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Autore: Part of the Masterplan    17/07/2022    0 recensioni
“Sally”
“Sì?” sputo nel microfono. Sento la sigaretta bruciare fino al filtro e iniziare a pizzicarmi le dita.
“Vieni a Londra. Adesso.”
“Il concerto? – ”
“Ho lasciato gli Oasis. Per sempre”
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Until Sally I was never happy.'
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Angolo dell'autrice
E' da così tanto tempo che non scrivo di Noel e Sally che riprendere a farlo è stato doloroso e impagabile. Mi prendo questo piccolo spazio prima di un capitolo a cui tengo moltissimo per ringraziare chi in questo pazzo percorso mi ha letta e spronata. Vi sono grata dal profondo del cuore. Sono giorni in cui Noel Gallagher è l'unico a farmi compagnia e dovevo a Sally il ritornare a continuare la loro storia. 
Qualche giorno fa ho scoperto che senza il mio consenso 'You sing, you shout, you turn the world around' è stata copiata dalla prima all'ultima parola su Wattpad e dolore e rabbia sono stati un motore per riprendere da qui, da dove avevo lasciato. 
Come sempre, I'll see you somewhere down the road. 

Sally.

Settembre 2007
Entriamo nell’ampio salone di questa meravigliosa vineria, gioiello incastonato tra il verde delle colline californiane in cui si produce il miglior vino del Paese. I pavimenti sono di legno chiaro e delle ampie vetrate rivestono interamente le pareti della stanza, investendola di una luce dolce e naturale che rischiara l’ambiente. Il caldo dell’estate che è in procinto di finire mi ha permesso di mettermi un vestito lungo color corallo, mentre Noel è nel suo migliore completo blu e mi allunga un calice di vino, “Per iniziare bene”, mi sorride. I tavoli, ordinatamente predisposti sotto la guida di Jackie, sono decorati con delle orchidee al centro di ognuno, le tovaglie lunghe e bianche, i segnaposto scritti con un’elegantissima calligrafia che sa di altri tempi.
Aspettiamo Kate, Michael e Vicky, rallentando il passo, mentre Nic mi supera stringendomi il braccio: “Tesoro, iniziamo a prendere posto, vi aspettiamo là”. Le sorrido e Liam passa incurante oltre, con la sua camminata storta e sgraziata, sembra padrone della sala come lo è del palco. Credo che nella sua testa stia pensando qualcosa di simile a “Let’s fuckin’ rock this place”.
La cerimonia è stata meravigliosamente emozionante. Le promesse di Jackie e poi quelle di Chris, due che si amano dell’amore più genuino e semplice, ennesimo esempio di come anche persone come noi, una volta ogni tanto, possano essere “giuste” per qualcun altro. Sorrido al pensiero, voltandomi verso Noel che sta prendendo in giro la piccola Victoria, con il suo vestitino rosa.
“Forza, principessina, qui tutti abbiamo fame!”
Quella gli fa la linguaccia, facendolo ridere spontaneamente. Sposto lo sguardo da Vicky a chi sta salendo l’ultima rampa di scale di marmo in un completo grigio chiaro. Il mio sorriso si smorza, come se si raffreddasse. Matthew con al suo fianco la nuova compagna, una ragazza approssimativamente della mia età con i capelli scuri e gli occhi verdi, in un abitino azzurro. Mi vede, mi sorride appena. Noel muove un passo avanti, conscio di cosa stia per accadere, e tende la mano a mezz’aria, rivolto verso di lui.
“Matt, vero?”, serio, gli stringe la mano.
“Sono io. Piacere di conoscerti, Noel”.
“Piacere mio. C’è un pazzo nell’altra stanza, non preoccuparti, è solo mio fratello”.
Matt ride, girandosi verso di me: “Ciao, Sally”, avvicina la guancia alla mia, “lei è Ashley”.
“Ciao, Ashley, piacere”, le stringo vigorosamente la mano, mentre lei mi saluta con comprensibile freddezza e si rivolge poi a Noel con una languida presentazione che si scontra con un impassibile accento mancuniano. I due salutano poi Kate e Mick e io e Noel prendiamo Vicky con noi, portandola al nostro tavolo.
“Sei stato cortese con lui”.
“Sally, luv, noi siamo la coppia reale in confronto a tutta questa gente. Il re e la regina del Britpop. Siamo superiori”, sghignazza indicandomi i nostri posti. Io e Nic siamo in mezzo ai nostri rispettivi compagni che oggi sembrano stranamente andare d’accordo. Prendono in giro qualcuno, salutano qualcun altro, ho l’agrodolce impressione che Jackie sia una delle poche persone ad unirli fuori dalla vita lavorativa. Mi chiedo se non ci fossero eventi del genere, come sarebbe questo rapporto. O meglio, com’è questo rapporto, perché non si può fare affidamento solo sui matrimoni per riunire due fratelli e sperare che non si azzuffino.
“I fratelli Gallagher al matrimonio di Jackie, se me l’avessero detto appena trasferita a Londra non ci avrei mai creduto!” Barbara ride appoggiando le mani curate allo schienale della sedia di fronte a me.
“Siamo venuti perché pensavamo di dover suonare qualcosa e fare qualche soldo extra. Possiamo suonare la fottuta Wonderwall, eh, Ourkid?” Liam sorride sornione.
“In effetti potremmo, nel caso il prossimo album non sia il migliore al mondo. Ma ho qualche dubbio a riguardo”, Noel raccoglie l’imbeccata, piazza il suo tiro e sorseggia un po’ di champagne.
“Anche se, Barbara, Noel ha in serbo parecchie canzoni che sono capolavori e non vuole lasciare agli Oasis, sai cosa intendo, no?”
“E’ vero, Noel?” quella sposta lo sguardo su Noel, che si sistema sulla sedia.
“Non so di cosa stia parlando… Come sempre, aggiungerei”.
“Sì che lo sai, hai tutte quelle canzoni lì dalla prima volta che hai lasciato un nostro tour. Per cosa cazzo le tieni da parte? Per fare i soldi da solo?”
“Meglio farli con le canzoni che con le polo, Liam”.
“Lo dici solo perché non sai vestirti bene quanto me”.
“Se andate avanti così giuro sul Manchester City che vi faccio mettere con il culo su una sedia e vi faccio cantare tutto il giorno”, il mio tono è apparentemente rilassato e divertito, ma sia Liam che Noel colgono il mio nervosismo e la mia richiesta implicita.
“Come vedi, Barbara, lui si veste bene, io scrivo capolavori, e abbiamo due compagne meravigliose. Potremmo volere qualcosa di più dalla vita?”
“No, non credo”, conclude Liam baciando Nicole. Barbara scoppia a ridere e posa un bacio sulla fronte di Vicky, prima di lasciarsi prendere per mano dalla sorella di Tim che sta confabulando qualcosa riguardo ai menù.
“Che sia la prima e l’ultima scenetta del cazzo che fate. Scendete dal vostro piedistallo e ricordatevi che oggi è la giornata di Jackie. Se non vi va bene, tornate in albergo”.
Un attimo di silenzio scende tra noi, ognuno fissa un punto diverso della stanza. Vedo con la coda dell’occhio Liam che, in ritardo, cerca di obiettare qualcosa, ma Noel lo fulmina con lo sguardo. Poi, sotto la tovaglia, sento la sua mano calda circondare la mia e stringerla. Ricambio la stretta, nascondendo un sorriso. Sento che la tempesta si è placata, che forse ora torneranno a essere le due persone amabili e divertenti che sono.
 
Agosto 2009
This is what you get
When you mess with us
For a minute there, I lost myself
I lost myself
 
Seduta sullo sgabello della cucina, ascolto i Radiohead fissando una tazza di the davanti a me.
“Che cazzo di lagna Thom Yorke. Buongiorno, luv”, Noel arriva alle mie spalle, posandomi un bacio sulla testa e abbassando il volume della radio. Thom Yorke diventa un sottofondo impercettibile.
“’Giorno.”
“Da quant’è che se qui?”
“Mmm… Doveva ancora sorgere il sole.”
“Mi guarderai in faccia prima o poi?”
Alzo lo sguardo, incontrando i suoi occhi azzurri. Azzurri e così calmi, da farmi incazzare ancora di più.
“Sei incazzata vedo.”
Annuisco, “Parecchio.”
“Lo so”, dice accendendo il fornello sotto il bollitore, “sicuramente non sei l’unica nel mondo.”
“Io più di altri”, lo interrompo.
“Tu più di altri dovresti capirmi, luv.”
“Sinceramente no, non ti capisco.”
“Perché non vuoi. Se ti togliessi dalla testa che gli Oasis sono stati tutta la nostra vita e, cazzo, è vero, lo sono stati, e provassi a pensarci da professionista sapresti benissimo che lavorare con Liam è un fottuto incubo.”
“Mi ha chiesto di fargli da fotografa.”
“Chi? Thom Yorke?”, lancia uno sguardo alla radio.
“Liam.”
Scoppia a ridere, con una mano sulla pancia. Genuinamente divertito dalla notizia, spensierato, quasi.
“Che foto dovresti fargli scusa? Alle fottute polo che vende in negozio?”
“Ricominciano senza di te.”
Sorride, “That’s fucking hilarious.”
Sospiro, infilando il viso nella tazza.
“Ci stai pensando?”
“Ad accettare?”, scrollo le spalle. “Non lo so. Neanche vorrei essere qui.”
Versa l’acqua bollente nella tazza e si appoggia al ripiano davanti a me, fissandomi negli occhi. “Perché non vuoi essere qua?”
“Perché sono sfinita da voi due. Dall’essere messa sempre in mezzo. Parla con uno, raggiungi l’altro, uno sta zitto, l’altro scappa dai tour, uno non ha più la voce, l’altro si isola dalla band… Cazzo, siete un circo.”
“Ecco perché ho fatto quello che ho fatto”, mi indica con il dito teso. “Ecco lì. Perché non ho più voglia di tutto questo.”
“Liam dice che hai dato di matto quando ha menzionato me.”
“Certo, certo che ho dato di matto quando ha menzionato te, cazzo, Sally. Io gli parlo della sua voce – porca puttana è un cantante, di cos’altro deve curarsi? – e lui tira fuori te, e Meg, e la cazzo di San Francisco e io che non so stare al mondo.”
Scrollo le spalle.
“Tu non sei la ragione per cui ho lasciato gli Oasis. Sei l’unico motivo per cui siamo durati così tanto. Perché ci hai sempre ricordato chi eravamo e da dove venivamo. Ma poi c’è altro.”
“Cos’altro?”
“Il rispetto del lavoro, ce l’hanno insegnato le nostre madri. Se un ragazzo paga 70 sterle per venire a vederci e il cantante è a malapena in grado di fare una canzone, dove cazzo va il mio lavoro? Io scrivo le canzoni, io produco l’album, io lavoro al mixaggio, io faccio le prove, io mi preoccupo di tutto. Tutto, cazzo. Con Liam sembra di avere una fottuta scimmia con deficit dell’attenzione ormai. Non riesce a rigare dritto per venti minuti. Se devo fare il solista in una band, tanto vale che lo faccia per i cazzi miei.”
“Mi dispiace.”
“Per cosa?”
“Per tutto. Odio che siamo arrivati qua. Lo capisco, in qualche modo so che hai ragione. Ma, cazzo, odio quando hai ragione così. Lo-odio.”
Si fa scappare un sorriso. “In qualche modo lo odio anche io, Sally. Ma ho guadagnato una cosa impagabile: la fottuta libertà. Sono libero di fare cosa voglio, di scrivere la musica che voglio, di fare tutte le prove del mondo. Se voglio, pubblico un album senza uno straccio di testo, solo con la musica. Io che suono solo una fottuta nota. Se va male, mi faccio una risata e continuo a godermi i miei soldi e la possibilità di fare cosa cazzo voglio. Sono libero dalla macchina da soldi degli Oasis.”
“Ti senti bene?”
“Fottutamente, divinamente, bene.”
“A me non riesce ancora.”
You take your time, luv.”
Il suono del telefono mi avvisa dell’arrivo di un messaggio, è Deborah.
“Non è mezzanotte, là?”
“Sì… Sarà qualcosa di urgente.”
Mi allungo sul ripiano recuperando l’iPhone.
 
Buongiorno Sally. Riunione con i grandi capi, oggi. Ho novità interessanti, chiamami domani e ne parliamo. Mi dispiace per gli Oasis – spero tutto ok.
 
Ti chiamo domani, very much needed.
 
Non appena invio la risposta, il telefono inizia a squillare. La suoneria, Songbird, parla da sé. Noel bestemmia, lasciando la stanza. Io non mi muovo dal mio posto.
“Pronto?”
“Cazzo sei mattiniera.”
“Non ho dormito tutta la notte.”
“A chi lo dici.”
“Non faccio che pensare a cosa cazzo vi è successo.”
“Ah, no”, indovino un sorriso, “io penso che non vedo l’ora di salire sul palco e far sentire a tutti che cazzo di canzoni abbiamo tirato fuori. Devo tornare sul palco e far vedere a tutti…”
“Cosa? Chi sono gli Oasis senza Noel?”
“Gli Oasis sono nati senza Noel, direi che i Beady Eye staranno benone anche senza un nano dalla testa troppo grossa che dà ordini.”
“Beady Eye?”
“Nome inventato ieri sera. Tre giorni che ci siamo sciolti e sono già pronto a ripartire. How fuckin’ top is that?”
Sorrido. Dallo sfinimento, dagli sproloqui, dall’amore.
“Hai pensato alla proposta?”
“Sì, Weetabix, ogni minuto.”
“E…?”
“Non lo so.”
“Che palle che sei. Non diventerai mica testa di cazzo come quell’idiota che ti scopi?”
“Liam…”
“Ok, ok, scusa… Però, ecco, io vorrei proprio che ci fossi con noi.”
“Dammi ancora un po’ di tempo.”
“Tutto quello che vuoi. Non so se hai notato che più invecchio più divento figo, però, ecco, non prenderti vent’anni per decidere. Luv ya.”
Interrompe la conversazione, senza lasciarmi la possibilità di controbattere.
Mi chiedo se Thom Yorke non abbia bisogno di una fotografa.
 
“Cosa farai? Ci hai pensato?”
Aspiro avidamente la mia Benson. Mi brucia la gola. “Di nuovo le Benson? Tanto vale che riprendi a drogarti, cristo”, sbotta, tagliente, Kate.
“Se mi fossi anche privata delle Benson, questa volta, ne sarei uscita peggio che in overdose.”
“Tra l’altro, dove sei?”
“Fuori.”
“Fuori?”
“Sì, sono uscita di casa, sto camminando. Sono finita a Marylebone, magari vado ad Hyde Park.”
“Fai un remake di Songbird, secondo me The Chief apprezza.”
Rido e mi sento stupida a farlo, ma Kate ride con me.
“Comunque, Kate, non lo so cosa farò. Vorrei accettare, perché non esiste una persona al mondo a cui io sia più legata che Liam. Lo sai. Voglio che questo suo progetto vada alla grande, riesca a fare un sacco di soldi e un successo enorme –“
“Ma sai anche che se lavora come Noel dice che lavori, è già tanto se il progetto decollerà.”
“Già”, ammetto. “Io non lo farei per soldi, io per Liam lavorerei anche gratis. Però capisco Noel. E conosco la mia maniacalità, che è come quella di Noel. Quanto resisterei con Liam e i suoi colpi di testa?”
“Poco. Fidati di me, che vi conosco tutti.”
Sbuffo, faccio un altro tiro.
“Hai sentito Jackie?”
“Sì… Jackie, la mamma di Noel e Liam, mia mamma… Sembra sia morto qualcuno.”
“E’ morto un qualcosa di molto importante.”
“E il carnefice, porca troia, non è mai stato così in pace col mondo come adesso.”
Kate sospira, sento Vicky in sottofondo. “Sally, non avete – non abbiamo – più vent’anni. Parlatevi sinceramente, ma ricordatevi chi siete. Lascia perdere le canzoni e l’amore per cosa erano gli Oasis. Pensa alle persone.”
Una delle perle di saggezza di Kate, in formato tascabile e sempre pronte all’uso.
It’s not in what you say, it’s in what you do. Grazie Kate, senza te non so dove sarei.”
“Potrei dire lo stesso. Ci sentiamo domani, fammi sapere quando prenderai una decisione. Ciao sweetie.”
Continuo a camminare, sovrappensiero. Passo davanti ad un negozio dove qualche mese fa abbiamo comprato un cardigan grigio, di cui Noel si è prontamente vantato con Chris Moyles su BBC Radio 1 prima delle date di Wembley. Sorrido. Forse do per scontata una vita che ho sempre sognato. Forse, nel tempo, ho imparato che non sono mai soddisfatta davvero.
 
Quando entro in casa il piano di sotto è immerso nel silenzio, mentre al piano di sopra si può sentire una chitarra acustica suonata con tanta sicurezza da sembrare un disco registrato. E’ una melodia che non mi è familiare, ma posso sentirne il testo.
 
And I'll go insane
If you don't save my soul
For rich or poor
You don't speak no more
Don't pray for me
If I'm not here when you return
'Cause if there's a God
You'll be crashing when you burn
A still white light
That shines upon the world
Don't lift the cold
Singing out sha la la la la

 
Prendo una birra dal frigo e ritorno al mio posto, seduta al bancone della cucina guardando il giardino che cambia colore all’imbrunire. Alba e tramonto, e tutto quello che accade in mezzo.
Non so se mi abbia sentita tornare, ma non voglio distoglierlo dal suo mondo. La musica l’ha sempre salvato e forse adesso ognuno di noi ha bisogno della propria dimensione. Di un po’ di lontananza e un po’ di pace.
Compongo il numero di Deborah, certa che sia già in ufficio, tra le prime ad arrivare e a mettere le mani su quella poltiglia allungata che chiama caffè.
“Ciao blondie, come stai?”
“Ciao Deborah… Uh, come quando la band della tua vita si scioglie.”
“Mi dispiace. Non so come ci si possa sentire, ma immagino faccia abbastanza schifo.”
“Già. Raccontami queste grandi novità, tirami su il morale.”
“Uh, allora… Da dove inizio…”, percepisco calma e serenità nella sua voce, ma sono certa ci sia qualcosa in più. “Ieri ho parlato con i grandi capi. Stanno progettando dei cambiamenti di lungo periodo e tra questi ci sarà, ovviamente, il sito web. Aggiungici anche la transizione che vogliono fare a livello di contenuti… Sarà un continuo, costante, cambiamento. Però, e non so se te ne ho parlato… Beh, voglio cambiare anche io.”
“Mmm, direi che non me ne hai parlato.”
Sorride, “Sì, Sally. E’ da più di quindici anni che ogni mattina entro in questo ufficio prima di tutti gli altri e non ricordo l’ultima volta che ho preso una macchina fotografica in mano. Ho deciso di prendermi un anno sabbatico e al ritorno si vedrà. Mi hanno proposto dei posti da direttore creativo nella moda… Perché no.”
“Direi che non suona affatto male. Ma cosa c’entra con me?”
“Ho fatto una proposta ai grandi capi, che in realtà ci avevano già pensato. Hanno mandato me come ambasciatore e lo sai, non porto pena ma solo belle cose – o almeno spero. Vogliono te come head of photo department.”
“Prego?”, un fulmine a ciel sereno.
“Tutte le foto passeranno da te, tutte le decisioni in quell’ambito. L’intero dipartimento risponderà a te. Numero cartaceo e sito web, posso giurare che il lavoro non farà che aumentare negli anni. Pagano bene, te lo garantisco, è tutto direttamente proporzionale a stress e responsabilità.”
“Niente che io non abbia vissuto negli anni Novanta.”
“Ti vogliono proprio per quello. Sei la fotografa con più esperienza nel mondo musicale e live, hai girato l’Europa a scattare foto di paesaggio e architettura, insomma se non avessero chiesto a te mi sarei incazzata.”
Sospiro e bevo un sorso di birra, “E’ una notizia incredibile in un momento di merda.”
“Lo so Sally. Hai molto sul piatto al momento. Prenditi il tuo tempo per decidere, se dovessi rifiutare potrai comunque continuare a fare ciò che già fai. A meno che il programma non sia tornare a Londra…”
“E chi lo sa qual è il programma, Deb.”
“Ti chiamo tra un paio di giorni, che dici? Pensaci su.”
Prendo un’altra bottiglia di birra dal frigo e salgo lentamente al piano di sopra, la melodia continua imperterrita e me lo ritrovo davanti, di spalle, seduto sul letto. Come vent’anni fa, nella sua camera curvo sulla sua chitarra. Più di vent’anni fa, penso a quanto lo amo.
“Noelie.”
Si gira, il suo volto cambia da cupo a sorridente. Stanco, ma sorridente. Appoggia la chitarra sul letto e allunga il braccio verso la bottiglia di birra. “Grazie”, sussurra.
“Ho chiamato Deborah, ci sono novità.”
“Che novità?” aggrotta le sopracciglia.
“Mi offrono il posto come head of photo a Rolling Stone.”
Il suo volto si allarga in un moto di sorpresa. “Well done, luv.”
“Grazie.”
Allungo la mano verso di lui, che la stringe tra le sue dita calde e dai polpastrelli ruvidi.
“Hai un sacco di proposte sul tavolo”, sorride sornione.
“Così sembra”, porto la birra alle labbra. “Vuoi farmene una anche tu?”
“Mi sa che sbaraglierei la concorrenza.”
Rido, “Addirittura? Quanti soldi pensi di offrire alla tua fotografa?”
“Più che ad una fotografa, io pensavo ad una moglie. Sally, vuoi sposarmi?”
  
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