere solo per sé stessa ed essere almeno un po' egoista!
«Ma questo è ciò che mi rende felice.» Rispose pacatamente, spiazzandola. «Una vita volta al donare felicità e agio agli altri. E' questo che fanno i dottori. E' allo stesso modo, ho ricevuto la felicità dagli altri.»
La mano di Ikuno strinse un po' più forte quella di Naomi, poi con le poche forze che le restavano si avvicinò e allungò l'altro braccio per sfiorarle la spalla, l'origine di quella disabilità che in parte le aveva avvicinate, e poi passò ad accarezzarle una guancia per asciugarle le lacrime. Naomi provò ancora più dolore quando incrociò il suo sguardo rassegnato, ma soddisfatto.
«Naomi, tu più di tutti mi hai regalato una felicità che non avrei potuto restituire in mille anni. Vorrei solo che ci fosse un modo per non farti sentire così…»
Naomi girò la testa e chiuse gli occhi, baciando la mano di Ikuno che la stava accarezzando, il cuore le era ormai diventato un macigno dentro al petto. Le parole le rimanevano in fondo alla gola, incastrate mentre tentavano di uscire tutte assieme, l'unica cosa che poteva fare per trasmetterle tutto il suo amore era continuare a baciarla, e così rimase con le labbra pressate sul dorso della mano di Ikuno, stringendo sempre più forte l'altra mentre questa continuava a parlare.
«Naomi, se ci fosse un modo per evitare di causarti tutto questo dolore, mi ci butterei dentro senza neanche pensarci un istante! Ma voglio che tu mi prometta che, quando non ci sarò più, continuerai ad essere felice. Voglio che tu continui a far del bene, che non cambi nulla della tua vita solo perché questa vecchia Parasite se n'è andata…» La voce iniziò a tremarle mentre il suo sguardo si abbassava lentamente; la vista le si appannò e con ancora il sorriso sulle labbra, sussurrò:«Ti amo…»
Le parole di Ikuno si interruppero inavvertitamente. Il suo braccio teso si rilassò all'istante, quasi sfuggendo ai baci di Naomi e la stretta sulla sua mano venne meno; lei alzò lo sguardo incredula e la osservò mentre abbassava la testa, le sue bellissime iridi verdi adesso prive di luce. Gli occhi della donna rimasero fissi sul volto magro di Ikuno, congelato in un perenne sorriso beato, mentre un suono acuto e continuo proveniente dai macchinari accanto al letto riempiva la stanza, riempiva le sue orecchie, che ancora si aggrappavano a quel "ti amo."
Era bella, la sua cara Ikuno. Era andata via.
Il mondo iniziò a vorticare paurosamente attorno a Naomi mentre diversi infermieri accorrevano nella stanza e iniziavano a fornire assistenza alla paziente, lanciando richieste e ordini a gran voce da una parte all'altra della stanza mentre mettevano mani alle apparecchiature. Lei non sentì niente di quello che dissero, i suoi occhi erano fissi a guardare il viso di Ikuno, quel viso che era invecchiato molto più rapidamente del suo. Forse non capì cosa fosse successo, perché rimase impassibile per molto tempo a guardare quel volto; poi, adagio, abbassò la mano, unica parte del suo corpo che ancora lottava, abbandonò la stretta sulle dita di Ikuno che si era fatta insopportabile, si alzò dalla sedia e con la mano andò a sfilare gli occhiali dal viso di Ikuno, poi si piegò su di lei per donarle un ultimo bacio sulla fronte e quindi, conscia che non ci fosse più nessuno in quella stanza, se ne andò lasciando dietro di sé il disordine.
Naomi camminò alla svelta nel corridoio vuoto, lo sguardo perso lontano e gli occhiali ancora stretti nella mano; le sembrava di essere finita su un altro pianeta perché tutto le era così estraneo. Trovò una zona vuota con alcune sedie messe in fila lungo la parete, rivolte verso grandi finestre dall'altro lato del corridoio, e vi prese posto mentre una luce celestiale la colpiva in pieno. C'era una pianta decorativa accanto a lei, forse.
Si sedette tenendo la schiena ben dritta, la testa alta come un giovane impiegato al primo colloquio di lavoro, e rimase a fissare davanti a sé per un po'. Poi, quando la sua vista si fu offuscata del tutto, crollò come un castello di carte: la postura, la sua freddezza, l’espressione sul suo viso… Tutto venne giù, spinto dall'irrefrenabile forza dei sentimenti e della realizzazione di essere rimasta sola, di aver perso il suo grande amore.
Le lacrime ricominciarono a solcarle il viso e lei cercò inutilmente di asciugarsele. La sua mano non riusciva a muoversi bene, stringeva gli occhiali nel tentativo di non danneggiarli e con il dorso si strofinava le guance e le palpebre, avvicinando gli occhi alla manica e singhiozzando incontrollabilmente.
«Ikuno, amore mio…» Sussurrò a stento, rimanendo senza respiro subito dopo. Anche pronunciare il suo nome la uccideva.
Anni dopo, ancora non sapeva quanto tempo avesse passato a piangere seduta in quel corridoio d'ospedale.
   
 
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