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Autore: _SbuffodiNuvola_    18/07/2022    0 recensioni
“Uno squillo.
Due squilli.
Tre squilli...
-Salve! Questa è la segreteria telefonica di Shinichi Kudo. Ora non posso risp...
Ran spense la chiamata, lasciò il cellulare sul pavimento e appoggiò la fronte sulle ginocchia strette al petto. Una lacrima calda cadde sulla sua maglietta, lasciando una piccola macchia rotonda sulla stoffa gialla.”
Dopo cinque anni di relazione, Shinichi scompare nel nulla come dopo la sera al Tropical Land e senza dare una spiegazione concreta a Ran.
Quando ritorna in Giappone, quattro anni dopo, il detective scopre che Ran ha avuto una figlia, ma non sa che quella bambina è anche sua...
Genere: Comico, Sentimentale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Heiji Hattori/Kazuha Toyama, Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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-Ne sei sicura?

-Certo. L’ho visto con i miei occhi. -Vermouth si tolse la maschera che aveva messo per travestirsi e passare accanto a Shinichi Kudo senza farsi notare da lui. -Teneva per mano la bambina.

-Allora torna qui e organizziamo il tutto.

La donna alzò gli occhi al cielo e fece una leggera risata: -Il lavoro duro sempre a me, eh, Gin?

-Non è con me che ti devi lamentare. 

E l’uomo dall’altra parte della cornetta chiuse la chiamata. Vermouth spense lo schermo del telefono e sospirò. Non avrebbe voluto farlo, non per quel detective che le aveva salvato la vita insieme ad Angel… ma purtroppo non poteva rifiutarsi, se teneva alla vita.

Salì sulla motocicletta, l’accese e si allontanò dall’asilo per andare a prendere l’occorrente per quel nuovo incarico voluto dal boss in persona. Nel frattempo si mise a pensare: infiltrarsi in quel posto non sarebbe stato difficile per lei, il problema sarebbe stato uscire. Come fare a evitare eventuali testimoni oculari? Erano presenti delle telecamere di sicurezza? Dannazione, odiava lavori come quello. Troppe incognite e troppe cose a cui pensare. Perché non fare qualcosa di più semplice? O tentare ciò che avevano in mente da un’altra parte?

Sbuffò e si ripeté di portare pazienza. Presto tutta quella storia sarebbe finita. 

O almeno, se lo augurava.

 

***

 

-Shinichi. Sono incinta, non sto per morire. -disse Ran quando il suo detective la fece sedere a forza sul divano. -E poi, il bambino non nascerà prima di nove mesi. Lo sai. Diamine, sei pure intelligente!

Shinichi arrossì e balbettò qualcosa di simile a: -Non voglio che ti stanchi troppo.

La karateka rise: -Ci sono già passata. Quando aspettavo Aika ho fatto di tutto e… -non riuscì a terminare la frase, perché un conato di vomito la fece correre in bagno.

Pochi minuti dopo era seduta con la schiena appoggiata al muro, proprio come quattro anni prima… l’unica differenza era che stavolta c’era Shinichi con lei, che le teneva un panno bagnato sulla fronte per asciugarle il sudore. Ran amava quando la coccolava e la riempiva di attenzioni così.

-Quindi ora che si fa? Lo diciamo a tutti? -chiese lui e Ran sorrise: -Beh, prima o poi lo dovranno sapere, ma aspettiamo qualche giorno. Comunque, quando ho scoperto di aspettare Aika, Heiji lo ha capito senza che dicessi niente. 

-Aika sarà contenta?

Lei annuì: -È da quando aveva due anni che mi chiede un fratellino o una sorellina.

Stavolta fu Shinichi a ridere: -Che tipetta.

“Già. Uguale al padre” avrebbe voluto aggiungere Ran.

Un attimo. Poteva essere il momento giusto per dirgli la verità? 

La karateka osservò l’uomo alzarsi in piedi per bagnare di nuovo la pezza bianca da rimetterle in fronte. Ora che aspettava un altro bambino da lui, magari non si sarebbe arrabbiato…

E poi, c’era un dubbio atroce che la tormentava: se Shinichi si reputava tanto razionale e attento (cosa che era veramente), perché non aveva ancora capito la verità? Aika gli somigliava così tanto! Gli stessi occhi, la stessa intelligenza sopra la media, la stessa curiosità… persino lo stesso cognome! Perché il detective non capiva? Cosa c’era di così complicato?

Mentre questo pensiero le invadeva di nuovo la mente, Ran diede di stomaco un’altra volta.

-Sei stata così male anche per Aika? -domandò Shinichi, che le teneva i capelli per evitare che si sporcassero.

-No, il contrario. Con lei niente, nessun malessere. -rispose lei, poi tossì e il detective le bagnò ancora la fronte.

Dopo una mezz’ora circa, Ran riuscì a rialzarsi in piedi. La nausea le era passata un po’, ma Shinichi si era comunque offerto di preparare il pranzo e di occuparsi delle altre faccende domestiche mentre lei riposava un pochino.

La karateka, seduta sul divano, lo osservò di nascosto mentre le cucinava il riso in bianco e, più tardi, mentre sistemava la casa. Quando lui le ordinava di non fare niente, non doveva fare niente per davvero. Ormai lo aveva imparato, visto che era successa la stessa cosa anni prima, quando erano all’università e Ran si era presa l’influenza. 

-Sai, prima la maestra di Aika ha detto che mi somiglia. -disse il detective ad un certo punto. 

Ran lasciò cadere il cellulare sulle gambe, le mani avevano iniziato a tremarle.

-C-Cosa?

-Incredibile, vero? Io le ho spiegato come stavano le cose, così da evitare altri dubbi. -continuò lui, senza accorgersi del panico che aveva assalito la giovane donna alle sue spalle. -Divertente, vero?

Ran fece una risatina forzata: -Già. 

Shinichi si mise a riordinare i giochi che Aika aveva lasciato sul tappeto la sera prima, sempre sotto lo sguardo di lei. Adesso i suoi pensieri erano più confusi di prima! Avrebbe fatto bene a dire a Shinichi la verità proprio adesso?

Poteva approfittare di quello che le aveva appena raccontato per cercare di alleggerire la notizia, perché no?

-Ehm, Shinichi? -lo chiamò, decisa.

Ma, quando lui alzò gli occhi su di lei, quei bellissimi occhi blu che la incantavano tutte le volte, non riuscì a dire altro che: -Vado a fare un bagno. 

Il detective le sorrise: -Va bene. 

Così, dandosi della stupida, Ran si alzò dal divano e andò a lavarsi.

 

***

 

Shinichi chiuse la portiera e si appoggiò al volante, sospirando. Era distrutto dalla stanchezza: era stato un caso difficile ed era rimasto in quella casa dalle tre del pomeriggio fino alle ventitré passate. Per fortuna aveva notato quel piccolissimo particolare (quel maledetto orecchino mancante!) e aveva scoperto che l’assassino altri non era che l’amante della vittima.

Controllò le tasche per assicurarsi di aver preso tutto (non dimenticava mai niente sulla scena del crimine, ma meglio non rischiare): cellulare (che però era quasi scarico), chiavi di casa… e quella scatolina rossa che ormai conosceva nei minimi particolari.

Quattro anni. Aveva preso quell’anello quattro anni prima e ancora doveva darlo alla donna per cui lo aveva acquistato. Però, era stato proprio quel piccolo cerchietto di metallo a dargli la forza di resistere in quegli anni che aveva passato lontano da lei. Quando sentiva che si stava lasciando andare, prendeva quella scatola dalla tasca e la apriva. Il diamante brillava alla luce della lampada della stanza e Shinichi sorrideva, ripromettendosi che ce l’avrebbe fatta e che sarebbe tornato a Tokyo per lei. 

Anche in quel momento sorrise. Era arrivato il momento di darlo a Ran, senza ombra di dubbio. 

Mise in moto la macchina e, mentre pensava al modo migliore per fare la proposta alla karateka, arrivò a casa. Ci pensò molto, visto che il luogo del delitto non si trovava molto vicino a Beika e dovette guidare per mezz’ora.

Parcheggiò la macchina nel garage e salì con l’ascensore. L’unica cosa che gli era venuta in mente era quella di portare Ran a Londra e farle la proposta sotto il Big Ben, per ricordare la sua fatidica dichiarazione. Decise che ci avrebbe pensato meglio l’indomani, dopo una bella nottata di sonno.

Entrò nell’appartamento cercando di fare poco rumore. Sicuramente Ran e Aika stavano dormendo e non voleva svegliarle.

La prima cosa che notò entrando, però, fu che il suo appartamento era stranamente affollato.

C’erano Jodie, James, il sovrintendente Megure, gli ispettori Takagi e Sato, Heiji, Kazuha, il professor Agasa, i genitori di Ran e persino i suoi, di genitori. Colei che lo fece preoccupare di più, però, fu Ran, seduta sul divano, in mezzo a Kazuha ed Eri, con le lacrime agli occhi e un fazzoletto tra le mani. 

-Buo-Buonasera. -balbettò Shinichi dubbioso e preoccupato allo stesso tempo. Si tolse le scarpe senza nemmeno preoccuparsi di sistemarle per bene all’ingresso e si diresse nel salotto.

-Che cosa succede? -chiese. Anche se aveva paura della risposta. Le facce dei presenti non promettevano niente di buono. Che c’entrasse l’organizzazione? Se c’erano gli agenti dell’FBI era molto probabile, ma cosa poteva…

Prima che potesse terminare quel pensiero, Heiji, che era in piedi poco distante da lui, gli si avvicinò.

-Shinichi, forse è meglio se ti siedi. -disse. Il detective guardò l’amico aggrottando le sopracciglia, ma si sedette su una sedia del tavolo presente nella stanza. 

-È successo qualcosa di grave? -chiese ancora. Shinichi detestava quelle situazioni, soprattutto se lo riguardavano in qualche modo. Guardò tutti i presenti uno per uno, in attesa di una risposta.

Heiji sospirò.

-Si tratta di Aika. -disse, cauto. -L’organizzazione l’ha rapita.

 

***

 

Heiji temette di vedere Shinichi svenire seduta stante. Dopo le sue parole, il detective dell’Est era impallidito di colpo e aveva lasciato cadere la giacca che teneva ancora fra le mani. 

-Co-Cosa? -balbettò spostando di nuovo gli occhi su coloro che si trovavano lì, come per cercare una conferma a quello che aveva appena sentito.

-Vermouth si è presentata all’asilo travestita da te e… -spiegò l’ispettore Takagi, senza però riuscire a concludere la frase. 

Sato si avvicinò con tra le mani una busta di plastica, di quelle che usava la scientifica per contenere le prove di un delitto: -Ran ha trovato questa nella cassetta della posta.

E porse la busta a Shinichi. Heiji ormai conosceva il contenuto praticamente a memoria: si trattava di una lettera e una fotografia di Aika addormentata sul sedile di una macchina. La lettera, che consisteva di poche, semplici frasi scritte a computer, diceva semplicemente di farsi trovare al porto di Tokyo due giorni dopo con tutta la documentazione riguardante l’organizzazione. Erano disposti a uno scambio, i documenti per la bambina, a patto che l’FBI smettesse di indagare sulla questione.

Shinichi lesse tutto così tante volte volte che Heiji pensò di vedere la carta iniziare a disintegrarsi sotto lo sguardo del suo amico. 

-Riassumendo, le maestre hanno detto di aver lasciato Aika a quella donna travestita da Shinichi senza notare che non era quello vero. -disse Megure. -Quando Eri è andata a prendere la bambina questo pomeriggio, le hanno detto quel che era successo e lei ha chiamato Ran, dico bene?

Eri, seduta accanto alla figlia sul divano, annuì: -Ran mi ha detto che Shinichi era andato via e non poteva essere passato all’asilo. Poi ha trovato la lettera. -e tornò ad accarezzare la schiena a Ran, che singhiozzava. 

-Avete già avvertito l’FBI? -chiese Yusaku a Jodie.

-Sì, appena ci avete chiamati. -rispose la donna. -Shuichi ha già iniziato a pensare a un piano per salvare la bambina e allo stesso tempo mettere fine a questa storia.

Ma Heiji non badò a cosa stessero dicendo. Guardava Shinichi, ancora concentrato sulla lettera. Sembrava avere in mano un’arma nucleare.

-Shinichi? -lo chiamò, preoccupato. 

-Io non capisco. -disse Shinichi alzandosi in piedi per restituire la busta di plastica a Sato. -Perché rapire proprio Aika? Se dovevano colpire me, allora perché non prendere Ran o voi?

Si era rivolto ai suoi genitori. 

Heiji non rispose. Sapeva benissimo il motivo, legato solo in parte al fatto che Aika era una bambina e che quindi sarebbe stata più facile da usare come ostaggio.

Stava per proporre quest’ultima ipotesi, quando Ran si alzò dal divano, zittendo tutti all’istante. La karateka si avvicinò a Shinichi ed Heiji poté giurare di non averla mai vista con uno sguardo così carico di rabbia. Mai.

-Non capisci niente, perché non osservi bene, Sherlock. -disse, fredda. 

-C-Cosa? -domandò il detective dell’Est, stupito.

-Possibile che non l’hai capito? Eppure sei il grande detective dell’Est e lo Sherlock Holmes del nuovo millennio! -fece Ran. -O sbaglio?

-I-Io… -balbettò lui. Heiji lanciò un’occhiata a Kazuha, che gli restituì lo stesso sguardo.

-Prova a fare un po’ mente locale. -suggerì la karateka con un tono molto sarcastico. -Quanti anni ha Aika?

-Quattro. Ma perché…

-Di che colore ha gli occhi?

-Ehm… azzurri?

-Che cosa ti ha detto la sua maestra stamattina?

-Che mi somigliava…?

Heiji aveva ormai capito dove volesse andare a parare Ran. I presenti guardavano la scena, allibiti quasi quanto il povero detective dell’Est, mentre il detective dell’Ovest si passò una mano sul viso, pronto al momento in cui Ran avrebbe sganciato la bomba. 

-E infine… -continuò lei. -Qual è il suo cognome?

-Ku… Kudo…

Appena Shinichi disse quell’ultima parola, Heiji notò che nei suoi occhi era cambiato qualcosa. Era lo stesso sguardo che aveva quando risolveva un caso. Aveva capito. 

-Quei tizi l’hanno rapita per un semplice motivo. -concluse Ran. -Aika è tua figlia.


 

*angolo autrice*

Ehilà!

Perdonatemi, ma ho avuto gli esami di maturità a cui pensare, quindi sono riuscita a scrivere qualcosa solo dopo il mio esame orale.

Questo capitolo è stato un parto, soprattutto l’ultima parte! Avrei voluto mettere questa cosa molto più tardi, ma non sapevo se ci sarebbe stato bene, quindi ho scelto di fare così.

La frase che dice Ran, quel “Non capisci niente, perché non osservi bene”, la dice Sherlock Holmes in “Uno scandalo in Bohemia” e nel London Arc Shinichi la ripeté. Ho pensato di metterla ancora prima di iniziare a scrivere questa fanfiction!

Nel prossimo capitolo ci sarà una scena che personalmente mi piacerà scrivere (e l’ho pensata l’altro giorno!). Penso che capirete quale sarà!

Non so quando pubblicherò il prossimo capitolo, perché andrò via qualche giorno e non porterò il tablet su cui scrivo. Quindi, portate pazienza, il capitolo arriverà!

Alla prossima!

   
 
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