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Autore: ELIOTbynight    08/09/2009    5 recensioni
[…] L’idea che tutto finisse lì mi terrorizzava. Oltre al pensiero che la morte dei miei genitori sarebbe rimasta un mistero mi spaventava anche la sensazione di non avere più quella band miracolata al mio fianco. Non poteva dirmi di no. Se l’avesse fatto non mi sarei data pace. - Lucy, ti rendi conto che se ti accontentassi smuoverei mezzo mondo?- Annuii sempre più convinta. Sarei stata disposta a tutto pur di concludere la faccenda fino in fondo. Non me ne fregava niente di fan indignate, trambusti vari o che altro. Solo una cosa mi importava: la verità che doveva essere scoperta. - Siccome deduco che non smetterai di farmi impazzire finché non avrò acconsentito … - Quelle parole mi fecero sperare. - … d’accordo.- Esultai saltellando intorno a David con una tale felicità che a momenti avrei dato una festa. - A una condizione!- Mi bloccai e lo guardai con disappunto. - La cosa deve finire entro una settimana! Non di più!- Sospirai di sollievo e con la tenerezza dei bambini abbracciai le gambe del manager. - Grazie, signor Jost … - […]
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1
UNA BAMBINA INNOCENTE

“Hey, wir sind … Tokio Hotel!”


La prima cosa che ricordo è che all’inizio era successo tutto molto velocemente, ma poi imparai a godermi il tempo passato con loro … Sarà perché sulle prime non capivo bene cosa stava succedendo.
Chissà, forse ero in vacanza e i miei genitori mi avevano persa … Fatto sta che da quel giorno non li vidi più.
Ah, sì, ora ricordo. Eravamo andati in vacanza in Germania. La prima cosa che mi viene in mente è che faceva molto caldo e non vedevo l’ora di rinfrescarmi in qualche modo.
Non saprei dire con esattezza cosa accadde, ma tutti i miei ricordi cominciano solamente dall’immagine di una grande porta di vetro. La guardavo incantata, come se mi parlasse e mi chiedesse disperatamente di aprirla e di entrare.
Mi guardavo intorno, ma non c’era nessuno che si degnasse di accorgersi di me. Ero stata portata via da alcuni uomini, sconosciuti, che si erano intromessi nella nostra vacanza.
Ricordavo solo che stavamo viaggiando verso il nostro albergo e io dormivo sul sedile posteriore. Mi svegliai con un notevole urto e un rumore fortissimo.
Non so come mi ritrovai seduta sull’asfalto. E poi c’era fuoco, tanto fuoco. Le macchine erano diventate due. La gente si avvicinava alle fiamme spaventata e io non capivo cosa era successo.
Mi sentii improvvisamente sollevare per i fianchi, degli uomini mi misero in piedi sul marciapiede e mi dissero qualcosa del tipo “non muoverti”.
Ma io iniziai a camminare lo stesso per allontanarmi. Quegli uomini non mi piacevano, né tantomeno quelle fiamme che si alzavano sempre di più. Avevo caldo e volevo allontanarmi per cercare un posto fresco dove stare meglio.
Finché camminando camminando non mi ritrovai di fronte quella grande porta. Mi pulii il vestitino bianco con gli orli di pizzo, passai un paio di volte la mano nei miei lunghi capelli neri e decisi di entrare.
Ah, che bello. C’era l’aria condizionata. Mi sentii subito meglio e dopo aver dato un’occhiata a destra e a sinistra mi inoltrai nel palazzo. Era un atrio grande, dove non c’era nessuno. Vidi una grande foto attaccata al muro e mi fermai ad osservarla. Sbattei le palpebre attonita, chi potevano mai essere quei ragazzi dai capelli strani? Uno brandiva un microfono e aveva un grande ammasso di capelli neri in testa, un altro era tutto concentrato sulla sua chitarra e … che aveva in testa? Degli spaghetti? No, erano capelli biondi legati in delle trecce strane. Poi ce n’era uno con i capelli lunghi lunghi. Lunghi e castani. E infine un altro che sembrava il più normale tra i quattro, con i capelli corti e biondi.
“Chi saranno questi quattro? E perché sono su questa grande foto?” mi chiedevo incuriosita.
Poi feci scorrere le dita sulla grande scritta sotto di loro. “CONCERTO”. Rimasi un po’ impressionata da quel manifesto, me lo lasciai alle spalle e proseguii lungo il corridoio che avevo appena imboccato.
Le pareti erano tutte bianche e ogni cento metri c‘era una porta chiusa. Mi sentivo molto a disagio. Quel posto non mi piaceva, era troppo silenzioso, e poi non c’era nessuno. Finché non mi soffermai a fissare una porta leggermente aperta. Senza pensarci entrai dentro. Guardai in alto, ma dopo solo qualche metro inciampai in un filo nero. Caddi per terra senza farmi niente, ma incuriosita cominciai a guardare quella miriade di fili neri attaccati di qua e di là. Mi rialzai e proseguii nella mia perlustrazione. Adesso le pareti erano diventate nere, camminavo sempre più curiosa e meravigliata, guardandomi i piedi quasi a ogni passo per evitare di inciampare di nuovo.
Poi si presentò davanti a me una stanza grande, grande, ma talmente grande che dentro di essa avrebbero potuto starci tantissime persone. Centinaia? No, di più, anche migliaia. Poi mi ricordai di botto di aver visto delle stanze del genere in televisione e mi parve che si chiamassero “sale da concerto”.
Concerto? Non era la stessa parola scritta sul manifesto raffigurante i quattro ragazzi strani? Probabilmente avevano a che fare con questa sala. Mi girai e vidi un palco. Era enorme, mi faceva venire i brividi. Però sopra c’erano delle cose strane. Sempre più incuriosita, salii la scaletta e mi guardai intorno. Anche lì c’erano tanti e tanti fili neri sparsi per terra. Chissà a che cosa servivano?
Poi mi fermai. Ero rimasta incantata alla vista di un grande ammasso di tamburi e piatti dorati. C’era uno sgabello sistemato dietro e pensai “Ma come farà la gente a sedersi qui e a suonare questi tamburi tutti insieme? Devono fare certamente un gran baccano!”
Mi sedetti sullo sgabellino e scoprii che il tamburo più grande era vuoto e dentro c’era solo un … Beh, veramente non sapevo che cosa fosse, era un aggeggio che ricordava un pedale … Sì, forse era un pedale. Provai ad allungarmi per premerlo, ma avevo le gambe troppo corte. Dopotutto avevo solamente sette anni, ero piccola ed ingenua. Siccome volevo riuscire a schiacciare il pedale a tutti i costi, in preda alla curiosità, finii per sedermi per terra e schiacciarlo con le mani, perché mi risultava più comodo. Ogni volta che lo premevo partiva un bastoncino a cui era stato fissato un mini-cuscino che sbatteva contro il tamburo. Dunque era così che si suonava, ecco come facevano a suonare più tamburi contemporaneamente!
Tanto ero presa da questo nuovo gioco che mi dimenticai di tutto. Mi isolai completamente da tutto e da tutti. Perché si sa, quando un bambino inizia un gioco che gli piace molto, non vuole più smettere. E così accadde a me. Smisi di pensare, il mio scopo di vita diventò premere senza interruzione quello strano pedale, senza accorgermi che il tempo passava.
All’improvviso, dopo una durata di tempo che non sapevo distinguere, sentii la presenza di qualcuno. Alzai la testa e vidi spuntare dai tamburi un ragazzo. Spalancai gli occhi attonita, era lo stesso con i capelli da leone che avevo visto nella grande foto! Mi guardava anche lui, con due strani occhi marroni pieni di stupore e curiosità. Simili ai miei.
- Ehi, tu! Da dove salti fuori??- mi disse perplesso.
Io mi alzai in piedi e mi sistemai il vestitino stroppicciato, presa alla sprovvista. Poi continuai a guardarlo sorpresa, e anche leggermente impaurita.
- Allora? Mi rispondi?-
Fece il giro intorno ai tamburi e si avvicinò a me. Quella strana criniera nera che aveva in testa mi preoccupava e d’impulso feci qualche passo indietro per tenere le distanze. Senza fiatare.
- Oh, non devi avere paura di me, sai? Se ti spaventano i miei capelli non devi avere paura, io sono buono!-
Aveva una voce che in effetti era dolce e angelica. E poi aveva dei begli occhi. Occhi che ricordavano vagamente le tavolette di cioccolato che mi piacevano tanto. Al cioccolato fondente, ripieno di nocciole intere. Quegli occhi cioccolatosi mi osservavano quieti, per cercare di tranquillizzarmi.
Decisi che una persona con una bella voce e dei begli occhi non poteva essere cattiva. Feci un passettino in avanti, senza staccare lo sguardo da lui.
- Ma non parli? … Dai, dimmi qualcosa. Come ti chiami?-
Ebbi un attimo di smarrimento, era successo tutto talmente in fretta che stavo per dimenticarmi il mio nome.
- … Lucy … - mormorai con la mia solita vocina timida.
- Lucy? Ma che bel nome!- disse lui sorridendo.
Continuai a guardarlo meravigliata, mi sorprendeva sempre di più. Oltre ad avere una bella voce e dei begli occhi aveva anche un bellissimo sorriso. Ebbi un piacevole brividino lungo la schiena e sentii come una mano calda che si appoggiava sul mio cuore. Poi mi lasciai sfuggire anch’io un sorriso. Piccolo, ma sincero.
Lui sembrava compiaciuto della mia reazione e si inginocchiò davanti a me.
- Ascolta, Lucy. Sai dirmi dove sono i tuoi genitori?-
Quella domanda mi spiazzò. Mi ero completamente dimenticata che ero rimasta sola.
- No … Tu li hai visti?- chiesi sperando in una risposta sensata.
- Ehm, veramente no. Speravo che potessi dirmelo tu … -
Abbassai lo sguardo. Mamma e papà mi avevano persa. O forse ero io che avevo perso loro.
Vedendo il mio disappunto, lo strano ragazzo cercò di tranquillizzarmi.
- Non preoccuparti, vedrai che li troveremo. Nel frattempo che cosa vuoi fare?-
Non ne avevo idea. Trovare i miei genitori sapevo che sarebbe stato difficile e avrebbe impiegato un lavoro lungo. Però fino a quel momento non avevo pensato a un’eventualità del genere. Cosa avrei potuto fare?
Uhm … Avrei potuto provare a conoscere questo ragazzo così gentile che voleva aiutarmi. Aveva qualcosa di speciale che volevo scoprire. Ma non volevo risultare troppo sfacciata. Ero piccola, ma educata.
- Posso giocare con questo?- dissi indicando il pedale che stavo premendo ripetutamente prima.
Lui mi guardò imbarazzato. Si grattò la testa con l’espressione di chi non sa se darmi il permesso oppure no.
- Vorrei farti giocare con la batteria, ma se mi scopre Gustav scoppia una guerra …!-
- Chi è Gustav?- domandai d’impulso. Tutto a un tratto la mia attenzione si era concentrata su quel nuovo nome.
- Gustav? Oh, lui … lui è un mio carissimo amico. Lui è specializzato nel suonare la batteria!- rispose accarezzando la colonna che reggeva il Charleston.
- Ti va di conoscerlo?- mi chiese lui prendendomi alla sprovvista.
Esitai. Era quello che davvero volevo?
- Sono sicura che lo troverai simpatico!- aggiunse lui orgoglioso.
E va bene … In fondo non avevo nulla da perderci. Anzi, un presentimento mi disse che sarebbe stata una bella esperienza.
Annuii e lo seguii giù dal palco. Ripercorremmo il corridoio nero, che altro non era che il backstage, sbucammo nuovamente nel lungo corridoio dalle pareti bianche e quasi subito entrò in un’altra stanza.
Rimasi fuori. Ero molto timida e non sapevo cosa dire né cosa fare, quando avrei incontrato questo Gustav.
- Coraggio, vieni!- mormorò lui con un sorriso.
Alla vista di quel sorriso non ebbi più esitazioni ed entrai.
Anche qui era tutto bianco. O perlomeno, i muri erano tutti bianchi. C’erano tanti attaccapanni appesi alle pareti, e un tavolo con delle sedie. Però le tre persone che erano dentro la stanza stavano stranamente in piedi. Li riconobbi subito, anche loro erano sul manifesto che avevo visto nell’enorme ingresso. Dovevano tutti essere dei grandi amici.
In un attimo, tutti gli occhi erano puntati su di me. Mi sentii subito a disagio, guardandomi attorno preoccupata. Dopotutto era normale puntare gli occhi su una bambina di sette anni, sola, venuta da chissà dove e in un momento che alla prima impressione sembrava non essere uno dei migliori.
L’unico soddisfatto era colui che mi aveva portata lì, che dopo avermi rivolto un altro dei suoi magici sorrisi, annunciò:
- Ragazzi, voglio presentarvi Lucy!-
Il primo, quello con i capelli che ricordavano gli spaghetti, mi si avvicinò e si inginocchiò squadrandomi dall’alto in basso. Io continuavo a guardarlo senza fidarmi. Dopo qualche istante cambiò espressione e con fare cordiale mi porse la mano.
- Ciao, Lucy. Io sono Tom, piacere di conoscerti.-
Con mio grande stupore vidi che aveva gli occhi uguali uguali a quelli del ragazzo con la criniera nera. Ero affascinata. Di sicuro anche questo Tom era buono come lui.
Gli strinsi la mano e mi rivolse un sorriso. Stupita come non lo ero mai stata, guardai il ragazzo coi capelli neri, poi Tom, poi di nuovo il primo e poi il secondo. Infine si guardarono loro due.
- Mi sa che si è accorta del nostro legame di parentela, ihih!-
- Bill, non ti intromettere … Sto facendo conoscenza!-
Appena si rigirò verso di me incontrò il mio sguardo arrabbiato.
- Ehm … Che cosa ho detto?- chiese lui ingenuamente.
Io mi misi a braccia conserte e sbottai:
- Non ti devi arrabbiare con lui!-
Gli altri due ragazzi cominciarono a ridere, mentre Tom, stupito, guardò Bill con indignazione.
- Bill, che cosa le hai fatto?? Un lavaggio del cervello?!?-
L’altro, ridendo, rispose:
- Il primo che la trova se la piglia, no?-
La risata di Bill mi contagiò e Tom scosse la testa non sapendo più che cosa rispondere.
Appena smisi di ridere, indicai gli altri due dietro di lui.
- Chi sono quelli?- domandai.
Tom si alzò e appoggiò la mano sulla spalla del ragazzo muscoloso con i capelli lunghi e lisci.
- Lui si chiama Georg!-
Georg mi salutò con la mano senza muoversi e fece sorridendo:
- Ciao, Lucy, come va? E’ un piacere conoscerti!-
Accennai un sorrisino e un gesto con la mano, poi mi concentrai sul ragazzo biondo e robusto, al quale si avvicinò Bill.
- Lui, invece, è Gustav!-
Eccolo, il famoso Gustav. Camminai verso di lui meravigliata, con passi piccoli ed incerti. Alzai la testa per vederlo meglio e gli porsi la manina.
- Ciao, Gustav, io sono Lucy … -
Lui si inginocchiò e mentre continuava a guardarmi compiaciuto disse:
- Bill, cosa le hai detto per suscitarle così tanto interesse per me?-
Io ero leggermente delusa da quella reazione. Una persona educata avrebbe dovuto prima di tutto salutare e sorridere come avevano fatto gli altri, invece a me non aveva ancora rivolto la parola, nonostante tutto.
- Io? Niente! E’ lei che ha fatto tutto da sola!!-
- Ah, capisco … Beh, piacere di conoscerti, Lucy. Io sono Gustav!-
Finalmente, soddisfatta, gli strinsi la mano energicamente. Infine li guardai tutti uno per uno.
Certo che erano proprio strani. Come mai avevano scelto di conciarsi i capelli in quella maniera così buffa e insolita? E poi notai che Bill si truccava anche. Sì, trucco nero intorno agli occhi e fondotinta. Eppure non sembrava proprio che fosse una ragazza. Aveva un viso angelico, ma nonostante il suo strano look avevo ben capito che era un maschio. E anche carino …
Come quello con i capelli a mò di spaghetti, Tom. Avevo subito visto che c’era qualcosa che li collegava, perché avevano gli occhi praticamente identici. Provai ad immaginarmi Bill senza trucco per vedere se si assomigliavano … In effetti una somiglianza c’era, ma non ne ero molto sicura. E poi mi aveva spaventato un po’ il modo di fare di Tom. Ero rimasta non poco spiazzata dal suo modo di fare così audace e intraprendente. Sulle prime avevo pensato che avrebbe dovuto darsi una bella calmata.
Il terzo, Georg, mi convinceva poco. Non si era mosso dalla sua posizione e non sembrava troppo stupito di vedermi. Chissà, forse aveva qualcosa da nascondere … E infine Gustav, di cui mi aveva parlato Bill, mi incuriosiva molto. Mi sarebbe piaciuto scoprire molte cose di lui, per esempio come faceva a suonare quello strano strumento … Come l’aveva chiamato Bill? Batteria? Sì, mi parve di che si chiamasse così. Comunque sia non vedevo l’ora di tempestarlo di domande.
E la prima domanda non tardò a venire.
- Bill, quando tornano i miei genitori a prendermi?-
Tom soggiunse dicendo:
- Già, è quello che mi chiedo anch’io!-
- Vedi, Lucy … - mi disse il moro abbassandosi verso di me. - Non sarà facile trovarli. Avremo bisogno del tuo aiuto per cercarli e dire loro che sei qui. Credo che nel frattempo passerai un pochino di tempo con i Tokio Hotel!-
- Con chi?? No, io voglio stare con voi!-
- Infatti … - fece Georg con uno strano sorriso. - I Tokio Hotel siamo noi!-
E così dicendo quei quattro ragazzi si allinearono in fila, mi allungarono l’indice ed esclamarono in coro:
- Hey, wir sind … Tokio Hotel!-
Li guardai affascinata, a bocca aperta.
Non sapevo ancora chi erano veramente, non sapevo dov’erano i miei genitori, non sapevo cosa ci facevo lì …
Ma una cosa era certa.
Questi Tokio Hotel erano straordinari.




^^
Prima che mi dimentichi, voglio ringraziare AntonellaandLasDivinas e NICEGIRL... troppo buone, commenti bellissimi!
Un saluto speciale alla mia fedele lettrice MissQueen! Che onore la tua recensione, ti ringrazio infinitamente!
Beh, spero che la storia inizi a piacervi..... =P
Al prossimo capitolo
by Eliot ;D
   
 
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